Legge n. 40 del 6 marzo 1998

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Con la Legge 6 marzo 1998, n. 40, c.d. Turco-Napolitano (Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) poi confluita nel Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico sull’immigrazione) è stato elaborato un provvedimento di più ampia portata rispetto a quelli assunti e sottoposti nel passato al Parlamento per disciplinare l’immigrazione e insieme, anche se non in modo esaustivo, la "condizione dello straniero".
L’esperienza concreta del periodo più recente – la difficile gestazione, prima, e la mancata conversione poi, del decreto legge del novembre 1995, l’intenso confronto parlamentare sul disegno di legge di salvaguardia degli effetti di quel decreto, e insieme, al di là delle vicende legislative, gli sviluppi reali del fenomeno – avevano d’altronde messo in piena evidenza l’insufficienza e la non riproponibilità di provvedimenti parziali e di emergenza e di ricorrenti sanatorie, la necessità di definire ormai un quadro normativo certo, generale e unitario.

  • La Legge 6 marzo 1998, n. 40 si prefigge tre obiettivi:
  1. contrasto dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento criminale dei flussi migratori;
  2. realizzazione di una puntuale politica di ingressi legali limitati, programmati e regolati;
  3. avvio di realistici ma effettivi percorsi di integrazione per i nuovi immigrati legali e per gli stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia.
  • La normativa si articola attorno ai seguenti temi:
  1. modalità di ingresso e dei controlli alle frontiere, disciplina dell’accesso al lavoro, regolamentazione del lavoro autonomo e del lavoro stagionale;
  2. disciplina più efficace del respingimento alle frontiere e delle espulsioni;
  3. norme penali e processuali finalizzate al contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono l’immigrazione clandestina;
  4. garanzie per l’immigrato legale: di poter passare da una condizione di temporaneità ad una maggiore stabilità, mediante la previsione di strumenti nuovi come la carta di soggiorno; di vedere tutelato il diritto a salvaguardare la propria famiglia o a costruirne una nuova; di ottenere il riconoscimento di diritti di cittadinanza quali i diritti alla salute, all’istruzione, ai servizi sociali, alla rappresentanza e al voto amministrativo.
  • Le soluzioni che sono state adottate comportano:
  1. un’ampia iniziativa sul piano internazionale, per la definizione e lo sviluppo di un sistema di accordi di cooperazione e di specifica collaborazione in materia di immigrazione con i paesi di maggior provenienza del flusso migratorio;
  2. un impegno sistematico di adeguamento delle strutture amministrative ai compiti loro affidati dalla nuova legge, e di stretta concertazione interministeriale;
  3. la più ampia collaborazione con gli enti locali e con le Regioni, cui spetta un ruolo determinante specie per la realizzazione di una politica dell’accoglienza, dell’integrazione, dei diritti.
  • La legge è suddivisa in sette titoli:

Nel titolo I sono previste le disposizioni generali e di principio che definiscono l’ambito di applicazione della legge (art. 1), il trattamento dello straniero (art. 2), nonché uno strumento di programmazione dei flussi, alla base del sistema di governo del fenomeno dell’immigrazione che si propone (art. 3).
Quanto all’articolo 1, si segnala oltre alla definizione dei destinatari della legge, il richiamo alle norme comunitarie e internazionali più favorevoli agli stranieri comunque vigenti nel territorio dello stato e la qualificazione delle norme della legge, come principi fondamentali, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, al fine di indirizzare l’esercizio delle competenze legislative regionali.
Relativamente all’articolo 2, va precisato che i diritti fondamentali della persona umana sono riconosciuti indiscriminatamente, nel territorio dello stato, compresa la linea di frontiera, a tutti gli stranieri, indipendentemente dalla regolarità o meno dell’ingresso o del soggiorno.
Non c’è dubbio che fra i diritti fondamentali vanno considerati quelli relativi alla garanzia giurisdizionale in ordine ai provvedimenti che concernono i destinatari della presente legge.
E’ invece agli stranieri regolarmente soggiornanti che si assicura pienezza di diritti in materia civile nell’ambito della disciplina della legge e delle convenzioni internazionali, fino a configurare uno status particolare, comprendente la facoltà di partecipare alla vita pubblica a livello locale, per gli stranieri in possesso della “carta di soggiorno” disciplinata dall’articolo 7.
L’articolo 3 realizza un nuovo strumento di governo del fenomeno migratorio, costituito da un documento programmatico triennale per la politica dell’immigrazione, che il Presidente del Consiglio sottopone all’approvazione del Consiglio dei Ministri e presenta al Parlamento, e da uno o più decreti che definiscono annualmente, o per il più breve periodo relativo al lavoro stagionale, le quote degli immigrati per i quali è ammesso l'ingresso.
Il documento programmatico indica inoltre le azioni e gli interventi che lo Stato italiano si propone di attuare anche in cooperazione con altri paesi europei, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie, e con le organizzazioni non governative.
Si prevede inoltre un ruolo attivo delle regioni, delle province e dei comuni e di altri enti locali, che concorrono alle iniziative volte a favorire l’integrazione e l’inserimento degli stranieri nel tessuto sociale. A tal fine sono stati istituiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’immigrazione, i Consigli territoriali per l’immigrazione, in cui sono principalmente rappresentati gli Enti locali, per il coordinamento e la promozione degli interventi da attuare a livello locale.

