Fenomeni abiotici consecutivi

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I fenomeni cadaverici comprendono l’insieme dei cambiamenti della struttura organica e dello stato fisico-chimico, cui va incontro il corpo dopo la morte.
Sono sintomi reali di morte i fenomeni «abiotici consecutivi» (il raffreddamento, la disidratazione, l’ipostasi, l’irrigidimento muscolare). I fenomeni sono detti "abiotici" quando dipendono dalla cessazione delle attività vitali; ecco perché i segni che li rivelano all'osservatore sono «negativi».

 

 

  • Raffreddamento del cadavere

Con il cessare delle atttività produttive di calore (termogenesi), il cadavere va incontro ad un progressivo abbassamento della temperatura, la quale si disperde attraverso la superficie del corpo, fino a livellarsi con quella dell’ambiente esterno. Il raffreddamento inizia, in genere, dopo alcune ore dal decesso mediante la perdita di un grado ogni ora. Verso la 22° - 23° ora dal decesso il cadavere raggiunge la temperatura dell’ambiente. Questa osservazione può permettere di determinare approssimativamente l’ora della morte (entro le prime 24 ore) mediante il rilievo della temperatura del cadavere con appositi termometri rettali a squadra in dotazioni ai Comandi delle Forze di polizia.
Non è di questa sede lo studio analitico della c.d. curva di raffreddamento del cadavere, dato che numerose condizioni estrinseche ed intrinseche al cadavere possono determinare sensibili modifiche all’andamento della curva stessa.
Tra le condizioni estrinseche (ossia dipendenti dall’ambiente) si pone la temperatura, l’umidità ambientale e l’acqua, la ventilazione, l’inverno e l’estate mentre tra quelle intrinseche (es. stato febbrile, l’adiposità, l’ipertonia, gli stati algidi, l’età -cadaveri dei bambini si raffreddano più rapidamente) in cui si trovava il soggetto al sopraggiungere della morte.
In alcuni casi, poi, il raffreddamento si può trasformare dal fenomeno abiotico consecutivo in fenomeno abiotico immediato. In tali casi il cadavere si raffredda immediatamente subito dopo il decesso (es. morte per scannamento a causa della perdita di sangue; morte per anemia acuta).

  • Disidratazione

L’arresto della circolazione sanguigna e linfatica fa sì che i tessuti non vengono riforniti di liquidi e ciò porta all’essiccamento della cute e di altri tessuti.
L’essiccamento cutaneo compare alcune e dopo la morte dove l’epidermide è più sottile come lo scroto, le pinne nasali e le labbra.
Evidenze della disidratazione sono le modificazioni del bulbo oculare (tanatoftalmologia) apprezzabili dopo 12-24 ore dalla morte:

  1. Segno di Louis: diminuita tensione endoculare e l’afflosciamento del bulbo;
  2. Tela di Winslow: opacamento della cornea con sfaldamento dell’epitelio;
  3. Macchia nera di Sommer: comparsa delle macchie nere agli angoli degli occhi dovute al trasparire del pigmento della coroide per disseccamento della sclera quando le palpebre restano aperte.
  • Perdita dell’eccitabilità neuromuscolare

È tra i fenomeni della vita residua. La perdita di questa proprietà fondamentale dell’organismo vivente costituisce un fenomeno cadaverico abiotico, di comparsa consecutiva. La perdita dell’eccitabilità neuromuscolare è collocabile tra i segni certi della morte, mentre meno sicuri sono i criteri di tanatocronologia fondati su tale fenomeno.

  • Acidificazione

Nell’organismo vivente i tessuti ed i liquidi hanno reazione leggermente alcalina. Nel cadavere, invece, la reazione dei liquidi e dei tessuti diviene nettamente acida, fenomeno significativo che è dovuto all’arresto delle ossidazioni organiche e nell’accumulo di cataboliti nei tessuti, particolare dell’acido lattico che deriva dalla glicolisi post-mortale.
L’acidificazione inizia assai presto e si completa tra le 4 e 7 ore dopo la morte. L’acidità cadaverica cessa con il sopraggiungere della putrefazione, che provoca l’alcalinità dei tessuti.

  • Ipostasi (o macchie ipostatiche)

Col cessare della circolazione il sangue per forza di gravità, si sposta nelle regioni declivi del cadavere e riempie i vasi del derma che si dilatano passivamente facendo comparire nella cute una colorazione rosso vinosa (Vedi figura).
La sede delle ipostasi (macchie ipostatiche) varia a seconda della posizione del corpo: nella posizione supina, esse, si formano alla nuca, alle orecchie, al dorso e alla faccia posteriore degli arti; nella posizione prona, le ipostasi sono ventrali; nel decubito laterale esse compaiono nell’emisoma venuto a trovarsi in posizione declive.
Negli impiccati si formano nelle parti distali degli arti, disposte a guanto o a calzino.
Si formano anche le ipostasi paradosse (in sede epistatica) per spostamento dl sangue dovuto alla residua attività contrattile delle arteriole.
Il tempo di comparsa è variabile. In genere le postasi iniziano a comparire circa mezz’ora dopo la morte ma sono ancora tenui, scarse e rosa pallido; cominciano a confluire e a rendersi evidenti dopo 4-6 ore e raggiungono la massima estensione e intensità tra la 12° e la 18° ora. Sono precoci ed intense negli stati di fluidità del sangue (asfissie acute, morte improvvisa, avvelenamento da anticoagulanti); sono tardive e scarse nella rapida coagulazione del sangue (ustioni), nelle disidratazioni, e nella morte per dissanguamento.

