Strategie di intervento e bonifica di aree inquinate da idrocarburi

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Per la buona riuscita delle operazioni da intraprendere per combattere un inquinamento bisogna conoscere le caratteristiche del prodotto versato, la sua quantità, la velocità con la quale potrà diffondersi e l’area di mare che potrà essere investita.

Le principali tecniche antinquinamento sono:

  1. confinamento
  2. contenimento
  3. riduzione
  • Confinamento

L’eliminazione della causa del versamento spesso coincide con il salvataggio della nave e del carico; operazione tra le più complesse non solo per la necessità di disporre di mezzi idonei di vario genere ma anche per le condizioni in cui si dovrà operare, molto diverse a seconda del sinistro e delle condizioni meteo marine. Il confinamento si attua per intercettare e bloccare il versamento e lo spandimento e per la buona riuscita dell’intervento è predominante il fattore tempo, la immediata reperibilità dei mezzi e delle attrezzature necessarie che dovranno trovarsi in prossimità delle zone di maggiore rischio di sinistro.

I materiali necessari possono essere così raggruppati:

  1. mezzi per l’ormeggio della nave sinistrata e della nave allibante;
  2. parabordi e distanziatori;
  3. pompe e manichette per il trasferimento del carico;
  4. attrezzature per il tamponamento falle e per assicurare la galleggiabilità della nave dopo il trasferimento del carico.

In caso di incendio, si dovrà valutare se convenga o meno estinguerlo, tenendo conto delle conseguenze dell’inquinamento e dei rischi in cui si potrebbe incorrere nel caso di affondamento della nave.

  • Una situazione del genere, ad esempio, si è presentata ai soccorritori accorsi in occasione del sinistro della n/c BELLO, avvenuto il 16 dicembre 1972 nelle acque tra la Corsica e la Capraia, mentre era in navigazione verso Genova con un carico di circa 50.000 tonnellate di petrolio grezzo. Alla violenta esplosione verificatasi nei locali di prora (gavone e cofferdam), che provocò grossi squarci alle strutture delle cisterne della sezione n. 1 ed in parte della n. 2, fece seguito un incendio di grandi proporzioni che, alimentato dal grezzo riversatosi fuori dalle cisterne danneggiate, in breve tempo coinvolse tutta la nave. Nelle condizioni contingenti in cui si doveva operare fu arduo decidere se intervenire in forze per combattere ed estinguere l’incendio, e quindi ridurre il rischio dell’affondamento della nave, oppure lasciare che l’incendio seguisse il suo naturale decorso con la distruzione di buona parte del grezzo che altrimenti, fuoriuscendo in grande quantità dalle cisterne squarciate dall’esplosione, avrebbe potuto inquinare le vaste zone di mare e di coste, provocando così danni incalcolabili. Si convenne di non intervenire sull’incendio e ciò si dimostrò una decisione giusta in quanto si riuscì a salvare la nave ed avere un tasso di inquinamento molto limitato.
  • Contenimento

Una volta confinato e messo sotto controllo il versamento, o in concomitanza con queste operazioni, si dovrà procedere al contenimento dello spandimento oleoso sfruttando al massimo le sue peculiari proprietà: il galleggiamento. E’ un processo indirizzato ad ostacolare il progredire dello spargimento degli idrocarburi stessi confinandoli nella zona più vicina alla sorgente di sversamento. Il contenimento si effettua in genere per mezzo di «barriere galleggianti», che in una strategia di bonifica, sono generalmente il primo strumento ad essere utilizzato e l’ultimo ad essere rimosso. L’importanza di un corretto contenimento deriva dalla conoscenza che gli sversamenti di idrocarburi hanno la tendenza a spargersi in strati sempre più sottili e a frazionarsi in aree più piccole che vanno a interessare zone sempre più estese (o migrazione verso la costa). Man mano che l’area ricoperta dalla mappa di idrocarburi aumenta è evidente che la strategia di un intervento diventa più difficile, e, di conseguenza, più costosa.

