Le pene

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Sono le «conseguenze giuridiche» che l'ordinamento commina, a mezzo dell’Autorità Giudiziaria, per la violazione della legge penale. Esse incidono sulla "libertà" personale di una persona fisica o sul suo "patrimonio" e si distinguono da altre forme di reazione giuridica (sanzioni amministrative, disciplinari) per il fatto di essere applicate dal "Giudice" in sede penale.

La pena svolge diverse funzioni: da un lato quella di "punire" il colpevole per il reato commesso mentre dall’altro lato ha "funzione rieducativa" che mira alla riabilitazione del reo e al suo reinserimento in società. Il cd. doppio binario della pena previsto dal Codice, risponde al principio previsto dalla Costituzione che, all’art. 27, 3 comma, stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti disumani e che debbono tendere alla rieducazione del condannato in modo da consentirgli il reinserimento nella società una volta scontata la pena.
La prevenzione generale viene affidata alla pena mentre la prevenzione speciale è affidata alle misure di sicurezza.

Il Codice distingue le pene in:

  1. principali
  2. accessorie

► Le «pene principali» (artt.17, 21-27 c.p.) sono quelle che nella norma penale accompagnano necessariamente la previsione del reato e che sono inflitte dal Giudice con sentenza di condanna. Possono essere:

  1. detentive: comportano, cioè, una restrizione della libertà personale;
  2. pecuniarie: consistono nel pagamento di una somma di danaro.

E' prevista in astratto, entro minimi e massimi prestabiliti. ll legislatore fissa i limiti edittali della pena (c.d. fase edittale), ma spetta al Giudice determinare la misura e la qualità della pena da infliggere in concreto (c.d. fase giudiziale), in relazione a ciscun caso specifico.
Il potere del Giudice è un potere discrezionale. Egli non può infatti determinare la pena a suo piacimento (=arbitrio), ma non è neppure vincolato a infiggere una “pena fissa” prestabilita in astratto dal legislatore.

♦ Nell’esercizio del suo "potere discrezionale"(art. 132 c.p.), il Giudice deve:

  1. determinare la pena nell’ambito dei limiti (minimo e massimo) fissati dal legislatore;
  2. indicare, nella sentenza di condanna i motivi che lo hanno indotto ad infliggere la pena in una data misura e qualità
  3. tenere conto dei criteri (o parametri) di determinazione della pena indicati nell’art. 133 c.p

♦ Nella determinazione della pena, il Giudice deve dunque tenere conto dei "criteri" fissati nell’art. 133 c.p., e cioè:

  1. gravità del reato;
  2. capacità a delinquere del colpevole (possibilità che il colpevole commetta in futuro altri reati).

Tali criteri servono a consentire l’adeguamento della pena al fatto concreto e alla personalità del suo autore.

La gravità del reato può essere dedotta: dalla modalità della condotta, dalla gravità del danno o del pericolo cagionato e dalla intensità del dolo o del grado della colpa.

  • Ad esempio, è certamente più grave il furto di vele in un caveau di una imbarcazione da diporto rispetto al furto di un salvagente anulare; il furto di un gommone appena acquistato rispetto ad uno vecchio; un furto ben organizzato rispetto ad uno occasionale.

La capacità a delinquere del colpevole va invece dedotta: dai motivi che lo hanno indotto al reato; dai precedenti penali e giudiziari; dalla condotta di vita (individuale, familiare e sociale) e dalla condotta precedente e successiva al reato.

  • Ad esempio, dimostra certamente maggiore attitudine criminale l’imprenditore di un’impresa di pesca che commette un omicidio per eliminare un “concorrente” rispetto ad un altro che commette lo stesso reato per motivi di gelosia o perché si trova in uno stato d’ira provocato dal comportamento della vittima; oppure il ladro con precedenti specifici rispetto al giovane incensurato, ecc.

In base a quanto disposto dall’art. 17 c.p., le pene previste per i «delitti» sono l’ergastolo, la reclusione e la multa mentre per le «contravvenzioni» sono l'arresto e l'ammenda. Il successivo articolo 18 prevede poi che le pene detentive sono quelle dell’ergastolo, della reclusione e dell’arresto mentre quelle pecuniarie sono la multa e l’ammenda.
Sulla base di quanto disposto dall’art. 27 della Costituzione, la pena è «personale» (principio della personalità della pena) e pertanto potrà essere inflitta solo all’autore del reato.
La pena può essere inflitta solo dall’Autorità Giudiziaria (che la infligge con la garanzia del procedimento penale) e nei soli casi espressamente stabiliti dalla legge (principio della legalità della pena) che stabilisce poi anche i casi per cui la pena può essere revocata.
La pena è inderogabile e proporzionata al reato.

Il legislatore, in relazione alle più recenti esperienze tendenti al recupero del condannato, con la Legge 24 novembre 1981, n. 689 ha realizzato importanti modifiche al sistema penale. Hanno infatti introdotto le cosiddette «sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi» e la «conversione di pene pecuniarie», allorché viene accertata l'insolvibilità del condannato.

► Le pene accessorie, generalmente vengono applicate automaticamente e costituiscono uno degli effetti della condanna. Ci sono però dei casi in cui l’Ordinamento vincola l’applicazione di tali pene alla libera discrezionalità del Giudice. In tal caso, ai fini della loro applicabilità, è necessaria una dichiarazione diretta da parte del Giudice in sentenza che ne determinerà anche la durata.