Pubblicata su Attività di polizia marittima e giudiziaria (http://www.nonnodondolo.it)

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Inquinamento da navi

Il mare è quotidianamente minacciato dall’eccessiva antropizzazione, dalla pesca, dall’inciviltà e, soprattutto, dall’inquinamento. E’ senza dubbio il trasporto marittimo di petrolio greggio e dei prodotti della raffinazione a rappresentare uno dei principali e più preoccupanti rischi per il Mediterraneo, sia per il forte rischio di incidente, con conseguente sversamento di prodotti oleosi e inquinanti in mare, che per inquinamenti derivati dall’attività operativa delle navi, come lo scarico in mare di acque di sentina e il lavaggio delle cisterne delle petroliere.

L’inquinamento da idrocarburi collegato alle attività in mare ha principalmente due distinte origini:

  • inquinamenti dovuti ad incidenti che, nel caso coinvolgano quantità cospicue, possono avere conseguenze devastanti sia sugli ecosistemi marini che sulle economie locali legate al mare, come tristemente dimostrato dai recenti casi dell’Haven, dell’Erika e del Prestige.
  • inquinamenti derivati dall’attività operativa delle navi, come lo scarico in mare di acque di zavorra, slop, morchie, scarico troppo spesso solo in teoria proibito per lo status di area speciale del Mediterraneo ai sensi della Convenzione Marpol 73/78.

Dal 1985 si sono verificati nel Mediterraneo ben 27 incidenti e parliamo soltanto dei principali, trascurandone tanti altri di più modesta entità, con un versamento complessivo di oltre 270.000 tonnellate di idrocarburi. E’ l’Italia ad avere il primato del greggio versato nei principali incidenti, con 162.600 tonnellate, subito seguita dalla Turchia, con quasi 50.000 tonnellate e dal Libano, con 29.000. L’incidente più grave che il Mediterraneo abbia mai vissuto è stata la vera e propria catastrofe della Haven nel 1991, quando nelle acque antistanti Genova in Italia, furono versate 134.000 tonnellate di idrocarburi.

M/C HAVEN – Aprile 1991 Arenzano-Genova (Italia)

In media nel Mediterraneo si contano circa 60 incidenti marittimi all’anno, in circa 15 dei quali sono coinvolte navi che provocano versamenti di petrolio e di sostanze chimiche. Le zone più soggette agli incidenti, a motivo dell’intenso traffico marittimo, sono gli stretti di Gibilterra e di Messina, il canale di Sicilia e gli avvicinamenti allo stretto di Çanakkale, nonché vari porti, tra cui Genova, Livorno, Civitavecchia, Venezia, Trieste, Pireo, Limassol/Larnaka, Beirut ed Alessandria.

Gli sversamenti in mare di idrocarburi possono avere differenti origini: possono infatti essere dovuti a incidenti più o meno gravi che vanno dalla rottura di una manichetta alla perdita della nave (inquinamenti accidentali) ad attività illegali (inquinamenti volontari) o possono essere dovuti alla normale attività di esercizio della nave (inquinamenti operazionali).

Nel Mediterraneo, secondo le statistiche IMO, la percentuale degli inquinamenti da idrocarburi dovuti a sversamenti accidentali da navi è del 10%. Analizzando le cause di questi incidenti, è possibile riscontrare che per il 64% dei casi esse sono imputabili ad errore umano, il 16% a guasti meccanici ed il 10% a problemi strutturali della nave, mentre il restante 10% non è attribuibile a cause certe. Per avere un quadro maggiormente aderente alla realtà bisogna tenere presente come la gran parte delle percentuali attribuibili agli errori umani e alle cause non determinate possono senz’altro essere ascritte ai problemi connessi alla presenza di vecchie o malridotte unità con equipaggi improvvisati e impreparati che percorrono ancora in gran numero il Mediterraneo.

Secondo statistiche elaborate dall’Itopf, l’associazione di categoria dei trasportatori di idrocarburi, le cause degli sversamenti si manifestano secondo le seguenti proporzioni:

  • durante le operazioni di carico e scarico circa il 35%,
  • durante il bunkeraggio circa il 7%
  • per collisioni circa il 2%,
  • per arenamento circa il 3%
  • per falle nello scafo circa il 7%,
  • in seguito a incendi o esplosioni (come nel caso della Haven) per il 2%,
  • per altre cause non meglio determinate il 29%.

Per quanto rilevanti, gli sversamenti accidentali di idrocarburi rappresentano solo una piccola quota del totale degli scarichi dovuti al traffico marittimo. La maggior parte di essi infatti, circa l’80%, è determinata da operazioni di routine, in particolare dallo zavorramento e dal lavaggio delle cisterne, o da inquinamenti volontari. Negli anni ’80 lo spill attribuito a queste cause veniva stimato in circa lo 0,2% del carico trasportato, con uno sversamento medio a livello mondiale, valutabile da 8 a 20 milioni di barili, di cui 1 milione di barili nel solo Mediterraneo. Questa quantità si è certamente ridotta nell’ultimo decennio, anche grazie all’entrata in vigore delle nuove misure previste dalle convenzioni internazionali ed alla progressiva scomparsa delle navi cisterna prive di zavorra segregata, ma l’inquinamento non accidentale costituisce ancora un fenomeno assai rilevante. Secondo il REMPEC (Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea) ogni anno continuano a finire per questo motivo nel Mediterraneo tra le 100 e le 150.000 tonnellate di idrocarburi, ovvero più della somma dei carichi trasportati dell’Erika e del Prestige, protagoniste delle due più gravi maree nere degli ultimi anni nelle coste europee.

PRESTIGE – Novembre 2002 al largo di Capo Finesterre (Spagna-Portogallo)
 

Prevenzione

L’inquinamento da idrocarburi o sostanze nocive diverse dagli idrocarburi provocato da navi può essere esemplificatamente suddiviso in due grandi gruppi:

  1. inquinamento operativo, riconducibile a errore umano durante le normali operazioni commerciali ovvero, dovuto a sversamenti a mare operati volontariamente durante le operazioni di pulizia delle cisterne del carico o scarico a mare di acqua di sentina (SLOP TANKS);
  2. inquinamento accidentale, riconducibile a sversamenti a seguito di sinistri marittimi.

Gli inquinamenti di natura operativa possono essere efficacemente combattuti attraverso un’attenta opera preventiva tramite l’utilizzazione di apparecchiature e di sistemi che la tecnologia moderna mette a disposizione e la cui utilizzazione è stata resa obbligatoria da un’accurata e completa produzione normativa, sia in campo nazionale che internazionale, affinatasi col passare del tempo. Questa fornisce agli operatori del settore tutti quegli strumenti come ad esempio, i “separatori di acque oleose” (per la separazione acqua-olio), il “crude oil washing” (lavaggio delle cisterne, senza impiego di acqua, con il greggio trasportato), o l’ “inerting gas sistem” (I.G.S.= impianto generatore di gas inerte) e tutte le soluzioni tecniche da adottarsi in fase di progettazione e costruzione, armamento e la gestione delle navi, come ad esempio, le “segregate ballast tanks” (S.B.T.= cisterne destinate a zavorra segregata)[1] [1] [1], la cui corretta utilizzazione permette di diminuire notevolmente il pericolo di questo tipo di inquinamento. Inoltre, nel campo dei controlli è possibile evitare gli inquinamenti di questo tipo, con l’installazione di idonei impianti a terra capaci di ricevere e trattare le acque sporche di zavorra e di lavaggio delle cisterne da residui del carico (c.d Shore Reception Facilities).

L’inquinamento di natura accidentale è senza dubbio la forma più preoccupante perché, oltre a determinare condizioni tecniche più impegnative, in determinate circostanze può assumere le dimensioni di “catastrofe”. La maggior frequenza degli incidenti, si riscontra nelle zone costiere dove più intenso è il traffico marittimo e quindi i danni provocati. Le cause degli inquinamenti accidentali sono dovuti a incagli, collisioni, incendi, esplosioni ed avarie strutturali di navi cisterna cariche o scariche ovvero da altra nave, con versamento o imminente pericolo di versamento nelle acque del mare, di idrocarburi o di altre sostanze nocive e inquinanti ovvero a seguito di incendio o avaria ad installazioni fisse o mobili situate in mare o sul litorale (incendio, blow out).

E’ praticamente impossibile evitarne il pericolo poiché essi sono legati ad incidenti. Possono essere, invece, ridotte le cause che lo provocano con una serie di misure idonee a prevenire ed eliminare gli scarichi, intenzionali o meno, e regolamentare la progettazione, la costruzione, l’armamento e la gestione delle navi, nonché misure per prevenire gli incidenti, far fronte ai casi di urgenza e assicurare la sicurezza delle operazioni in mare.

 


[1] Nelle navi SBT le cisterne, le linee e le pompe per la manovra della zavorra sono dedicate esclusivamente alla zavorra. Il quantitativo di zavorra segregata deve essere sufficiente per soddisfare le condizioni di assetto minimo previste dalle norme vigenti.

 

La tutela dell'ambiente marino nelle convenzioni internazionali

L'idea di protezione internazionale dell'ambiente marino è relativamente recente: essa si è andata formando alquanto lentamente nell'opinione pubblica anche mediante l'adozione di una serie di «Convenzioni Internazionali» che sono state stipulate a partire dagli anni '50, talora nella forma di convenzione a carattere settoriale, tal'altra in quella di convenzione a carattere regionale. Talune di queste riguardano determinate cause di inquinamento marino e prevedono particolari poteri e doveri degli Stati relativamente a specifici tipi di inquinamento [1]. 

Nella Convenzione di codificazione del diritto del mare conclusa a Ginevra nel 1958, le uniche norme relative alla prevenzione ed alla protezione dell'ambiente marino dall'inquinamento erano contenute negli artt. 24 e 25 della Convenzione sull' «Alto Mare» e riguardavano rispettivamente due sostanze inquinanti speciali: gli idrocarburi e le sostanze radioattive, nonché l'inquinamento derivante dall'esplorazione e dallo sfruttamento dei fondali marini. La Convenzione di Ginevra sull' «Alto Mare» si limitava infatti a disporre all'art. 24 che «ogni stato contraente è tenuto a promuovere norme intese ad evitare la polluzione dei mari derivata da sostanze idrocarburiche defluite da navi o da oleodotti o dall'esplorazione o dallo sfruttamento del fondo o del sottofondo marini, tenendo conto delle disposizioni pattizie esistenti in materia»

Le Convenzioni che vennero stipulate negli anni '50 e '60 si presentano tutte definite per settori di inquinamento o per regioni di inquinamento. Ebbene, proprio questa parcellizzazione di carattere funzionale o spaziale della normativa ha costituito l'ostacolo principale della ricostruzione del quadro generale della normativa stessa. Inoltre, le norme delle convenzioni settoriali e regionali di cui si è detto rivestivano carattere sinallagmatico, e creavano diritti ed obblighi reciproci ed esclusivi tra i vari Stati contraenti. In molti casi, i due contrapposti poli di interessi relativi alle diverse situazioni, erano rispettivamente rappresentati dallo Stato di bandiera della nave, che poteva causare l'inquinamento, e dallo Stato costiero che dall'inquinamento stesso poteva subire il danno. Non emergeva così, in dette convenzioni, il concetto di un obbligo generale relativo alla protezione dell'ambiente marino.

Sino a tutto il decennio 1960 anche i contenuti delle norme internazionali generali sull'inquinamento marino attribuivano agli Stati alcuni poteri e imponevano alcuni obblighi relativi alla prevenzione ed alla repressione dell'inquinamento. Ma, mentre i poteri erano strettamente collegati agli interessi dei singoli Stati, di cui in ipotesi frequenti erano portatori lo Stato della bandiera e lo Stato costiero, gli obblighi, rispetto ai poteri, rivestivano carattere strettamente reciproco ed individuale, ed avevano riguardo in genere allo Stato suscettibile di causare il danno. Tale situazione era evidente rispetto al mare territoriale, già meno evidente rispetto alle zone intermedie, del tutto evanescente rispetto all'alto mare. La diversità di regime era dovuta ovviamente alla presenza del potere sovrano dello Stato costiero nell'ambito del mare territoriale, cui corrispondevano rispettivamente un notevole affievolimento di tale potere nella zona contigua marittima e nelle zone di pesca riservate, ed un assoluto equilibrio nell'esercizio delle rispettive libertà di tutti gli Stati marittimi, nell'ambito dell'alto mare.

