Intervento della P.G: modus operandi

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Quando un "Ufficiale" o "Agente" di polizia giudiziaria interviene nei confronti di un soggetto sospettato di un reato o nel momento in cui sta commettendo un reato:

  • …modus operandi
  1. Come primo atto... si qualificherà esibendo il «tesserino» e dichiarando la sua «qualifica» di Ufficiale o Agente di P.G.; il "qualificarsi" è importante perché da questo momento in poi scatta il sistema di norme che l’ordinamento prevede come poteri di intervento e come tutela del suo operato; la mancata qualificazione non pone il privato in nessun obbligo comportamentale e tutta l’operazione sarà nulla...; infatti una volta consentito ai cittadini interpellati la corretta conoscenza della qualità di chi si rivolge a loro, si realizza il presupposto per l’assunzione delle responsabilità penali per l’eventuale dissenso che può avvenire in due modi, non infrequenti specie da parte di violatori poco convinti, per incultura, della illiceità dei loro comportamenti, con il rifiuto delle proprie generalità o col fornire false generalità.
    L’atto di riconoscimento del militare operante ha peraltro una particolare rilevanza giuridica perché solo dopo che è avvenuto, il cittadino interpellato acquisisce la consapevolezza di trovare dinanzi a se un «Pubblico Ufficiale»; da ciò consegue che il cittadino interpellato assume le conseguenze penali derivanti da un suo eventuale rifiuto di declinare le generalità (ad esempio: art. 651 c.p. - rifiuto di generalità; art. 496 c.p. – false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o altrui) ovvero da più gravi comportamenti che dovesse assumere nei confronti del Pubblico Ufficiale (ad esempio: oltraggio a P.U. - art. 341bis c.p.; - ingiuria – artt. 594 e 61, n. 10 c.p.; art. 336 c.p. - violenza e minaccia; art. 337 c.p. - resistenza).
  1. Successivamente... potrà "chiedere le generalità" al soggetto: il rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale è previsto dall’art. 651 c.p., secondo il quale “...chiunque, richiesto da un nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni personali è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a lire 206 €”. L’obbligo di dare le proprie generalità riguarda sia i trasgressori, sia i testimoni, ossia “chiunque possa avere attinenza con un accertamento di polizia giudiziaria o per illecito amministrativo”. Anche i soggetti già conosciuti dal sono tenuti ad esibire i documenti o comunque dichiarare comprovandole le proprie generalità. In caso di rifiuto di esibizione dei documenti potrà procedere al suo «accompagnamento» presso il proprio Ufficio ai fini della sua identificazione, fermo restando il rapporto all’Autorità giudiziaria (P.M. presso il Tribunale) per il reato di cui all’art. 651 c.p. (rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale).

Attenzione !

L’art. 349 c.p.p. sancisce che di questo accompagnamento coattivo ai fini identificativi deve essere subito notiziato il Procuratore della Repubblica del posto.
Se la persona si oppone con la forza all’accompagnamento, commette il reato di resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 c.p.) per il quale è possibile l’arresto in flagranza.
Qualora l’U.P.G. non voglia, per motivi di opportunità o per altro, ricorrere all’uso della forza per l’accompagnamento coattivo, cercherà di identificare, attraverso altri mezzi (ad esempio: targa dell’autovettura, informazioni, testimonianze, ecc.) la persona, trasmettendo l’informativa di reato al Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente al quale illustrerà dettagliatamente l’evoluzione dei fatti.
In nessun caso è possibile far uso delle eventuali armi in tali circostanze, a meno che non vi sia costretto dalla necessità di difendere la propria integrità fisica da un pericolo attuale ed inevitabile, e sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa e non sussista l’alternativa di un comportamento diverso oppure qualora il militare operante sia costoro all’uso delle armi per respingere una violenza o vincere una resistenza.

Attenzione !

la cosiddetta “resistenza passiva” (rifiuto senza minacce o violenza ed atteggiamento passivo ed inerte) non integra il reato di resistenza ma soltanto il reato di cui all’art. 650 e/o 61 c.p.

  1. Nel caso (naturalmente più ordinario e frequente...) in cui il soggetto esibisca i documenti o comunque dichiari comprovandole le proprie generalità l’operante appunterà le stesse su un proprio foglio e proseguirà gli accertamenti contestando oralmente al soggetto il reato integrato; prenderà appunti sui fatti, se necessario raccoglierà prove o scatterà foto o prenderà le generalità di eventuali potenziali testimoni presenti; eseguirà dei sequestri se vi è necessità ed inviterà il soggetto a desistere da ulteriori comportamenti illeciti; se il reato è molto grave può anche procedere all’arresto in flagranza ove il Codice penale lo consenta (ipotesi cui ricorrere in casi-limite e di estrema gravità).
  • L’operante non redigerà sul posto alcun Verbale ne consegnerà copia di nulla al soggetto responsabile, se non una copia del Verbale di sequestro penale se sarà stato eseguito.
    In Ufficio più tardi si redigerà una comunicazione di notizia di reato (NdR) che verrà inviata al Magistrato in via del tutto autonoma e senza naturalmente che il soggetto responsabile possa e debba prenderne visione.
  • E’ necessario che il primo contatto che il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera in servizio ha con il cittadino sia uniformato alle più elementari "regole di deontologia professionale".