Lo Stato e le sue funzioni
Lo Stato è l’ente, originario (il suo potere non deriva da nessuno) e sovrano, destinato a garantire le condizioni fondamentali e indispensabili perché, sul suo territorio, i rapporti tra i singoli si svolgano in modo ordinato e si dirigano allo sviluppo ed al benessere dell’intera collettività. Al conseguimento delle finalità di conservazione e sviluppo della comunità stabilita sul suo territorio, lo Stato provvede con una serie di attività che costituiscono le sue “funzioni”.
Le funzioni fondamentali dello Stato sono:
- la funzione legislativa: mediante la quale lo Stato detta ai suoi consociati delle “regole di condotta” (=norme) che vietano atti socialmente dannosi e spronano invece ad operare in senso vantaggioso;
- la funzione amministrativa: mediante la quale lo Stato pone in essere un complesso di attività dirette a realizzare i fini concreti (gli interessi pubblici) che, mediante la funzione legislativa, ha assegnato a se stesso in via preventiva ed astratta (di conservazione dell’ordine pubblico interno e della sicurezza esterna; di finanza pubblica; di cura del benessere morale e materiale della collettività);
- la funzione giurisdizionale (semplicemente giurisdizione): mediante la quale lo Stato assicura l’osservanza delle norme che ha emanato con l’esercizio della funzione legislativa;
- la funzione giurisdizionale militare: che costituisce una specie della giurisdizione penale in quanto riguarda la capacità di giudicare fatti e situazioni relative a violazioni di norme penali militari commesse dagli appartenenti alle Forze Armate.
La giurisdizione in senso lato, consiste pertanto nel potere attribuito dallo Stato ai Giudici che hanno la funzione, all’esito di una ordinata sequenza di atti denominata «procedimento penale», di dichiarare se nel caso specifico la norma è stata violata nonché, di conseguenza, di infliggere e far applicare anche coattivamente, le «sanzioni» che dalla stessa norma violata sono previste in caso di sua infrazione.
- Si prenda il caso, ad esempio, dell’art. 186 c.p.m.p. (Insubordinazione con violenza). Questa norma punisce con la pena della reclusione militare da un anno a tre anni il militare che usa violenza[1]contro un superiore. Se la violenza consiste nell’omicidio volontario, consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale ovvero in una lesione personale grave o gravissima, si applicano le corrispondenti pene stabilite dalla legge penale comune. La norma è stata emanata dallo Stato nell’esercizio della sua funzione legislativa e per finalità di assicurare che, sul suo territorio e, nel caso di specie, all’interno del consorzio militare, i rapporti tra i singoli militari si svolgano in modo tranquillo e senza il ricorso a condotte che pongano in pericolo l’incolumità dei superiori. E’ evidente, però, che una norma del genere sarebbe del tutto inutile se lo Stato ne affidasse l’applicazione solo alla buona volontà dei comandanti militari e non approntasse invece un apparato diretto a prevenrire e reprimere il verificarsi di questi fatti delittuosi.
E’ per questo motivo che lo Stato, prevede:
- per un verso, che un complesso di Organi (e in specie i Comandanti di corpo…) si collochi all’interno del consorzio militare e svolga attività per prevenire il verificarsi di simili fatti criminosi (funzione amministrativa diretta alla prevenzione dei fatti di violenza);
- per l’altro che un complesso di Organi (i Giudici) reprima coattivamente i fatti di violenza che, malgrado l’attività di prevenzione svolta, si sono verificati, e, all’esito di un processo, infligga agli autori dei fatti stessi la sanzione della norma (l’art. 186 del c.p.m.p.) che vieta quel tipo di condotta (funzione giurisdizionale).
E’ evidente infatti che, per raggiungere le sue finalità, lo Stato non può limitarsi a fissare delle regole (norme) che impongono o vietano certe condotte. Deve assicurarne anche l’osservanza creando appositi “Organi” (=Giudici) che hanno la funzione, all’esito di un’ordinata sequenza di atti (=procedimento), di dichiarare con forza cogente, se nel caso specifico la norma è stata violata nonché di conseguenza, di infliggere e fare applicare anche coattivamente (e cioè ricorrendo anche all’uso della forza) le sanzioni (=conseguenze sfavorevoli) che dalla stessa norma violata sono previste in caso di sua infrazione.
A differenza della funzione legislativa, che ha carattere generale ed astratto, quella giurisdizionale ha dunque anzitutto un carattere concreto.
- Per evidenziare ulteriormente i concetti espressi può prendersi ad esempio il caso previsto dall’art. 195 c.p.m.p. (Violenza contro un inferiore). Nell’esercizio della funzione legislativa, lo Stato, ritenendo illecita e riprovevole la condotta di chi...rivestendo lo status di militare (usa violenza contro un inferiore...) ha creato apposite norme (l’art. 195 c.p.mp. appunto) che vietano tali tipi di condotte e li punisce con una «sanzione penale» che in genere è quella della reclusione militare da uno a tre anni, ma che, in talune ipotesi ritenute particolarmente gravi (artt. 195 comma 2 c.p.m.p.) può anche essere quella dell’ergastolo. Si tratta di disposizioni che valgono in generale ed in astratto (e cioè per qualsiasi ipotesi di violenza da parte di un superiore) e che si concretizzano quando il superiore cagiona volontariamente gravi lesioni oppure la morte di un inferiore. In tali ipotesi, i Giudici sono chiamati ad applicare al caso concreto, la disposizione generale e astratta dell’art. 195 commi 1 e 2 c.p.m.p. Questi Organi esercitano la funzione giurisdizionale accertando, in particolare, tramite una ordinata e progressiva sequenza di atti (=il processo) se il fatto concretizza davvero l’ipotesi criminosa dell’art. 195 commi 1 e 2 c.p.m.p., chi ne è il responsabile e quale pena merita. Poiché sono chiamati a giudicare un fatto punito con una «sanzione penale» (nei casi meno gravi la reclusione militare da uno a tre anni o le corrispondenti pene stabilite dalla legge penale comune se la violenza consiste nell’omicidio volontario, consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale o in una lesione personale grave o gravissima) si dice, più in particolare, che questi Organi esercitano la «giurisdizione penale militare» laddove, invece, si sarebbe potuto parlare di esercizio della giurisdizione civile o della giurisdizione amministrativa, se questi Organo avessero dovuto giudicare in ordine alla violazione di norme punite con una sanzione civile (quale, ad esempio, è la restituzione della cosa o il risarcimento del danno) o una sanzione amministrativa (quale, ad esempio, è la sanzione pecuniaria).
In particolare, l'attività del Comandante di corpo, di distaccamento o di posto....(così come per gli altri organi di polizia) si colloca all'interno del più ampio contesto della «funzione amministrativa» dello Stato che, in via principale, ha il fine di mantenere l’ordine interno mediante l'attività di polizia, ossia l'attività rivolta a prevenire condotte in grado di turbare l’ordine e la sicurezza all’interno del consorzio militare oltre ché a reprimere le violazioni già verificatesi di norme penali, impedendone gli eventuali ulteriori effetti.
[1]Agli effetti della legge penale militare, sotto la denominazione di “violenza” si comprendono l’omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, le lesioni personali, le percosse, i maltrattamenti e qualsiasi tentativo di offendere con armi (art. 43 c.p.m.p.).