Falsità materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici (atti d’ufficio)
Come prevede l’art. 476 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale (reato proprio) che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero.
- Ad esempio, il cancelliere che, ricevuta da Giudice una sentenza depositata, la altera, aggiungendovi alcune frasi o la modifica cancellandone altre.
La condotta consiste nel formare (creare qualcosa che prima non esisteva) in tutto o in parte un atto falso (equivale a contraffare); e nell’alterare (modificare qualcosa di preesistente) un atto vero.
Il reato si consuma con il verificarsi della contraffazione o della alterazione.
- Si è ritenuto che sussista il reato di falsità materiale in atto pubblico nei casi, ad esempio, di falsificazione:
- della Relazione di servizio al comandante di corpo o di unità;
- del Verbale di sequestro e, in genere, dei verbali di polizia giudiziaria;
- della Informativa di reato al P.M.;
- del Registro tenuto presso il reparto di pronto soccorso di un pubblico ospedale;
- del Registro degli esami universitari;
- del certificato di morte, ecc.
Si procede d’ufficio e la competenza è del "Tribunale monocratico". Il colpevole è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.
Se la falsità riguarda un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da 3 a 10 anni.
► Falsità materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
Come prevede l’art. 477 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffa o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro veridicità.
Appare chiaro che sono due le ipotesi delittuose e che di esse la seconda consiste nella "contraffazione" non dell’atto come tale, ma di alcuni suoi elementi, quali per esempio il visto, la vidimazione, la legalizzazione di firme, ecc. "Contraffazione" si deve intendere formazione di un atto ad imitazione di un atto vero.
Il colpevole è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni (Tribunale monocratico).