Elemento oggettivo: la condotta

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Per concretare l'elemento oggettivo del reato occorrono una «condotta», e ove richiesto, un «evento» e un «rapporto di causalità».

  • Ad esempio, in un ipotesi di reato di lesioni volontarie: il pugno è la condotta; la rottura del naso dell’antagonista è l’evento; il fatto che la predetta lesione sia stata cagionata dal pugno, e non da altra causa, è il nesso di causalità.

La «condotta umana», è il comportamento umano che si estrinseca nel mondo esteriore, ed è suscettibile di percezione sensoria (nullum crimen sine actione). Tale definizione dell’azione appare conforme all’esigenza di rispettare il c.d. «principio di materialità», implicitamente accolto dall’art. 25 Cost. laddove parla di «fatto commesso». E’ necessario, infatti, che solo comportamenti materiali risultino passibili di sanzione penale onde impedire che un individuo possa essere colpito da una pena per una mera rappresentazione psichica peraltro non materializzatasi all’esterno (nella realtà fenomenica), almeno in atti idonei in modo non equivoco alla realizzazione di un delitto. Il semplice pensare non può, quindi, costituire reato.

  • Ad esempio, il semplice proposito di rubare senza effettuare materialmente l’asporto della cosa mobile altrui non costituisce reato.

La condotta può essere:

  1. positiva (azione in senso stretto), quando consiste in un comportamento attivo (facere) con il quale il soggetto trasgredisce il divieto contenuto nella norma penale. Quando la condotta si concreta in un movimento muscolare del soggetto il reato dicesi pertanto commissivo
  • Ad esempio: esplodere un colpo di pistola; impossessarsi di un bene altrui. Se un cittadino esplode colpi d’arma da fuoco nei confronti della vittima predestinata cagionandogli la morte, compie un’azione idonea a violare il divieto previsto dall’art. 575 c.p., ecc.
  • Ad esempio, offendere l’onore e il prestigio di un Pubblico Ufficiale. Se un cittadino si rivolge al Pubblico Ufficiale dandogli del corrotto o dello stupido, compie un’azione idonea a violare il divieto previsto dall'art. 341 bis c.p.
  • Ad esempio, sversare in mare idrocarburi o altre sostanze nocive all’ambiente marino. Se il comandante della nave versa (comportamento vietato) tali sostanze nel mare territoriale o in alto mare, compie un’azione idonea a violare il divieto previsto dall’ articolo l’art. 4 del D. Lgs. 6 novembre 2007, n. 202 Attuazione della direttiva 2005/35/Ce relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni), punito dall’art. 8 (Inquinamento volontario) oppure art. 9 (inquinamento colposo) cit. D.lgs.).
  1. negativa, quando si concreta in una omissione. In tal caso per aversi il reato, non è sufficiente la semplice inerzia da parte del soggetto, ma è necessario che egli ometta di compiere un’azione che per legge aveva l’obbligo di compiere. In questi casi il reato dicesi pertanto omissivo.
  • Realizza, ad esempio, una omissione il Pubblico Ufficiale che non denuncia il reato di cui ha avuto notizia a causa del suo servizio. Omettendo la denuncia egli tiene infatti un atteggiamento contrario a quello specificamente impostogli dall’art. 361, comma 1 c.p.
  • Realizza, ad esempio, una omissione il comandante di nave nazionale o straniera che omette, avendone l’obbligo, di prestare assistenza oppure di tentare il salvataggio di navi in difficoltà (per naufragio, incendio, arenamento, ecc.). Trasgredendo a tale obbligo egli tiene un atteggiamento contrario a quello specificamente impostogli dagli artt. 489 e 490 Cod. nav. (punito dall’art. 1158 Cod. nav.)

I reati di omissione, per diversità di struttura, si distinguono in:

  1. omissivi propri
  2. omissivi impropri

Sono reati «omissivi propri», quelli per la cui esistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa dell’autore del reato, non essendo richiesto anche un ulteriore effetto di tale condotta.

  • Ad esempio, l’omissione di referto (art. 365 c.p.), di atti di ufficio (art. 328 c.p.) ovvero l’omissione di soccorso (art. 1158 cod. nav.).

Sono reati «omissivi impropri», quelli nei quali il soggetto deve aver causato, con la propria omissione, ai fini della sussistenza del reato, un dato evento.

  • E’ il caso, ad esempio, del cantoniere che, omettendo di manovrare uno scambio, causa un sinistro ferroviario; la madre che, per mancato allettamento, cagiona la morte del figlioletto ovvero il pilota che, rifiutando di prestare la propria opera, causa un sinistro della navigazione.

La distinzione tra reati omissivi propri ed impropri rappresenta la traduzione, nel campo dei reati omissivi, della più ampia distinzione tra reati di «pura condotta» e reati «con evento».
Nel reato omissivo proprio il precetto comanda di fare qualche cosa, impone un obbligo di fare; nel reato omissivo improprio, invece, si ha una duplicità di obblighi: quello di non cagionare un evento e quello di non omettere un dato comportamento.
La condotta dell’autore del reato può esaurirsi in un solo istante o proseguire per un certo tempo determinando il protrarsi della situazione dannosa o pericolosa. A seconda dei casi, si parla, pertanto, rispettivamente di reati «istantanei» e «permanenti».

  • Ad esempio, sono reati istantanei il furto (artt. 624 e 625 c.p. e l’omicidio (art. 575 c.p.) ovvero il furto commesso a bordo da componenti dell’equipaggio (art. 1148 Cod. nav.) e l’omicidio del superiore (art. 1150 Cod. nav.)
  • Ad esempio, sono reati permanenti, il sequestro di persona (artt. 605 e 625 c.p.), l’associazione a delinquere (semplice art. 416 o di tipo mafioso art. 416 bis), la banda armata (art. 306 c.p.), l’invasione di terreni (art. 633 c.p.), riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) ovvero l’ammutinamento (art. 1105 Cod. nav.), il complotto contro il comandante (art. 1108 Cod. nav.), l’impossessamento di nave naufragata (art. 1147 Cod. nav.), l’abusiva occupazione si spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà (art. 1161 Cod. nav.), pirateria (art. 1135 Cod. nav.).

E’ permanente quel reato nel quale l’offesa al bene giuridico si protrae nel tempo per effetti della persistente condotta del soggetto agente.
 
Per la sussistenza di tale reato, occorrono due "presupposti":

  1. che la situazione dannosa o pericolosa derivante dalla condotta dell’agente abbia carattere continuativo;
  2. che il protrarsi di essa sia dovuto alla condotta volontaria dell’agente che quindi può porvi fine
    in ogni tempo.
     
    Nei reati permanenti lo stato di flagranza dura fino a quando la condotta non è cessata.
  • Il che comporta, ad esempio, che il sequestratore (nei casi di sequestro) ovvero i membri dell’equipaggio (nei casi di ammutinamento) possono essere arrestati finché si protrae la situazione dannosa o pericolosa.