Disciplina della Pesca Marittima

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Il Mediterraneo, essendo un mare “semi chiuso” e a cui si affacciano numerosi paesi, è continuamente sottoposto ad uno sfruttamento intenso e a volte incontrollato[1], che ha reso necessaria la realizzazione di un piano d’azione per garantire la sostenibilità della pesca.
Le misure previste nel piano di regolamentazione comprendono un approccio concertato alla dichiarazione di zone di pesca protette, l’utilizzo dello sforzo di pesca[2] come strumento principale nella gestione della pesca, il miglioramento delle tecniche di pesca in maniera da ridurre l’impatto negativo sugli stock[3] e sull’ecosistema marino, nonché la promozione della cooperazione internazionale.
La valutazione delle caratteristiche economiche dell’attività della pesca è strettamente collegata alla conoscenza dei relativi processi produttivi, connessi ai diversi sistemi e metodi di cattura delle specie ittiche, le quali sono strettamente dipendenti alle caratteristiche biologiche dei pesci.
Tutto questo fa della pesca un business sempre in crescente aumento che rischia però di depauperare l’ambiente marino se non sottoposta a regole rigide. Le risorse marine viventi devono essere gestite con attenzione, nell’ottica di assicurarne la disponibilità per le future generazioni, così da garantire uno sviluppo sostenibile per il settore.
Il mare va protetto da un eccessivo sforzo di pesca, così come dagli impatti negativi che scaturiscono da altre attività umane, in modo che la sua ricchezza possa costituire un patrimonio accessibile a tutti.
Il controllo sull'ordinato svolgimento della pesca marittima richiede, oltre alla perfetta conoscenza delle norme comunitarie e nazionali, anche quella della normativa ad esse connesse (Codice della navigazione, sicurezza della navigazione, norme a tutela degli equipaggi, norme igienico-sanitari, disciplina sul commercio dei prodotti ittici, ecc.).
Di qui l'esigenza avvertita dal legislatore a livello comunitario e nazionale di affidare al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura, in qualita di Autorità competente ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1224/2009, il coordinamento delle attività di controllo.

Ai fini dell'espletamento delle funzioni suindicate, il Dicastero si avvale del Corpo delle Capitanerie di porto, quale Centro di Controllo Nazionale della Pesca (CNNP).
Infatti l'art. 22 (Vigilanza e controllo) del Decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 recante “Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 9622” (GU n. 26 del 1-2-2012)[4]
(che ha
abrogato la Legge quadro sulla pesca marittima, n. 963/1965), prevede espressamente che l’attività di controllo sulla pesca, sul commercio e sulla somministrazione dei prodotti di essa, nonché l'accertamento delle infrazioni sono affidati, sotto la direzione dei Comandanti delle Capitanerie di Porto (art. 22, n. 3 D.lgs. n. 4/2012):

  1. al personale civile e militare della Amministrazione centrale e periferica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
  2. alle Guardie di Finanza;
  3. ai Carabinieri;
  4. agli Agenti di pubblica sicurezza;
  5. agli Agenti giurati [5].

Al predetto personale è riconosciuta, qualora già ad esse non competa, la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, secondo le rispettive attribuzioni, ai fini della vigilanza sulla pesca ai sensi dell'articolo 55, ultimo comma, del Codice di procedura penale.
Gli incaricati del controllo sulla pesca marittima possono accedere in ogni momento ai sensi dell’art. 22, n. 7 del D.lgs. n. 4/2012, presso le navi, i galleggianti, gli stabilimenti di pesca, i luoghi di deposito e di vendita, commercializzazione e somministrazione e presso i mezzi di trasporto dei prodotti della pesca, al fine di accertare l'osservanza delle norme sulla disciplina della pesca.

Il problema della pesca ha una grande importanza nel quadro dell’economia generale della nazione, perché questa industria può dare lavoro a molte migliaia di persone, sia nell’esercizio diretto della pesca, sia nella successiva lavorazione dei prodotti pescati e in tutte le industrie necessarie al suo funzionamento: cantieri navali, corderie, retifici, fabbriche di ghiaccio, e via discorrendo. Ma soprattutto nel campo dell’alimentazione la pesca arreca un contributo fondamentale in quanto fornisce un prodotto sano ed economico, emancipando il Paese dai mercati stranieri sui quali deve acquistare, in grandi quantità, pesce congelato.
Da quanto si è premesso risulta chiara l’importanza che la pesca riveste ed è quindi naturale l’intervento dello Stato con norme di legge e con i suoi organi, allo scopo di:

  1. regolare nel pubblico interesse l’esercizio della pesca sia per evitare il depauperamento delle acque sia per impedire la distruzione delle specie marine;
  2. proteggere i pescatori e l’industria della pesca emanando disposizioni di favore;
  3. garantire la polizia delle acque e della navigazione anche per quanto riguarda l’esercizio di questa attività nella sua parte marinaresca.