Un apporto sostanziale alla determinazione dei contenuti della disciplina internazionale nella materia, si  verificò all'inizio degli anni '70. Nel corso di tali anni si è, infatti, evidenziata una compromissione senza precedenti dell'equilibrio ecologico, tanto da  temere il raggiungimento di un livello irreversibile nella qualità della vita del mare, a causa della universalità delle lesioni procurate all'ambiente marino. Tale fenomeno ha progressivamente evidenziato l'esistenza di un interesse collettivo della Comunità internazionale alla tutela dell'ambiente marino in quanto tale, ed ha indotto conseguentemente ad affermare, nei modi più vari, la necessità dell'impegno di tutti gli Stati, e di ciascuno di essi, al fine di realizzare la tutela dell'interesse in questione. La necessità della protezione internazionale dell'ambiente marino contro l'inquinamento si è andata evidenziando a seguito della spinta dell'opinione pubblica internazionale ed i rispettivi Governi, determinatasi a causa di alcuni «catastrofici incidenti marittimi», riguardanti l'Europa, che per le loro proporzioni hanno assunto portata storica. Invero, fino alla seconda metà circa degli anni sessanta, e cioè finché non si produssero i primi di questi grandi disastri (in particolare quello della nave liberiana Torrey Canyon) e finché l'industria non diede inizio all'epoca delle «superpetroliere» con conseguente incremento vertiginoso dei rischi, la già pur grave situazione ecologico-ambientale non suscitava che un interesse limitato ad alcune aree particolari. Fu quindi paradossalmente necessario attendere fino alla catastrofe ecologica dell'incaglio della petroliera liberiana «Torrey Canyon» nel 1967, sulle estreme scogliere della Cornovaglia (con la fuoriuscita di ben 120.000 tonnellate di grezzo che andarono a riversarsi sulle incantevoli coste bretoni e inglesi), perché si manifestasse una reazione generalizzata, che diede spazio all'idea di una serie di provvedimenti a carattere internazionale, diretti da un lato ad accrescere la sicurezza della navigazione (per evitare la causa prima dell'inquinamento massivo a carattere eccezionale, cioè i sinistri della navigazione) e, dall'altro, ad evitare il versamento in mare di olii o di sostanze nocive o di scoli o di rifiuti, durante il normale esercizio di una nave. Fra questi ultimi provvedimenti possiamo anche ricomprendere la costruzione di terminali di discarica, depurazione e stoccaggio degli idrocarburi.

Ricordiamo ancora, per la loro gravità, i disastri dell'«Amoco Cadiz» nel 1976 e della «Tanio» nel 1978, entrambi verificatesi sulle coste della Bretagna, che, puntualmente, hanno riproposto all'attenzione della Comunità internazionale il fatto che l'attuazione su scala mondiale di misure tecniche e di strumenti giuridici volti, sia alla salvaguardia dell'ambiente marino che al risarcimento delle vittime dell'inquinamento, non poteva essere ancora procrastinata.

Non appare peraltro sufficiente, il prevenire o il reprimere il solo scarico di idrocarburi. Altrettanto nocivo può risultare, un eventuale incidente che coinvolga carichi di prodotti chimici trasportati via mare o altre sostanze suscettibili di porre a repentaglio la salute umana o di danneggiare le risorse e la vita del mare o di compromettere gli usi legittimi del mare, quali i rifiuti e le altre cose o sostanze pericolose. Artefice della considerevole messe di normative pattizie internazionali che, unitamente ad importanti iniziative unilaterali di alcuni Stati ed agli interventi da parte di organi privati (come grandi compagnie petrolifere), ha contribuito alla formazione di strumenti oggi idonei, se non proprio a scongiurare il pericolo d'inquinamento, almeno ad arginare le proporzioni, è senza alcun dubbio l'International Maritime Organization (IMO) che è l'Agenzia delle Nazioni Unite, specializzata nel campo marittimo. E' nata da una Convenzione adottata dalla Conferenza delle N.U. tenutasi a Ginevra nel maggio 1948.

Benché all'atto della sua costituzione, l'ambito di operatività dell'I.M.O. fosse strettamente limitato (nella Convenzione costitutiva ad esempio, non si accennava minimamente all'inquinamento marino, anche perché, a quel tempo, il problema non aveva ancora assunto quella drammaticità che ora gli riconosciamo), si giunse in seguito ad interpretarne in senso lato lo statuto esistente.

Nel 1975 diversi emendamenti alla Convenzione costitutiva modificarono i fini dell'organizzazione, includendovi l'incoraggiamento all'«adozione generale dei più alti standard nelle materie relative...alla prevenzione ed al controllo dell'inquinamento marino da navi, ed alla trattazione dei suddetti problemi di carattere legale».

L'organo dell'I.M.O. specializzato in materia di inquinamento marino è il Marine Evironment Protection Committee (M.E.P.C.), nato nel 1973. Tra gli scopi ad esso riservati risultano l'adempimento di tutte le funzioni attribuite all'I.M.O. delle numerose Convenzioni relative alla «Marine Pollution»; la promozione, l'acquisizione e la divulgazione presso gli Stati di informazioni e conoscenze tecnico-scientifiche in materia; lo sviluppo della cooperazione con le organizzazioni a carattere regionale; ed infine la sottoposizione al Consiglio di progetti di regolamentazioni volte alla prevenzione ed al controllo dell'inquinamento del mare da parte delle navi. Nella pratica tuttavia, l'I.M.O. non dispone di alcun potere normativo, per cui il suo ruolo principale consiste nella predisposizione di progetti di Convenzioni Internazionali e nella organizzazione delle conseguenti Conferenze diplomatiche.

Per quel che concerne l'imponente lavoro svolto in questi anni, ricordiamo, ora brevemente, il suo contributo nella realizzazione di quelle Convenzioni, riguardanti direttamente l'inquinamento marino, quali ad esempio: la OILPOL 1954, la MARPOL 1973, la L.D.C. 1972 (DUMPING), la INTERVENTION 1969, assieme all'INTERVENTION PROTOCOL del 1973 e soprattutto la C.L.C. del 1969 e la FUND del 1971.

Meritano altresì di essere menzionate alcune altre Convenzioni, alla cui stesura e adozione l'I.M.O. ha attivamente preso parte, che hanno avuto il merito di contribuire, pur se indirettamente, a prevenire l'inquinamento marino da navi: e cioè la Convenzione di Londra del 1960 e 1974 (SOLAS) “per la salvaguardia della vita in mare”; la Convenzione di Londra del 1972 sulle “regole Internazionali per prevenire gli abbordi in mare” (COLREG); la Convenzione Internazionale di Londra del 1966 sulle “linee di massimo carico e bordo libero" (LOAD LINE) e la Convenzione di Londra del 1969 sulla “stazzatura delle navi” (TONNAGE).

 

Torrey Canyon - Scogliere della Cornovaglia 1967

 


[1] Indubbiamente va affermandosi una concezione integrale e complessiva dell'intero compendio naturalistico si cerca di superare la «compartimentazione» con cui venivano trattati i problemi. In questa ottica si è superata la concezione settoriale della questione e si è smesso di considerare la tutela dell'ambiente sotto gli aspetti separati di tutela del paesaggio, di tutela dei centri storici o di tutela dei parchi naturali o florifaunistici. Si è fatta strada l'opinione che non fosse neppure sufficiente considerarla in funzione della sola difesa dall'inquinamento e delle problematiche della difesa del suolo e dell'urbanistica, ma in un'ottica molto più totalizzante ed omogenea.

 

OILPOL 1954

La cooperazione internazionale in materia di protezione dell'ambiente marino ha visto, nel volgere di pochi anni, la nascita di numerose regole alcune delle quali di portata storica. Una tra queste è stata certamente OILPOL 1954

Il primo passo, a livello internazionale, nella lotta all'inquinamento da idrocarburi, venne compiuto con la Convenzione di Londra del 12 maggio 1954 (entrata in vigore il 26 luglio 1956), e conosciuta con il nome di «OILPOL 1954», modificata, poi nel 1962 ed emendata nel 1969 e 1971.

Scopo primario di questa Convenzione era di vietare in maniera categorica la discarica volontaria di idrocarburi o miscele di idrocarburi, derivante dalle operazioni di lavaggio cisterne o da imperfette operazioni di carico e scarico, al di fuori delle condizioni previste.

Per la OILPOL 1954 erano considerati idrocarburi: il petrolio greggio, l'olio combustibile, l'olio diesel pesante e l'olio lubrificante; mentre una «miscela oleosa» era considerata tale quando il contenuto di idrocarburi superava le 100 parti per milione (p.p.m.).

La Convenzione disponeva inoltre che la discarica di quanto sopra doveva avvenire il più lontano possibile dalla terraferma per le navi diverse dalle petroliere e ad oltre 50 miglia dalla terraferma più vicina per le navi cisterna.

Merito della OILPOL 1954 fu la previsione e la predisposizione di uno speciale «Registro degli Idrocarburi» (Oil Record Book), per tutte le navi adibite al trasporto di idrocarburi o che utilizzassero gli stessi come combustibile e in cui dovevano essere annotate tutte le operazioni effettuate nonché le eventuali discariche in mare, anche se avvenute accidentalmente. Tale documento doveva essere esibito, quando richiesto, alle Autorità di un qualsiasi Stato contraente.

La OILPOL 1954 stabilì inoltre che le violazioni al dispositivo fossero punite dallo Stato di bandiera, precisando successivamente che le sanzioni pecuniarie per le violazioni al di fuori delle acque territoriali, fossero comminate in misura tale, da scoraggiare i contravventori, e non fossero inferiori a quelle previste per violazioni commesse avvenuta all'interno delle acque territoriali.

Alla OILPOL 1954, va il merito di essere stata la prima Convenzione ad occuparsi del sempre crescente problema dell'inquinamento marino e della conseguente irreversibile alterazione dell'ambiente.

 

CIVIL LIABILITY CONVENTION (C.L.C.)

Il 1969 vide la nascita di due importanti Convenzioni riguardanti principalmente gli aspetti assicurativo e giuridico per danni conseguenti ad inquinamento, infatti il 29 novembre di quell'anno furono sottoscritte a Bruxelles la «Convenzione Internazionale sulla responsabilità civile per danni conseguenti ad inquinamento da idrocarburi» (C.L.C.), e la «Convenzione sull'intervento in alto mare in caso di incidente che comporti o possa comportare un inquinamento da idrocarburi» (INTERVENTION CONVENTION).

La C.L.C., è entrata in vigore internazionalmente il 29 giugno 1975, mentre è stata ratificata dall'Italia con Legge 6 aprile 1977, n.185 ed è entrata in vigore il 28 maggio 1979, a seguito del deposito dello strumento di ratifica.

Questa Convenzione riguarda tutte le «seagoing vessel» di qualunque tipo, purché trasportino effettivamente oil alla rinfusa come carico, e si applica esclusivamente ai danni da inquinamento avvenuti sul territorio (ivi compreso il mare territoriale) di uno Stato contraente nonché alle misure preventive messe in atto dagli Stati e destinate ad evitare o ridurre tali danni, anche se la nave inquinante batte bandiera di uno Stato non contraente.

Ai fini di questa convenzione, fatte salve le specifiche esclusioni, solo il proprietario della nave può essere considerato responsabile dei danni da inquinamento conseguenti ad una fuga o discarica di idrocarburi dalla propria nave a seguito di incidente.

La C.L.C. prevede inoltre che il proprietario di una nave immatricolata in un Paese contraente e che trasporti più di 2000 tonnellate di idrocarburi è tenuto a provvedere una assicurazione od altra garanzia finanziaria per coprire la propria responsabilità per danni da inquinamento. Detta copertura assicurativa (o garanzia finanziaria equivalente) deve essere comprovata da un certificato che ne attesti la validità[1].Il certificato deve essere tenuto a bordo della nave per poter essere esibito a richiesta delle competenti Autorità, mentre copia dello stesso deve essere depositato presso l'Ufficio di iscrizione della nave

 


[1] In genere la garanzia finanziaria  viene fornita dai «P & I Clubs» (Protection and Indemnity) in aggiunta ed a complemento delle altre responsabilità e rischi ricadenti sugli armatori e/proprietari delle navi durante l'effettuazione delle loro attività. In altre parole i «P & I Clubs» coprono i rischi attinenti alla ampia sfera di responsabilità armatoriali, garantendo all'armatore stesso protezione contro i reclami dei terzi ed indennizzandolo per gli eventuali oneri che egli avesse sostenuto.

