CONVENZIONE di LONDRA 2001 (Bunker Oil Convention)

Versione stampabileVersione stampabile
La salvaguardia ambientale è una tema cruciale per garantire uno sviluppo sostenibile su scala globale. Proprio per non deludere le aspettative di miliardi di cittadini del mondo e assicurare un futuro ecologicamente sicuro alle nuove generazioni, i governi mondiali, ciclicamente, cercano di porre in essere iniziative vincolanti e condivise.
Una tra queste è stata certamente la Convenzione di Londra del 2001 (conosciuta come Bunker Oil Convention) sulla responsabilità civile conseguente all'inquinamento marino causato da residui di carburante utilizzato per la propulsione delle navi.
La Convenzione, negoziata presso l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), è entrata in vigore a livello internazionale il 21 novembre 2008. L’Italia ha provveduto alla ratifica della Convenzione, con un disegno di legge approvato in via definitiva il 21 gennaio 2010.
La Convenzione ha colmato un vuoto legislativo nel diritto internazionale, che non prendeva in considerazione l’inquinamento provocato dalla fuoriuscita e dal versamento in mare di petrolio utilizzato per il funzionamento e la propulsione delle navi.
Composta da un preambolo e da 19 articoli, la Convenzione prende in esame tutte le dinamiche relative agli incidenti che causano inquinamento:
  1. responsabilità degli armatori,
  2. campo di applicazione (le navi militari ad esempio sono escluse),
  3. obblighi assicurativi e relativa certificazione di validità i cui Stati contenti s’impegnano ad accertare per le navi che entrano nei loro porti.
Gli ultimi articoli riportano le clausole finali tra le quali quella che disciplina la revisione o la modifica della convenzione che può avvenire mediante una Conferenza ad hoc convocata dall’IMO.
 
► La Convenzione in sintesi
 
  • Obiettivi
La Convenzione mira a garantire un risarcimento congruo, tempestivo ed efficace alle persone che subiscono danni dal versamento di petrolio trasportato dalle navi per il loro funzionamento. Il testo approvato innalza quindi le misure di tutela per tutte le vittime di questo tipo di incidenti.
 
  • Campo di applicazione
Il campo di applicazione della Convenzione (art. 2) riguarda i danni occorsi nel mare territoriale e nelle zone economiche esclusive – o in aree marine equivalenti - di pertinenza degli Stati parti; nonché le misure preventive rispetto a possibili danni da inquinamento, ovunque adottate.
 
  • Danni da inquinamento inquadrati dalla Convenzione
È fondamentale chiarire la nozione di danni da inquinamento ai sensi della Convenzione in esame: essi si definiscono quali perdite o danni causati al di fuori di un natante dall'inquinamento derivato dalla perdita o dallo scarico di carburanti, a condizione che il risarcimento per la compromissione dell'ambiente - fatta esclusione dei mancati profitti da essa eventualmente derivanti - sia limitata ai costi di ragionevoli misure di reintegrazione intraprese o da intraprendere. Della nozione di danni da inquinamento fanno parte altresì i costi delle misure di carattere preventivo, nonché di successive perdite o danni da queste causati.
  • La responsabilità oggettiva
La Convenzione sancisce la responsabilità oggettiva del proprietario della nave (cui sono equiparati il noleggiatore, l’armatore e il gestore) per i danni causati dall’inquinamento, salvo che egli fornisca la prova che il danno si sia verificato per cause di forza maggiore (conflitto armato, insurrezione e simili, catastrofi naturali eccezionali e inevitabili) o sia stato provocato da azione od omissione intenzionale di un terzo, ovvero dalla negligenza di un’autorità pubblica responsabile della manutenzione dei fari o di altri aiuti alla navigazione. Il proprietario della nave e gli altri soggetti elencati possono, altresì, essere esonerati dalla responsabilità, ove dimostrino che il danno sia stato causato, in tutto o in parte, dall’azione dolosa o colposa dello stesso danneggiato.
 
  • L’assicurazione e il certificato
Il fulcro della disciplina dettata dalla Convenzione è contenuto nell’articolo 7, che obbliga il proprietario della nave di stazza superiore a 1.000 tonnellate a sottoscrivere un’assicurazione o un’altra garanzia finanziaria per un importo pari a quello del limite di responsabilità applicabile e, comunque, non eccedente l’importo fissato dalla Convenzione del 1976 sulla limitazione di responsabilità per crediti marittimi. Il certificato relativo è rilasciato dall’autorità competente, che è quella dello Stato Parte di immatricolazione, ove la nave sia qui immatricolata, o, altrimenti, quella di qualsiasi Stato Parte. Il certificato deve contenere i dati essenziali di identificazione della nave e del proprietario, nonché l’indicazione della durata della sua validità, che non può essere superiore a quella dell’assicurazione o della garanzia. Ogni nave deve tenere a bordo il certificato di cui deve essere munita. Ogni Stato Parte non autorizza al commercio navi battenti la sua bandiera e sottoposte agli obblighi stabiliti dalla Convenzione, che non siano munite di certificato di assicurazione; esso è tenuto altresì a vigilare che un’assicurazione o una garanzia corrispondente a quelle sopra descritte copra qualsiasi nave di stazza superiore a 1.000 tonnellate, a prescindere dal suo Stato di immatricolazione, che giunga o lasci un suo porto o un impianto al largo sito nel suo mare territoriale.
 
  • Il risarcimento per danni
Le domande di risarcimento per i danni da inquinamento oggetto della Convenzione possono essere proposte contro l’assicuratore o il prestatore di analoga garanzia, il quale può avvalersi dei mezzi di difesa spettanti al proprietario, incluso il diritto di limitazione di responsabilità, ovvero, qualora tale ultimo diritto non spetti al proprietario, può chiedere di limitare la propria responsabilità all’ammontare dell’assicurazione o della garanzia prestata.