Legge n. 189 del 30 luglio 2002

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La Legge n. 189/2002 c.d. Bossi-Fini (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo) rivede sistematicamente la legislazione italiana concernente gli stranieri. Il provvedimento intende realizzare un intervento ampio e organico sui principali testi legislativi concernenti gli stranieri provenienti dai paesi non appartenenti all’Unione Europea (il testo unico 25 Luglio 1998, n° 286 ed il decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416).
L’esigenza di innovare profondamente l’attuale disciplina in materia di immigrazione, ad oltre tre anni dall’entrata in vigore del testo unico approvato con decreto legislativo 25 Luglio 1998, n. 286, costituisce oramai una necessità ineludibile, unanimemente avvertita, tra coloro che, a vario titolo, operano nelle istituzioni e nella società civile e che si trovano nell’impossibilità di offrire soluzioni adeguate alle problematiche che il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria ha assunto nel nostro paese.
La linea guida dell’intervento normativo è quella di giustificare l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello straniero per soggiorni duraturi solo in relazione all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa sicura e lecita, di carattere temporaneo o di elevata durata. A questa condizione sono garantite adeguate condizioni di lavoro e di alloggio, collegando il contratto di lavoro ad un impegno del datore di lavoro nei confronti del lavoratore e dello Stato e restando sempre possibile il rientro volontario nel paese di origine, mediante una garanzia dei mezzi necessari.

► Gli "elementi qualificanti" della iniziativa legislativa concernono:

  1. l’orientamento della cooperazione internazionale e degli aiuti a favorire l’adozione, da parte degli stati non appartenenti all’Unione Europea, di politiche di effettivo contrasto nei confronti dello sfruttamento criminale dell’immigrazione clandestina, e quindi di condivisione degli obiettivi di lotta al traffico degli esseri umani ed a quelli connessi relativi al traffico di droga, di armi di prostituzione;
  2. integrazione dell’extracomunitario fondata sul reale inserimento nel mondo del lavoro. In tale prospettiva, ed in linea con la suindicata proposta di direttiva europea, viene prevista la nuova figura del contratto di soggiorno per lavoro, caratterizzato dalla prestazione da parte del datore di lavoro di una garanzia di adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero nonché dall’impegno assunto dallo stesso datore di lavoro al pagamento delle spese del rientro del lavoratore medesimo. Tale contratto diviene requisito essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Con il sistema delineato, all’immigrato non comunitario si punta a garantire condizioni di vita e di lavoro decorose, invece della mera iscrizione nelle liste di collocamento, e lo inserisce in un circuito di legalità che riduce i rischi di eventuali tentativi di reclutamento della criminalità. La stipula del contratto di soggiorno avviene presso lo sportello unico per l’immigrazione, appositamente istituito presso la prefettura – Ufficio Territoriale del Governo non solo per facilitare l’incontro fra la domanda l’offerta di lavoro, ma anche al fine di snellire gli adempimenti burocratici connessi;
  3. la durata del permesso di soggiorno per lavoro viene commisurata alla durata del relativo contratto di soggiorno per lavoro;
  4. la determinazione delle quote di ingresso per motivi di lavoro, che sarà predisposta anche con decreti infrannuali in base ai dati sull’effettiva richiesta di lavoro, prevedendo, tra l’altro, quote riservate ai lavoratori di origine italiana residenti in paesi non comunitari;
  5. la soppressione dell’istituto dello sponsor, che nella sua attuazione non ha raggiunto l’obiettivo di favorire l’ingresso nella realtà lavorativa dei lavoratori stranieri. E’ stata contestualmente, introdotta una disposizione che privilegia gli stranieri che hanno svolto un percorso formativo nei loro paesi di origine, sulla base di programmi di formazione professionale approvati da pubbliche amministrazioni italiane;
  6. l’immediata operatività dell’espulsione dell’irregolare, con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, in sostituzione delle vigenti disposizioni che prevedono un provvedimento preventivo di intimazione a lasciare il territorio dello stato che nella sua applicazione si è rivelato una forma per eludere sostanzialmente l’effettiva espulsione;
  7. la razionalizzazione dei ricongiungimenti familiari, in particolare, eliminando la possibilità per lo straniero di ricorrere all’istituto del ricongiungimento familiare per i parenti entro il terzo grado;
  8. una procedura semplificata per il riconoscimento del diritto di asilo, garantendo la tutela da discriminazioni di qualsiasi tipo, ma al tempo stesso evitando che l’asilo sia impropriamente utilizzato per aggirare le disposizioni sull’immigrazione;
  9. il coordinamento e il monitoraggio della normativa attraverso un apposito Comitato nazionale, che viene istituzionalizzato.