Il settore della pesca è attualmente di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali – Direzione Generale della pesca e dell’acquacoltura e quindi dei suoi organi periferici che devono necessariamente essere a conoscenza delle norme al fine di poter esplicare in servizio una severa ed efficace vigilanza nel settore.

Per pesca in genere si intende…

  • lo sfruttamento degli organismi eduli e non eduli che vivono nelle acque dolci (fiumi e laghi), nelle acque salmastre (estuari, lagune costiere) e nelle acque marine (mari e oceani).

Si intendono, perciò, per prodotti della pesca non solo quelli destinati all'alimentazione (pesce, crostacei, molluschi, ecc.) ma anche quegli altri come il corallo, le perle, le spugne, le tartarughe, ecc dai quali si traggono oggetti di ornamento o di uso domestico.
Bisogna, inoltre, procedere ad una distinzione della pesca per quanto riguarda il «fine perseguito», i «luoghi» nei quali si esercita, i «mezzi» adoperati per esercitarla.
La prima ripartizione da fare è quella che, tenendo conto del “luogo” nel quale si esercita la pesca, distingue:

  • la pesca marittima (o pesca in acque salse);
  • la pesca fluviale e lacuale (o pesca in acque dolci).

Questa distinzione è importante perché l’esercizio della pesca è regolato diversamente pure esistendo alcune disposizioni generali comuni.

 
 

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[1] Una ricerca sulla pesca condotta di recente dalle Lega Pesca Sicilia ha dichiarato che la produzione ittica mondiale è raddoppiata negli ultimi 30 anni ed ora si attesta a circa 137 milioni di tonnellate. L’Unione Europea ha registrato un aumento modesto dal 1970 (circa 1%) mentre la produzione della Cina, il maggiore produttore mondiale con il 35% del totale, è aumentata di quattordici volte nello stesso periodo. Al primo posto fra i paesi dell’UE vi è la Spagna con 1.520.012 tonnellate di produzione, seguita da Danimarca, Gran Bretagna, Francia e Olanda. L’Italia è solo al sesto posto fra i paesi con 545.523 tonnellate di produzione. Con una produzione di oltre 8 milioni di tonnellate, provenienti sia dalla pesca che dall’acquacoltura, l’Unione Europea è, comunque, la terza potenza mondiale nel settore della pesca, dopo la Cina e il Perù. Nondimeno, pur avendo esportato 1,6 milioni di tonnellate di prodotti della pesca, l’UE ha dovuto importare 4,3 milioni di tonnellate per sopperire al proprio fabbisogno interno.
[2] Lo sforzo di pesca è definito come il prodotto della capacità di pesca e dell'attività di pesca, quest'ultima calcolata in base al tempo trascorso in una zona determinata. La capacità di pesca può essere quantificata sulla base di due tipi di indicatori principali: le caratteristiche del peschereccio; le caratteristiche degli attrezzi da pesca.
[3] Stock indica l’insieme degli individui di una popolazione ittica sfruttabili alla pesca. Si possono considerare come sottoinsiemi di una popolazione ittica che vivono in un’area delimitata (es. ampio golfo o area delimitata da una particolare conformazione della costa).    
[4] L’art. 27 del Decreto Legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 recante “Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96” (GU n. 26 del 1-2-2012) ha abrogato la Legge 14 luglio 1965, n. 963 e l'articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 (Regolamento di esecuzione).
[5] Le Amministrazioni regionali e provinciali e chiunque vi ha interesse possono nominare, mantenendoli a proprie spese, agenti giurati da adibire alla vigilanza sulla pesca. Gli agenti debbono possedere i requisiti previsti dalle leggi di pubblica sicurezza e prestare giuramento davanti al Sindaco del Comune. La loro nomina, previo parere favorevole del Capo del Compartimento marittimo, avviene secondo le norme previste dalle leggi di pubblica sicurezza