I poteri della Polizia Giudiziaria in campo ambientale

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Il Codice di procedura penale richiede una particolare professionalità da parte del personale di Polizia Giudiziaria non solo durante le indagini preliminari, ma anche nella successiva fase dibattimentale, tanto in relazione agli atti compiuti che vengono, almeno in parte, valutati ai fini della decisione e contribuiscono così alla formazione della prova, quanto in sede di testimonianza, al cospetto di un Giudice pressoché ignaro dei fatti.

Tale stato di cose appare maggiormente accentuato nei procedimenti che riguardano i reati commessi con violazione delle norme poste a «tutela dell’ambiente». Invero, da una quasi totale assenza di leggi, che costringeva gli operatori ad applicare in maniera talora impropria le norme del Codice penale, si è passati ad una situazione in cui norme numerose, ma spesso di difficile interpretazione, regolano i diversi e talora anche gli stessi aspetti di una medesima materia. Altre norme, inoltre, prevedono generalmente una suddivisione di competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni e così contribuiscono a rendere ancora più ardua l’opera dell’interprete.

Peraltro la Polizia Giudiziaria, nell’espletare le attività di istituto dovrà tenere conto di tutto ciò, considerando inoltre che, a fronte di pene a volte irrisorie, i processi riguardanti la materia in esame incidono su interessi economici e politici di notevole rilievo. Ne consegue che chi opera in tale campo sovente troverà, nello svolgimento delle indagini, maggiori difficoltà rispetto a quelle incontrate per i più comuni reati previsti dal Codice penale.

Un ulteriore problema consiste nel fatto che la maggior parte degli atti di indagine compiuti, o per lo meno i più importanti tra essi, assumono la veste di ‘‘atti irripetibili’’ i quali giocano un ruolo importante ai fini della decisione, avendo ingresso nel dibattimento come fonti di prova.

Parimenti importante è l’acquisizione di documenti (autorizzazioni ed altri atti amministrativi) che consentono al Pubblico Ministero e, successivamente, al Giudice, di ricostruire l’intero iter seguito nei procedimenti amministrativi che precedono il rilascio dei predetti atti o che comunque illustrano quale sia stata la posizione assunta dalle parti private e dagli enti pubblici preposti alla tutela dell’ambiente nell’ambito dei fatti oggetto di indagine.

La rilevanza della prova documentale non fa tuttavia venir meno l’importanza della prova testimoniale: la complessità delle pratiche amministrative o di alcune indagini compiute, rende pressoché indispensabile la presenza dell’Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria che le ha svolte, quantomeno per illustrare quei particolari che non vengono immediatamente posti in evidenza dal contenuto dei documenti prodotti.

Non va poi sottaciuto che, nonostante il risalto che attualmente viene dato ai problemi connessi con la tutela dell’ambiente, quasi mai si dà seguito concreto alle frequenti dichiarazioni di intenti, specie dei soggetti pubblici, cosicché la Polizia Giudiziaria si troverà qualche volta ad operare senza il sostegno o, peggio, con l’opposizione esplicita o implicita, di quanti, preposti a detta tutela, esercitano con scarsa attenzione le funzioni loro attribuite, rendendo più difficoltosa l’attività di indagine.

Le circostanze sopra indicate rendono dunque necessaria la massima attenzione ed un costante contatto con l’ufficio del Pubblico Ministero, con il quale saranno concordate le modalità di esecuzione dei singoli atti di indagine.

Al pari di quanto accade per un qualsiasi reato, anche in relazione ai reati ambientali l’accertamento si snoda attraverso le scansioni procedimentali classiche ed i consueti strumenti configurati normativamente, sia in sede di indagini che nell’ambito del processo. Questo significa che in questa materia, almeno tendenzialmente, possono richiamarsi tutti i principi e le soluzioni suggerite dalla dottrina e fatte proprie dalla giurisprudenza in altri campi

I reati in materia ambientale sono, al pari di tutti gli altri reati inerenti ogni altro settore, di competenza generica di tutta la Polizia Giudiziaria. Non esiste, quindi, alcuna competenza selettiva specifica che determini una esclusività operativa di un Organo di polizia giudiziaria verso questi reati o addirittura verso alcuni di questi reati. In altre parole, nessun Organo di polizia giudiziaria può essere considerato competente in via esclusiva per alcuni reati ambientali (con esclusione di altri Organi) né, al contrario, nessun Organo di polizia può ritenersi esonerato parzialmente o totalmente dalla competenza verso questi reati (con rinvio ad altri Organi).

Indubbiamente esiste una specializzazione di fatto che fa si che alcuni Organi siano istituzionalmente preposti e preparati in particolare verso determinate tipologie di illeciti, ma questo non esime gli stessi Organi dalla competenza verso gli altri reati ed in particolare, per quanto attiene al settore in esame, non li esime dal potere-dovere di intervento verso illeciti di diversa tipologia nel campo ambientale.

Tale concetto è autorevolmente ripreso e ribadito fin dagli anni ’90 dalla Suprema Corte di Cassazione la quale fin da allora ha espressamente sancito che «i reati in materia ambientale sono di competenza di tutta la Polizia Giudiziaria, senza distinzione di competenze selettive o esclusive per settori, anche se di fatto esistono delle specializzazioni» (Cass. Pen., Sez. III, 27 settembre 1991, n. 1872 – Prs. Gambino, Est. Postiglione).

La Suprema Corte, per ovviare a realistiche problematiche derivanti da una mancata qualificazione professionale su specifici e particolari punti tecnici da parte della Polizia Giudiziaria in generale, aggiunge che «naturalmente la Polizia Giudiziaria potrà avvalersi di “persone idonee” nella qualità di “ausiliari” e l’accertamento tecnico che ne consegue deve considerarsi atto della stessa Polizia Giudiziaria». Questo, dunque, è un principio basilare che riguarda i rapporti tra Polizia Giudiziaria e reati in generale.

Tutti gli Organi di polizia, su iniziativa o su segnalazione, devono comunque sempre intervenire in ordine ad un reato ambientale. E non possono rifiutare il loro operato (sotto pena di integrazione del reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 c.p.) qualora un privato si rivolga a loro sostenendo, e ciò è frequente, che non è di loro competenza ma che bisogna rivolgersi ad un Organo specializzato.

Il fondamento di quanto asserito lo troviamo nell’art. 55 c.p.p. che nell’individuare i compiti della polizia giudiziaria, stabilisce che «la stessa deve prendere notizia dei reati impedendo che vengano portati a conseguenze ulteriori, e compiere, fra l’altro, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova» non distingue poi affatto competenze selettive per genere di reati ma crea un connubio generale polizia giudiziaria (generica) – reati (generici).