 

FUND CONVENTION

Dopo solo due anni dalla sottoscrizione delle due Convenzioni C.L.C. e INTERVENTION CONVENTION, il 18 dicembre 1971 fu firmata, ancora una volta a Bruxelles, la «Convenzione Internazionale sulla creazione di un Fondo Internazionale per il risarcimento dei danni conseguenti ad inquinamento da idrocarburi».

La Fund Convention è entrata internazionalmente in vigore il 16 ottobre 1978, mentre in Italia è entrata in vigore il 28 maggio 1979, a completamento dell'iter avviatosi con la ratifica avvenuta con Legge 6 aprile 1977, n.185. La «Fund» è complementare alle C.L.C.1969, e lo scopo della convenzione è di consentire un completo indennizzo a coloro che subiscano danni da inquinamento causati da navi, senza tuttavia gravare ulteriormente sugli armatori. La Fund opera in maniera aggiuntiva alla C.L.C.1969 ed interviene solo quando l'entità del danno supera il limite di responsabilità previsto da quest'ultima Convenzione. Il finanziamento del «Fondo» è garantito mediante il pagamento di una quota annua da parte dei soggetti o persone giuridiche che, in uno Stato parte della Convenzione stessa, abbiano ricevuto più di 150.000 tonnellate di greggio o di fuel oil in un anno di calendario.

Nei casi in cui non si applica la C.L.C. e, conseguentemente la FUND, si possono applicare accordi privati, denominati «Tovalop» (Tanker Owners Voluntary Agreement concerning Liability for Oil Pollution) e «Cristal» (Contract Regarding an Interim Supplement to Tanker Liability for Oil Pollution) creati dalle più importanti compagnie petrolifere del mondo nella loro qualità di armatori di navi cisterna o di proprietari del greggio da queste trasportato.

CONVENZIONE di BARCELLONA (1976)

La Convenzione di Barcellona del 16 febbraio 1976 si prefigge di prevenire e combattere le diverse forme di inquinamento da sostanze od energie nocive, derivanti dalle operazioni di scarico effettuate da navi o aerei, dalle esplorazioni e dallo sfruttamento della piattaforma continentale e del sottosuolo, nonché dagli scarichi provenienti dalla terraferma (fiumi, stabilimenti costieri, ecc.), limitatamente al Mar Mediterraneo.

La «Convenzione sulla salvaguardia del mar Mediterraneo dall'inquinamento», adottata a Barcellona il 16 febbraio 1976 da Italia, Francia, Monaco, Spagna, Israele, C.E.E., Egitto, Libano, Malta, Siria, Tunisia e Jugoslavia (altri Stati firmatari Cipro, Grecia, Marocco e Turchia).

Ai fini della Convenzione con «Mar Mediterraneo» si intende le acque marittime del Mediterraneo propriamente detto e dei golfi e mari che esso racchiude tra il meridiano che passa per il faro di Capo Espartel all'entrata dello Stretto di Gibilterra (limite occidentale) ed il limite meridionale dello Stretto dei Dardanelli.

La Convenzione di Barcellona è integrata da quattro protocolli, due dei quali sono dedicati, rispettivamente, agli scarichi operati da navi o aeromobili ed alle situazioni critiche di emergenza.

  • Protocollo del 16 febbraio 1976, sugli scarichi da navi ed aeromobili e sulle situazioni critiche di emergenza;
  • Protocollo del 17 maggio 1980, sulle sorgenti di inquinamento da terra;
  • Protocollo del 3 aprile 1982, sulle aree specialmente protette.

Da un esame del primo protocollo, all'articolo 3, si rileva che per «scarico» deve intendersi tutto ciò che deliberatamente è gettato in mare, rifiuti o altre materie, da navi e aeromobili comprendendo inverosimilmente l'affondamento della nave o dell'aeromobile.

Il primo Protocollo esamina e regolamenta dettagliatamente le immissioni dovute alle operazioni di scarico effettuate da navi e aeromobili e, più particolarmente, il getto di rifiuti veri e propri. Gli Stati contraenti, tramite le Autorità preposte (in Italia saranno i Capi dei Compartimenti Marittimi), dovranno attenersi alla dettagliata regolamentazione in materia rispettando il divieto assoluto di autorizzare lo scarico nel Mediterraneo di rifiuti o materie elencati nell'art. 1 (materie plastiche persistenti, petrolio grezzo ed idrocarburi, rifiuti radioattivi così come definiti dall'Agenzia Atomica Internazionale, mercurio, ecc.), mentre la discarica di rifiuti elencati nell'Allegato II (arsenico, piombo, rame, zinco, pesticidi, ecc.) sarà soggetta ad un preventivo permesso specifico.

Le norme si applicano, come anzidetto, sia ai vettori marittimi che a quelli aerei: si parla di «dumping» nell'accezione di :

  1. scarico intenzionale in mare di rifiuti o di altre sostanze da parte di vettori marittimi o aeromobili;
  2. ogni intenzionale eliminazione in mare di vettori marittimi o aeromobili.

Le perdite, lo scarico volontario in mare e lo scarico accidentale da vettori marittimi sono le cause principali di alterazioni ambientali. Ne consegue che la navigazione, intesa come insieme di tecniche di trasporto mediante vettori, e il trasporto marittimo costituiscono campi di interesse internazionale.

L’importanza di tale Convenzione risiede soprattutto nella parte dedicata alla struttura organizzativa creata  al fine di conseguire le summenzionate finalità di cooperazione. Sotto tale profilo una particolare attenzione è stata rivolta alla raccolta ed allo scambio di dati e informazioni fra gli Stati costieri della Regione, all’assistenza in materia agli Stati stessi e, infine, alla promozione di appositi corsi che mirino a formare  personale esperto nella lotta agli inquinamenti.   

Le parti contraenti della Convenzione di Barcellona hanno affidato le funzioni di segretariato all’UNEP (United Nation Environment Program), il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, con sede a Ginevra mentre, con un ulteriore Protocollo, è stato  istituito  il Centro Regionale Mediterraneo per gli interventi di urgenza contro l’inquinamento marino (REMPEC - Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea), con sede a Malta. Tale Centro, fra l’altro, qualora una situazione di inquinamento assuma contorni di un certo rilievo per l’area del Mediterraneo, deve essere messo al corrente della situazione in atto con un dettagliato messaggio, il POLREP, originato, in Italia, dal C.O.A. di Difmar il quale deve provvedere, altresì, a comunicare periodicamente i relativi aggiornamenti.

Va sottolineato che nel corso dei lavori che hanno portato alla stipula della Convenzione di Barcellona è stato sottoscritto, fra i Paesi del Mediterraneo, il «Piano d’Azione del Mediterraneo» (P.A.M.), promosso dall’ONU, al quale ha aderito anche l’Unione Europea. Tale Piano è stato predisposto proprio al fine di accentuare gli sforzi per la completa e piena applicazione di quanto previsto dalla suddetta Convenzione, mirando ad uniformare e coordinare le azioni poste in essere, in materia di antinquinamento, dagli Stati interessati.  

La Convenzione à stata ratificata dall'Italia con la Legge n. 30 del 21 gennaio 1979, col titolo di "Convenzione per lo protezione dell'ambiente marino e delle zone costiere del Mediterraneo", allo stato attuale la Convenzione è stata resa esecutiva con Legge 27.05.1999, n. 175 recante "Ratifica ed esecuzione dell'atto finale della Convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo dall'inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona il 9-10 giugno 1995”.

Nel suo testo emendato, la Convenzione ha cambiato titolo divenendo "Convenzione per la protezione dell'ambiente marino e le regioni costiere del Mediterraneo". L'ambito di applicazione geografica della stessa è stato esteso fino a comprendere le acque marine interne del Mediterraneo (ossia le acque interne dei singoli stati, poste all'interno delle linee di base del mare territoriale) e le aree costiere come definite da ogni parte contraente entro il proprio territorio.

La Convenzione, così come modificata, ha mantenuto la sua natura di quadro programmatico di riferimento, la cui attenzione deve essere realizzata mediante l'adozione di specifici protocolli che concretizzino i principi in essa enunciati, con riguardo alle diverse forme di inquinamento. Nel suo contenuto di base, la Convenzione ribadisce, applicandole su sede regionale, le principali idee affermatevi in seno alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo (UNICED), tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992, introducendo i seguenti principi:

  1. principio di precauzione, in virtù del quale quando vi e una minaccia di un danno serio e irreversibile, la mancanza di una piena certezza scientifica non deve essere utilizzata come motivo per rinviare l'adozione di misure a! fine di prevenire la degradazione dell'ambiente;
  2. principio di chi inquina risarcisce (polluter-pays principlel), per stimare il ricorso a tecnologie e produzioni pulite ed a misure per ridurre il rischio di , incidenti;
  3. gestione integrata delta zona costiera, tenendo conto delle zone di particolare interesse ecologico e paesaggistico e dell'utilizzazione razionale delle risorse naturali.

AI fine di realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, le parti contraenti tenevano in debito conto le raccomandazioni della «Commissione Mediterranea per lo sviluppo sostenibile» (nuovo Organo creato nel quadro del Piano di azione per il Mediterraneo).

Oltre ad un obbligo generale di intraprendere le dovute azioni per prevenire, combattere ed eliminare l'inquinamento del Mediterraneo e proteggere l'ambiente marino di quest'area al fine di contribuire al suo sviluppo sostenibile, grava sulle fonti contraenti l'impegno di stabilire, in stretta collaborazione con gli organismi internazionali competenti, programmi complementari o comuni per il monitoraggio dell'inquinamento nelle aree sottoposte alla loro giurisdizione nazionale. Infine, le parti contraenti si impegnano a cooperare, direttamente o per il tramite di organizzazioni scientifiche o tecniche, anche attraverso lo scambio di dati ed informazioni e sono tenute a trasmettere all'Organizzazione, rapporti sulle misure amministrative e legislative adottate.

  • Protocollo di emergenza

Contestualmente alla Convenzione di Barcellona venne approvato il Protocollo per la cooperazione nella lotta operativa all'inquinamento del Mediterraneo causato da petrolio e da altre sostanze pericolose in situazioni d'emergenza (Protocollo di Emergenza) quale strumento giuridico che vincola le parti a cooperare per adottare le misure necessarie in caso di grave ed imminente pericolo per l'ambiente marino causato da inquinamenti da petrolio o altre sostanze pericolose. L'art. 2 del sopra citato Protocollo, prevede che le parti si impegnino a mantenere e a promuovere i propri piani di intervento e i relativi mezzi, specificatamente equipaggiati con personale qualificato da far intervenire in caso di emergenza.

Il suddetto Protocollo, inoltre, individua un Centro Regionale, istituito a Malta, quale centro di coordinamento e controllo per la prevenzione e la lotta all'inquinamento nel Mediterraneo (REMPEC). Lo stesso Protocollo prevede, inoltre, l'eventuale costituzione di centri sub-regionali cui si applicheranno le disposizioni relative al Centro regionale, tenuto conto degli specifici obiettivi, delle relative funzioni e dei legame col suddetto Centro.

LONDON DUMPING CONVENTION 1972

Questa Convenzione regola l’attività di discarica volontaria in mare di rifiuti o sostanze nocive provenienti da altri luoghi (dumping) inserendo, sia gli uni che gli altri, a seconda della loro pericolosità, in tre distinti gruppi (vedi All. A).

In particolare, per le sostanze rientranti nel «I gruppo» (c.d. Blak List) è previsto l’assoluto divieto di discarica  mentre, per i rimanenti gruppi, la discarica è assoggettata al rilascio di apposita autorizzazione.

In Italia, in base alla legge 24.12.1979 (che ha recepito la normativa internazionale in materia di dumping) e ad un più recente D.M. del '96, competente al rilascio della suddetta autorizzazione è il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare o, in caso di comprovata urgenza, il Capo del Compartimento Marittimo competente per territorio: va detto che, di fatto, il suddetto Dicastero non rilascia mai autorizzazioni per la discarica di sostanze rientranti nel II dei suddetti gruppi (c.d. Lista Grigia).

