La legge penale militare

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Con l’espressione di «legge penale militare» si indica un complesso di norme penali che hanno come destinatari essenzialmente, ma non unicamente, i militari, per la tutela della efficienza delle Forze Armate dello Stato.

Cardine di ogni legge ordinaria, e quindi anche della legge penale militare, è la Costituzione Repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Quest’ultima contiene poche norme riguardanti l’ordinamento militare ed i problemi ad esso connessi. La legislazione penale militare si affianca alla legislazione penale comune e si presenta (almeno, all’origine) come espressione di un vero e proprio ordinamento, dotato di una sua spiccata ed unitaria fisionomia: l’ordinamento militare. Il quale vive e opera nello Stato con una propria struttura fortemente individuata, con una propria gerarchia, con un proprio «mondo» di soggetti e di interessi giuridici: quasi una piccola e caratterizzata società (il consorzio militare, per l’appunto) operante nell’ambito della più ampia società statuale. Questa piccola e caratterizzata società ha il suo corpus di leggi e di regolamenti (di produzione statuale, naturalmente): il quale corpus, si badi, non è diretto a garantire l’esistenza e il funzionamento della società militare come realtà autonoma e fine a se stessa, bensì è ordinato a soddisfare, attraverso il regolare funzionamento dell’organizzazione militare, le più elementari e delicate esigenze di conservazione dell’intera comunità statuale.

L’ordinamento militare ha appunto una funzione strumentale nei confronti di quest’ultima: le norme che lo reggono sono poste dallo Stato proprio in vista di tale funzione strumentale. Il perno di questa impostazione è l’art. 52 Cost., che stabilisce un diretto collegamento tra l’ordinamento delle Forze Armate e l’ordinamento della Repubblica[1], esplicitamente ribadito, poi, dalla legge 11 luglio 1978 n. 382 e succ. modif.[2],la quale, delineando le «norme di principio sulla disciplina militari», ha affermato testualmente: «le Forze Armate sono al servizio della Repubblica; il loro ordinamento e la loro attività si informano ai principi costituzionali (artt. 11 e 52); loro compito è di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte; concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgere compiti specifici in circostanze di pubblici». 

Se proprio le Forze Armate, preposte per definizione alla difesa della Patria, hanno tra i loro compiti l’intervenire in emergenze che sono tipicamente non belliche, ciò conferma che la difesa della Patria non si collega soltanto all’impegno armato e che, sul piano della promozione del bene della collettività nazionale ed internazionale, ci sono settori di impegno che non sono bellici e che tuttavia sono qualificabili come «difesa della Patria».

In effetti l’azione contro le calamità naturali (terremoti, alluvioni, eruzioni, frane, ecc.) che così spesso colpiscono il territorio nazionale e contro le piaghe sociali (come, ad esempio, la tossicodipendenza) che affliggono vasti strati della collettività nazionale causando morti a migliaia, costituisce anch’essa un’importante aspetto dell’attività di difesa: una difesa non rientrante nello schema tipico tradizionale, ma pur sempre riconducibile a una nozione lata e validissima di «difesa».

 


[1]L’ordinamento della Repubblica è l’insieme delle norme previste dagli artt. 55-139 della Costituzione, che disciplinano l’organizzazione dello Stato italiano basata sul principio della sovranità popolare, che si esplica, mediante il voto, nella elezione del parlamento e nell’esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionale.

[2]Legge 14 novembre 2000 n. 331 «Norme per l’istituzione del servizio militare professionale», che ha abrogato l’art. 1 della legge 11 luglio 1978 n. 382.