La legittima difesa

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Questa scriminante rappresenta un residuo di «autotutela» che l’Ordinamento riconosce al cittadino nei soli in casi in cui l’intervento dell’Autorità non può risultare tempestivo. Affinché la condotta non venga punita occorre che vi sia un «pericolo attuale» (per sé stessi o anche per altri) derivante da un’aggressione ingiusta posta in essere da un terzo e che non vi siano altri modi per evitarla, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa.

In questi casi l’Ordinamento riconosce al soggetto che ha agito una forma di tutela autorizzandolo a reagire nei confronti dell’aggressione con un’azione che normalmente è considerata reato dal Codice Penale. L’azione deve quindi essere necessaria e proporzionata all’offesa. L’Ordinamento precisa che per aggressione si intende qualsiasi offesa di un diritto (personale e/o patrimoniale), ingiusta (contraria al diritto) che si concretizzi in un pericolo attuale. La reazione deve poi essere necessaria (non deve essere possibile un’altra forma alternativa di reazione che sia meno dannosa per l’aggressore) e proporzionata all’offesa (secondo la dottrina più recente la proporzione deve sussistere tra il male minacciato e quello che verrebbe inflitto).

Nei casi previsti dall’art. 614[1], 1° e 2° comma c.p., sussiste il rapporto di proporzione di cui all’art. 52, 1° comma c.p. se taluno legittimamente presente su in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo di coazione, idoneo al fine di difendere:

  1. la propria o l’altrui incolumità;
  2. beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale[2].
Purché vi sia un pericolo attuale per il proprio, ovvero per l’altrui diritto (c.d. soccorso difensivo), il soggetto può agire nei confronti dell’aggressore, con un’azione che normalmente costituisce reato, sempre che tale reazione sia assolutamente necessaria per salvare il diritto minacciato e sia proporzionale all’offesa.

  • Ciò vuol dire, ad esempio, che la difesa è legittima se viene minacciato il diritto alla vita, alla incolumità personale, alla libertà sessuale, alla proprietà, e così via
  • Si pensi ad esempio, al caso dell’autore di un incendio in porto che, per sottrarsi all’identificazione e alla cattura, aggredisce con un coltello e con evidente intenzione omicida un Delegato di Spiaggia che lo ha scoperto. In questa ipotesi, il Delegato che, per bloccarlo, reagisce all’aggressione colpendo a sua volta l’autore del reato, non risponde delle lesioni eventualmente cagionate all’autore del fatto: ciò in quanto la reazione del Delegato di Spiaggia è intervenuta per legittima difesa.

 

 

Perché l’esimente della legittima difesa sia ammissibile occorrono perciò due presupposti essenziali, e cioè:

  1.  l’esistenza di una aggressione ingiusta
  2.  l’esistenza di una reazione legittima.

 


[1] Art. 614 c.p. (Violazione di domicilio) – Chiunque si introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero si introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione fino a 3 (tre) anni. Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro la espressa volontà di chi ha diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno. Il reato è punibile a querela della persona offesa […]
[2] Questo comma è stato aggiunto dall’art. 1 della legge 13 febbraio 2006, n. 59.