E’ importante rilevare che la competenza autorizzativa degli Stati contraenti  prevista da tale Convenzione riguarda tutte le navi, anche straniere, purchè caricate nel territorio nazionale nonchè le navi di propria bandiera caricate in Stati che non siano parte della Convenzione stessa.

 

MARPOL

Al fine di porre rimedio alle carenze normative della precedente Convenzione OILPOL 1954 e di fronteggiare in maniera concreta il problema dell'inquinamento marino, nell'ottobre del 1973 venne convocata a Londra una nuova Convenzione Internazionale per la prevenzione dell'inquinamento da navi MARPOL 1973 (Marine Pollution Convention). Stipulata a Londra il 2 novembre 1973 è entrata in vigore solo il 2 ottobre 1983, dopo che le condizioni (ossia 12 mesi dopo la ratifica da parte di almeno 15 Stati, che rappresentassero il 50% del tonnellaggio mercantile mondiale) si erano realizzate, a seguito delle ratifiche dell'Italia e della Grecia avvenute il 2 ottobre 1982.

La MARPOL può essere considerata un vero e proprio «codice» del mare. Essa nasce dall'esigenza di proteggere l'ambiente marino, prendendo atto che gli scarichi sia di natura accidentale che di natura dolosa oppure colposa di idrocarburi ed altre sostanze nocive da parte di navi costituiscono una  grave fonte di inquinamento. Scopo della MARPOL è appunto di regolarne gli sversamenti fissando le modalità di scarico di tutti gli effluenti possibili delle navi e stabilendo delle «zone speciali» di mare ove esiste il divieto di scarico o ove lo stesso è disciplinato con norme più restrittive rispetto alle altre zone di mare.

Le norme contenute nella convenzione si applicano alle navi che sono autorizzate a battere la bandiera di uno Stato parte della Convenzione e alle navi non autorizzate ma che operano sotto l'Autorità di tali parti. Non è applicabile, invece, né alle navi da guerra, né alle altre navi appartenenti ad uno Stato o gestite da tale Stato fintantoché quest'ultimo le utilizzi esclusivamente per servizi governativi e non commerciali. Questa fondamentale fonte pattizia (resa esecutiva in Italia con la Legge 662/80), che ha colmato le vistose lacune mostrate dalla Convenzione “Oil Pol 1954”, è stata ampiamente aggiornata con un «Protocollo» redatto a Londra nel 1978 a seguito della Conferenza T.S.P.P. (Tanker Safety Pollution Prevention), dedicata alla sicurezza delle navi cisterna ed alla prevenzione dell’inquinamento del mare. E’ proprio per l’importanza rivestita dalle modifiche apportate da tale Protocollo, soprattutto in materia di prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi, che spesso si parla, nella pratica, di Marpol 73/78.

La Convenzione in esame ha introdotto una dettagliata normativa diretta ad eliminare, ridurre e prevenire l’inquinamento marino derivante dall’immissione volontaria o accidentale di tutte le sostanze che siano in grado di nuocere o mettere in pericolo la salute umana, le risorse biologiche, le bellezze naturali e, in generale, le attività connesse con i legittimi usi del mare.

Con la Marpol, come si è accennato in precedenza trattando della Convenzione di Montego Bay, è stato altresì superato il principio, affermato in precedenza dalla Convenzione “Oilpol 54”, della sottoposizione della nave all’ordinamento giuridico dello Stato di bandiera : infatti, venne sancito per la prima volta, il diritto dello Stato costiero di sanzionare direttamente le violazioni della normativa antinquinamento perpetrate, all’interno delle proprie acque territoriali, da unità di bandiera estera.

In alternativa a tale attività sanzionatoria “diretta” o quando le disposizioni della presente Convenzione vengano violate al di fuori delle acque di giurisdizione di uno Stato contraente, lo Stato di bandiera dovrà essere informato dell’infrazione e delle prove a supporto della stessa in modo tale da poter agire in applicazione di quanto previsto dalla propria normativa sanzionatoria: in questo caso, come si è detto in precedenza, allo Stato che ha fornito le informazioni e le prove dovranno essere comunicate  al più presto le misure sanzionatorie adottate.       

La Marpol si compone, oltre che del succitato Protocollo del ‘78, di una prima parte (contenente disposizioni di carattere generale), di due Protocolli (riguardanti, rispettivamente, l’invio dei rapporti sugli eventi e l’arbitrato) e, infine, di 7 (sette) Allegati che, per l’importanza rivestita, meritano un cenno particolare.

  • Allegato I : contiene norme relative alla prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi ed è stato aggiornato in modo sostanziale dal più volte citato Protocollo del 78 e da emendamenti adottati in sede I.M.O. (International Maritime Organization).

Con tale Allegato (entrato in vigore, nel nostro Paese, nel 1983) sono stati fissati i limiti e le modalità di discarica in mare delle miscele oleose e sono state, altresì, individuate ben sette «Aree Speciali» (Mar Mediterraneo, Mar Baltico, Mar Nero, Mar Rosso, Zona dei Golfi, Golfo di Aden e Antartide), all’interno delle quali tale discarica è assoggettata a particolari restrizioni.

In particolare, la  regolamentazione dello scarico in mare di olio proveniente dalle cisterne del carico di una nave petroliera è quella riassunta nella tabella in All. B mentre, per quanto riguarda la discarica in mare delle acque di sentina delle petroliere (di qualsiasi stazza) e delle navi diverse dalle petroliere di stazza lorda uguale o superiore a 400 tonnellate, è previsto che l’unità debba navigare in rotta ed essere dotata di un separatore acqua/olio (con automatismo di “Stop”) che mantenga il contenuto di olio nell’effluente non superiore alle 15 parti per milione (p.p.m.). 

Di rilievo sono poi le disposizioni riguardanti il «sistema di zavorramento». La “norma 13” prevede, infatti, che le navi petroliere nuove (vale a dire quelle il cui contratto di costruzione sia stato stipulato dopo il 31.12.75 o, in mancanza di contratto, la cui chiglia sia stata impostata dopo il 30.6.76) di portata lorda uguale o superiore a 70.000 tonnellate debbano essere munite di idonee cisterne destinate a contenere esclusivamente zavorra (SBT - Segregate Ballast Tanker): ciò al fine di prevenire quella che, soprattutto in passato, costituiva una delle fonti principali di inquinamento marino, vale a dire la discarica in mare delle acque di zavorra “sporca” (in quanto frammista a residui del carico trasportato in precedenza).

Per questo stesso motivo, la “norma 14” prevede il divieto di trasportare zavorra in una qualsiasi delle cisterne per combustibile liquido a bordo di navi petroliere nuove di stazza lorda uguale o superiore a 150 tonnellate ovvero uguale o superiore a 4.000 tonnellate se si tratta di navi diverse dalle petroliere.

Va aggiunto che con il  summenzionato Protocollo del '78 sono stati  fissati anche i requisiti che devono possedere le navi petroliere per poter effettuare il lavaggio delle cisterne con greggio (C.O.W. : Crude Oil Washing): è questo un’efficace sistema di lavaggio che consente di ovviare agli inconvenienti che, sotto l’aspetto sia della sicurezza che dell’inquinamento, derivavano  dall’utilizzo a tal fine di acqua. Inoltre, il C.O.W., seguito da un risciacquo della cisterna con acqua, consente di imbarcare all’interno della cisterna acqua di zavorra che (come specificato nella nota della tabella in All. B) viene considerata “pulita” e, come  tale, non soggetta a restrizioni per lo scarico in mare.

Sempre sotto il profilo della prevenzione va rilevato che in sede I.M.O. sono stati adottati degli emendamenti, entrati in vigore nel 1993, i quali  prevedono che le navi petroliere nuove (vale a dire quelle il cui contratto sia stato stipulato dopo il 6.7.'93 o, in mancanza di contratto, la cui chiglia sia stata impostata dopo il 6.1.'94) di portata lorda uguale o superiore a 5.000 tonnellate debbano essere costruite con doppio scafo o con mid deck  (ponte intermedio) mentre  quelle di portata lorda uguale o superiore a 600 tonnellate ma inferiore a 5.000, debbano essere munite almeno di  “doppio fondo”.

Per le navi cisterna esistenti (realizzate, cioè, prima delle suddette date) di portata lorda uguale o superiore a 20.000 tonnellate, se adibite al trasporto di greggio, o a 30.000 tonnellate, se adibite al trasporto di prodotti petroliferi, i summenzionati emendamenti prevedono, per quelle realizzate prima del 1982 (c.d. navi pre-Marpol), la realizzazione del doppio scafo entro il 25 Z anno dalla data di consegna mentre, per quelle realizzate dopo il 1982 (c.d. “navi Marpol”),  entro il 30 Z anno, sempre a decorrere dalla data di consegna.

  • Allegato II : ha ad oggetto il controllo dell’inquinamento da sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa ed è entrato in vigore il 06.4.87.

In particolare questo Allegato, nella prima delle cinque Appendici in cui risulta suddiviso, fissa i criteri per la classificazione di tali sostanze in una delle quattro categorie (A - B - C  o  D) individuate in considerazione del livello di  gravità del rischio e della serietà del danno che , nel caso di discarica in mare derivante dalle operazioni di pulizia delle cisterne o dallo scarico della zavorra, può essere arrecato all’ambiente marino, alla salute umana ed alle attrattive dei luoghi.

In base a tali criteri, le sostanze più pericolose sono quelle inserite nella categoria A, mentre quelle rientranti nelle altre tre categorie presentano una pericolosità/dannosità via via decrescente. Proprio in relazione a tali categorie vengono fissati i limiti e le modalità di discarica in mare dei residui, delle acque di lavaggio e delle acque di zavorra, al di fuori ed all’interno delle tre “Aree Speciali” (Mar Baltico, Mar Nero e Antartico).

La successiva Appendice II^ contiene, invece, una lista dei prodotti liquidi nocivi trasportati alla rinfusa, per ciascuno dei quali vengono indicati la categoria di appartenenza (A - B - C o D) e il c.d. «U.N.number» (numero Nazioni Unite), assegnato, quest’ultimo, dallo speciale Comitato di Esperti delle Nazioni Unite che si occupa della catalogazione di tutte le merci pericolose attualmente in commercio.

Va rilevato che la materia del trasporto alla rinfusa di merci pericolose allo stato liquido e di prodotti chimici allo stato gassoso, risulta regolata oltre che dalle disposizioni  dell’Allegato II  e dalle numerose Risoluzioni adottate in sede I.M.O., anche  dal D.P.R. n.50 del 04.02.84 (intitolato “Norme tecniche particolari per la costruzione ed equipaggiamento delle navi adibite al trasporto di prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa”) e da una Circolare Ministeriale (la n. 340364 del 31.03.1970) emanata dall’allora Ministero della Marina Mercantile.

Più precisamente, il suddetto D.P.R. si applica al trasporto di quei prodotti chimici liquidi rientranti negli elenchi allegati a due Decreti Ministeriali, datati entrambi 09.3.84  e pubblicati nel Suppl. Ord. alla G.U. n.94 del 04.4.84.

  • Allegato III : è entrato in vigore l’ 1.7.92 ed  è dedicato alla prevenzione dell’inquinamento da sostanze nocive trasportate per mare in colli o in contenitori, in cisterne o in vagoni stradali o ferroviari.

Va precisato che di tale tipo di trasporto si occupa, nel nostro ordinamento, anche il D.P.R. 1008 del 09.5.1968, con il quale è stato approvato il “Regolamento per l’imbarco, trasporto per mare, sbarco e trasbordo delle merci pericolose in colli”.

Una particolare attenzione è stata dedicata, sia dalle norme di tale Regolamento, sia da quelle dell’Allegato III alla Marpol, al modo in cui deve essere predisposta e redatta la documentazione che deve accompagnare la spedizione ed il trasporto delle sostanze nocive. E’ previsto, infatti, che i  documenti d’imbarco preparati dallo spedizioniere marittimo debbano includere o essere accompagnati da un certificato o da una dichiarazione firmata (“I.M.O. dangerous goods declaration”) attestante che il carico da trasportare è correttamente imballato, marcato ed etichettato e che lo stesso si trova nelle condizioni previste al fine di ridurre al minimo i pericoli che il suo trasporto può comportare per l’ambiente marino.

