Traffico illecito di stupefacenti

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L’illecito consiste nel detenere a bordo di una nave mercantile (nella cui nozione rientrano ovviamente le unità della flotta lusoria) sostanze stupefacenti o psicotrope al fine di fabbricarle, distribuirle, trasportarle, trasbordarle o venderle. Esso è, come naturale, perseguibile nelle acque marittime interne, nelle acque territoriali e nella zona contigua secondo la legislazione nazionale dello Stato costiero; la sua commissione in queste zone giustifica anche l’esercizio del «diritto di inseguimento».
In alto mare tale illecito non costituisce viceversa, allo stato attuale del diritto internazionale, un illecito internazionale (crimen juris gentium) con la conseguenza che non è perseguibile né dalle navi da guerra, né dalle navi in servizio governativo, né dagli aeromobili militari aventi bandiera diversa della nave che effettua il traffico di droga.

Poteri di intervento in alto mare, in presenza di casi del genere, sono invece riconosciuti alle "unità militari", soltanto ove ciò:

  • sia previsto da un apposito accordo bilaterale, come nel caso del trattato tra l’Italia e la Spagna del 23.3.1990 per la repressione del traffico di sostanze stupefacenti che riconosce poteri di enforcementalle unità militari delle due parti nei confronti di navi mercantili dell’altra parte;
  • sia stato autorizzato dallo Stato di bandiera della nave dedita all’attività illecita, nell’ambito di una richiesta di collaborazione rivolta agli altri stati (UNCLOS 108);
  • sia stato concesso dallo Stato di bandiera della nave incriminata, su esplicita richiesta dello Stato che intende far intervenire proprie unità militari per stroncare il traffico illecito. La normativa di riferimento per questo caso è costituita dall’art. 17 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope adottata a Vienna il 20.12.1988;
  • derivi dal fatto che la nave sospetta di attività illecite, a seguito di accertamenti svolti presso lo Stato cui dichiara di appartenere, risulti non autorizzata a battere bandiera e, quindi, debba considerarsi priva di nazionalità.

Un‘iniziativa concreta intesa a rafforzare gli sforzi della comunità internazionale per contrastare il traffico di droga in mare è stata assunta dal Consiglio d’Europa con l’Accordo di Strasburgo del 31 gennaio 1995, «Agreement on Illicit Traffic by Sea, implementing article 17 of the United Nations Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances» riportato in Annesso E.
Esso è applicativo dell’art. 17 della Convenzione di Vienna del 1988 e, senza introdurre sostanziali varianti al regime consensuale del diritto di visita codificato nella Convenzione del Diritto del Mare del 1982, si limita a introdurre misure per facilitare la cooperazione tra i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa (Organizzazione garante della sicurezza democratica basata sul primato del diritto, che è distinta dall’Unione Europea ma di cui fanno tuttavia parte tutti i Paesi che compongono l’Unione).

Di rilievo sono le disposizioni dell’Accordo che prevedono la possibilità per gli Stati parte di:

  1. intervenire in alto mare nei confronti di mercantili senza bandiera (Nazionalità della nave) sospetti di essere coinvolti nel traffico di droga;
  2. esercitare giurisdizione verso tali navi «stateless»;
  3. usare la forza «minima necessaria» durante le azioni di fermo e abbordaggio tenendo conto che «The use of firearms against, or on, the vessel shall be reported as soon as possible to the flag State»;
  4. richiedere l’assistenza di altri Stati parte, con il consenso dello Stato di bandiera, per il dirottamento di navi che, a seguito di visita in mare, risultino implicate nell’illecito. Un ulteriore esempio di cooperazione regionale è quello adottato dai Paesi caraibici (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Olanda compresi) con l’«Agreement concernine co-operation in suppressing Illicit Maritime and Air Trafficking in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances in the Caribbean Area of 10 April 2003» (così detto Aruba Agreement)

La legislazione italiana sulla disciplina degli stupefacenti (D.P.R. 9.10.1990, n.309, art. 99) stabilisce in materia, nel quadro della normativa suindicata, che:

  • la nave italiana da guerra o in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o in alto mare una nave nazionale, anche da diporto, che si sospetta essere adibita al trasporto di sostanze stupefacenti o psicotrope, può fermarla, sottoporla a visita e a perquisizioni del carico, catturarla e condurla in un porto dello stato o nel porto estero più vicino, in cui risieda un’autorità consolare;
  • gli stessi poteri possono esplicarsi su navi non nazionali nelle acque territoriali e, al di fuori di queste, nei limiti previsti dalle norme dell’ordinamento internazionale quando ricorrano i presupposti per l’esercizio del diritto di inseguimento;
  • le disposizioni su menzionate si applicano, in quanto compatibili, anche agli aeromobili militari.