La condizione di imputabilità: capacità di intendere e di volere
Come per gli illeciti penali e per quelli civili, anche per gli illeciti amministrativi è necessario che il soggetto per poter essere chiamato a rispondere della sua azione od omissione, abbia raggiunto un certo sviluppo intellettuale e non sia infermo di mente al momento della commissione del fatto.
Per le sanzioni amministrative il legislatore ha fissato regole precise che seguono essenzialmente lo schema penalistico. Nell'irrogare o meno la sanzione alla persona che ha commesso la violazione, l'Autorità amministrativa deve, allora, seguire le norme del codice penale in materia di «imputabilità».
Perché sia «assoggettabile» alla sanzione amministrativa il trasgressore deve trovarsi in «condizione di imputabilità» ossia avere, al momento in cui commise il fatto la «capacità di intendere e di volere», precisata in base ai criteri indicati nel codice penale con la eccezione della «regola sull’età» (art. 2 legge 689/81).
La capacità di intendere si concretizza nella comprensione, da parte dell’individuo, che l’azione che egli compie contrasta con le esigenze della vita sociale: è l’attitudine a percepire e valutare la realtà circostante.
La capacità di volere consiste nella determinazione autonoma della persona: è l’attitudine a stabilire e scegliere il proprio comportamento.
Perché vi sia «assoggettabilità» (= imputabilità) alla sanzione occorre che l'autore della violazione abbia, nel momento della commissione del fatto, entrambe le capacità.
L’articolo 2 Legge 689/81 differenzia la capacità di intendere e di volere rispetto al codice penale – sotto il profilo dell’età del minore. Infatti, mentre l’infradiciottenne ultradiciottenne, è punibile penalmente, anche se con pene attenuate, nel campo delle sanzioni amministrative il minore di anni 18 non è assoggettabile a sanzioni amministrative.
Questo, ovviamente, non significa che al minore non possa essere contestata la violazione e che questi non possa addivenire al pagamento il misura ridotta.