Vengono, inoltre, fissati i massimi quantitativi di sostanze nocive trasportabili, le modalità da seguire per un sicuro imballaggio e i dati da inserire nell’etichetta utilizzata per contrassegnare i contenitori. In particolare, il succitato  D.P.R., così come la Reg.4 dell’Allegato III alla Marpol, prevede che tutti i colli debbano essere contrassegnati ed individuati con la denominazione tecnica, e non solo commerciale, della sostanza contenuta e, inoltre, che gli stessi debbano risultare muniti, in modo ben visibile, di una o più etichette (fatte in modo da resistere per tre mesi immerse in mare) conformi ai modelli approvati con apposito D.M. (vedi All. C).

  • Ad esempio, i colli contenenti prodotti che siano “Marine Pollutant” devono essere contrassegnati da un’etichetta triangolare bianca con disegnato un pesciolino sovrastato da una croce.

Con l’Allegato III, a differenza dei due precedenti, non sono state dichiarate Aree Speciali, anche perchè il gettito dei colli contenenti le suddette sostanze è consentito solo ed esclusivamente per garantire la sicurezza della nave e/o per la salvaguardia della vita umana in mare.

Sempre con riferimento al trasporto di merci pericolose in colli, non può non essere fatta rilevare l’importanza, per lo sviluppo della normativa esistente in materia, degli  studi svolti sinergicamente da un Comitato di Esperti dell’ONU (United Nation Committee) e da un gruppo di lavoro incaricato dall’allora I.M.C.O. (l’attuale I.M.O.), sulla “scia”  della Conferenza sulla SOLAS svoltasi a Londra nel 1960.

L’attività del suddetto Comitato di Esperti dell’ONU portò alla redazione di liste nelle quali a ciascuna sostanza pericolosa veniva attribuito un “numero di riferimento” (l’ “U.N. number” visto in precedenza) mentre, i lavori del gruppo incaricato dall’IMCO diedero vita all’IMDG Code (International Maritime Dangerous Goods Code) nel quale sono state codificate tutte quelle merci (comprese quelle individuate dal  sopra citato Gruppo di Esperti dell’ONU) che, a causa delle loro caratteristiche, rappresentano un potenziale pericolo per il trasporto via mare. In particolare, tale Codice (approvato da un sottocomitato dell’I.M.O., il Maritime Safety Committee), sulla base di criteri inerenti lo stato fisico e il tipo di pericolosità preminente (nocività, infiammabilità, etc.), individua nove classi di merci pericolose (dall’1 al 9), prevedendo le relative modalità di imballaggio e riportando,  nell’indice generale, il nome tecnico delle singole merci ed i corrispondenti “U.N. numbers”.

All’IMDG Code sono altresì allegate delle “schede di emergenza o di sicurezza” (safety data sheet) contenenti tutti i dati necessari sia per una corretta ed immediata identificazione del prodotto, sia per fronteggiare le eventuali situazioni  di pericolo che possono verificarsi  durante il trasporto di ogni singola merce codificata. A tal fine l’IMDG Code indica, per ogni singola merce, un numero di identificazione “MFAG” (Medical First Aid Guide for use in accidents involving dangerous goods) ed un numero “EMS” (Emergency procedure for ships carrjng dangerous goods).

La summenzionata classificazione delle merci pericolose, è stata ripresa dal sopra citato D.P.R. 1008 del 09.5.68 il quale, in analogia al criterio seguito dall’IMDG Code, ha raggruppato le merci pericolose in nove “Classi” (vedi All.C), alcune delle quali (la 4, la 5 e la 6), suddivise in sottoclassi.

Per ciascuna di tali Classi, l’allora Ministero della Marina Mercantile ha emesso  dei Decreti con i quali vengono fissati i requisiti tecnici che l’imballaggio deve possedere per il trasporto via mare, le modalità per lo stivaggio e le procedure che devono essere seguite per conseguire il rilascio delle relative autorizzazioni da parte dell’Autorità Marittima e per il trasbordo e/o lo sbarco in sicurezza del carico. A ciascuno di tali Decreti Ministeriali sono allegati gli elenchi delle merci pericolose ammesse al trasporto marittimo in colli .

Va evidenziato che ogni singola merce pericolosa ricompresa nei suddetti elenchi viene inserita in una tabella ove vengono indicati tutti i dati utili alla precisa identificazione (formula chimica, stato fisico, livello primario e secondario di pericolosità, temperatura di infiammabilità) nonchè i requisiti che deve avere il  relativo imballaggio (tipo, limiti di riempimento o pressione, ecc.) e le specifiche precauzioni da adottare.

Va precisato che la classificazione effettuata con il D.P.R.1008/68 è stata oggetto, negli anni successivi, di aggiornamenti (introdotti mediante varie Circolari e Decreti Ministeriali), resi per lo più necessari dall’esigenza di inserire merci “nuove”, ammesse per la prima volta al trasporto marittimo.    

Sempre con Decreti Ministeriali sono state altresì introdotte disposizioni  particolari relative alla “Classe 9” (identificata dall’ etichetta riprodotta in All.D) nella quale rientrano le merci che non presentano una specifica pericolosità o che, per le loro peculiari caratteristiche, non sono definibili con un solo termine (es. tossico o infiammabile ecc.) o, ancora, che sono oggetto di studi  tendenti a definire le loro proprietà fisiche, chimiche e tossicologiche.

  • Allegato  IV : si occupa della prevenzione dell’inquinamento derivante dalle acque di scarico delle navi ma non è ancora entrato in vigore.
  • Allegato V : in vigore dal 31.12.1988, contiene norme relative alla prevenzione dell’inquinamento da rifiuti solidi provenienti da  navi ed è l’unico che si applica a tutte le unità, anche a quelle militari.

Fissa i divieti, i limiti e le modalità di smaltimento dei rifiuti di bordo in relazione al tipo di rifiuto ed alla distanza dalla costa (vedi All.E).

L’Allegato in parola ha individuato, fra l’altro, otto Aree Speciali (Mar Mediterraneo, Area dei Golfi, Mar Rosso, Mar Baltico, Mar Nero, Mare del Nord, Antartide, Mar dei Caraibi) all’interno delle quali è consentita solo la discarica di rifiuti alimentari a non meno di dodici miglia dalla costa.

Va precisato che allorquando i rifiuti di bordo siano mescolati o composti in parte da  sostanze inquinanti (prodotti chimici, idrocarburi, etc), si applicherà alla fattispecie la normativa più severa.

  • Allegato VI :  tale Allegato, non ancora entrato in vigore, riguarda l’inquinamento derivante dalle sostanze emesse nell’atmosfera dalle navi.

SOLAS 74 (Safety Of Life At Sea)

La SOLAS, oltre a costituire, a livello internazionale, la fondamentale fonte normativa in materia di sicurezza della navigazione, riveste un’importanza non trascurabile anche nel campo della normativa antinquinamento.

Infatti, il relativo Protocollo ‘78, entrato in vigore in Italia il 1° gennaio 1983, è stato adottato a seguito della stessa Conferenza internazionale dedicata alla sicurezza delle navi cisterna ed alla prevenzione dell’inquinamento del mare (T.S.P.P. del ‘78) che ha dato vita anche al Protocollo 78 della Marpol 73.

Inoltre, con gli Emendamenti '83 alla Solas, il Maritime Safety Committee (M.S.C.)  dell’I.M.O ha adottato anche il “Codice Internazionale per la Costruzione e l’Equipaggiamento delle Navi che trasportano sostanze chimiche pericolose alla rinfusa” (IBC Code) ed  il “Codice Internazionale per la Costruzione e l’Equipaggiamento delle Navi che trasportano gas liquefatti alla rinfusa” (IGC Code): di tali Codici torneremo a parlare allorquando tratteremo dei certificati previsti per le unità adibite al trasporto delle suddette sostanze.     

ACCORDI A CARATTERE REGIONALE (1974-1976)

La cooperazione tra paesi economicamente diversificati, come quelli del Mediterraneo, si è resa necessaria fin dall'inizio del processo di costruzione del sistema di Barcellona. Nella fattispecie, essa si è realizzata attraverso forme di cooperazione sub-regionale.

Per quanto concerne l'Italia vanno esaminati:

  • Accordo Italo-Jugoslavo, firmato il 14 febbraio 1974, reso esecutivo con D.P.R. 29.05.1976, n. 992 ed entrato in vigore il 12.04.1977 tra i due Stati contraenti. Tale accordo si esplica in indagini scientifiche, censimento degli scarichi, controllo e sorveglianza di fiumi e di coste, nonché della qualità delle acque che è affidata ad una Commissione paritetica con compiti di studio e di proposta, i cui pareri, tuttavia, non sono vincolanti per gli stati.
  • Accordo Italo-Franco-Monegasco (c.d. RA.MO.GE) relativo alla protezione delle acque e del litorale mediterraneo, firmato a Monaco il 10.05.1976 e ratificato in Italia con legge 24.10.1980, n. 743. Obiettivo dell'accordo e la realizzazione di una stretta collaborazione tra le autorità regionali dei tre paesi al fine di promuovere una zona pilota di lotta contro gli inquinamenti marini lungo la fascia Iitoranea che si estende da Marsiglia a La Spezia. L'accordo RA.MO.GE istituisce una commissione tripartita incaricata di esaminare ogni problema d'interesse comune relativo all'inquinamento delle acque, di favorire la concentrazione tra i competenti servizi nazionali al fine di recensire le zone inquinate, fornire informazioni reciproche sui prospetti di gestione suscettibili di creare rischi d'inquinamento, elaborare studi economici delle infrastrutture e degli equipaggiamenti necessari alla lotta contro l'inquinamento delle acque. Composta dai delegati dei tre governi la Commissione RA.MO.GE. è assistita da un Comitato tecnico di esperti in materia di protezione delle acque. Il Segretario della Commissione è assicurato dal Centro Scientifico di Monaco. Nel 1993, i tre Stati hanno redatto un Piano d'intervento comune che, in caso di inquinamento marino accidentale nella zona RA.MO.GE. (c.d.. Piano RA.MO.GE.), designa le rispettive autorità competenti a coordinare l'azione compiuta e definisce i principi, le procedure e il coordinamento da attuarsi nella lotta contro l'inquinamento marino.
  • Accordo Italo-Greco, firmato a Roma il 6 marzo 1976 e reso esecutivo in Italia con legge 10.07.1982, n. 563, per la protezione del Mar Ionio.

 

CONVENZIONE DI MONTEGO BAY 1982

Di taglio ben più incisivo di quanto abbia fatto la Convenzione di Ginevra del 1956, è l'intervento della Conferenza delle Nazioni Unite sul Diritto del mare, sottoscritta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, in materia di protezione dell'ambiente marino.

Detta Convenzione dedica al problema dell'inquinamento la Parte XII «Protection and Preservation of the Marine Environment», che si compone di ben 46 articoli. In essa vengono dettati, facendo riferimento alle Convenzioni sull'argomento già esistenti, i doveri e gli obblighi degli Stati al fine di ridurre e prevenire, con l'emanazione di leggi interne e, soprattutto, con la loro applicazione concreta, l'inquinamento proveniente dalla terraferma, dall'esplorazione e dallo sfruttamento dei fondi e sottofondi marini, dagli scarichi di rifiuti in mare, dall'esercizio della navigazione e dall'atmosfera.

Va ricordato che, grazie all'istituzione, proprio in questa sede, della Zona Economica Esclusiva (ZEE) estesa 200 miglia, entro la quale lo Stato rivierasco, disponendo di diritti sovrani per lo sfruttamento delle risorse naturali e, soprattutto, per la preservazione dell'ambiente marino, sarà, nel contempo autorizzato ad intervenire per la repressione di eventuali violazioni.

Per le attribuzioni delle competenze specifiche la Convenzione esprime chiaramente la differenza tra Stato di bandiera, Stato del porto e Stato costiero.