Infine, la Legge n. 189/2002 pone mano ad un vecchio problema ancora irrisolto. In attesa di una disciplina organica in materia di "diritto di asilo", che si ritiene comunque di rinviare a quando saranno definite le procedure minime – identiche per tutta l’Unione Europea – attualmente in discussione a Bruxelles, mutuando proprio le norme attualmente al vaglio del Consiglio Europeo, è stato ritenuto almeno di risolvere il problema costituito dalle domande di asilo realmente strumentali, ossia presentate al solo scopo di sfuggire all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento ormai imminente. Finora la normativa vigente – l’articolo 1 della cd. legge Martelli – imponeva non solo la sospensione del provvedimento di allontanamento, ma anche la concessione di un permesso di soggiorno provvisorio in attesa del giudizi della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato che non sarebbe mai arrivato in quanto circa il novanta per cento dei presentatori di queste domande strumentali facevano poi perdere le loro tracce. La disciplina introdotta, invece, precedendo l’applicazione della direttiva in esame, instaura – per quelle domande che si ritengono manifestamente infondate – una “procedura semplificata” che si concluderà entro i tempi previsti per il trattenimento nei Centri di permanenza temporanei.

La legge, composta di 38 articoli, prevede:

  • misure agevolative in materia fiscale per favorire le elargizioni per le iniziative di carattere umanitario nei paesi non appartenenti all’OCSE e orienta, nel quadro degli accordi internazionali, la cooperazione internazionale e gli aiuti non a scopo umanitario, all’adozione, da parte dei paesi non appartenenti all’Unione Europea, di politiche di attiva collaborazione al fine di contrastare efficacemente le organizzazioni criminali operanti nell’immigrazione clandestina, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico degli stupefacenti, di armamenti, nonché in materia di cooperazione giudiziaria;
  • la costituzione di un comitato per il coordinamento ed il monitoraggio dell’attuazione delle norme contenute nel testo unico. E’ questa una grave lacuna della normativa vigente alla quale si è tentato, fin ora di sopperire con provvedimenti amministrativi di dubbia efficacia e legati a più persone che a istituti. Il testo unico è una normativa complessa che prevede di continuo provvedimenti interministeriali anche di una certa difficoltà. Un tavolo di lavoro, diviso nei livelli politico ed amministrativo servirà a dirimere problemi insorti ed a facilitare quella collaborazione delle diverse amministrazioni che dovrebbe essere la regola in ogni stato moderno, visto che anche il cittadino chiede e pretende la soddisfazione dei suoi diritti dallo stato e non fa distinzione fra i diversi ministeri ed altre amministrazioni assimilate.
  • differimento al 31 dicembre dell’anno precedente a quello al quale il decreto di programmazione di ingressi si riferisce, il termine per la sua emanazione. Ciò per evitare ritardi che si ripercuotano sull’efficacia del sistema. Inoltre viene abrogata la disposizione per la quale, in caso di mancata emanazione del decreto di programmazione dei flussi di lavoro, valgono le quote dell’anno precedente con una presunzione che non ha ragione di essere.
  • nuova disciplina dell’ingresso per lavoro. Infatti, accanto ai normali requisiti per l’ingresso, il permesso di soggiorno potrà esser rilasciato solo a avvenuta stipula di un “contratto di soggiorno”, incontro della volontà del datore di lavoro e del lavoratore, certificato, all’estero, dalla nostra rappresentanza diplomatica o consolare. La medesima certificazione potrà essere rilasciata, sempre dalla rappresentanza diplomatica o consolare e prima dell’ingresso dello straniero sul territorio nazionale, per l’accertamento dei requisiti per lo svolgimento di un lavoro autonomo.
    Una particolare cautela è stata posta per evitare contraffazioni dei documenti di ingresso e soggiorno, sia prevedendo particolari caratteristiche degli stessi, sia una particolare fattispecie criminosa.
  • istituzione della nuova fattispecie civile del contratto di soggiorno per lavoro stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia ed un prestatore di lavoro, cittadino di uno stato non appartenente all’Unione Europea o apolide, da sottoscriversi presso lo sportello unico per l’immigrazione, istituito presso ciascuna prefettura – ufficio territoriale del Governo – mediante il quale si prevede, a pena di nullità, la garanzia da parte del datore di lavoro di un’adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore nonché l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di rientro del lavoratore nel paese di provenienza.
  • sanzionato l’obbligo, già previsto dal testo unico, di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza dell’ospitalità concessa allo straniero o della sua assunzione.
  • elevato da cinque a sei anni il periodo di soggiorno per poter ottenere la carta di soggiorno. Appare questo un periodo di tempo assai più congruo per poter giudicare il complessivo inserimento dello straniero.
  • più stringenti le norme poste a contrasto del favoreggiamento all’immigrazione clandestina: è prevista la confisca dei beni sequestrati e le navi militari o in servizio di polizia possono fermare in acque nazionali o internazionali imbarcazioni che si sospetta portino clandestini.
  • capovolgimento dell’attuale impostazione della disciplina dell’espulsione. Se l’espulsione era, di regola, effettuata mediante intimazione e solo in determinati casi con accompagnamento alla frontiera, con le modificazioni introdotte dalla legge n. 189/02 l’espulsione con accompagnamento alla frontiera diviene la regola ordinaria. L’intimazione rimane solo per alcuni limitati casi di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, assistita comunque dalla possibilità del trattenimento presso i Centri di permanenza qualora sia rilevato un pericolo di fuga. Il periodo di divieto di reingresso previsto dall’articolo 13, comma 13, è portato a 10 anni. Il termine dei 10 anni è temperato dalla possibilità della sua riduzione, fino a cinque anni, in fase di adozione del decreto di espulsione.
  • nuove norme sull’esecuzione dell’espulsione. L’esperienza ha dimostrato che i trenta giorni ora previsti come massimo per il trattenimento nei Centri di permanenza temporanea non sono sufficienti per assicurare il riconoscimento del clandestino, presupposto indispensabile per il suo rimpatrio. Il nuovo termine di sessanta giorni dovrebbe consentire il riconoscimento della quasi totalità dei trattenuti.
  • nuove disposizioni in tema di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. La norma prevede che lo straniero entrato illegalmente in Italia e detenuto in via definitiva con una pena, anche residua, di due anni, sia espulso in via alternativa alla rimanente pena da scontare. Se rientra illegalmente la detenzione in carcere è ripristinata.
  • riformato integralmente la normativa sul lavoro subordinato a tempo determinato ed indeterminato; sono previsti, in luogo dello sponsor i titoli di prelazione nel collocamento dei lavoratori stranieri derivanti dall’aver frequentato corsi di formazione e aggiornamento professionale organizzati all’estero da enti abilitati; è punito anche con la revoca del permesso di soggiorno per chi produce, smercia o distribuisce prodotti falsi o contraffatti.
  • il compito di determinare il limite massimo annuale di ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico spetta al Ministro per i beni e le attività culturali.
  • ridotta la possibilità del ricongiungimento familiare al coniuge e ai figli minori. Modula diversamente il ricongiungimento del genitore a carico, prevedendosi l’ipotesi dell’impossibilità di altro sostegno nel paese di origine.
  • le misure di integrazione sociale sono riservate agli immigrati in regola con il permesso di soggiorno.
  • la revoca del permesso di soggiorno nelle ipotesi di matrimonio simulato e finalizzato unicamente ad ottenere la possibilità di soggiornare in Italia.
  • riviste le norme in materia di diritto d’asilo con riferimento alle domande presentate in modo strumentale, al solo fine di procrastinare ed evitare un provvedimento di allontanamento per irregolarità di soggiorno.

