MARPOL

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Al fine di porre rimedio alle carenze normative della precedente Convenzione OILPOL 1954 e di fronteggiare in maniera concreta il problema dell'inquinamento marino, nell'ottobre del 1973 venne convocata a Londra una nuova Convenzione Internazionale per la prevenzione dell'inquinamento da navi MARPOL 1973 (Marine Pollution Convention). Stipulata a Londra il 2 novembre 1973 è entrata in vigore solo il 2 ottobre 1983, dopo che le condizioni (ossia 12 mesi dopo la ratifica da parte di almeno 15 Stati, che rappresentassero il 50% del tonnellaggio mercantile mondiale) si erano realizzate, a seguito delle ratifiche dell'Italia e della Grecia avvenute il 2 ottobre 1982.

La MARPOL può essere considerata un vero e proprio «codice» del mare. Essa nasce dall'esigenza di proteggere l'ambiente marino, prendendo atto che gli scarichi sia di natura accidentale che di natura dolosa oppure colposa di idrocarburi ed altre sostanze nocive da parte di navi costituiscono una  grave fonte di inquinamento. Scopo della MARPOL è appunto di regolarne gli sversamenti fissando le modalità di scarico di tutti gli effluenti possibili delle navi e stabilendo delle «zone speciali» di mare ove esiste il divieto di scarico o ove lo stesso è disciplinato con norme più restrittive rispetto alle altre zone di mare.

Le norme contenute nella convenzione si applicano alle navi che sono autorizzate a battere la bandiera di uno Stato parte della Convenzione e alle navi non autorizzate ma che operano sotto l'Autorità di tali parti. Non è applicabile, invece, né alle navi da guerra, né alle altre navi appartenenti ad uno Stato o gestite da tale Stato fintantoché quest'ultimo le utilizzi esclusivamente per servizi governativi e non commerciali. Questa fondamentale fonte pattizia (resa esecutiva in Italia con la Legge 662/80), che ha colmato le vistose lacune mostrate dalla Convenzione “Oil Pol 1954”, è stata ampiamente aggiornata con un «Protocollo» redatto a Londra nel 1978 a seguito della Conferenza T.S.P.P. (Tanker Safety Pollution Prevention), dedicata alla sicurezza delle navi cisterna ed alla prevenzione dell’inquinamento del mare. E’ proprio per l’importanza rivestita dalle modifiche apportate da tale Protocollo, soprattutto in materia di prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi, che spesso si parla, nella pratica, di Marpol 73/78.

La Convenzione in esame ha introdotto una dettagliata normativa diretta ad eliminare, ridurre e prevenire l’inquinamento marino derivante dall’immissione volontaria o accidentale di tutte le sostanze che siano in grado di nuocere o mettere in pericolo la salute umana, le risorse biologiche, le bellezze naturali e, in generale, le attività connesse con i legittimi usi del mare.

Con la Marpol, come si è accennato in precedenza trattando della Convenzione di Montego Bay, è stato altresì superato il principio, affermato in precedenza dalla Convenzione “Oilpol 54”, della sottoposizione della nave all’ordinamento giuridico dello Stato di bandiera : infatti, venne sancito per la prima volta, il diritto dello Stato costiero di sanzionare direttamente le violazioni della normativa antinquinamento perpetrate, all’interno delle proprie acque territoriali, da unità di bandiera estera.

In alternativa a tale attività sanzionatoria “diretta” o quando le disposizioni della presente Convenzione vengano violate al di fuori delle acque di giurisdizione di uno Stato contraente, lo Stato di bandiera dovrà essere informato dell’infrazione e delle prove a supporto della stessa in modo tale da poter agire in applicazione di quanto previsto dalla propria normativa sanzionatoria: in questo caso, come si è detto in precedenza, allo Stato che ha fornito le informazioni e le prove dovranno essere comunicate  al più presto le misure sanzionatorie adottate.       

La Marpol si compone, oltre che del succitato Protocollo del ‘78, di una prima parte (contenente disposizioni di carattere generale), di due Protocolli (riguardanti, rispettivamente, l’invio dei rapporti sugli eventi e l’arbitrato) e, infine, di 7 (sette) Allegati che, per l’importanza rivestita, meritano un cenno particolare.

  • Allegato I : contiene norme relative alla prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi ed è stato aggiornato in modo sostanziale dal più volte citato Protocollo del 78 e da emendamenti adottati in sede I.M.O. (International Maritime Organization).

Con tale Allegato (entrato in vigore, nel nostro Paese, nel 1983) sono stati fissati i limiti e le modalità di discarica in mare delle miscele oleose e sono state, altresì, individuate ben sette «Aree Speciali» (Mar Mediterraneo, Mar Baltico, Mar Nero, Mar Rosso, Zona dei Golfi, Golfo di Aden e Antartide), all’interno delle quali tale discarica è assoggettata a particolari restrizioni.