  • Allo «Stato di bandiera» vengono demandati i compiti di inchiesta, a prescindere dal luogo in cui si è verificata l'infrazione, nonché l'attribuzione della natura (detentiva o pecuniaria) e dell'entità della sanzione medesima.
  • Allo «Stato del porto» va riconosciuto il diritto di aprire un'inchiesta nei confronti di una nave allorquando questa, trovandosi volontariamente (e pertanto non in ipotesi di forza maggiore) in un suo porto o terminale marino, è responsabile di un'infrazione avvenuta anche fuori delle acque territoriali o della zona economica esclusiva (ZEE).
  • La competenza dello «Stato costiero» è limitata esclusivamente in presenza delle seguenti condizioni:
  1. la nave approdi dopo aver commesso un'infrazione nelle sue acque territoriali o ZEE;
  2. vi siano prove inconfutabili che, pur non entrando in un suo porto, abbia scaricato rifiuti o sostanze inquinanti nell'attraversamento delle sue acque territoriali o della ZEE.

Va tenuto presente che uno Stato diverso da quello di bandiera può irrogare nei confronti delle navi responsabili di violazioni in materia di inquinamento, solo delle «sanzioni pecuniarie», a meno che l'infrazione sia stata commessa nelle sue acque territoriali ed allo stesso tempo costituisca un «volontario e serio atto di inquinamento».

 

CONVENZIONE di LONDRA 2001 (Bunker Oil Convention)

La salvaguardia ambientale è una tema cruciale per garantire uno sviluppo sostenibile su scala globale. Proprio per non deludere le aspettative di miliardi di cittadini del mondo e assicurare un futuro ecologicamente sicuro alle nuove generazioni, i governi mondiali, ciclicamente, cercano di porre in essere iniziative vincolanti e condivise.
Una tra queste è stata certamente la Convenzione di Londra del 2001 (conosciuta come Bunker Oil Convention) sulla responsabilità civile conseguente all'inquinamento marino causato da residui di carburante utilizzato per la propulsione delle navi.
La Convenzione, negoziata presso l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), è entrata in vigore a livello internazionale il 21 novembre 2008. L’Italia ha provveduto alla ratifica della Convenzione, con un disegno di legge approvato in via definitiva il 21 gennaio 2010.
La Convenzione ha colmato un vuoto legislativo nel diritto internazionale, che non prendeva in considerazione l’inquinamento provocato dalla fuoriuscita e dal versamento in mare di petrolio utilizzato per il funzionamento e la propulsione delle navi.
Composta da un preambolo e da 19 articoli, la Convenzione prende in esame tutte le dinamiche relative agli incidenti che causano inquinamento:
  1. responsabilità degli armatori,
  2. campo di applicazione (le navi militari ad esempio sono escluse),
  3. obblighi assicurativi e relativa certificazione di validità i cui Stati contenti s’impegnano ad accertare per le navi che entrano nei loro porti.
Gli ultimi articoli riportano le clausole finali tra le quali quella che disciplina la revisione o la modifica della convenzione che può avvenire mediante una Conferenza ad hoc convocata dall’IMO.
 
► La Convenzione in sintesi
 
  • Obiettivi
La Convenzione mira a garantire un risarcimento congruo, tempestivo ed efficace alle persone che subiscono danni dal versamento di petrolio trasportato dalle navi per il loro funzionamento. Il testo approvato innalza quindi le misure di tutela per tutte le vittime di questo tipo di incidenti.
 
  • Campo di applicazione
Il campo di applicazione della Convenzione (art. 2) riguarda i danni occorsi nel mare territoriale e nelle zone economiche esclusive – o in aree marine equivalenti - di pertinenza degli Stati parti; nonché le misure preventive rispetto a possibili danni da inquinamento, ovunque adottate.
 
  • Danni da inquinamento inquadrati dalla Convenzione
È fondamentale chiarire la nozione di danni da inquinamento ai sensi della Convenzione in esame: essi si definiscono quali perdite o danni causati al di fuori di un natante dall'inquinamento derivato dalla perdita o dallo scarico di carburanti, a condizione che il risarcimento per la compromissione dell'ambiente - fatta esclusione dei mancati profitti da essa eventualmente derivanti - sia limitata ai costi di ragionevoli misure di reintegrazione intraprese o da intraprendere. Della nozione di danni da inquinamento fanno parte altresì i costi delle misure di carattere preventivo, nonché di successive perdite o danni da queste causati.
  • La responsabilità oggettiva
La Convenzione sancisce la responsabilità oggettiva del proprietario della nave (cui sono equiparati il noleggiatore, l’armatore e il gestore) per i danni causati dall’inquinamento, salvo che egli fornisca la prova che il danno si sia verificato per cause di forza maggiore (conflitto armato, insurrezione e simili, catastrofi naturali eccezionali e inevitabili) o sia stato provocato da azione od omissione intenzionale di un terzo, ovvero dalla negligenza di un’autorità pubblica responsabile della manutenzione dei fari o di altri aiuti alla navigazione. Il proprietario della nave e gli altri soggetti elencati possono, altresì, essere esonerati dalla responsabilità, ove dimostrino che il danno sia stato causato, in tutto o in parte, dall’azione dolosa o colposa dello stesso danneggiato.
 
  • L’assicurazione e il certificato
Il fulcro della disciplina dettata dalla Convenzione è contenuto nell’articolo 7, che obbliga il proprietario della nave di stazza superiore a 1.000 tonnellate a sottoscrivere un’assicurazione o un’altra garanzia finanziaria per un importo pari a quello del limite di responsabilità applicabile e, comunque, non eccedente l’importo fissato dalla Convenzione del 1976 sulla limitazione di responsabilità per crediti marittimi. Il certificato relativo è rilasciato dall’autorità competente, che è quella dello Stato Parte di immatricolazione, ove la nave sia qui immatricolata, o, altrimenti, quella di qualsiasi Stato Parte. Il certificato deve contenere i dati essenziali di identificazione della nave e del proprietario, nonché l’indicazione della durata della sua validità, che non può essere superiore a quella dell’assicurazione o della garanzia. Ogni nave deve tenere a bordo il certificato di cui deve essere munita. Ogni Stato Parte non autorizza al commercio navi battenti la sua bandiera e sottoposte agli obblighi stabiliti dalla Convenzione, che non siano munite di certificato di assicurazione; esso è tenuto altresì a vigilare che un’assicurazione o una garanzia corrispondente a quelle sopra descritte copra qualsiasi nave di stazza superiore a 1.000 tonnellate, a prescindere dal suo Stato di immatricolazione, che giunga o lasci un suo porto o un impianto al largo sito nel suo mare territoriale.
 
  • Il risarcimento per danni
Le domande di risarcimento per i danni da inquinamento oggetto della Convenzione possono essere proposte contro l’assicuratore o il prestatore di analoga garanzia, il quale può avvalersi dei mezzi di difesa spettanti al proprietario, incluso il diritto di limitazione di responsabilità, ovvero, qualora tale ultimo diritto non spetti al proprietario, può chiedere di limitare la propria responsabilità all’ammontare dell’assicurazione o della garanzia prestata.
 
 

L' International Maritime Organization (IMO)

L'Organizzazione marittima internazionale, in acronimo IMO (dall'inglese International Maritime Organization) è un' Agenzia autonoma delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i principi e le tecniche della navigzione marittima internazionale, promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto marittimo internazionale rendendolo più sicuro ed ordinato. Lo scopo di questa organizzazione, alla quale aderiscono la quasi totalità degli Stati[1 [2]] [2] [2], è di favorire la diffusione delle informazioni, potenziare la cooperazione tra gli Stati e di formulare regolamentazioni in qualsiasi materia riguardante la navigazione, tutto ciò al fine di migliorare la sicurezza della nave, della navigazione e della vita umana in mare. E' l'unica organizzazione intergovernativa, quindi, che si occupa esclusivamente di questioni marittime. Dalla Convenzione di Ginevra del 6 marzo del 1948 fu istituito l' Intergovernmental Maritime Consultative Organization (IMCO), organizzazione delle Nazioni Unite, con sede a Londra, la quale iniziò la sua attività nel 1959. Il cambio di nome da IMCO ad IMO è avvenuto nel 1982.

La convenzione dell'IMO adottata dai paesi membri prevede degli standars riguardanti le regole per prevenire gli abbpordi in mare (COLREG), gli standard di costruzione e compartimentazione delle navi, nonche le dotazioni antincendio, impiantistiche, di sopravvivenza e salvataggio (SOLAS), la formazione e certificazione del personale marittimo (STCW). Inoltre, l'IMO definisce i protocolli per le indagine sugli incidenti marittimi seguiti dalle Autorità per la sicurezza del trasporto dei paesi firmatari della convenzione sulla navigazione civile internazionale.

► Organi dell'IMO sono:

  • l'Assemblea, composta da rappresentanti di tutti gli Stati membri; organi sussidiari dell'Assemblea sono:
  1. il Maritime Safety Committee
  2. il Maritime Environmental Protection Committee
  • il Consiglio, organo consultivo composto da 24 membri eletti dall'Assemblea; organi sussidiari del Consiglio:
  1. il Legal Committee,
  2. il Facilitation Committee,
  3. il Committee on Technical Cooperation;
  • il Segretariato.

Affiancano l'IMO le seguenti organizzazioni delle Nazioni Unite:

  1. United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD)
  2. United Nations Commission on International Trade Law (UNCITRAL).

Su iniziativa dell'IMO (Convenzione di Londra del 1976) opera, con sede in Londra, la International Maritime Satellite Organization (INMARSAT) che ha lo scopo di favorire il sistema satellitare per le comunicazioni marittime.

► Tra le più importanti Convenzioni Internazionali dell'IMO vanno ricordate:

  • la Convenzione di Londra del 12 aprile 1954, detta "OILPOL 1954", sulla prevenzione dell'inquinamento del mare da idrocarburi;
  • la Convenzione di Londra del 5 aprile 1966, detta "LOAD LINE 1966", sul bordo libero delle navi (linea di massimo carico) che ha ricevuto numerosi emendamenti ed integrazioni;
  • la Convenzione di Londra del 23 giugno 1969, detta "TONNAGE 1969", sulla stazzatura delle navi;
  • la Convenzione di Londra del 20 ottobre 1972, detta "COLREG 1972", sulle regole internazionali per prevenire gli abbordi in mare, la quale ha ricevuto successivi emendamenti;
  • a Convenzione di Londra del 2 novembre 1973, detta "MARPOL 1973", sulla prevenzione dell'inquinamento prodotto dalle navi, che ha ricevuto successivi emendamenti ed integrazioni;
  • la Convenzione di Londra del 1 novembre 1974, detta "SOLAS 1974", sulla sicurezza della nave e salvaguardia della vita umana in mare, che ha ricevuto successivi emendamenti ed integrazioni;
  • la Convenzione di Londra del 7 luglio 1978 sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi (STCW).

Organizzazioni non governative per la navigazione marittima

Esistono numerose associazioni a carattere internazionale, ma di natura privata, che operano nel campo della navigazione marittima. Tra queste vanno ricordate:

  • il Baltic and International Maritime Council (BIMCO);. tale nome deriva dal Baltic and International Maritime Conference che, a sua volta fu derivato, nel 1927, dal Baltic and Wite Sea costituito a Copenaghen nel 1905; nato come associazione di armatori si è poi allargato ad altri operatori del settore (senza diritto di voto); la sua attività principale, di rilevanza internazionale, è svolta dal Documentary Council e consiste nella redazione e nell'approvazione di formulari di contratti per il noleggio, per le polizze di carico, ecc. adottati in tutto il mondo;
  • l'International Radio Maritime Committee (CIRM), fondata nel 1928 e con sede a Londra; opera nel settore delle radiocomunicazioni marittime;
  • l'International Union of Marine Insurance (IUMI), fondata a Berlino nel 1874, con sede a Zurigo è stata riorganizzata nel 1946; unisce le associazioni nazionali degli assicuratori marittimi;
  • l'International Federation of Shipmasters' Associations (IFSMA), fondata e con sede a Londra nel 1974, cura gli interessi dei comandanti e degli ufficiali di bordo nei confronti degli armatori;
  • l'International Maritime Pilots Associations (IMPA), fondata e con sede a Londra nel 1970, cura gli interessi dei piloti portuali nei confronti degli armatori;
  • l'International Shipping Federetion (ISF), fondata e con sede a Londra nel 1909, cura gli interessi degli armatori nel campo del lavoro marittimo;
  • l'International Chamber of Shipping (ICS), fondata con il nome di International Shipping Conference nel 1921, ha assunto il nuovo nome nel 1948 ed ha sede a Londra; è la federazione internazionale delle associazioni degli armatori e cura i loro interessi in tutti i settori esclusi quelli di competenza dell'ISF;
  • l'Oil Companies International Marine Forum (OCIMF), fondata e con sede a Londra nel 1970, cura gli interessi delle compagnie petrolifere nel campo della sicurezza delle navi cisterna e della tutela dell'ambiente, è in contatto con l'IMO;
  • l'International Transport Workers' Federation (ITF), fondata nel 1896, è una organizzazione internazionale sindacale dei lavoratori marittimi; cura in particolare la difesa dei livelli occupazionali e le retribuzioni soprattutto di quei marittimi imbarcati su navi battenti bandiera di comodo.

