Competenze per la realizzazione di opere marittime in Italia

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Gli impianti portuali di raccolta, se consistono in strutture fisse, ossia inamovibili, sono considerati «opere marittime» e per la loro realizzazione si dovranno considerare le differenti competenze che possono essere presenti in una realtà portuale.

In Italia attualmente l’ordinamento e le attività portuali sono disciplinate con la Legge n. 84 del 28 gennaio 1994Riordino della legislazione in materia portuale”; la stessa abroga in parte, ma non del tutto, il Regio Decreto n. 713 del 26 settembre 1904 (che approva il regolamento per la esecuzione della legge sui porti, spiagge e fari) che costituisce ancora il riferimento per l’originaria specifica e nozione di opere portuali e marittime in genere. Già prima dell’emanazione della Legge n. 84/1994, con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 8 del 15 gennaio 1972 “Trasferimento alle Regioni a Statuto Ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici” e il Decreto del Presidente delle Repubblica n. 616 del 24 luglio 197 “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382” erano state trasferite alle Regioni le competenze per le opere marittime relative ai porti della seconda categoria dalla seconda classe in poi e quelle relative agli approdi turistici e le aree del demanio marittimo di interesse turistico-balneare (art. 59 del DPR n. 616/197).

La Legge n. 84/1994 ha dato una prima risposta all’esigenza di razionalizzazione e di ammodernamento istituzionale ed operativo dell’ordinamento portuale, istituendo nei principali porti nazionali le Autorità Portuali, enti di diritto pubblico dotati di autonomia organizzativa, finanziaria e decisionale, alle quali sono state affidate, tra le altre, le funzioni di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere portuali. La medesima legge ha introdotto una nuova classificazione dei porti marittimi nazionali (a modifica della classificazione adottata dal RD n. 713/1904), basata su nuovi criteri riguardanti:

  • il bacino di utenza esistente e potenziale, l’entità e la qualità del traffico, la capacità operativa degli scali, il livello di efficienza dei servizi di collegamento con l’entroterra; in particolare i porti marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:
  1. categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;
  2. categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;
  3. categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;
  4. categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

Con la Legge n. 30 del 27 febbraio 1998Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l’incremento dell’occupazione”, che ha in parte modificato la Legge n. 84/1994, si specifica che i porti sede di Autorità Portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II.

I porti, o le specifiche aree portuali di cui alla categoria II, classi I, II e III, hanno le seguenti funzioni:

a) commerciale;

b) industriale e petrolifera;

c) di servizio passeggeri;

d) peschereccia;

e) turistica e da diporto.

A distanza di oltre dieci anni dall’emanazione, la nuova normativa non è ancora a regime per la mancata emissione del Decreto Ministeriale con cui dovranno essere individuati i porti o le specifiche aree portuali appartenenti alla categoria I.

La riorganizzazione sopradescritta prevede che siano di competenza regionale le funzioni amministrative concernenti le opere marittime relative ai porti di categoria II, classi II e III, mentre spetta allo Stato l’onere per la realizzazione delle opere nei porti di categoria I e per le opere di grande infrastrutturazione nei porti appartenenti alla categoria II, classi I e II. Infine spetta alle Regioni interessate l’onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di categoria II, classe III.

Con il Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo 1998Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59” è stata confermata la precedente normativa sulla ripartizione delle competenze, prevedendo il conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative relative:

  1. all’estimo navale;
  2. alla disciplina della navigazione interna;
  3. alla programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale ed interregionale delle opere edilizie a servizio dell’attività portuale;
  4. al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia;
  5. all’attività di escavazione dei fondali dei porti in cui non è istituita l’Autorità Portuale.

Nei porti di categoria II, classi I, II e III, con esclusione di quelli aventi le funzioni turistiche e da diporto, l’ambito e l’assetto complessivo del porto, comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal "Piano Regolatore Portuale" che individua inoltre le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate. Le previsioni del Piano Regolatore Portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti. Nei porti nei quali è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dal Comitato portuale, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Nei porti di categoria II nei quali non è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dall’Autorità Marittima, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Il Piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il Piano Regolatore relativo a tutti i porti di categoria II, esaurite le procedure di consultazione, è sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale ed è quindi approvato dalla Regione competente.