Responsabilità disciplinare

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Le norme di attuazione del Codice di procedura penale (artt. 16-19) regolamentano il tema delle "sanzioni disciplinari" che possono essere applicate agli Ufficiali ed agli Agenti di polizia giudiziaria che, violando le norme relative all’esercizio delle loro «funzioni», e cioè: 

  1. omettono di riferire nel termine previsto all’Autorità giudiziaria la notizia di reato;
  2. omettono o ritardano l’esecuzione di un ordine dell’Autorità giudiziaria o lo eseguono in parte o negligentemente;
  3. violano ogni disposizione di legge relativa all’esercizio delle loro funzioni (ad esempio: violazione del divieto di pubblicare gli atti di un procedimento penale, dare consigli all’indagato sulla scelta del difensore di fiducia ecc.). 

►Iniziativa: l’azione disciplinare è promossa dal Procuratore Generale presso la Corte di appello del "distretto" in cui presta servizio l’U.P.G. o l’A.P.G. Dell'inizio dell'azione disciplinare è data comunicazione all'amministrazione dalla quale dipende l'Ufficiale o l'Agente di polizia giudiziaria in questione.

Contestazione: l'addebito viene contestato all'incolpato per iscritto. La contestazione, che indica succintamente il fatto e la specifica trasgressione della quale l'incolpato è chiamato a rispondere, è notificata all'incolpato e contiene l'avviso che fino a 5 giorni prima dell'udienza, egli ha la facoltà di presentare memorie, produrre documenti e richiedere l'audizione di testimoni.

Competenza: competente a giudicare dell’infrazione disciplinare è una apposita "Commissione" (composta da due magistrati e da un Ufficiale di polizia giudiziaria appartenente alla stessa amministrazione dell’incolpato) avente sede presso la Corte d’Appello e i cui componenti sono nominati dal consiglio giudiziario, per i magistrati, e dai soggetti indicati nell’art. 17 co.3 att., per gli appartenenti alle Forze di Polizia. Nel procedimento disciplinare l’accusa è rappresentata dal Procuratore Generale (P.G.) che ha promosso l’azione disciplinare o da un suo sostituto.

Le garanzie difensive:  l’incolpato ha facoltàdi nominare un difensore di fiducia (che può anche essere un appartenente alla sua Amministrazione) o da un difensore di ufficio (designato a norma dell’art. 97).

Notifica del provvedimento: all'esito dell'iter procedimentale, il Procuratore Generale comunica il provvedimento all'amministrazione di appartenenza dell'Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria nei cui confronti è stata promossa l'azione disciplinare.

Impugnazione: avverso la decisione emessa della Commissione, sia l'incolpato che il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello possono ricorrere ad una "Commissione Centrale" (di 2° grado) che ha sede presso il Ministero di Giustizia ed il cui provvedimento conclusivo non è ricorribile in Cassazione. L'accusa è esercitata da un magistrato della Procura Generale presso la Corte di cassazione.

All’esito del procedimento, all’Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria, ritenuto responsabile della trasgressione disciplinare è inflitta la sanzione della «censura» o, nei casi più gravi, la «sospensione dall’impiego» per un tempo non superiore a sei mesi.
Agli Ufficiali o agli Agenti addetti alle Sezioni di polizia giudiziaria potrà essere altresì irrogata la sanzione dell'esonero dal servizio presso le sezioni. Nei confronti dell'Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria. incolpato può essere disposta anche la "sospensione cautelare" dalle funzioni di polizia giudiziaria.
Va precisato che il procedimento disciplinare sia in 1° che in 2° grado, nonostante l'intervento dell'Autorità Giudiziaria e le forme proprie di un procedimento giurisdizionale, resta un procedimento di natura amministrativa.
L’Ufficiale o l’Agente che viola i doveri inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria può essere assoggettato solo al procedimento disciplinare appena delineato (art. 16 comma 3 att.) e non anche (congiuntamente o alternativamente) al procedimento disciplinare che le varie amministrazioni prevedono per i loro appartenenti che trasgrediscono ad ordini emanati ovvero violino doveri generici o specifici del servizio o della disciplina militare.
E', infatti, evidente che le sanzioni dinanzi citate, previste dalle disposizioni di attuazione al nuovo codice di rito non possono essere certo assorbire provvedimenti di diversa natura quali ad esempio la destituzione, o profili di rilevanza disciplinare peculiari, per ciascuna amministrazione di appartenenza, come ad esempio quelle previste dalla L. 121/81 e dal successivo decreto di attuazione D.P.R. 737/81 per gli appartenenti alla polizia di Stato.

  • Se pertanto, ad esempio, il dirigente di un servizio di polizia giudiziaria omette di riferire entro il termine previsto dall’art. 347 la notizia di reato al P.M., non può essere assoggettato ad esempio, al procedimento disciplinare previsto per il personale dell’amministrazione di pubblica sicurezza (D.P.R. 25/10/1981, n. 737) ovvero al procedimento previsto dal regolamento di disciplina militare (D.P.R. 18/7/1986, n. 545). Nei suoi confronti può essere invece promossa solo l’azione disciplinare di cui all’art. 16 att. c.p.p.

Il procedimento disciplinare promosso per la violazione commessa nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, non esclude, viceversa, che per la stessa violazione possa essere dato inizio anche a un «procedimento penale». Per il medesimo fatto, perciò, può prospettarsi l’ipotesi di dare autonomi procedimenti: quello disciplinare o quello penale.

  • Ad esempio, il doloso ritardo nella trasmissione stessa può concretare sia il reato di cui all’art. 361 comma 2 c.p. (omessa denuncia di reato...) o dell’art. 328 c.p. (rifiuto di atti di ufficio), sia l’infrazione disciplinare di cui all’art. 16 att. per i reati di omessa denuncia aggravata (artt. 361 e 363 c.p.) o rifiuto di atti di ufficio (art. 328 c.p.).