In particolare, la  regolamentazione dello scarico in mare di olio proveniente dalle cisterne del carico di una nave petroliera è quella riassunta nella tabella in All. B mentre, per quanto riguarda la discarica in mare delle acque di sentina delle petroliere (di qualsiasi stazza) e delle navi diverse dalle petroliere di stazza lorda uguale o superiore a 400 tonnellate, è previsto che l’unità debba navigare in rotta ed essere dotata di un separatore acqua/olio (con automatismo di “Stop”) che mantenga il contenuto di olio nell’effluente non superiore alle 15 parti per milione (p.p.m.). 

Di rilievo sono poi le disposizioni riguardanti il «sistema di zavorramento». La “norma 13” prevede, infatti, che le navi petroliere nuove (vale a dire quelle il cui contratto di costruzione sia stato stipulato dopo il 31.12.75 o, in mancanza di contratto, la cui chiglia sia stata impostata dopo il 30.6.76) di portata lorda uguale o superiore a 70.000 tonnellate debbano essere munite di idonee cisterne destinate a contenere esclusivamente zavorra (SBT - Segregate Ballast Tanker): ciò al fine di prevenire quella che, soprattutto in passato, costituiva una delle fonti principali di inquinamento marino, vale a dire la discarica in mare delle acque di zavorra “sporca” (in quanto frammista a residui del carico trasportato in precedenza).

Per questo stesso motivo, la “norma 14” prevede il divieto di trasportare zavorra in una qualsiasi delle cisterne per combustibile liquido a bordo di navi petroliere nuove di stazza lorda uguale o superiore a 150 tonnellate ovvero uguale o superiore a 4.000 tonnellate se si tratta di navi diverse dalle petroliere.

Va aggiunto che con il  summenzionato Protocollo del '78 sono stati  fissati anche i requisiti che devono possedere le navi petroliere per poter effettuare il lavaggio delle cisterne con greggio (C.O.W. : Crude Oil Washing): è questo un’efficace sistema di lavaggio che consente di ovviare agli inconvenienti che, sotto l’aspetto sia della sicurezza che dell’inquinamento, derivavano  dall’utilizzo a tal fine di acqua. Inoltre, il C.O.W., seguito da un risciacquo della cisterna con acqua, consente di imbarcare all’interno della cisterna acqua di zavorra che (come specificato nella nota della tabella in All. B) viene considerata “pulita” e, come  tale, non soggetta a restrizioni per lo scarico in mare.

Sempre sotto il profilo della prevenzione va rilevato che in sede I.M.O. sono stati adottati degli emendamenti, entrati in vigore nel 1993, i quali  prevedono che le navi petroliere nuove (vale a dire quelle il cui contratto sia stato stipulato dopo il 6.7.'93 o, in mancanza di contratto, la cui chiglia sia stata impostata dopo il 6.1.'94) di portata lorda uguale o superiore a 5.000 tonnellate debbano essere costruite con doppio scafo o con mid deck  (ponte intermedio) mentre  quelle di portata lorda uguale o superiore a 600 tonnellate ma inferiore a 5.000, debbano essere munite almeno di  “doppio fondo”.

Per le navi cisterna esistenti (realizzate, cioè, prima delle suddette date) di portata lorda uguale o superiore a 20.000 tonnellate, se adibite al trasporto di greggio, o a 30.000 tonnellate, se adibite al trasporto di prodotti petroliferi, i summenzionati emendamenti prevedono, per quelle realizzate prima del 1982 (c.d. navi pre-Marpol), la realizzazione del doppio scafo entro il 25 Z anno dalla data di consegna mentre, per quelle realizzate dopo il 1982 (c.d. “navi Marpol”),  entro il 30 Z anno, sempre a decorrere dalla data di consegna.

  • Allegato II : ha ad oggetto il controllo dell’inquinamento da sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa ed è entrato in vigore il 06.4.87.

In particolare questo Allegato, nella prima delle cinque Appendici in cui risulta suddiviso, fissa i criteri per la classificazione di tali sostanze in una delle quattro categorie (A - B - C  o  D) individuate in considerazione del livello di  gravità del rischio e della serietà del danno che , nel caso di discarica in mare derivante dalle operazioni di pulizia delle cisterne o dallo scarico della zavorra, può essere arrecato all’ambiente marino, alla salute umana ed alle attrattive dei luoghi.

In base a tali criteri, le sostanze più pericolose sono quelle inserite nella categoria A, mentre quelle rientranti nelle altre tre categorie presentano una pericolosità/dannosità via via decrescente. Proprio in relazione a tali categorie vengono fissati i limiti e le modalità di discarica in mare dei residui, delle acque di lavaggio e delle acque di zavorra, al di fuori ed all’interno delle tre “Aree Speciali” (Mar Baltico, Mar Nero e Antartico).