Barriere galleggianti

A tutt’oggi sono stati studiati e allestiti diversi tipi di barriere di contenimento; tali mezzi comprendono:

  1. barriere fisiche, quando il loro funzionamento è basato essenzialmente su principi fisici e meccanici;
  2. barriere chimiche, quando la loro azione è basata essenzialmente sul comportamento di certe sostanze immerse nel mare.

► Le barriere fisiche (=panne) sono le più usate e possono essere raggruppate in tre categorie:

  1. panne meccaniche;
  2. panne pneumatiche o deformabili;
  3. panne assorbenti.

Il buon funzionamento delle panne è subordinato, oltre che dalle loro caratteristiche tecniche, anche dalle condizioni di mare e di vento nel luogo in cui esse vengono impiegate. Le panne meccaniche, essendo quasi tutte costruite con componenti galleggianti e fluttuanti (schiume plastiche espanse di polietilene o poliuretano), vengono comunemente chiamate «panne galleggianti». Questo tipo di panna è considerata la più pratica per il maggior numero di soluzioni e situazioni che consente di affrontare e, se opportunamente dimensionate, è idoneo a proteggere specchi d’acqua molto grandi.

Panne assorbenti

Le panne pneumatiche (o idro-pneumatiche) consistono in una tubazione (tubo perforato), posizionata sul fondo marino, in acque relativamente basse, in cui viene insufflata, attraverso una serie di ugelli calibrati, dell’aria che raggiunge la superficie generando una fitta barriera di bolle le quali creano una turbolenza tale da impedire lo spandimento dell’olio minerale. Il principio su cui si basano tali barriere è che gli idrocarburi in acque calme non tendono ad attraversare la corrente determinata dal flusso d’aria che raggiunge la superficie. L’unico svantaggio di questo tipo di panna è il fatto che non può essere usata in presenza di moto ondoso e in postazioni mobili; preferibilmente si utilizza con acque molto calme come quelle portuali.

Le panne assorbenti, infine, costituiscono una particolare versione della panne meccaniche; vengono impiegate per eliminare piccoli spandimenti e per la protezione delle spiagge. Tali panne le cui proprietà essenziali sono analoghe a quelle dei “fogli assorbenti” risultano notevolmente utili allorché il film di idrocarburi sia estremamente sottile e di recente produzione. Sono fabbricate con materiale sintetico ad alto coefficiente di assorbimento trattenuto all’interno di un involucro a forma di rete, realizzato in fibra  e fabbricato con lo stesso materiale di riempimento.

► Le barriere chimiche sono ottenute con prodotti biodegradabili e di bassa tossicità che, immersi in mare, lungo il perimetro della macchia oleosa, agiscono modificando la tensione superficiale dell’olio  (l’equilibrio delle cariche superficiali) inibendone l’ulteriore spargimento e compattandolo (effetto coagulante)[1], in modo da facilitarne il recupero che deve essere, visto che l’effetto di tali barriere non è duraturo, iniziato dopo l’applicazione delle barriere chimiche. a loro azione è esattamente contraria a quella dei disperdenti (hanno gli stessi effetti dei detergenti); vengono praticamente usati nebulizzati e distribuiti con un mezzo nautico e con elicotteri.

L’uso di tali barriere è subordinato all’autorizzazione della competente Autorità perché trattasi di sostanze chimiche che, in definitiva, si aggiungono quale eventuale componente peggiorativa all’inquinamento già prodotto dagli idrocarburi.

Barriere chimiche

 

  • Riduzione

Le operazioni poste in essere per combattere l'inquinamento hanno come obiettivo l’eliminazione totale dello spandimento, dopo averlo contenuto e, per quanto possibile, concentrato manovrando le panne galleggianti in modo da dislocarle nelle posizioni più favorevoli di vento e di corrente.

Le principali metodologie su cui si basano le tecniche di riduzione sono:

  1. rimozione meccanica
  2. assorbimento su sostanza galleggiante
  3. dispersione
  4. combustione

 


[1] L’unico prodotto italiano che possieda questi requisiti è quello brevettato dalla Snam Progetti (Pollustrop) prodotto commercializzato in Italia ed in molti Paesi esteri dalla Prodeco S.p.A. con il nome di “PRODENTENSER”