Campo di appicazione ed esclusioni

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Il Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali - adeguato ad ogni singola realtà portuale - contiene tutte le “informazioni[1] richieste dalla Direttiva 2000/59/CE e relative ad un Piano per la raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico, e, in aggiunta, prende in considerazione anche le altre tipologie di rifiuti normalmente raccolti in un porto. L’obiettivo che si intende perseguire con l’elaborazione di un Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali è di predisporre una gestione unitaria ed integrata di tutti questi rifiuti, in grado di assicurare alti livelli di protezione per la salute e la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente.

► Esso si applica ai rifiuti:

  • prodotti dalle navi, siano esse soggette a notifica (navi destinate al trasporto di merci o di passeggeri, o unità da diporto omologate per oltre 12 passeggeri) o non soggette a notifica (pescherecci e unità da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri), a prescindere dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano presso il porto (ormeggiate in porto ovvero stazionanti in rada), fra cui:
  1. rifiuti derivanti dalle attività di bordo, compresi i rifiuti alimentari provenienti da Paesi extra-UE;
  2. oli esauriti e residui oleosi;
  3. rifiuti speciali pericolosi e non;
  4. acque nere.
  • genericamente prodotti nell’area portuale
  • derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

Sono esclusi dal campo di applicazione del Piano i rifiuti provenienti da:

  • navi militari da guerra ed ausiliarie
  • altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali e fini non commerciali
  • attività svolte all’interno delle aree in concessione a soggetti privati

Peraltro, per quanto attiene alle "navi militari" da guerra ed ausiliarie e le navi «in servizio governativo» delle forze di polizia ad ordinamento civile, con decreto ministeriale, D.M. 19 marzo 2008, recante “Misure necessarie per il conferimento da parte delle navi militari da guerra e ausiliarie dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 del decreto legislativo 24 giuno 2003, n. 182”, sono state stabilite le misure necessarie per il conferimento dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, in conformità alla normativa vigente in materia, tenuto conto delle specifiche prescrizioni tecniche previste per dette navi e delle caratteristiche di ogni unità.

Quanto alle modalità di gestione degli impianti portuali di raccolta previsti dal D. Lgs. 182/2003, è stabilito che l’Autorità portuale, previa consultazione delle parti interessate e, in particolare, degli enti locali, dell’Ufficio di sanità marittima e degli operatori dello scalo o dei loro rappresentanti, elabori un «piano di raccolta dei rifiuti» prodotti dalle navi e dei residui del carico, il quale va poi approvato dalla regione che provvede ad integrarlo con il piano regionale di gestione rifiuti. Il riferimento è effettuato, dall’articolo, al D.L.vo 22/1997 ma, come già osservato riguardo ad altri richiami alla previgente normativa, stante la sostanziale continuità tra le diverse disposizioni, deve intendersi ora riferito all’articolo 196 del D.L.vo 152/2006.

In attuazione del piano, è prevista, con onere a carico del gestore del servizio, la realizzazione di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto (laddove adottata ovvero in relazione al traffico registrato nell'ultimo triennio), al fine di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (articolo 4).

La capacità degli impianti portuali di raccolta realizzati, siano essi strutture fisse, mobili o galleggianti, è commisurata alla tipologia ed al quantitativo di rifiuti prodotti da navi e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica e delle dimensioni del porto, della tipologia delle navi che vi fanno scalo e deve essere conforme a quanto previsto nel piano di raccolta e piano di gestione dei rifiuti disciplinati dall'art. 5 del D. Lgs. 182/03, nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1. Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. n. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”).E’ opportuno rilevare che, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 81/1994, il soggetto pubblico o privato che intenda realizzare un impianto fisso di raccolta deve preventivamente ottenere il rilascio di una «concessione demaniale» da parte dell’Autorità portuale, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita. Tale autorizzazione tuttavia non è da sola sufficiente ai fini dell’espletamento delle attività di raccolta rifiuti: è altresì necessario, infatti, l’ottenimento dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione competente per territorio, la cui validità è di 5 anni (cfr. artt. 208 e ss. D.Lgs. n. 152/2006).

 


[1] Per definire le tipologie e le quantità dei rifiuti portuali è necessario preliminarmente acquisire le seguenti informazioni:

  • per i rifiuti prodotti dalle navi si deve stabilire quali sono le tipologie di navi e di traffici marittimi usuali nel porto.

Le tipologie di navi che normalmente scalano in un porto possono dividersi in:

  1. navi mercantili, navi passeggeri,
  2. pescherecci ed imbarcazioni da diporto.

Le prime hanno una produzione di rifiuti varia, comprendente i residui oleosi liquidi o fangosi, i rifiuti assimilabili agli urbani prodotti dall’equipaggio e dall’attività di bordo, e i residui del carico o associati al carico trasportato.

Le navi passeggeri invece hanno una produzione rilevante di rifiuti urbani/assimilabili, mentre pescherecci e imbarcazioni da diporto hanno una produzione limitata di tutte le tipologie di rifiuti.

Per valutare i traffici marittimi devono essere considerati:

  1. il movimento di navi;
  2. il movimento di merci.

Questi dati possono essere reperiti presso le locali Autorità Marittime e/o Autorità Portuali.

  • Per i rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale è necessario definire:
  1. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio;
  2. la presenza e dislocazione di aree in concessione;
  3. la presenza di stazioni marittime passeggeri;
  4. la presenza e dislocazione di attività commerciali, produttive e di servizi.

Per i rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali dovranno  essere chiaramente delimitate:

  1. le superfici degli specchi acquei da sottoporre al servizio di pulizia;
  2. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio di spazzamento.

Queste informazioni preliminari saranno utilizzate per determinare l’origine dei diversi rifiuti portuali e dovranno essere associate ai dati relativi ai loro quantitativi, recuperati tramite la consultazione dei Moduli di notifica per i rifiuti prodotti dalle navi, dei MUD e dei soggetti concessionari del servizio di raccolta per le altre due tipologie di rifiuti.