  • Cronologicamente il fenomeno si vide in tre fasi:
  1. fase di migrazione totale (prime 6-8 ore) durante la quale le ipostasi si attenuano fortemente o scompaiono dalla sede dove si sono inizialmente formate e compaiono nella nuova sede divenuta declive;
  2. fase di migrazione parziale (8-12 ore) o di fissità relativa in cui spostando il cadavere le macchie ipostatiche primitive impallidiscono ma non scompaiono del tutto, mentre nuove ipostasi si formano tenui nelle nuove zone declivi.
  3. fase di fissità assoluta ( 15 ore) resta immodificata l’ipostasi primitiva e non si formano nuove ipostasi.

Il colore delle ipostasi, normalmente rosso vinoso, assume tonalità cianotica nelle morte asfittiche, rosso vivo nell’avvelenamento da CO, per formazione di carbossi-emoglobina, rosso acceso nell’avvelenamento da cianuri.
Le ipostasi sono rosso rosee nei cadaveri di annegati, di sommersi, di assiderati; quando sopraggiunge la putrefazione le macchie ipostatiche assumono colore verdastro; negli stati putrefattivi più avanzati divengono brunastre per la trasformazione dell’emoglobina in metaemoglobina e in ematina.

 

 

  • Irrigidimento muscolare (rigidità cadaverica)

Subito dopo la morte la muscolatura scheletrica perde il tono vitale e l’intero corpo assume un atteggiamento di completo abbandono.
La rigidità cadaverica compare in genere dopo tre/quattro ore dal momento della morte. Evidenziandosi, dapprima, nei muscoli della mandibola ed in quelli mimici del viso, poi nei muscoli della nuca, in quelli degli arti superiori e del tronco ed infine nei muscoli degli arti inferiori, pur non essendo rare possibili anomalie nella diffusione del c.d. rigo mortis. Come già detto a proposito del raffreddamento del cadavere, anche qui influiscono fattori intrinseci (grado di sviluppo muscolare, età dell’individuo, il genere di morte, ecc.) ed estrinsechi (temperatura ambientale, umidità e ventilazione).

Agli effetti dell’indagine giudiziaria è necessario tener presente che l’instaurazione progressiva del fenomeno permette di individuare tre periodi distinti: La rigidità cadaverica segue infatti un ordine nell’insorgenza e nella scomparsa attraverso tre fasi secondo la legge di Nysten:

  1. fase di insorgenza (periodo di invasione): la rigidità si rende evidente dapprima nei muscoli della faccia 2-3 ore dopo la morte; si estende ai muscoli della nuca, agli arti superiori, al tronco, infine agli arti inferiori e si completa dopo 12-24 ore seguendo un ordine cranio-caudale;
  2. fase di stabilizzazione (periodo culminante): l’irrigidimento totale del corpo si mantiene stazionario per circa 36-48 ore dalla morte;
  3. fase di risoluzione (periodo di risoluzione): la rigidità comincia a risolversi gradualmente seguendo lo stesso ordine (cranio caudale) dopo 72-84 ore.

Secondo i moderni orientamenti la rigidità cadaverica è ritenuta una forma speciale di contrazione muscolare in cui avrebbe un ruolo determinante all’ATP: quando questo componente scompare dopo la morte si avrebbe la gelificazione dei filamenti di miosina e di actina con la formazione di un’acto-miosina insolubile che manterrebbe le fibre muscolari in uno stato di rigidità. La risoluzione spontanea della rigidità cadaverica si avrebbe quando l'autolisi post-mortale e l'iniziale putrefazione provocano la lisi dei miofilamenti e il distacco dell'actina dalla miosina, col risultato di un completo e definitivo rilasciamento della rigidità post-mortale.

La rigidità cadaverica può essere influenzata da numerosi fattori :

  1. Fattori intrinseci: l'età, lo sviluppo delle masse muscolari il genere di morte influenzano l’insorgenza del rigor. È tenue e di breve durata nei neonati. Insorge prima, ma è meno intensa e più breve negli individui cachettici e defedati. In tutti gli stati di iperattività muscolare (convulsioni, tetano, l'epilessia, l'asfissia acuta) la rigidità è intensa e precoce.
  2. Fattori estrinseci : temperatura, l'umidità e la ventilazione dell'ambiente. Le basse temperature ritardano la comparsa e la diffusione della rigidità, ma ne favoriscono l'intensità e la durata; al contrario, le temperature elevate ne anticipano la comparsa ma ne accelerano la risoluzione.

La rigidità cadaverica, vinta meccanicamente forzando il movimento delle articolazioni, si ripristina dopo le prime ore dalla morte, poi non più: ciò può accadere per le manipolazioni impresse al cadavere durante le manovre di trasporto o di vestizione.