Il riconoscimento dello status di rifugiato è, infatti, ancora regolato dall’articolo 1 del decreto legge 30 dicembre 1989 n° 416, convertito nella legge 28 febbraio 1990 n. 39.
Tale normativa prevede che a chi presenti una domanda di asilo - indipendentemente dalla sua posizione di regolare, irregolare, sottoposto a procedimento di allontanamento o altro - sia concesso un permesso di soggiorno in attesa della definizione della richiesta.
Molte sono le istanze proposte da clandestini al solo scopo di procrastinare gli effetti o evitare del tutto - facendo perdere le tracce – il provvedimento di allontanamento.
In sede comunitaria è in discussione un progetto di direttiva che regola lo standard minimo delle procedure che gli stati membri devono adottare per il riconoscimento dello status di rifugiato. Tale progetto prevede, all’interno del principio generale della non trattenibilità dei richiedenti asilo per il mero fatto di esaminare la loro istanza, alcune eccezioni (articolo 11), nonché una c.d. procedura semplificata (art. 27 e segg.) per esaminare quelle domande che si presumono manifestamente infondate; l’esito sfavorevole di questa procedura semplificata, salvo l’obbligo di rispondere (art. 33, comma 3) – anche negativamente – all’istanza del richiedente asilo che chiede di rimanere sul territorio nazionale per tutta la durata dell’intero ricorso, non impone agli Stati membri di sospendere gli effetti di una decisione sfavorevole di primo grado, in attesa dell’esito del ricorso.
In attesa di una disciplina organica sul diritto di asilo, il disegno di legge intende correggere l’obbligatorietà della concessione del permesso di soggiorno contenuto nell’articolo 1 della legge Martelli, mutuando proprio dalla proposta di direttiva attualmente in discussione a Bruxelles i casi in cui è possibile trattenere il richiedente asilo (comma 1 dell’articolo 1 bis proposto), nonché la possibilità di allontanamento dopo il primo grado concessa dalla procedura accellerata (comma 5, dell’art. 1 ter proposto).
Vengono così disciplinati una serie di casi per i quali è possibile trattenere o continuare a trattenere i richiedenti asilo, sulla base di un procedimento – quale quello conseguente alla violazione delle norme di ingresso sul territorio – già avviato prima della richiesta di asilo. Il trattenimento dovrebbe durare fino all’esito della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato.
Ovviamente, perché la procedura funzioni, è necessario che la procedura accellerata si esaurisca prima dello scadere del termine previsto per il trattenimento. Per tale ragione appare comunque opportuno un potenziamento della Commissione centrale per la concessione dello status di rifugiato o la creazione di sue sezioni periferiche.

  • la regolarizzazione di tutti i lavoratori adibiti ad attività di collaboratore domestico e di assistenza ai familiari.