Il titolo II concerne l’ingresso, il soggiorno, il respingimento e le espulsioni.
Oltre alle norme sui visti (art. 4) e sugli ordinari controlli alla frontiera, sono precisate le modalità del rilascio del permesso di soggiorno (art. 5) con riferimento ai diversi motivi dell’ingresso e del soggiorno nel territorio dello stato (affari, turismo, lavoro stagionale, visite, studio e formazione, lavoro autonomo, lavoro subordinato, motivi familiari, ecc.). A questo proposito, il comma 1 dell’articolo 6 disciplina la facoltà di “conversione“ del titolo di soggiorno anche per gli studenti, riportandolo nell’ambito di quelle quote che costituiscono uno degli strumenti più innovativi e rilevanti della legge. Le altre disposizioni dell’articolo 6 riprendono, invece, la disciplina tradizionale dei controlli in materia di soggiorno.
E’ di rilievo, come si è detto, l’articolo 7 che disciplina il rilascio della “carta di soggiorno”, un titolo permanente, ancorché il documento comprovante possa avere durata periodica come gli altri documenti abilitativi e di riconoscimento, di cui potrà fruire lo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno sei anni, purché immune da pregiudizi penali di rilievo o da provvedimenti di prevenzione di maggiore gravità. La “carta di soggiorno” consentirà allo straniero lo svolgimento di ogni attività lecita (con eccezione di quelle riservate al cittadino italiano), l’accesso ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione e il diritto di elettorato attivo e passivo nelle lezioni comunali e circoscrizionali, secondo la particolare disciplina dell’articolo 38. La carta di soggiorno costituisce pertanto uno strumento essenziale per consolidare il percorso di cittadinanza prefigurato dalla nuova normativa.
Proprio in considerazione di ciò, la revoca della carta di soggiorno come l’espulsione nei confronti di coloro che ne sono in possesso può avvenire solo per gravi motivi.
Il capo II del Titolo II è integralmente dedicato alla materia del respingimento e delle espulsioni. In questa parte della legge trova espressione l’intento di rendere efficace la disciplina delle espulsioni prevedendosi, al contempo, la massima garanzia di controllo giurisdizionale.
L’articolo 8 prevede, in particolare, l’adozione del respingimento, oltre che sulla linea di frontiera, anche nei confronti di chi sia colto subito dopo l’ingresso in Italia in luoghi diversi dai valichi autorizzati e di coloro che siano ammessi nel territorio per interventi di pronto soccorso e assistenza. In tale eventualità trova applicazione il successivo articolo 12 concernente i centri di permanenza e di assistenza
Per quanto l’articolo 8 non ne faccia menzione, la ricorribilità dei provvedimenti di respingimento è assicurata dalla disciplina generale in materia di provvedimenti amministrativi, mentre il trattenimento nei centri è disciplinato nel ricordato articolo 12.
Gli articoli 9 e 10 intendono potenziare l’azione di contrasto delle immigrazioni clandestine, sia attraverso più incisive misure di controllo e di coordinamento, sia attraverso norme sanzionatorie più severe e articolate sul piano penale o amministrativo. Relativamente alla sanzione penale nei confronti di chi favorisce l’immigrazione clandestina e il traffico illecito di mano d’opera, va precisato che la norma (art. 10) non intende colpire in alcun modo l’intervento umanitario nei confronti di chi abbia varcato, sia pure illecitamente la linea di frontiera.
Con l’articolo 11 si disciplinano le espulsioni amministrative, ridotte a due ipotesi: la prima concerne l’espulsione disposta dal Ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato; la seconda è quella disposta dal Prefetto nei confronti del clandestino che è entrato nel territorio dello stato sottraendosi ai controlli di frontiera, ovvero nei confronti dell’irregolare che non abbia ottemperato agli obblighi previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno, ovvero ancora nei confronti degli stranieri pericolosi per la sicurezza pubblica, secondo i tradizionali parametri stabiliti dalle norme vigenti per l’applicazione di una misura di prevenzione.
Anche in ottemperanza al Protocollo 7 aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 9 Aprile 1990, n° 98), l’espulsione è eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera in casi limitati (espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, espulsioni già disposte e rimaste indebitamente ineseguite, una volta esauriti i rimedi giurisdizionali), ovvero quando ricorrono circostanze obbiettive che fanno ritenere concreto il pericolo che l’interessato si sottragga al provvedimento.
Negli altri casi, l’espulsione è adottata mediante intimazione a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni.
Nelle ipotesi in cui lo straniero clandestino sia colto in fragranza di reato, si prevedono opportune forme di raccordo per assicurare sia l’effettività dell’espulsione, sia la garanzia del diritto di difesa dell’imputato, che può chiedere l’autorizzazione al rientro nel territorio dello stato al fine di partecipare al processo penale a suo carico.
In tutti i casi è assicurata la possibilità di ricorrere al giudice, con diritto al patrocinio gratuito dei non abbienti.
Trattandosi di misure amministrative, di per sé estranee al fatto reato si è ritenuto di attribuire la competenza al Tribunale civile, con un procedimento rapidissimo, destinato ad esaurirsi in quindici giorni, salvo ulteriore ricorso per Cassazione e senza escludere eventuali provvedimenti cautelari (la cosiddetta “sospensiva”).
La scelta a favore del giudice ordinario civile, quale autorità giurisdizionale competente a decidere sul ricorso contro l’espulsione, oltre che della legittimità della misura di cui all’articolo 12, risponde a criteri funzionali e sistematici. Sotto il primo profilo si osserva che solo il giudice ordinario, per struttura ed organizzazione diffuse sul territorio appare in grado di operare entro i termini brevi previsti dalla legge (48 ore per la convalida del provvedimento di trattenimento di cui all’art. 12, e 10 giorni per la decisione sul ricorso contro l’espulsione). In secondo luogo si osserva che la rigida ripartizione delle competenze tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in presenza di ricorsi contro provvedimenti della pubblica amministrazione, appare più volte derogata da varie disposizioni (esempio, il ricorso al Tribunale avverso le sanzioni amministrative), e pertanto, la scelta operata a causa delle suddette ragioni funzionali, non trova particolari ostacoli dal punto di vista sistematico.
Solo nel caso di espulsione disposta dal Ministro dell’interno, per motivi di ordine pubblico e di sicurezza nazionale, si è ritenuto di mantenere la tradizionale competenza del giudice amministrativo, trattandosi di provvedimenti a contenuto altamente discrezionale.
Per quanto specificamente riguarda la misura prevista dall’articolo 12, tendente ad assicurare l’effettività delle espulsioni disposte con accompagnamento alla frontiera e dei respingimenti, si prevede il trattenimento dell’interessato in appositi Centri.
La misura può essere disposta, nei casi tassativamente indicati dalla legge, quando è impossibile procedere con la necessaria immediatezza all’esecuzione dell’espulsione o del respingimento: in particolare, quando sia necessario procedere ad accertamenti supplementari o all’acquisizione di documenti e visti, ovvero quando debba predisporsi un vettore o un mezzo di trasporto non immediatamente disponibile.
I centri di permanenza ed assistenza temporanea a tal fine previsti, gestiti a cura dell’Amministrazione dell’interno, sono comunque estranei al circuito penitenziario, tant’è che è assicurata, oltre all’assistenza, anche la libertà di comunicazione con l’esterno, mentre l’azione di polizia – esterna ai centri – è esclusivamente finalizzata ad impedire eventuali tentativi di elusione della misura.
Nel rispetto del disposto dell’art. 13 della Costituzione, il provvedimento del questore che dispone il trattenimento deve essere trasmesso entro 48 ore al Tribunale e convalidato nelle 48 ore successive, sentito l’interessato. E’ favorita la contemporanea trattazione, nel merito, dell’eventuale ricorso contro il provvedimento di espulsione. La misura del trattenimento può avere durata massima di venti giorni ed è prorogabile per ulteriori dieci giorni qualora sia imminente l’eliminazione dell’impedimento all’espulsione o al respingimento. Trascorso tale termine il provvedimento perde efficacia.
La misura suddetta costituisce una novità per l’ordinamento italiano, ma trova un comune denominatore nella quasi totalità dei paesi europei ed un fondamento autorevolissimo - peraltro sorretto dall’articolo 10, primo e secondo comma, della Costituzione - nell’articolo 5, comma 1 lettera f) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848. Tale norma, infatti, contempla la possibilità di misure custodiali provvisorie preordinate all’esecuzione del provvedimento di espulsione.
Con gli articoli 13 e 14, infine, sono disciplinate le espulsioni disposte dall’autorità giudiziaria: sia a titolo di misura di sicurezza – nel caso di rinvio a giudizio o di condanna per uno dei gravi reati previsti dagli artt. 380 e 381 del codice di procedura penale – sia nell’ipotesi di sostituzione della misura dell’espulsione alla detenzione, in caso di patteggiamento della pena ovvero di condanna per un reato non colposo punito entro il limite di due anni.
Al capo III sono introdotte per la prima volta, dopo la breve esperienza del decreto legge n. 477 del 13 settembre 1996, norme volte alla tutela delle vittime del traffico di clandestini, in modo particolare per sfruttamento sessuale. Tutti gli stranieri, donne, uomini e minori, che intendono sottrarsi alle condizioni di sfruttamento nelle quali sono costretti a vivere, non incorreranno nell’espulsione, ma potranno usufruire del permesso di soggiorno e partecipare a un programma di assistenza ed integrazione sociale. Si intende con questa norma aiutare le vittime e proteggerle da ritorsioni da parte dei loro sfruttatori, anche valorizzando le loro denunce in un quadro di più forte azione di contrasto alle organizzazioni criminali che sono all’origine di questi fenomeni.
Completano le norme contenute nel capo II le disposizioni a carattere umanitario che vietano l’espulsione nei confronti di particolari soggetti (es. minori, possessori di carta di soggiorno, donne in stato di gravidanza), e quelle che prevedono speciali misure di protezione temporanea (art. 18) per eventi eccezionali quali disastri naturali, conflitti armati e simili situazioni di grave pericolo.

