Pesca illegale

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Il fenomeno comunemente individuato come “pesca illegale” presenta aspetti variegati e molteplicità di tipologie relative agli attrezzi di cattura, al mancato rispetto delle norme, al prelievo eccessivo di esemplari sotto taglia, al prelievo di specie tutelate.
Le più comuni pratiche di pesca illegali denunciate dagli operatori stessi o rilevate dalle Autorità marittime, possono essere riassunte come segue:

  • Utilizzo di reti con maglie vietate: questo consente di catturare esemplari di taglia inferiore al consentito che risultano però di scarso valore commerciale e producono quindi un doppio danno: quello di impoverire gli stock di potenziali riproduttori e, dal punto di vista economico, la sottrazione di risorsa che potrebbe acquisire valore commerciale se immessa sul mercato nelle taglie consentite.
  • Strascico sotto costa: la pesca a strascico è consentita oltre le tre miglia dalla costa o su fondali profondi oltre i 50 metri. Se, inoltre, la pesca è esercitata nel rispetto delle norme, ovvero su fondali sabbiosi o fangosi, risulta una pratica non distruttiva e sostenibile. Al contrario risulta estremamente dannosa se praticata entro le tre miglia, su bassi fondali, su fondi rocciosi e sulla posidonia, in quanto oltre a danneggiare il fondo distrugge le aree di riproduzione e rischia di catturare le forme giovanili che si sviluppano sotto costa. In questo caso tale pratica risulta conflittuale con la piccola pesca non solo per le catture che le vengono sottratte, ma anche per i danni che procura alle attrezzature da posta.
  • Pesca pseudo-sportiva: esistono migliaia di pescatori che operano al di fuori di qualsiasi norma. Si definiscono sportivi, ma in realtà non hanno nulla a che fare con chi pratica la pesca per sport nel tempo libero, né con i pescatori professionisti che lavorano con licenze specifiche: operano con attrezzi professionali, vendono il pescato, ma non hanno licenze professionali, non rispettano normative sanitarie e non pagano tasse.
  • Pesca dei datteri: i datteri di mare (Litophaga litophaga) sono molluschi che vivono nelle rocce calcaree. La pesca del dattero è vietata in Italia sin dal 1988, ma vengono ugualmente catturati distruggendo le scogliere con picconi, scalpelli e addirittura martelli pneumatici.
    Un dattero raggiunge i 5 cm dopo 20 anni e un datteraio professionista riesce a prelevare fino a 25 Kg di datteri in un giorno, provocando la desertificazione di 4-6 Km di costa ogni anno.
    Esistono inoltre altre pratiche di pesca illegali come la pesca con gli esplosivi e le sostanze venefiche, ma qui si entra in un altro ambito, ovvero quello della delinquenza e le pratiche criminali che attentano al patrimonio ambientale alla stregua dei piromani che ogni anno distruggono migliaia di ettari boschi o sversano reflui inquinanti nei corsi d’acqua senza alcun processo di depurazione. In questo caso non è nemmeno corretto parlare di “pesca”.


Sequestro di datteri di mare (Litophaga litophaga)