Convalida dell'arresto e del fermo

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Con la messa a disposizione del P.M. e la traduzione in carcere dell’arrestato o del fermato, cessano le attività della Polizia Giudiziaria relative all’arresto e al fermo.
Appare tuttavia opportuno accennare, sia pur sommariamente, al "
procedimento di convalida" di tali provvedimenti, che sono in sostanza sottoposti ad un "doppio vaglio giurisdizionale", da parte del P.M. e del Giudice delle indagini preliminari (G.I.P.).

  • Il P.M., in particolare, effettua un preliminare controllo di:
  1. legittimità sull’atto di arresto o fermo: il P.M. se lo ritiene illegittimo (per evidente innocenza, evidente illegalità o sopravvenuta inefficacia: art. 389 c.p.p.), ordina la immediata liberazione del fermato o arrestato, ma ciò non preclude al P.M. il potere di chiedere ugualmente al Giudice una misura cautelare;
  2. adeguatezza: il P.M., allorché ravvisi che la persona arrestata o ferma è in precarie condizioni di salute, ovvero che la detenzione in carcere è sproporzionata rispetto alle esigenze cautelari, può disporre che essa sia custodita agli arresti domiciliari, in attesa della pronuncia del Giudice della convalida;
  3. merito: il P.M., anche quando ritiene legittimo l’eseguito fermo o arresto, può sempre direttamente ed immediatamente rimettere in libertà la persona, se non ravvisa l’attuale permanenza di esigenze cautelari (pericolo di fuga estigativo, pericolo per le esigenze di difesa sociale: art. 273 e art. 121 disp. att. c.p.p.). In tal caso, essendo già stato liberato
    l’arrestato o fermato, non vi è alcuna urgenza per la richiesta del P.M. e la pronuncia del Giudice sulla convalida. Se, invece, si ravvisa esigenze cautelari, il P.M. oltre a domandare la eventuale convalida, chiede subito anche la misura cautelare.
  • In ordine al Giudice investito di tali richieste, esso è:
  1. il G.I.P. (ipotesi usuale) che decide nella apposita udienza di convalida anche in ordine alla misura cautelare, eventualmente domandata dal P.M.;
  2. il G.I.P. funzionalmente competente è quello del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito.
  • Ad esempio: se un soggetto viene fermato a Milano per un omicidio fatto a Napoli, benché il reato appartenga alla competenza territoriale di Napoli, il G.I.P. della convalida è quello del tribunale di Milano.
  1. più raramente, il Giudice del giudizio direttissimo. Trattasi di ipotesi in cui il P.M. domanda direttamente e contestualmente al Giudice dibattimentale di convalidare l’arresto o fermo e di procedere al giudizio col rito direttissimo, nonché eventualmente di adottare una misura cautelare.

L’udienza di convalida (art. 391 c.p.p.) innanzi al G.I.P., si svolge in camera di consiglio nel contraddittorio fra accusa e difesa; è personalmente sentito anche l’arrestato o il fermato se questi non rifiuta di comparire.
All’udienza, essendo in gioco la libertà dell’inquisito, è obbligatoria la presenza effettiva del suo difensore che deve essere preavvisato, ma è facoltativa quella del P.M., che avrà fatto pervenire per iscritto le sue conclusioni sulla convalida ed eventualmente la richiesta di misura cautelare (art. 24 D.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 che ha modificato in tal senso l’art. 391, comma 3).

All’esito dell’udienza il G.I.P. decide con ordinanza, ricorribile solo per cassazione (art. 391 comma 4), con la quale, in alternativa:

  1. convalida l’arresto o fermo;
  2. dichiara la illegittimità del fermo o arresto non convalidandolo. In tale ipotesi, l’autore della misura è eventualmente assoggettabile a sanzioni disciplinari, se sussistono profili di colpa (o, al limite, dolo) rilevanti in tale sede. In ogni caso, la persona assoggetta alla misura ha diritto alla riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione ai sensi dell’art. 314 c.p.p.

Il G.I.P. (o il Giudice dibattimentale in caso di giudizio direttissimo) deve verificare tutti i presupposti dell’arresto (flagranza, titolo di reato, osservanza dei termini, gravità del fatto e pericolosità del soggetto) o de fermo (gravità degli indizi, titolo del reato, osservanza dei termini e fondato pericolo di fuga).