Le funzioni di polizia giudiziaria militari

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Il Comandante di corpo, “distaccamento”[1] o “posto”[2] di qualsiasi grado, esercita, come si è gia avuto modo di dire, le «funzioni» di polizia giudiziaria per i reati soggetti alla giurisdizione militare.  In presenza del Comandante di Corpo, di distaccamento o di posto, gli altri Ufficiali di polizia giudiziaria eventualmente presenti (così come quelli meno elevati in grado, essendo presenti più Ufficiali di polizia giudiziaria tra quelli elencati nel c.p.p.) sono, con riferimento ai reati militari di cui vengano a conoscenza, esonerati dallo svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria militare e dai relativi obblighi (invio della comunicazione della notizia di reato, assicurazione delle prove, eventuale arresto in flagranza del colpevole, ecc.) nonché dalla connessa responsabilità penale per le eventuali omissioni. 

Pertanto, avuta notizia della commissione di un reato militare (nell'ambito del generale compito di informarsi o perché è stata presentata denuncia da parte di un militare o a seguito di relazione di servizio compilata da un dipendente), è fatto obbligo al Comandante di corpo (o di distaccamento o di posto) riferire per iscritto senza ritardo al P.M, gli elementi essenziali raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute e trasmettendo la relativa comunicazione. Tale adempimento (che sostituisce il rapporto giudiziario previsto dal vecchio c.p.p.) comprende anche, quando è possibile, le generalità e quanto altro valga all'identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.Se vi è urgenza, la comunicazione della notizia del reato è data immediatamente anche in forma orale. In ogni caso deve essere indicato il giorno e l'ora in cui è stata acquisita la notizia del reato. 

La violazione degli obblighi d'informativa costituisce il reato di “omessa denuncia aggravata” (art. 361, comma 2, e 363 c.p.). L'obbligo della comunicazione ha il fine di consentire al P.M. di assumere tempestivamente la direzione delle indagini nonché di far decorrere il termine delle indagini preliminari. Esso sorge anche nel caso in cui sia conosciuta la notizia, ma non ancora l'autore del reato. Non si ha, invece, quando si è in presenza di un generico sospetto di reato e nelle ipotesi in cui sono necessari accertamenti volti a definire la rilevanza penalistica di informazioni apprese. 

Alcune considerazioni:

Per un ottimale svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria militare (senza incorrere in omissioni disciplinarmente o penalmente rilevanti) è pertanto indispensabile, da parte dell'Ufficiale di polizia giudiziaria, un continuo aggiornamento giurisprudenziale soprattutto al fine di conoscere quando scatta l'obbligo di invio al Procuratore Militare della “comunicazione della notizia di reato”. 

Così, a titolo di esempio e riprendendo alcuni dei quesiti che con maggiore frequenza mi vengono posti in aula dai frequentatori del “Corso Servizio d’Ordine”, devo ricordare che, anche per i reati perseguibili a richiesta del Comandante di Corpo ai sensi dell'articolo 260 del c.p.m.p. (tale norma concede al predetto Comandante la facoltà di richiedere o meno, entro trenta giorni da quando ne ha avuto notizia, il procedimento penale nei confronti del militare che appare responsabile), deve comunque essere inoltrata al Pubblico Ministero militare la comunicazione (=o informativa) di notizia di reato, essendo quest'obbligo escluso solo per i reati perseguibili a querela della persona offesa, condizione di procedibilità, quest'ultima, non prevista nel c.p.m.p.

In materia di “disobbedienza”, poiché la norma descrive un reato istantaneo, che si perfeziona nel momento stesso del "rifiuto" opposto dal militare a un ordine impartitogli, ne consegue che il reato sussiste anche se successivamente al rifiuto il militare cambi idea ed esegua l'ordine; parimenti in materia di rifiuto opposto alla firma delle note caratteristiche, giurisprudenza consolidata afferma la sussistenza del reato, essendo tale sottoscrizione prevista da norme regolamentari e non costituendo acquiescenza al contenuto delle note, contro le quali è comunque possibile proporre ricorso.

Per quanto riguarda i fatti di ”insubordinazione” e di “abuso di autorità”, è stato affermato che il dolo consiste nella cosciente volontà di pronunciare parole o compiere gesti di univoco significato offensivo, essendo irrilevanti moventi e finalità particolari stante lo speciale rigore cui sono improntati i rapporti della disciplina militare: costituisce pertanto offesa all'onore e al prestigio ogni atto o parola di disprezzo verso il superiore e anche il tono arrogante (che nel diritto penale comune non viene preso in considerazione) perché contrari alle esigenze della disciplina militare, in base alla quale il superiore deve essere tutelato non solo nell'espressione della sua personalità umana, bensì anche nell'ascendente morale di cui ha bisogno per poter esercitare degnamente l'autorità del grado e le funzioni di comando.

Costitutiva del reato di insubordinazione con ingiuria è stata ritenuta la frase "lei non è un comandante ma un comandante Padreterno... lei è un illuso... lei è un maleducato ". È stata ritenuta integrare gli estremi dell'abuso di autorità con ingiuria la frase "avete proprio rotto le scatole", la quale costituisce espressione volgare con significato spregiativo, di attribuzione all'interlocutore di un comportamento petulante e provocatorio tale da offendere il prestigio dell' inferiore.

Rilevante ai fini della sussistenza in capo al Comandante di Corpo della facoltà di richiedere procedimento penale ai sensi dell'art. 260 del c.p.m.p. è l'accertamento se la condotta posta in essere integri la fattispecie della “violata consegna” oppure il reato di “omessa presentazione in servizio”: dovrà essere ritenuta realizzata l'una o l'altra ipotesi a seconda che i fatti avvengano nel corso di un servizio già intrapreso. 

  • Ad esempio, durante un servizio giornaliero di guardia, l'omessa assunzione di un turno: violata consegna) ovvero prima dell'assunzione di uno specifico servizio (la mancata presentazione al corpo di guardia per iniziare lo stesso servizio giornaliero: omessa presentazione in servizio).

 


 [1] Unità minore separata permanentemente o temporaneamente dalla sede del Comando di corpo a cui appartiene)

[2] Posto di guardia, di blocco, ecc.),