La successiva Appendice II^ contiene, invece, una lista dei prodotti liquidi nocivi trasportati alla rinfusa, per ciascuno dei quali vengono indicati la categoria di appartenenza (A - B - C o D) e il c.d. «U.N.number» (numero Nazioni Unite), assegnato, quest’ultimo, dallo speciale Comitato di Esperti delle Nazioni Unite che si occupa della catalogazione di tutte le merci pericolose attualmente in commercio.

Va rilevato che la materia del trasporto alla rinfusa di merci pericolose allo stato liquido e di prodotti chimici allo stato gassoso, risulta regolata oltre che dalle disposizioni  dell’Allegato II  e dalle numerose Risoluzioni adottate in sede I.M.O., anche  dal D.P.R. n.50 del 04.02.84 (intitolato “Norme tecniche particolari per la costruzione ed equipaggiamento delle navi adibite al trasporto di prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa”) e da una Circolare Ministeriale (la n. 340364 del 31.03.1970) emanata dall’allora Ministero della Marina Mercantile.

Più precisamente, il suddetto D.P.R. si applica al trasporto di quei prodotti chimici liquidi rientranti negli elenchi allegati a due Decreti Ministeriali, datati entrambi 09.3.84  e pubblicati nel Suppl. Ord. alla G.U. n.94 del 04.4.84.

  • Allegato III : è entrato in vigore l’ 1.7.92 ed  è dedicato alla prevenzione dell’inquinamento da sostanze nocive trasportate per mare in colli o in contenitori, in cisterne o in vagoni stradali o ferroviari.

Va precisato che di tale tipo di trasporto si occupa, nel nostro ordinamento, anche il D.P.R. 1008 del 09.5.1968, con il quale è stato approvato il “Regolamento per l’imbarco, trasporto per mare, sbarco e trasbordo delle merci pericolose in colli”.

Una particolare attenzione è stata dedicata, sia dalle norme di tale Regolamento, sia da quelle dell’Allegato III alla Marpol, al modo in cui deve essere predisposta e redatta la documentazione che deve accompagnare la spedizione ed il trasporto delle sostanze nocive. E’ previsto, infatti, che i  documenti d’imbarco preparati dallo spedizioniere marittimo debbano includere o essere accompagnati da un certificato o da una dichiarazione firmata (“I.M.O. dangerous goods declaration”) attestante che il carico da trasportare è correttamente imballato, marcato ed etichettato e che lo stesso si trova nelle condizioni previste al fine di ridurre al minimo i pericoli che il suo trasporto può comportare per l’ambiente marino.

Vengono, inoltre, fissati i massimi quantitativi di sostanze nocive trasportabili, le modalità da seguire per un sicuro imballaggio e i dati da inserire nell’etichetta utilizzata per contrassegnare i contenitori. In particolare, il succitato  D.P.R., così come la Reg.4 dell’Allegato III alla Marpol, prevede che tutti i colli debbano essere contrassegnati ed individuati con la denominazione tecnica, e non solo commerciale, della sostanza contenuta e, inoltre, che gli stessi debbano risultare muniti, in modo ben visibile, di una o più etichette (fatte in modo da resistere per tre mesi immerse in mare) conformi ai modelli approvati con apposito D.M. (vedi All. C).

  • Ad esempio, i colli contenenti prodotti che siano “Marine Pollutant” devono essere contrassegnati da un’etichetta triangolare bianca con disegnato un pesciolino sovrastato da una croce.

Con l’Allegato III, a differenza dei due precedenti, non sono state dichiarate Aree Speciali, anche perchè il gettito dei colli contenenti le suddette sostanze è consentito solo ed esclusivamente per garantire la sicurezza della nave e/o per la salvaguardia della vita umana in mare.

Sempre con riferimento al trasporto di merci pericolose in colli, non può non essere fatta rilevare l’importanza, per lo sviluppo della normativa esistente in materia, degli  studi svolti sinergicamente da un Comitato di Esperti dell’ONU (United Nation Committee) e da un gruppo di lavoro incaricato dall’allora I.M.C.O. (l’attuale I.M.O.), sulla “scia”  della Conferenza sulla SOLAS svoltasi a Londra nel 1960.

