Inquinamento da navi

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Il mare è quotidianamente minacciato dall’eccessiva antropizzazione, dalla pesca, dall’inciviltà e, soprattutto, dall’inquinamento. E’ senza dubbio il trasporto marittimo di petrolio greggio e dei prodotti della raffinazione a rappresentare uno dei principali e più preoccupanti rischi per il Mediterraneo, sia per il forte rischio di incidente, con conseguente sversamento di prodotti oleosi e inquinanti in mare, che per inquinamenti derivati dall’attività operativa delle navi, come lo scarico in mare di acque di sentina e il lavaggio delle cisterne delle petroliere.

L’inquinamento da idrocarburi collegato alle attività in mare ha principalmente due distinte origini:

  • inquinamenti dovuti ad incidenti che, nel caso coinvolgano quantità cospicue, possono avere conseguenze devastanti sia sugli ecosistemi marini che sulle economie locali legate al mare, come tristemente dimostrato dai recenti casi dell’Haven, dell’Erika e del Prestige.
  • inquinamenti derivati dall’attività operativa delle navi, come lo scarico in mare di acque di zavorra, slop, morchie, scarico troppo spesso solo in teoria proibito per lo status di area speciale del Mediterraneo ai sensi della Convenzione Marpol 73/78.

Dal 1985 si sono verificati nel Mediterraneo ben 27 incidenti e parliamo soltanto dei principali, trascurandone tanti altri di più modesta entità, con un versamento complessivo di oltre 270.000 tonnellate di idrocarburi. E’ l’Italia ad avere il primato del greggio versato nei principali incidenti, con 162.600 tonnellate, subito seguita dalla Turchia, con quasi 50.000 tonnellate e dal Libano, con 29.000. L’incidente più grave che il Mediterraneo abbia mai vissuto è stata la vera e propria catastrofe della Haven nel 1991, quando nelle acque antistanti Genova in Italia, furono versate 134.000 tonnellate di idrocarburi.

M/C HAVEN – Aprile 1991 Arenzano-Genova (Italia)

In media nel Mediterraneo si contano circa 60 incidenti marittimi all’anno, in circa 15 dei quali sono coinvolte navi che provocano versamenti di petrolio e di sostanze chimiche. Le zone più soggette agli incidenti, a motivo dell’intenso traffico marittimo, sono gli stretti di Gibilterra e di Messina, il canale di Sicilia e gli avvicinamenti allo stretto di Çanakkale, nonché vari porti, tra cui Genova, Livorno, Civitavecchia, Venezia, Trieste, Pireo, Limassol/Larnaka, Beirut ed Alessandria.

Gli sversamenti in mare di idrocarburi possono avere differenti origini: possono infatti essere dovuti a incidenti più o meno gravi che vanno dalla rottura di una manichetta alla perdita della nave (inquinamenti accidentali) ad attività illegali (inquinamenti volontari) o possono essere dovuti alla normale attività di esercizio della nave (inquinamenti operazionali).

Nel Mediterraneo, secondo le statistiche IMO, la percentuale degli inquinamenti da idrocarburi dovuti a sversamenti accidentali da navi è del 10%. Analizzando le cause di questi incidenti, è possibile riscontrare che per il 64% dei casi esse sono imputabili ad errore umano, il 16% a guasti meccanici ed il 10% a problemi strutturali della nave, mentre il restante 10% non è attribuibile a cause certe. Per avere un quadro maggiormente aderente alla realtà bisogna tenere presente come la gran parte delle percentuali attribuibili agli errori umani e alle cause non determinate possono senz’altro essere ascritte ai problemi connessi alla presenza di vecchie o malridotte unità con equipaggi improvvisati e impreparati che percorrono ancora in gran numero il Mediterraneo.

Secondo statistiche elaborate dall’Itopf, l’associazione di categoria dei trasportatori di idrocarburi, le cause degli sversamenti si manifestano secondo le seguenti proporzioni:

  • durante le operazioni di carico e scarico circa il 35%,
  • durante il bunkeraggio circa il 7%
  • per collisioni circa il 2%,
  • per arenamento circa il 3%
  • per falle nello scafo circa il 7%,
  • in seguito a incendi o esplosioni (come nel caso della Haven) per il 2%,
  • per altre cause non meglio determinate il 29%.

