Falsità personale

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In tale categoria rientrano tutti quei comportamenti che sono idonei a "sorprendere la buona fede" delle Autorità, o di un numero indeterminato di persone, relativamente alla identità, allo stato o alle qualità di un individuo.

Falsa attestazione o dichiarazione a un Pubblico Ufficiale sulla identità personale sulla identità o su qualità proprie o      altrui (art. 495 c.p.)

Commette tale reato (art. 495 c.p.), chiunque dichiara o attesta falsamente al Pubblico Ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona ovvero chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico.

Oggetto specifico è la «tutela della fede pubblica» da condotte dirette ad alterare gli elementi di identificazione di una persona o le sue qualità di rilievo sociale.

La condotta consiste nel dichiarare o attestare falsamente ad un relativamente alla propria o altra persona:

  1. l’identità (nome, cognome e le altre generalità);
  2. lo stato (di famiglia e di cittadinanza; capacità civile; domicilio e residenza; parentela e affinità; matrimonio; filiazione; adozione, affiliazione; potestà di genitori);
  3. altre qualità (professione, uffici pubblici riscoperti nonché, in generale, tutto ciò che può servire per individuare il soggetto all’interno della collettività sociale.

Le dichiarazioni devono essere rese in "atto pubblico" (Verbale) ovvero devono essere inserite in atto pubblico. Il reato si consuma nel momento in cui le dichiarazioni vengono rese ed indipendentemente quindi dal fatto che siano state o meno riprodotte nell’atto pubblico (il reato quindi non viene meno anche se il dichiarante ritratta le sue dichiarazioni prima della conclusione dell’atto).

  • Si pensi, ad esempio, alle dichiarazioni rese ad un Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria appartenente al Corpo  nel Verbale di identificazione (art. 349 c.p.) ovvero alle dichiarazioni rese da colui che, interrogato dall’Autorità Giudiziaria, dichiara il falso in merito ai suoi precedenti penali.

False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.)

Commette tale reato (art. 496 c.p.), chiunque interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un Pubblico Ufficiale, o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio.
Occorre ai fini della punibilità che il Pubblico Ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio "abbia richiesto" –  nell’esercizio delle funzioni o del servizio – al soggetto di fornire indicazioni sulla identità, sullo stato o sulle qualità della propria persona e dell’altrui persona; che il soggetto "abbia aderito all’invito" (se rifiuta: art. 651 c.p.) e "abbia fatto dichiarazioni mendaci"; che il soggetto fosse consapevole delle qualità del richiedente e della falsità delle proprie dichiarazioni.
Come si vede qui non si hanno dichiarazioni destinate ad essere riprodotte in un atto pubblico; perciò l’ipotesi in esame differisce da quella prevista dall’articolo precedente.

  • Ad esempio, risponde del reato previsto dall’art. 496 c.p., nonché di falsità materiale in certificazione amministrativa colui che, dopo aver alterato o contraffatto la patente nautica, la esibisca al Comandante della Motovedetta della Guardia Costiera, al quale declini false generalità.

In tal caso si realizza un’ipotesi di concorso di reati, perché commessi in tempi diversi, sia pure con la stessa finalità, ma con diverse violazioni di norme giuridiche, delle quali una protegge la pubblica falsa documentazione e l’altra la pubblica fede personale.

Il colpevole è punito con la reclusione da 15 giorni a 1 oppure con la multa da 5 € a 516 €.