Il titolo III riguarda la disciplina del lavoro che integra ed innova profondamente la legge n° 943 del 1986. Nell’ambito di questo titolo sono definite le modalità di ingresso in Italia per lavoro, sulla base delle quote di ingresso determinate nei decreti di cui all’art. 3, conseguenti al documento programmatico del Governo ivi previsto.
Gli ingressi in Italia per lavoro potranno avvenire dietro chiamata nominativa del datore di lavoro, con il tradizionale sistema della preventiva autorizzazione degli Uffici del lavoro, attraverso liste di prenotazione predisposte nel paese di origine e trasferite in Italia a cura delle autorità diplomatiche e consolari italiane, ovvero attraverso la garanzia di soggetti, individuali o collettivi, operanti in Italia.
L’articolo 21, infatti, prevede, che cittadini italiani o stranieri regolarmente residenti in Italia, enti o associazioni del volontariato, rispondenti ai criteri di idoneità da definirsi con le norme di attuazione, possano nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, prestare idonee garanzie, cui si accompagna l’obbligo di provvedere all’alloggio ed ai mezzi di sostentamento necessari per lo straniero, per consentire a quest’ultimo di fare regolare ingresso in Italia per cercare lavoro, realizzando così la condizione occorrente per un positivo incontro fra domanda e offerta di lavoro. Inoltre viene regolamentato in via generale e permanente l’ingresso per lavori a tempo determinato e stagionale (art. 22), riconoscendo la priorità di reingresso a coloro che avranno fatto rientro nel paese di origine nei termini fissati nel permesso di soggiorno.
Per quanto concerne il lavoro autonomo (art. 24) si prevede che, per l’esercizio delle attività industriali, artigianali e commerciali, lo straniero che intenda stabilirsi in Italia debba fornire adeguate garanzie circa le risorse personali, quelle da impiegare nell’attività prescelta e circa la sua capacità imprenditoriale. E’ comunque necessario un attestato di disponibilità delle autorità amministrative competenti al rilascio delle autorizzazioni o licenze eventualmente necessarie. Nel caso di attività ambulanti competente è il comune.

