Legge n. 979 del 31 dicembre 1982

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  • Legge n. 979 del 31 Dicembre 1982 e successive modifiche (sulle disposizioni per la difesa del mare)

La DIFMAR rappresenta il principale “strumento” che l’Italia possiede per la difesa del mare, grazie alla quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha attuato una politica tesa alla protezione dell’ambiente marino ed alla prevenzione di effetti dannosi e destabilizzanti alle risorse del mare, provvedendo con le Regioni alla formulazione di un “piano generale di difesa del mare dall’inquinamento” su tutto il territorio nazionale.

Per la realizzazione dei compiti che si è prefissato, il Dicastero  ha provveduto:

  1. all’istituzione di un servizio di protezione dell’ambiente marino, nonché di vigilanza costiera e di intervento per la prevenzione e il controllo degli inquinamenti del mare;
  2. al potenziamento del servizio di vigilanza e di soccorso in mare svolto dal Corpo delle Capitanerie di Porto;
  3. all’istituzione, d’intesa con il Ministro della Difesa, di un servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche (compresa quella di pesca) sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree al di fuori del limite delle acque territoriali.

A tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad organizzare una “rete di osservazione” circa la qualità dell’ambiente marino ed un idoneo sistema di sorveglianza sulle attività che si svolgono lungo le coste.

Tale rete é dotata di:

  1. un Centro di Coordinamento a livello centrale
  2. di Centri presso i Compartimenti Marittimi più interessati (cioè lungo i punti più nevralgici e strategici delle coste italiane) che hanno il compito di trasmettere i dati raccolti ad una “Centrale Operativa” nazionale istituita presso l’Ispettorato Centrale per la Difesa del mare.

Nel quadro del servizio nazionale di protezione civile[1], il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, in intesa con gli altri Ministri ha provveduto alla organizzazione del “piano per il pronto intervento” per la difesa del mare e delle coste da inquinamenti causati da incidenti, devolvendo all’A.M. nella cui area di competenza si verifichi l’inquinamento o la minaccia di inquinamento, tutte le misure necessarie, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli.

  • In particolare gli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, così dispongono:

Art. 11- Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque di mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive, provenienti da qualsiasi fonte o suscettibili di arrecare danni all'ambiente marino, al litorale agli interessi connessi, l'Autorità marittima, nella cui area di competenza si verifichi l'inquinamento o la minaccia di inquinamento, e' tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico del natante, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli. Qualora il pericolo di inquinamento o l'inquinamento in atto sia tale da determinare una situazione di emergenza, il capo del compartimento marittimo competente per territorio dichiara l'emergenza locale, dandone immediata comunicazione al Ministro della marina mercantile, ed assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano operativo di pronto intervento locale, ferme restando le attribuzioni di ogni amministrazione nell'esecuzione dei compiti di istituto, da lui adottato d'intesa con gli organi del servizio nazionale della protezione civile.

Il Ministro della marina mercantile dà immediata comunicazione della dichiarazione di emergenza locale al servizio nazionale della protezione civile tramite l'Ispettorato centrale per la difesa del mare di cui al successivo art. 34.

Quando l'emergenza non è fronteggiabile con i mezzi di cui il Ministero della marina mercantile dispone, il Ministro della marina mercantile chiede al Ministro della protezione civile di promuovere la dichiarazione di emergenza nazionale. In tal caso il Ministro della protezione civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano di pronto intervento nazionale adottato dagli organi del servizio nazionale per la protezione civile.

Restano ferme le norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 maggio 1978, n. 504, per l'intervento in alto mare in caso di sinistri ed avarie a navi battenti bandiera straniera che possano causare inquinamento o pericolo di inquinamento all'ambiente marino, o al litorale.

Art. 12 - Il comandante, l'armatore o il proprietario di una nave o il responsabile di un mezzo o di un impianto situato sulla piattaforma continentale o sulla terraferma, nel caso di avarie o di incidenti agli stessi, suscettibili di arrecare, attraverso il versamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, danni all'ambiente marino, al litorale o agli interessi connessi, sono tenuti ad informare senza indugio l'autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, e ad adottare ogni misura che risulti al momento possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti.

L'Autorità marittima rivolge ai soggetti indicati nel comma precedente immediata diffida a prendere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti.

Nel caso in cui tale diffida resti senza effetto, o non produca gli effetti sperati in un periodo di tempo assegnato, l'autorità marittima farà eseguire le misure ritenute necessarie per conto dell'armatore o del proprietario, recuperando, poi, dagli stessi le spese sostenute.

Nei casi di urgenza, l'autorità marittima farà eseguire per conto dell'armatore o del proprietario le misure necessarie, recuperandone, poi, le spese, indipendentemente dalla preventiva diffida a provvedere.

Sentenza della Corte di Cassazione

Lo scarico in mare di sostanze comprese nell’Allegato alla legge n. 979/82, effettuato da nave italiana in acque internazionali secondo le prescrizioni della convenzione MARPOL (intendendosi con tale espressione sia la convenzione principale, sia gli annessi, sia gli allegati. Sia il protocollo) non costituisce reato, in quanto le norme di detta convenzione, entrate in vigore successivamente a quelle della citata L. n. 979/82, hanno introdotto una causa di liceità, in grado di incidere sullo stesso fatto tipico descritto negli art. 16 e 17 di quest’ultima, così da far escludere – essendosi verificata una vera e propria “abolitio criminis” – che lo scarico in mare di sostanze nocive eseguito in osservanza della convenzione MARPOL costituisca reato. Anche a voler ritenere astrattamente possibile l’apposta soluzione interpretativa, essa presenterebbe un tale tasso di irragionevolezza da porsi in contrasto con l’art. 3 Cost., tanto che un’ eventuale adesione ad essa renderebbe ineludibile la denuncia di illegittimità costituzionale degli artt. 16, 17 e 20 della L. n. 979/82.

Cassazione penale sez. un., 22 luglio 1998.

Dir. Trasporti 1999, 613 nota (ROSAFIO)

 

[1] Organi: Presidente del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione Civile, Procivilmare (Centro Operativo emergenza in mare), Ministro dell’Interno e Direzione generale Protezione Civile.