Utilizzazione delle acque interne italiane da parte delle navi militari e mercantili

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Per quanto riguarda la disciplina relativa all'accesso e alla sosta di navi da guerra estere, in tempo di pace, è prevista dal R.D. 24 agosto 1933, n. 2423, che in sostanza stabilisce quanto segue.

Premesso che il termine nave da guerra comprende anche le «navi ausiliarie», viene precisato che tali navi, di bandiera estera, non belligeranti, possono visitare i porti italiani ed ancorarsi nel mare territoriale purché la visita sia notificata, per via diplomatica, con possibile anticipo di 7 (sette) giorni e limitata, salvo diversa autorizzazione, a non più di 3(tre) unità per ciascuno dei "tre settori" in cui, agli effetti, è diviso il litorale dello Stato: Adriatico, Ionico e Tirrenico.
Il soggiorno è limitato, di massima, ad 8 (otto) giorni salvo proroghe conseguenti a motivi di forza maggiore ed a specifiche autorizzazioni da chiedere per via diplomatica.
Le limitazioni alla sosta nei porti italiani (sia per ciò che concerne il numero delle navi autorizzate al soggiorno che per la durata della sosta) prevede il divieto di eseguire nelle acque territoriali attività militari incompatibili con il carattere inoffensivo del transito e pone l'obbligo per i sommergibili, di navigare e sostare nei porti in superficie, di non procedere ad esercitazioni subacquee.
Le unità devono occupare il posto di ancoraggio o d'ormeggio assegnato e devono partire entro 6 (sei) ore da eventuale, motivato, invito dell'Autorità marittima.
Le navi sono tenute al rispetto delle norme di polizia, di sanità e doganali ed alle regole d'uso per quanto riguarda il cerimoniale.
L'uso di apparati radio, durante la sosta, è subordinato ad autorizzazione. È vietato procedere a rilievi del terreno, ad operazioni di scandaglio nonché, salvo autorizzazioni, ad esercitazioni di tiro, di lancio di siluri, di posa di mine; gli aerei imbarcati non possono levarsi in volo. È vietato inviare a terra picchetti armati o far circolare imbarcazioni armate. ed eseguire sentenze capitali nelle acque interne e territoriali.
La vigilanza sulla osservanza di tali disposizioni spetta alle Autorità militari ed a quelle portuali. L'Autorità militare marittima, in caso di inosservanza, farà esplicito richiamo e, qualora la nave o le navi persistano nel loro atteggiamento, inoltrerà al comando delle suddette navi, una formale protesta, informando telegraficamente il Ministero della Difesa.
Le unità militari o mercantili italiane che rilevino la violazione da parte di navi straniere delle prescrizioni suddette devono darne notizia alle autorità competenti.
Le violazioni da segnalare possono riguardare anche l'inosservanza dei principi generali che regolano il transito inoffensivo i quali consentono il passaggio di navi straniere nelle acque territoriali a condizione che sia «continuo e rapido», escludendo la sosta e l'ormeggio, a meno che non costituiscano normali avvenimenti nel corso della navigazione o siano necessari per forza maggiore. 

  • Accesso delle navi mercanili staniere nei porti italiani

Per quanto concerne le navi mercantili, l’Italia, che è parte contraente della Convenzione di Ginevra del 1923 sul regime internazionale dei porti marittimi[1], impone, a condizioni di reciprocità, alle navi private di ogni altro Stato contraente il trattamento riservato alle proprie navi, o quello accordato alla nazione più favorita, tranne il caso di avvenimenti gravi concernenti la sua sicurezza o interessi vitali.

 [1] Il principale limite che lo Stato costiero incontra, quindi, all'interno delle proprie acque interne risiede appunto nel principio della c.d. «libertà di accesso», proclamato all'art. 2 dello Statuto di Ginevra.