Cause di estizione del reato: morte del reo prima della condanna e l'amnistia propria

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Sono previste dal codice penale dagli artt. 150-169 c.p.: estinguono la punibilità in astratto, cioè escludono l’applicazione della pena all’autore di un reato, antecedente alla sentenza definitiva di condanna e, di conseguenza, limitano la potestà punitiva dello Stato.

La morte del reo prima della condanna

L’art. 150 c.p., stabilisce che «la morte del reo avvenuta prima della condanna estingue il reato». Poiché la responsabilità penale è personale (art. 27 Cost.), la morte di colui al quale il fatto è addebitato estingue tutti gli effetti penali del reato (incluse le pene principali e accessorie); ad essa, sopravvivono, unicamente:

  1. conseguenze civili del reato;
  2. pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere;
  3. esecuzione della confisca.

Si tratta di tutte le obbligazioni inerenti al patrimonio del defunto. Agli eredi passeranno esclusivamente gli obblighi civili dipendenti dal reato nonché il carico delle spese giudiziali.

  • Se, ad esempio, il reato è addebitato al comandante di nave mercantile e questi, nel corso del procedimento muore, il Pubblico Ministero deve richiedere l’archiviazione (se si è ancora nella fase delle indagini preliminari) oppure una sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per morte del suo autore (se l’azione penale è stata già esercitata). Il giudice provvede di conseguenza pronunciando un decreto di archiviazione o una sentenza di proscioglimento.

L’amnistia propria (art. 150)

E’ un atto di clemenza con cui lo Stato rinuncia a punire, in via generale e astratta, determinate categorie di reati[1], commessi entro un termine espressamente fissato.
L’amnistia impedisce che vengano inflitte le pene principali, le pene accessorie e le misure di sicurezza; non estingue gli obblighi civili e non si applica a soggetti ritenuti pericolosi salvo che il decreto non disponga diversamente.
E’ possibile rinunciare all’amnistia, in quanto la legge deve consentire all’imputato, che lo chieda, di dimostrare la propria innocenza.

  • Si pensi, ad esempio, il caso del pilota che non rispose al segnale di chiamata di una nave. Alla commissione del reato (rifiuto di servizio da parte del pilota) consegue la punibilità del pilota al quale, pertanto, diviene applicabile la sanzione prevista dall’art. 1114, comma 2 Cod. nav. (reclusione da 1 a 3 anni). Può accadere, però, che prima della condanna, intervenga una amnistia. In tali casi, il Giudice dovrà allora dichiarare non punibile il pilota perché il reato che gli era stato addebitato è estinto (è venuto meno) per un fatto sopravvenuto e cioè l’amnistia.

Il legislatore italiano ha fatto spesso ricorso alla amnistia specie per consentire un facile smaltimento delle pendenze processuali ed evitare il sovraffollamento degli istituti carcerari. Tale prassi legislativa è stata molto criticata sia perché tendente a vanificare gli sforzi di indagine delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria sia perché idonea ad accrescere nel cittadino la convinzione della inefficienza del sistema giudiziario e della impunità di chi delinque.
Proprio per queste ragioni l’amnistia può essere concessa solo con una legge deliberata da ciascuna delle Camere con una maggioranza particolarmente qualificata (2/3 dei componenti di ciascuna Assemblea) addirittura superiore a quella fissata per l’approvazione delle leggi costituzionali.

 


[1] L’ultima amnistia è stata concessa con D.P.R. 12 Aprile 1990, n. 75 e ha riguardato, in via generale, i reati (non finanziari) commessi a tutto il 24 Ottobre 1989, per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore a 4 anni.