Il titolo IV disciplina il diritto all’unità familiare e la tutela del minore. La materia dei ricongiungimenti familiari è stata rielaborata sotto la denominazione di “Diritto all’unità familiare e tutela dei minori”, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 28/95, che ha aperto la strada alla configurazione del ricongiungimento familiare come diritto soggettivo.
Accanto ad alcune norme di principio (art. 26), il diritto a mantenere o a riacquistare le proprie relazioni familiari è tutelato in maniera piena a favore degli stranieri regolarmente soggiornanti per un periodo congruo, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per residenza elettiva, o per asilo umanitario. La regola generale è che qualora la persona straniera soggiornante in Italia chieda l’ingresso dei familiari, questi hanno diritto al rilascio del visto di ingresso e di un permesso di soggiorno di durata equivalente. L’effettivo esercizio del diritto al ricongiungimento familiare è tuttavia condizionato alla disponibilità di un alloggio e di un reddito la cui entità è stabilita in misura crescente in rapporto al numero dei familiari da ricongiungere (art. 27).
E’ di particolare rilievo la norma (art. 27 comma 4 e 5) che prevede anche l’ingresso al seguito dei familiari, purché concorrano tutti i requisiti per il ricongiungimento.
La condizione giuridica del minore straniero è particolarmente tutelata (art. 29); essa segue quella del genitore convivente o la più favorevole fra quella dei genitori conviventi. Il minore è iscritto nel permesso di soggiorno del genitore fino a 14 anni. Successivamente può essergli rilasciato un permesso autonomo fino al compimento della maggiore età.
Particolarmente avanzata, nella tutela dei fanciulli, è la disposizione dell’articolo 29, comma 3, che prevede il rilascio del permesso di soggiorno, da parte del Tribunale per i minorenni, a favore di un familiare del fanciullo in difficoltà, quando assolutamente necessario per l’integrità psico-fisica del minore.