L’attività del suddetto Comitato di Esperti dell’ONU portò alla redazione di liste nelle quali a ciascuna sostanza pericolosa veniva attribuito un “numero di riferimento” (l’ “U.N. number” visto in precedenza) mentre, i lavori del gruppo incaricato dall’IMCO diedero vita all’IMDG Code (International Maritime Dangerous Goods Code) nel quale sono state codificate tutte quelle merci (comprese quelle individuate dal  sopra citato Gruppo di Esperti dell’ONU) che, a causa delle loro caratteristiche, rappresentano un potenziale pericolo per il trasporto via mare. In particolare, tale Codice (approvato da un sottocomitato dell’I.M.O., il Maritime Safety Committee), sulla base di criteri inerenti lo stato fisico e il tipo di pericolosità preminente (nocività, infiammabilità, etc.), individua nove classi di merci pericolose (dall’1 al 9), prevedendo le relative modalità di imballaggio e riportando,  nell’indice generale, il nome tecnico delle singole merci ed i corrispondenti “U.N. numbers”.

All’IMDG Code sono altresì allegate delle “schede di emergenza o di sicurezza” (safety data sheet) contenenti tutti i dati necessari sia per una corretta ed immediata identificazione del prodotto, sia per fronteggiare le eventuali situazioni  di pericolo che possono verificarsi  durante il trasporto di ogni singola merce codificata. A tal fine l’IMDG Code indica, per ogni singola merce, un numero di identificazione “MFAG” (Medical First Aid Guide for use in accidents involving dangerous goods) ed un numero “EMS” (Emergency procedure for ships carrjng dangerous goods).

La summenzionata classificazione delle merci pericolose, è stata ripresa dal sopra citato D.P.R. 1008 del 09.5.68 il quale, in analogia al criterio seguito dall’IMDG Code, ha raggruppato le merci pericolose in nove “Classi” (vedi All.C), alcune delle quali (la 4, la 5 e la 6), suddivise in sottoclassi.

Per ciascuna di tali Classi, l’allora Ministero della Marina Mercantile ha emesso  dei Decreti con i quali vengono fissati i requisiti tecnici che l’imballaggio deve possedere per il trasporto via mare, le modalità per lo stivaggio e le procedure che devono essere seguite per conseguire il rilascio delle relative autorizzazioni da parte dell’Autorità Marittima e per il trasbordo e/o lo sbarco in sicurezza del carico. A ciascuno di tali Decreti Ministeriali sono allegati gli elenchi delle merci pericolose ammesse al trasporto marittimo in colli .

Va evidenziato che ogni singola merce pericolosa ricompresa nei suddetti elenchi viene inserita in una tabella ove vengono indicati tutti i dati utili alla precisa identificazione (formula chimica, stato fisico, livello primario e secondario di pericolosità, temperatura di infiammabilità) nonchè i requisiti che deve avere il  relativo imballaggio (tipo, limiti di riempimento o pressione, ecc.) e le specifiche precauzioni da adottare.

Va precisato che la classificazione effettuata con il D.P.R.1008/68 è stata oggetto, negli anni successivi, di aggiornamenti (introdotti mediante varie Circolari e Decreti Ministeriali), resi per lo più necessari dall’esigenza di inserire merci “nuove”, ammesse per la prima volta al trasporto marittimo.    

Sempre con Decreti Ministeriali sono state altresì introdotte disposizioni  particolari relative alla “Classe 9” (identificata dall’ etichetta riprodotta in All.D) nella quale rientrano le merci che non presentano una specifica pericolosità o che, per le loro peculiari caratteristiche, non sono definibili con un solo termine (es. tossico o infiammabile ecc.) o, ancora, che sono oggetto di studi  tendenti a definire le loro proprietà fisiche, chimiche e tossicologiche.

  • Allegato  IV : si occupa della prevenzione dell’inquinamento derivante dalle acque di scarico delle navi ma non è ancora entrato in vigore.
  • Allegato V : in vigore dal 31.12.1988, contiene norme relative alla prevenzione dell’inquinamento da rifiuti solidi provenienti da  navi ed è l’unico che si applica a tutte le unità, anche a quelle militari.

Fissa i divieti, i limiti e le modalità di smaltimento dei rifiuti di bordo in relazione al tipo di rifiuto ed alla distanza dalla costa (vedi All.E).

L’Allegato in parola ha individuato, fra l’altro, otto Aree Speciali (Mar Mediterraneo, Area dei Golfi, Mar Rosso, Mar Baltico, Mar Nero, Mare del Nord, Antartide, Mar dei Caraibi) all’interno delle quali è consentita solo la discarica di rifiuti alimentari a non meno di dodici miglia dalla costa.

Va precisato che allorquando i rifiuti di bordo siano mescolati o composti in parte da  sostanze inquinanti (prodotti chimici, idrocarburi, etc), si applicherà alla fattispecie la normativa più severa.

  • Allegato VI :  tale Allegato, non ancora entrato in vigore, riguarda l’inquinamento derivante dalle sostanze emesse nell’atmosfera dalle navi.