Presupposti

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Perché l’esimente della legittima difesa sia ammissibile occorrono perciò "due presupposti" essenziali, e cioè:

  1. esistenza di una aggressione ingiusta
  2. esistenza di una reazione legittima.

L’art. 52 c.p. indica in quali casi l’aggressione può definirsi "ingiusta" e la reazione "legittima".

 

 

Perché l’aggressione possa definirsi "ingiusta" è necessario che:

  1. oggetto dell’offesa sia l’attacco di un diritto di natura personale o patrimoniale[1].
  • Ciò vuol dire, ad esempio, che la difesa è legittima se viene minacciato il diritto alla vita, alla incolumità personale, alla libertà sessuale, alla proprietà, e così via ovvero al passante che interviene per impedire che una ragazza venga sottoposta a violenza (soccorso difensivo).
  1. l’offesa deve essere ingiusta, contraria al diritto.
  • L’offesa è ingiusta quando non è imposta o autorizzata da alcuna norma. Non è ingiusta, ad esempio, l’offesa al bene della libertà personale arrecata dall’U.P.G. che esegue l’ordinanza che dispone la custodia cautelare dell’imputato. Esso agisce infatti nell’adempimento di un dovere. Se l’imputato, per sottrarsi alla cattura, reagisce ferendo l’U.P.G., non può invocare la legittima difesa. La sua reazione, infatti, è posta in essere per difendersi da una aggressione non ingiusta al suo diritto alla libertà.
  1. il pericolo deve essere attuale: il pericolo attuale è solo quello «incombente». non può essere perciò, né quello passato né quello futuro.
  • Ciò vuol dire, ad esempio, che non può sostenere di aver agito per legittima difesa il Comandante di motovedetta della Guardia Costiera che provoca gravi lesioni allo «scafista» dopo che questi si è dato alla fuga abbandonando su di una piattaforma in disuso alcuni profughi albanesi.
    Il comandante della motovedetta, infatti, non reagisce contro un pericolo attuale, ma contro un pericolo «passato» e la sua condotta è assai simile a quella del vendicatore.
  • Non può sostenere di aver agito per legittima difesa, ad esempio, neppure il Pubblico Ufficiale che uccide il pescatore di frode temendo che questi, essendo persona notoriamente pericolosa ed autrice di passate aggressioni nei suoi confronti, possa, da un momento all’atro, mettere nuovamente in pericolo la sua vita. In questo caso, infatti il pericolo è «futuro» e può essere richiesta la protezione dello Stato.
  1. la situazione di pericolo non è stata voluta dall’aggredito: se la situazione di pericolo è stata creata dallo stesso aggredito, egli non può sostenere.
  • Ad esempio, la causa di giustificazione della legittima difesa non spetta né a colui che ha lanciato la sfida né a colui che l’ha accettata. Quest’ultimo, infatti, si è messo volontariamente in una situazione di pericolo nel momento stesso in cui ha accettato la sfida.
    Chi partecipa a una rissa (art. 588 c.p.) lo fa con l’animo di attaccare e non di difendersi. Pertanto, nel caso di una rissa, avvenuta in porto tra passeggeri in attesa di imbarco e i N.O.I.P. della Capitaneria, la legittima difesa può essere invocata solo da chi prova di essersi limitato a parare i colpi degli avversari o di essersi dato alla fuga. Solo in questo caso, infatti, chi ha partecipato alla rissa può dire di non aver voluto la situazione di pericolo.

 

 

Requisiti della "reazione" perché ricorra tale scriminante, sono:

  1. la reazione legittima: per essere tale la reazione deve cadere sull’aggredito;
  2. la reazione deve presentarsi come necessaria (non poteva essere evitata) ossia il soggetto è nella alternativa tra reagire o subire; occorre inoltre la inevitabilità del pericolo, nel senso che non deve essere possibile evitare altrimenti l’offesa al diritto proprio o altrui;
  3. la difesa deve essere proporzionata all’offesa: proporzione che secondo la dottrina più recente deve sussistere tra il male minacciato e quello inflitto (la giurisprudenza, tra l’altro, suggerisce di tenere conto anche delle condizioni dell’aggredito, ei mezzi di cui disponeva, del tempo e del luogo dell’aggressione, ecc.).
  • Ad esempio, la causa di giustificazione della legittima difesa non può essere invocata dal Comandante di motovedetta della Guardia Costiera che, affrontato e colpito con pugni e schiaffi da uno scafista, pur essendo più forte fisicamente, spara dei colpi di arma da fuco e lo uccide.

 

La reazione è certamente proporzionata e perciò legittima quando il male provocato all’aggressore è inferiore o appena superiore a quello subito.
La proporzione deve sussistere fra il male minacciato e quello inflitto nonché fra i mezzi a disposizione e quelli da lui usati.

  • Nell’ esempio, appena fatto, non vi è proporzione né fra mezzi a disposizione e mezzi usati (mani-arma da fuoco) né fra male minacciato e male inflitto /incolumità-vita).

In via di approssimazione, può dirsi che:

  1. non è consentito aggredire la vita altrui per difendere diritti di natura solo patrimoniale;
  2. la condotta che cagiona la morte di una persona può essere giustificata solo quando è assolutamente imposta dalla necessità di difendersi da una ingiusta violenza.

E’ difficile stabilire in astratto se dall’esempio appena fatto sia o meno applicabile la causa di giustificazione della legittima difesa.

C’è da chiedersi: ma il bene della ”incolumità” del Comandante di motovedetta della Guardia Costiera doveva davvero soccombere rispetto al diritto alla “vita” dello scafista ?
 

A voi la risposta !!

 


[1] E’ un primo elemento che distingue tale scriminante dallo «stato di necessità» che richiede un danno esclusivamente di natura personale.