Diritto di inseguimento
Costituisce un’altra importante eccezione al principio della sottoposizione della nave all’esclusivo potere dello Stato di bandiera anche la regola relativa al «Diritto di Inseguimento», che coinvolge tutti gli spazi marittimi (nonché le zone di sicurezza che circondano installazioni site in alto mare) e che consente l’inseguimento di una nave straniera o una sua imbarcazione che abbiano violato le leggi dello Stato, purché l’inseguimento abbia avuto origine nelle acque interne o nel mare territoriale oppure nella zona contigua, se distinta dal mare territoriale, nella ZEE o nelle acque sovrastanti la piattaforma continentale, ma in queste tre zone limitatamente all’inosservanza delle misure ivi consentite allo Stato costiero.
L’inseguimento deve essere “continuo” e “non interrotto” (droit de poursuite)[1] e sulla nave catturata potranno essere esercitati soltanto quei poteri previsti nella zona in cui l’inseguimento ha avuto inizio. L’inseguimento deve comunque cessare se la nave entri nel proprio mare territoriale o in quello di uno Stato terzo.
Un criterio di logica proporzionalità regola l’esercizio dei poteri previsti in esito all’inseguimento e, pertanto, sono considerate violazioni che legittimano l’inseguimento e la cattura in alto mare, solo quelle corrispondenti alle leggi e regolamenti vigenti nello spazio marittimo dal quale ha avuto origine l’inseguimento.
La Convenzione di Montego Bay del 1982 ammette anche la teoria della cosiddetta “presenza presunta”, secondo cui la nave straniera che, pur mantenendosi in acque internazionali, partecipi a traffici illeciti che altri mezzi di bordo quali per esempio scialuppe o motoscafi [2] svolgano in spazi marittimi sottoposti al potere di governo dello Stato costiero, può essere catturata da quest’ultimo.
- Basti pensare, ad esempio, alle piccole imbarcazioni di un motopeschereccio che sconfinano in acque protette, mentre quest’ultimo rimane in alto mare.
► Al riguardo possono farsi le ipotesi di:
- trasbordo in alto mare di migranti clandestini dalle famigerate “carrette” a scialuppe dirette verso terra per il successivo sbarco;
- rifornimento di carburante in alto mare, in esenzione dei tributi doganali, da nave cisterna a natanti provenienti dalla costa;
- contrabbando di sigarette, effettuato al largo della costa, in alto mare, con il trasbordo a velocissimi motoscafi da una nave-madre.
L’inseguimento può essere esercitato solo da "navi da guerra" o "velivoli militari" o da atre navi e aeromobili chiaramente contrassegnati e inequivocabilmente identificabili quali mezzi di servizio governativo di polizia marittima e a tale scopo autorizzati.
I mezzi dello Stato costiero devono iniziare l’inseguimento immediatamente, ovvero non appena le competenti Autorità realizzano che una violazione è stata commessa dalla nave straniera.
Tale inseguimento deve essere preceduto da un «ordine di arresto», a mezzo di segnale sonoro o visivo che deve essere dato ad una distanza tale che la nave lo possa distintamente percepire.
L’art. 111 della Montego Bay del 1982 ammette che l’inseguimento della nave possa essere condotto da un velivolo militare. In particolare si prevede la possibilità di un "inseguimento combinato" tra aereo e mezzo navale (a meno che l’aereo non sia in grado di procedere autonomamente alla cattura). In tal caso l’azione condotta dal velivolo viene continuata dal mezzo navale (o da altro velivolo) inseguitore, e costituisce una semplice sostituzione del soggetto agente, ferma restando l’unità oggettiva dell’inseguimento. Infatti, la norma citata prosegue ribadendo la necessità della "non interruzione" dell’inseguimento e l’obbligatorietà della comunicazione del segnale visivo o sonoro di arresto.
Non è sufficiente, pertanto, la mera qualificazione della nave straniera quale «offender» o «suspect offender» da parte del velivolo militare, se ad essa non segue la procedura sopra descritta.
L’inseguimento può essere esercitato da "navi da guerra" o "velivoli militari"
[1] Una fondamentale condizione caratterizza un legittimo “droit de poursuite”: l’inseguimento, una volta “immediatamente” iniziato nel senso sopra descritto, deve essere continuo e non interrotto. La continuità richiede che sia sempre mantenuto un contatto tra inseguitore e inseguito e a tal riguardo vi è discordanza di opinioni sulla definizione di contatto. La dottrina prevalente ritiene necessario che vi sia un contatto fisico-visivo tra i mezzi, altri sostiene che un contatto elettronico (esempio, ottiche telematiche o contatto radar) sia sufficiente per rispondere con pienezza al requisito richiesto.
Per quanto concerne la non interruzione vi è maggior coerenza dottrinaria e giurisprudenziale, dato che qualsiasi arresto dell’azione sia esso per causa volontaria, colposa o accidentale, determina l’impossibilità per la nave inseguitrice di riprendere legittimamente l’inseguimento. Pertanto la rinuncia, la scarsa abilità di manovra e avarie ai mezzi impediscono l’esercizio del diritto. Le clausole generali di diritto del caso fortuito e della forza maggiore non rilevano, poiché neppure un evento naturale quale la nebbia o la tempesta può giustificare l’interruzione.
[2] Le scialuppe o motoscafi si considerano alla stregua di pertinenze della nave stessa, comunemente definita mother-schip).