Per quanto rilevanti, gli sversamenti accidentali di idrocarburi rappresentano solo una piccola quota del totale degli scarichi dovuti al traffico marittimo. La maggior parte di essi infatti, circa l’80%, è determinata da operazioni di routine, in particolare dallo zavorramento e dal lavaggio delle cisterne, o da inquinamenti volontari. Negli anni ’80 lo spill attribuito a queste cause veniva stimato in circa lo 0,2% del carico trasportato, con uno sversamento medio a livello mondiale, valutabile da 8 a 20 milioni di barili, di cui 1 milione di barili nel solo Mediterraneo. Questa quantità si è certamente ridotta nell’ultimo decennio, anche grazie all’entrata in vigore delle nuove misure previste dalle convenzioni internazionali ed alla progressiva scomparsa delle navi cisterna prive di zavorra segregata, ma l’inquinamento non accidentale costituisce ancora un fenomeno assai rilevante. Secondo il REMPEC (Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea) ogni anno continuano a finire per questo motivo nel Mediterraneo tra le 100 e le 150.000 tonnellate di idrocarburi, ovvero più della somma dei carichi trasportati dell’Erika e del Prestige, protagoniste delle due più gravi maree nere degli ultimi anni nelle coste europee.

PRESTIGE – Novembre 2002 al largo di Capo Finesterre (Spagna-Portogallo)
 

Prevenzione

L’inquinamento da idrocarburi o sostanze nocive diverse dagli idrocarburi provocato da navi può essere esemplificatamente suddiviso in due grandi gruppi:

  1. inquinamento operativo, riconducibile a errore umano durante le normali operazioni commerciali ovvero, dovuto a sversamenti a mare operati volontariamente durante le operazioni di pulizia delle cisterne del carico o scarico a mare di acqua di sentina (SLOP TANKS);
  2. inquinamento accidentale, riconducibile a sversamenti a seguito di sinistri marittimi.

Gli inquinamenti di natura operativa possono essere efficacemente combattuti attraverso un’attenta opera preventiva tramite l’utilizzazione di apparecchiature e di sistemi che la tecnologia moderna mette a disposizione e la cui utilizzazione è stata resa obbligatoria da un’accurata e completa produzione normativa, sia in campo nazionale che internazionale, affinatasi col passare del tempo. Questa fornisce agli operatori del settore tutti quegli strumenti come ad esempio, i “separatori di acque oleose” (per la separazione acqua-olio), il “crude oil washing” (lavaggio delle cisterne, senza impiego di acqua, con il greggio trasportato), o l’ “inerting gas sistem” (I.G.S.= impianto generatore di gas inerte) e tutte le soluzioni tecniche da adottarsi in fase di progettazione e costruzione, armamento e la gestione delle navi, come ad esempio, le “segregate ballast tanks” (S.B.T.= cisterne destinate a zavorra segregata)[1], la cui corretta utilizzazione permette di diminuire notevolmente il pericolo di questo tipo di inquinamento. Inoltre, nel campo dei controlli è possibile evitare gli inquinamenti di questo tipo, con l’installazione di idonei impianti a terra capaci di ricevere e trattare le acque sporche di zavorra e di lavaggio delle cisterne da residui del carico (c.d Shore Reception Facilities).

L’inquinamento di natura accidentale è senza dubbio la forma più preoccupante perché, oltre a determinare condizioni tecniche più impegnative, in determinate circostanze può assumere le dimensioni di “catastrofe”. La maggior frequenza degli incidenti, si riscontra nelle zone costiere dove più intenso è il traffico marittimo e quindi i danni provocati. Le cause degli inquinamenti accidentali sono dovuti a incagli, collisioni, incendi, esplosioni ed avarie strutturali di navi cisterna cariche o scariche ovvero da altra nave, con versamento o imminente pericolo di versamento nelle acque del mare, di idrocarburi o di altre sostanze nocive e inquinanti ovvero a seguito di incendio o avaria ad installazioni fisse o mobili situate in mare o sul litorale (incendio, blow out).

E’ praticamente impossibile evitarne il pericolo poiché essi sono legati ad incidenti. Possono essere, invece, ridotte le cause che lo provocano con una serie di misure idonee a prevenire ed eliminare gli scarichi, intenzionali o meno, e regolamentare la progettazione, la costruzione, l’armamento e la gestione delle navi, nonché misure per prevenire gli incidenti, far fronte ai casi di urgenza e assicurare la sicurezza delle operazioni in mare.

 


[1] Nelle navi SBT le cisterne, le linee e le pompe per la manovra della zavorra sono dedicate esclusivamente alla zavorra. Il quantitativo di zavorra segregata deve essere sufficiente per soddisfare le condizioni di assetto minimo previste dalle norme vigenti.