Il titolo V disciplina gli aspetti più rilevanti nella definizione di una condizione di godimento dei cosiddetti “diritti civili” o “diritti di cittadinanza per lo straniero presente in territorio italiano".
Il capo I, in materia di assistenza sanitaria, prevede l’equiparazione, ai fini assistenziali e contributivi, dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti, ai cittadini italiani che si trovano nella medesima condizione. Tuttavia, anche ai non iscritti al servizio sanitario nazionale e agli stranieri in posizione irregolare viene garantito il diritto alle cure urgenti ospedaliere per malattie, infortuni e maternità. Particolare rilevanza è dedicata alla tutela sociale della gravidanza e della maternità (come previsto dalle leggi n. 485/75 e 194/78) e alla tutela della salute del minore, in esecuzione della Convenzione di New York ratificata con legge n. 176/91. Infine sono anche disciplinate le modalità relative al soggiorno e all’ingresso in Italia per cure mediche, per le quali si richiede la dimostrazione di idonea capacità di pagamento delle cure medesime e sono regolamentate le attività professionali sanitarie. Le norme sull’istruzione, contenute nel capo II, prevedono innanzitutto l’estensione dell’obbligo scolastico ai minori stranieri comunque presenti nel territorio nazionale, con il corollario di tutte le disposizioni a garanzia del diritto allo studio. Oltre al coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nell’attivazione di corsi per l’apprendimento della lingua italiana, si introducono disposizioni di principio sull’integrazione nelle scuole, sull’educazione alla multiculturalità e si rinvia al regolamento di attuazione (DPR n. 394/99) sulla realizzazione di progetti specifici a livello nazionale o locale per la realizzazione di corsi di formazione del personale della scuola e per il riconoscimento dei titoli di studio rilasciati nei paesi di provenienza.
Quanto all’istruzione universitaria si prevedono norme promozionali di attività di orientamento e di accoglienza nonché la possibilità dell’erogazione di borse di studio e di sussidi agli studenti stranieri da parte delle Università, nell’ambito dell’autonomia loro riconosciuta.
Al capo III, in riferimento all’accoglienza e all’accesso all’abitazione si prevedono sia misure disposte dalle regioni, in cooperazione con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, ai fini della predisposizione di centri di accoglienza, sia la possibilità per gli stranieri regolarmente soggiornanti di accedere ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, eventualmente ristrutturati con contributi regionali. L’accesso degli stranieri a strutture pubbliche e di alloggio, che non si configura come diritto soggettivo, risponde a una esigenza sociale primaria, anche al fine di prevenire situazioni di emarginazione e di deterioramento del tessuto sociale.
Il capo V introduce nuove disposizioni per l’integrazione economica e sociale degli immigrati, pur nel rispetto delle proprie culture e credo religioso e contro le attività discriminatorie: per quanto riguardale politiche di integrazione, l’art. 39 prevede che lo stato, le regioni, le province e i comuni, in collaborazione con le associazioni di volontariato e con le associazioni degli immigrati, mettano in atto ogni forma di attività volta a ridurre gli ostacoli che lo straniero incontra per una piena integrazione nel tessuto sociale e a preservare contemporaneamente le specificità culturali, linguistiche e religiose di ciascuno.
Al fine di promuovere con la partecipazione dei cittadini stranieri le iniziative idonee oltre le iniziative delle regioni e degli enti locali, si prevede l’istituzione presso il CNEL di un organismo consultivo, aperto alla partecipazione delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, con la funzione di monitorare l’applicazione della legge, presentare proposte per migliorare la condizione degli stranieri nel nostro Paese, favorire la loro partecipazione alla vita pubblica.
Per quanto riguarda le norme sulle discriminazioni razziali, gli articoli 40 e 41 tendono a definire i comportamenti discriminatori per motivi di razza, colore, ascendenza o origine nazionale od etnica, religione e a prevedere un’azione civile per la loro cessazione e per il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, con sanzioni penali nei confronti di chi elude i provvedimenti del giudice, individuato anche in questo caso dal Tribunale.
E’ prevista infine (art. 42) l’istituzione di un Fondo nazionale per le politiche migratorie destinato al finanziamento di programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali.
Pur se i provvedimenti più incisivi in materia di integrazione sociale degli immigrati sono prevalentemente di competenza delle regioni, delle Province e dei Comuni, l’intervento del Fondo è apparso necessario sia per il supporto finanziario occorrente, sia al fine di garantire omogeneità a livello nazionale degli interventi volti alla realizzazione di condizioni di pari opportunità per gli stranieri presenti sul territorio nazionale.

