L'azione penale
Il Giudice può esercitare la "funzione giurisdizionale" solo se un organo dello Stato (il Pubblico Ministero) gli formula la richiesta di decidere su una accusa (imputazione) mossa a carico di un soggetto (imputato). E' mediante tale richiesta che il P.M. esercita l'azione penale.
Il P.M. deve esercitare l'«azione penale» quando, al termine delle indagini preliminari, svolte con l'ausilio della Polizia Giudiziaria, ritiene di aver acquisito elementi idonei a sostenere l'accusa di fronte al Giudice.
- Le principali "caratteristiche" dell'azione penale sono:
- la pubblicità, nel senso che l'azione penale non compete ai privati, ma esclusivamente allo Stato che la esercita attraverso l'ufficio del P.M. (art. 50 comma 1 c.p.p.);
- l'ufficialità, nel senso che essa è esercitata d'ufficio - senza che occorrono, dunque, particolari sollecitazioni - da parte del P.M., salvo che la legge prevede la necessità di una condizione di procedibilità (es. la querela);
- l'irretrattabilità, nel senso che l'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi previsti dalla legge (art. 50 comma 3 c.p.p.) (come ad esempio, quando risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento stesso);
- l'obbligatorietà, nel senso che essa non può essere esercitata a discrezione del P.M. e sulla base di ragioni di opportunità svincolare da criteri obiettivi e determinati collegati alla fondatezza della notizia di reato (art. 50 comma1, 408, 415 c.p.p. e art. 112 Cost.).
Nel nostro sistema, il P.M. non può dunque decidere a sua discrezione se esercitare o meno l'azione penale. La sua decisione deve tener conto solo dell'interesse all'osservanza della legge e non può essere condizionata da interferenze esterne, da ragioni di opportunità (anche politica), da circostanze occasionali (collegate alla particolarità del fatto o del suo autore) o, infine, dalla necessità di far prevalere interessi particolari.
Il momento iniziale dell'esercizio dell'azione penale coincide con la formulazione dell'imputazione (es. redazione della richiesta di rinvio a giudizio) e non con quello della sua conseguente comunicazione, che di norma avviene mediante notifica (es. notifica della richiesta suindicata). La cognizione è, quindi, sempre successiva al momento in cui si assume la qualità di imputato e cioè al momento della formazione dell'atto di vocatio in jus.