 


[1] [2] Dell' I.M.O. fanno oggi parte 110 Stati membri (più uno Stato associato: Hong Kong). I circa 40 Stati non entrati nell'organizzazione sono principalmente piccoli Paesi del c.d. «Terzo Mondo».

L'inquinamento marino: la legislazione nazionale

Sono passati oltre sedici anni da quello che è considerato il più grave disastro ambientale del Mediterraneo: l’affondamento della Haven e lo sversamento di decine di migliaia di tonnellate di idrocarburi nel mare ligure. Ci sono voluti altri incidenti, dalla Erika alla Prestige perché si cominciasse a prendere in considerazione la possibilità di dotarsi di una normativa più avanzata in questo settore e sono tuttora in esame una serie di misure per rendere più sicuro il trasporto di prodotti petroliferi lungo le coste europee e mediterranee.

L'Italia per motivi geografici, trattandosi di un Paese posto al centro di un mare semi-chiuso di grande interesse strategico e particolarmente vulnerabile sotto il profilo ambientale è parte contraente di quasi tutti i trattati in materia di protezione dell'ambiente marino aventi un'applicazione generale. Per ciò che concerne la tutela del mare alcuni riferimenti normativi sono d’obbligo. L’Italia è uno degli Stati che ha ratificato la Convenzione di Barcellona sulla tutela del mare mediterraneo, e si attiene a quelle che sono le linee guida della convenzione Marpol sull’inquinamento dei mari attraverso le sostanze tossiche ed inquinanti. Sul piano regionale una speciale considerazione merita la già menzionata convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo contro l'inquinamento (Barcellona, 16 febbraio 1976), un trattato-quadro, cui hanno fatto seguito quattro protocolli applicabili a specifici settori ambientali. Altri accordi, aventi un ambito di applicazione più ristretto riguardano l'Adriatico (accordo con la Jugoslavia, firmato a Belgrado, il 14 febbraio 1974), lo Jonio (accordo con la Grecia, firmato a Roma il 6 marzo 1979) e il Mar Ligure (accordo con la Francia e Monaco, firmato a Monacpo il 10 maggio 1976.

La necessità di uniformare la normativa nazionale con quella internazionale e al fine di colmare numerosi vuoti legislativi, a partire dalla metà degli anni '70 diversa è stata la normativa prodotta.

La legge n. 979 del 31.12.1982, meglio nota come “legge sulla difesa del mare”, nella parte finale del I comma dell’art.6, riferendosi alle caratteristiche dei mezzi navali da acquisire per il disimpegno del servizio di vigilanza dalla stessa previsto con l’art. 2, lett. c), stabilisce che tali mezzi “dovranno essere progettati ed attrezzati anche (...) per operazioni antinquinamento”.

Con il D.M. 20.5.83,  come è noto, sono state successivamente determinate le suddette caratteristiche, sulla base delle quali sono stati poi realizzati i Pattugliatori d’Altura della classe “Cassiopea”. Questi ultimi, dunque, possono essere impiegati (come è già avvenuto in passato) in interventi per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti e, in tale eventualità, sono chiamati ad operare nell’ambito dell’organizzazione di “pronto intervento” che in questi casi viene attivata in forza delle disposizioni contenute negli articoli 10 e 11 della suddetta legge 979/82.

Va ricordato che tali disposizioni devono essere lette, ovviamente, alla luce dell’art.10, comma I, della Legge n. 537 del 24.12.93 e del correlato D.M.19.1.94, con i quali sono state trasferite al Ministero dell’Ambiente tutte le funzioni in materia di tutela e difesa dell’ambiente marino in precedenza attribuite al soppresso Ministero della Marina Mercantile. A seguito di tali provvedimenti normativi è, quindi, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che provvede, nel quadro del Servizio Nazionale di Protezione Civile, d’intesa con le altre amministrazioni civili e militari dello Stato e mediante il concorso degli enti pubblici territoriali, alla organizzazione del pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti causati da incidenti.

Più precisamente, nel disimpegno di tale delicata competenza, il Ministero dell’Ambiente si avvale, a livello centrale, del Servizio Difesa Mare (DIFMAR)  (ora Direzione Generale per la Protezione della Natura) e dell’Istituto Centrale di Ricerca Applicata al Mare (ICRAM), entrambi istituiti presso lo stesso Ministero.

A livello periferico, organi  funzionalmente dipendenti, in questo specifico campo, dal Dicastero dell’Ambiente sono, invece, le Capitanerie di Porto, alle quali la normativa vigente assegna il compito di attuare il c.d. “pronto intervento”, in stretto contatto con i Centri Operativi Periferici esistenti presso i Servizi Supporto Navale (S.S.N) delle Direzioni Marittime.

L’art.11, comma I, della L. 979/82 stabilisce, infatti, che “nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque del mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive, provenienti da qualsiasi fonte e suscettibili di arrecare danni all’ambiente marino, al litorale e agli interessi connessi, l’Autorità Marittima nella cui area di competenza si verifichi l’inquinamento o la minaccia di inquinamento, è tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico o del natante, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli”.

In particolare, come specificato dal II comma dello stesso articolo 11, qualora l’inquinamento in atto o la  minaccia di inquinamento sia tale da determinare una situazione di emergenza, il Capo del Compartimento Marittimo (vale a dire il Comandante della Capitaneria di Porto) competente per territorio dichiarerà lo “stato di emergenza locale”, dando di ciò tempestiva comunicazione al Centro Operativo Antinquinamento (C.O.A.) del summenzionato Difmar ed assumendo contestualmente la direzione delle relative operazioni, sempre in stretto contatto con lo stesso C.O.A. e con il competente Centro Operativo Periferico (C.O.P.). Quest’ultimo, in particolare, assumerà direttamente la direzione delle operazioni qualora l’inquinamento riguardi le acque rientranti nella giurisdizione di due o più Compartimenti marittimi limitrofi.

Tramite il proprio C.O.A., a sua volta, Difmar provvederà a dare immediata comunicazione dell’avvenuta dichiarazione dell’emergenza locale al Servizio Nazionale della Protezione Civile (PROCIVILMARE).

Nel corso di tale stato di emergenza il Comandante della Capitaneria di Porto competente coordinerà le operazioni sulla base dei “Piani operativi di pronto intervento locale” adottati dagli stessi  Capi di Compartimento di concerto con i Prefetti e con gli organi del Servizio Nazionale della Protezione Civile, con il coinvolgimento, altresì, delle altre amministrazioni periferiche interessate. Va rilevato che qualora lo stato di emergenza locale riguardi un inquinamento che interessi anche la costa, con l’Autorità Marittima interagirà la Prefettura alla quale spetta la direzione delle operazioni di bonifica svolte sulla terraferma.

Diversa da quella sinora esaminata è l’ipotesi in cui l’emergenza derivante da un inquinamento marino sia tale da non poter essere fronteggiata con i mezzi a disposizione del  Ministero dell’Ambiente.

In questo caso, infatti, in base al D.Lgs.n.29 del 03.02.93, il titolare di tale Dicastero dovrà chiedere al Ministro per il coordinamento della Protezione Civile di promuovere la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri. Una volta dichiarato tale massimo stato di emergenza, la direzione e la responsabilità di tutte le operazioni spetterà al Sottosegretario di Stato delegato alla Protezione Civile il quale opererà sulla base del “Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamenti di idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti marini”, adottato dagli Organi del Servizio Nazionale per la Protezione Civile ed approvato con il D.M. 11.01.93. Tale Piano, in particolare, costituisce il “terzo livello temporale” di quello che può essere considerato come un unico piano operativo nazionale che vede ai primi due livelli, rispettivamente, i “Piani di pronto intervento locale” delle singole Capitanerie ed il “Piano di pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti causati da incidenti” approvato, quest’ultimo, con D.M.03.3.87, dall’allora Ministro della Marina Mercantile.

La dichiarazione dello stato di emergenza nazionale antinquinamento costituisce, in generale, la naturale conseguenza di una situazione di “grande inquinamento”, intendendosi, come tale, quello difficilmente contenibile e/o che coinvolga, a causa dell’estensione della zona interessata, più Centri Operativi Periferici ovvero che minacci tratti di costa e/o di litorale di particolare pregio e valore. A prescindere da valutazioni di carattere economico/ambientale, rientra, altresì, nella nozione di “grande inquinamento” anche l’immissione in mare di sostanze che costituiscano seria minaccia per l’incolumità e la salute delle popolazioni rivierasche.

Inoltre, per quanto riguarda, in particolare, lo sversamento di idrocarburi, esiste un limite quantitativo, pari a 1.000 metri cubi, al di sopra del quale le immissioni sono convenzionalmente considerate  “grandi inquinamenti”.

Sotto il profilo organizzativo, nel caso di emergenza nazionale, viene attivato, presso il Dicastero della Protezione Civile, il Centro Operativo Emergenza in Mare (C.O.E.M.) che ha il compito di seguire continuamente l’evolversi della situazione acquisendo tutti i dati e le notizie utili per consentire al titolare del Dicastero stesso di disimpegnare al meglio la propria attività direttiva e di coordinamento di tutte le forze impegnate.

Nello svolgimento di tale delicata attività, il Ministro per il coordinamento della Protezione Civile si avvale, altresì, a livello periferico, dei Centri Operativi Periferici e dei Capi di Compartimento Marittimo mentre, a livello centrale, di notevole ausilio risulta l’opera svolta dal Comitato Tecnico - Scientifico (previsto dal D.M.11.8.90) e dal C.O.A. di Difmar, a sua volta collegato al Centro Nazionale di Coordinamento e Raccolta Dati (esistente presso lo stesso Difmar) ed alla Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto (Maricogecap).  

Un’ulteriore ipotesi di emergenza che può verificarsi è, infine, quella in cui si renda necessaria l’attuazione di un intervento antinquinamento in acque internazionali al fine di scongiurare la possibilità di danni alle coste ed all’ecosistema delle nostre acque territoriali e interne. Tale intervento è previsto e disciplinato, a livello internazionale, dalla Convenzione di Bruxelles del 1969, meglio nota come “Intervention 69”, alla quale è stata data regolare attuazione nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.

In particolare, l’art.1 del D.M.25.9.95, in considerazione della particolarità e delicatezza dell’intervento in alto mare e della complessità degli interessi che, in questo caso, possono essere coinvolti, ha precisato che la relativa decisione deve essere adottata dal Ministero dell’Ambiente solo previa intesa con i Ministeri degli Affari Esteri e della Difesa e sentiti il Ministero dei Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato.

Una volta adottata tale decisione, la direzione delle operazioni sarà assunta dal Direttore Generale per la Protezione della Natura (o da un suo delegato) il quale, qualora l’intervento risulti alquanto  complesso, si avvarrà dell’opera del Comitato Permanente Interministeriale di Pronto Intervento (previsto dal D.P.R.504/78) che, in questo caso (come in altri di una certa gravità), viene convocato d’urgenza tramite il C.O.A. dello stesso Dicastero.

L’attivazione, nei diversi stati di emergenza sopra esaminati, della struttura organizzativa del “pronto intervento” antinquinamento, per poter produrre risultati soddisfacenti, deve essere necessariamente connotata, come è ovvio, dal requisito della tempestività. A tal fine, il Protocollo I alla Convenzione Marpol 73/78 e l’art.12 della L. 979/82 prevedono che nel caso di avarie o incidenti suscettibili di arrecare danno all’ambiente marino attraverso lo sversamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, il comandante, l’armatore o il proprietario della nave debbano  informare, senza indugio, l’Autorità Marittima più vicina al luogo del sinistro, adottando, nel contempo,  “ogni misura che risulti al momento possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti”.