► Il Fondo può essere utilizzato per:

  1. campagne di informazione sulla legge e sulla sua applicazione, rivolte agli stranieri, ma anche agli operatori pubblici e del volontariato presenti in questo settore;
  2. ormazione di funzionari pubblici di strutture nazionali;
  3. ricerca e monitoraggio sull’applicazione della legge, sulla condizione degli immigrati nella scuola, nel mondo del lavoro;
  4. incentivazione dell’associazionismo e della partecipazione degli immigrati alla vita pubblica;
  5. incentivazione di esperienze di pari opportunità per gli immigrati nella scuola, nel lavoro, nell’accesso ai servizi.;
  6. realizzazione di esperienze di ritorno in patria dell’assistito.

Il titolo VI (art, 43) è rivolto ai cittadini comunitari, con una delega al governo per la definizione unitaria e aggiornata delle disposizioni che li concernono, con particolare riguardo a quelle relative all’ingresso e al soggiorno in Italia e all’eventuale allontanamento.

Il titolo VII, infine, contiene le abrogazioni (art. 44), l’armonizzazione delle disposizioni tuttora vigenti del Testo Unico delle leggi di p.s. e della legge sui lavoratori migranti, nonché la delega per eventuali disposizioni correttive (art. 45) della legge entro due anni dalla sua entrata in vigore. L’articolo 46 contiene, da ultimo, la clausola di copertura finanziaria.