Accordo di Schengen

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L’azione di contrasto all’immigrazione clandestina ed ai fenomeni criminali ad essa connessi posta in essere dall’Italia e, più in generale, dai Paesi dell’Unione Europea ha subito nell’ultimo decennio un profondo mutamento a seguito dell’introduzione di uno specifico corpus normativo, maturato in ambito comunitario, costituito dall’Accordo di Schengen e dalla relativa Convenzione di Applicazione.
L’Accordo prevede, in estrema sintesi la "soppressione dei controlli di polizia alle frontiere interne" (cioè le frontiere terrestri comuni tra i Paesi Schengen, nonché gli aeroporti ed i porti adibiti al solo traffico interno) e la "libera circolazione delle persone - sia cittadini comunitari che extracomunitari regolarmente entrati e soggiornanti in uno Stato membro - nell’ambito del territorio di tutti gli Stati contraenti".

Al riguardo, la "Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen" firmata il 19 giugno del 1990 (composta da 142 articoli, suddivisi in otto titoli), prevede che:

  1. le frontiere interne (cioè le frontiere terrestri comuni tra i Paesi Schengen, nonché gli aeroporti ed i porti adibiti al solo traffico interno) possono essere attraversate in qualunque punto senza che venga effettuato alcun controllo sulle persone, salvo che sussistano esigenze di sicurezza nazionale e di ordine pubblico (articolo 2);
  2. le frontiere esterne (cioè con Paesi terzi, ossia qualunque Stato diverso da quelli aderenti a Schengen) possono essere attraversate, in via di principio, soltanto ai valichi di frontiera e durante le ore di apertura stabilite (art. 3).

Negli aeroporti i controlli dovranno essere effettuati solo dove arrivano e partono aerei da e per Paesi terzi (art. 4);

Il controllo alle frontiere esterne viene rafforzato e applicato seguendo principi uguali per tutti gli Stati Schengen (art. 6):

  1. controllo alle persone e delle vetture, nonché delle merci trasportate, con riguardo all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale;
  2. i cittadini extracomunitari devono essere sottoposti a un controllo accurato: del possesso e della validità dei documenti necessari (fra cui i visti), nonché della sussistenza delle condizioni per l’ingresso, il soggiorno, l’esercizio di un’attività lavorativa, l’uscita dal Paese.

L’abolizione di ogni verifica alle «frontiere interne» e, quindi, la libera circolazione delle persone ha comportato come necessaria conseguenza l’attuazione di un controllo più efficace nei confronti di chi attraversa le frontiere esterne, al fine di evitare una diminuzione del livello di sicurezza per i cittadini, mentre nel momento in cui l’attraversamento delle frontiere interne (non costituisce più l’atto che dà origine al controllo, questo intervento dello Stato viene a trasferirsi con una maggiore attenzione sul territorio nazionale).
A questo riguardo, la stessa Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen fa del resto salva la possibilità, da parte di ogni Stato membro di derogare "per esigenze di ordine pubblico e di sicurezza nazionale alla soppressione dei controlli alle frontiere interne".
Il passo successivo è stato quello di adottare, insieme all’abolizione dei controlli alle frontiere interne, «misure di accompagnamento» volte ad assicurare adeguati standard di sicurezza attraverso il controllo dell’immigrazione dai Paesi terzi, la lotta contro il terrorismo, la criminalità ed il traffico di stupefacenti.
Nel 1997, lo spazio senza controlli alle frontiere interne si è esteso anche all’Italia, determinando importanti cambiamenti sia nella struttura organizzativa facente capo alla c.d. polizia di frontiera, sia nelle concrete metodologie e strumenti di contrasto.