In questo caso i summenzionati soggetti vengono diffidati ad adottare le suddette misure dalla stessa Autorità Marittima la quale, nel caso in cui  tale diffida resti  senza effetto ovvero non produca gli effetti sperati entro un termine a tal fine assegnato, provvederà ad eseguire gli interventi necessari per conto dell’armatore o del proprietario, recuperando poi dagli stessi le spese sostenute.

Nei casi di comprovata urgenza, tuttavia, l’Autorità Marittima adotterà tali interventi, sempre per conto dell’armatore o del proprietario, anche in assenza della preventiva diffida.

Va aggiunto che, al fine di rendere gli interventi antinquinamento “mirati” e, quindi, efficaci,, le segnalazioni circa la presenza in mare di sostanze inquinanti dovranno essere quanto più possibile dettagliate con riferimento, in particolare, alle condimeteo in atto, alla esatta posizione ed estensione della “macchia”, alla natura, alla quantità ed alla denominazione tecnica delle sostanze sversate. Nel caso di trasporto in colli, inoltre, occorrerà fare riferimento anche al tipo ed alle condizioni dell’imballaggio, indicando, altresì, il nome del fabbricante, del caricatore e del destinatario del carico.

Tali dati, nel caso in cui a ciò non provveda la nave che ha provocato l’inquinamento, dovranno essere forniti, ove possibile, da chiunque rilevi l’immissione in mare di sostanze inquinanti. Infatti, va ricordato che l’obbligo di segnalare uno stato di inquinamento marino sussiste non solo a carico dei soggetti individuati dalle summenzionate disposizioni normative, ma anche dei Comandanti di qualsiasi unità aeronavale, civile o militare.

Legge n. 126 del 16 aprile 1976

  • LEGGE N.°126 DEL 16 APRILE 1976 «Disciplina degli  scarichi nelle acque marittime».

L'immissione diretta nelle acque marittime di rifiuti di lavorazione industriale o proveniente da servizi pubblici, o da insediamenti di qualsiasi specie, è subordinata all'«autorizzazione» del Ministro dei Trasporti e della Navigazione, sentito il parere delle Regioni interessate

L'autorizzazione è condizionata alla garanzia della salvaguardia dell'ambiente marino. A questo fine sono vincolanti il parere espresso dal Ministero dell’Ambiente e quello fornito dalla Regione interessata. (es.:redazione dei piani paesaggistici, scarichi, depuratori, ecc.).

Le Capitanerie di Porto controllano che gli scarichi avvengano nel rispetto dell'autorizzazione e che in ogni caso vengano adottate le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento delle acque marittime.

 

D.P.R. n. 504 del 27 maggio 1978

  • D.P.R. n. 504 del 27 Maggio 1978 (interventi in alto mare in caso si determini una situazione di emergenza con inquinamento in atto o pericolo di inquinamento).

[...]

A seguito di un sinistro marittimo devono essere adottate in «alto mare» le misure necessarie a prevenire, attenuare o eliminare gravi ed imminenti rischi, che ne possono derivare al litorale, dall’inquinamento delle acque del mare da idrocarburi o da altre sostanze nocive.

Secondo quanto stabilito dal DPR 504/78, che rende esecutiva la Convenzione di Bruxelles del novembre del 1969 (INTERVENZION 1969), la direzione di tutte le attività durante l’emergenza viene assunta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (ex Mimerc), previa intesa con il Ministro degli Affari Esteri ed il Ministro della Difesa, fermo restando le attribuzioni delle altre Amministrazioni nella esecuzione dei compiti a loro attribuiti dalla legge.

Legge n. 979 del 31 dicembre 1982

  • Legge n. 979 del 31 Dicembre 1982 e successive modifiche (sulle disposizioni per la difesa del mare)

La DIFMAR rappresenta il principale “strumento” che l’Italia possiede per la difesa del mare, grazie alla quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha attuato una politica tesa alla protezione dell’ambiente marino ed alla prevenzione di effetti dannosi e destabilizzanti alle risorse del mare, provvedendo con le Regioni alla formulazione di un “piano generale di difesa del mare dall’inquinamento” su tutto il territorio nazionale.

Per la realizzazione dei compiti che si è prefissato, il Dicastero  ha provveduto:

  1. all’istituzione di un servizio di protezione dell’ambiente marino, nonché di vigilanza costiera e di intervento per la prevenzione e il controllo degli inquinamenti del mare;
  2. al potenziamento del servizio di vigilanza e di soccorso in mare svolto dal Corpo delle Capitanerie di Porto;
  3. all’istituzione, d’intesa con il Ministro della Difesa, di un servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche (compresa quella di pesca) sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree al di fuori del limite delle acque territoriali.

A tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad organizzare una “rete di osservazione” circa la qualità dell’ambiente marino ed un idoneo sistema di sorveglianza sulle attività che si svolgono lungo le coste.

Tale rete é dotata di:

  1. un Centro di Coordinamento a livello centrale
  2. di Centri presso i Compartimenti Marittimi più interessati (cioè lungo i punti più nevralgici e strategici delle coste italiane) che hanno il compito di trasmettere i dati raccolti ad una “Centrale Operativa” nazionale istituita presso l’Ispettorato Centrale per la Difesa del mare.

Nel quadro del servizio nazionale di protezione civile[1], il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, in intesa con gli altri Ministri ha provveduto alla organizzazione del “piano per il pronto intervento” per la difesa del mare e delle coste da inquinamenti causati da incidenti, devolvendo all’A.M. nella cui area di competenza si verifichi l’inquinamento o la minaccia di inquinamento, tutte le misure necessarie, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli.

  • In particolare gli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, così dispongono:

Art. 11- Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque di mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive, provenienti da qualsiasi fonte o suscettibili di arrecare danni all'ambiente marino, al litorale agli interessi connessi, l'Autorità marittima, nella cui area di competenza si verifichi l'inquinamento o la minaccia di inquinamento, e' tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico del natante, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli. Qualora il pericolo di inquinamento o l'inquinamento in atto sia tale da determinare una situazione di emergenza, il capo del compartimento marittimo competente per territorio dichiara l'emergenza locale, dandone immediata comunicazione al Ministro della marina mercantile, ed assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano operativo di pronto intervento locale, ferme restando le attribuzioni di ogni amministrazione nell'esecuzione dei compiti di istituto, da lui adottato d'intesa con gli organi del servizio nazionale della protezione civile.

Il Ministro della marina mercantile dà immediata comunicazione della dichiarazione di emergenza locale al servizio nazionale della protezione civile tramite l'Ispettorato centrale per la difesa del mare di cui al successivo art. 34.

Quando l'emergenza non è fronteggiabile con i mezzi di cui il Ministero della marina mercantile dispone, il Ministro della marina mercantile chiede al Ministro della protezione civile di promuovere la dichiarazione di emergenza nazionale. In tal caso il Ministro della protezione civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano di pronto intervento nazionale adottato dagli organi del servizio nazionale per la protezione civile.

Restano ferme le norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 maggio 1978, n. 504, per l'intervento in alto mare in caso di sinistri ed avarie a navi battenti bandiera straniera che possano causare inquinamento o pericolo di inquinamento all'ambiente marino, o al litorale.

Art. 12 - Il comandante, l'armatore o il proprietario di una nave o il responsabile di un mezzo o di un impianto situato sulla piattaforma continentale o sulla terraferma, nel caso di avarie o di incidenti agli stessi, suscettibili di arrecare, attraverso il versamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, danni all'ambiente marino, al litorale o agli interessi connessi, sono tenuti ad informare senza indugio l'autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, e ad adottare ogni misura che risulti al momento possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti.

L'Autorità marittima rivolge ai soggetti indicati nel comma precedente immediata diffida a prendere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti.

Nel caso in cui tale diffida resti senza effetto, o non produca gli effetti sperati in un periodo di tempo assegnato, l'autorità marittima farà eseguire le misure ritenute necessarie per conto dell'armatore o del proprietario, recuperando, poi, dagli stessi le spese sostenute.

Nei casi di urgenza, l'autorità marittima farà eseguire per conto dell'armatore o del proprietario le misure necessarie, recuperandone, poi, le spese, indipendentemente dalla preventiva diffida a provvedere.

  • L'art. 14 del D. lgs. n. 202 del 6 novembre 2007 ha abrogato gli articoli 16, 17 comma 1 e 20 della Legge 31 dicembre 1982, n. 979  [3] (DIFMAR)

Sentenza della Corte di Cassazione

Lo scarico in mare di sostanze comprese nell’Allegato alla legge n. 979/82, effettuato da nave italiana in acque internazionali secondo le prescrizioni della convenzione MARPOL (intendendosi con tale espressione sia la convenzione principale, sia gli annessi, sia gli allegati. Sia il protocollo) non costituisce reato, in quanto le norme di detta convenzione, entrate in vigore successivamente a quelle della citata L. n. 979/82, hanno introdotto una causa di liceità, in grado di incidere sullo stesso fatto tipico descritto negli art. 16 e 17 di quest’ultima, così da far escludere – essendosi verificata una vera e propria “abolitio criminis” – che lo scarico in mare di sostanze nocive eseguito in osservanza della convenzione MARPOL costituisca reato. Anche a voler ritenere astrattamente possibile l’apposta soluzione interpretativa, essa presenterebbe un tale tasso di irragionevolezza da porsi in contrasto con l’art. 3 Cost., tanto che un’ eventuale adesione ad essa renderebbe ineludibile la denuncia di illegittimità costituzionale degli artt. 16, 17 e 20 della L. n. 979/82.

Cassazione penale sez. un., 22 luglio 1998.

Dir. Trasporti 1999, 613 nota (ROSAFIO)

 

[1] Organi: Presidente del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione Civile, Procivilmare (Centro Operativo emergenza in mare), Ministro dell’Interno e Direzione generale Protezione Civile.

 

Decreto legislativo n. 152 del 11 maggio 1999

  • Decreto legislativo 11.5.1999, n° 152 “disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”.

Tale strumento, pubblicato sul S.O. n° 101/L alla G.U. n° 124 del 29.5.1999, costituisce il tanto atteso testo unico sulla tutela delle acque dall’inquinamento. La fattispecie in esame era infatti, prima dell’emanazione del presente decreto, frazionata in una miriade di atti normativi che avevano di fatto sancito la nascita, accanto alla disciplina (introdotta dalla Legge 319/76 e ss.mm. ed integrazioni) basata sui limiti di accettabilità applicata agli scarichi, di acque presenti nei corpi idrici in relazione all’uso cui esse erano destinate..

L’autorità competente effettua il controllo degli scarichi (controlli preventivi e successivi) secondo un programma prestabilito fermo restando, per gli scarichi in pubblica fognatura, l’obbligo per gli enti gestori, sancito dall’art. 26 della legge 5 gennaio 1994 n° 36, di organizzare un adeguato servizio di controllo (art. 49 commi 1 e 2).

Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni può prescrivere, a carico del titolare, l’installazione di strumenti di controllo automatico (art. 52 comma 1).

Il Ministero dell’ambiente può esercitare poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni nel caso non vengano effettuati i previsti controlli ambientali (art. 53 comma 1 e 2).

In merito al comma 11 dell’art. 59[1]e alla sua coesistenza con l’art. 20 (abrogato) della Legge 979/82 si rileva come tale norma sia la riedizione integrale dell’articolo 24 bis della Legge 319/76 (peraltro abrogata dal Dlgs 152/99) il quale era stato a sua volta mutuato dall’art. 3 della legge 2.5.1983 n° 305 “ratifica ed esecuzione della convenzione sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato dallo scarico dei rifiuti ed altre materie, con allegati, aperta alla firma a Città del Messico, Londra, Mosca, Washington il 29.12.1972, come modificata il 12.10.1978[2].

Tale dettato normativo deve intendersi pertanto riferito al dumping e non sembra modificare in alcun modo la attuale validità dell’art. 20 della l. 979/82.

 


[1] Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque di mare da parte di navi o aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest’ultimo caso l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente.

[2] Pubblicata sul S.O. alla G.U. n° 174 del 27.6.1983.

 

Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006

  • Il Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n. 152, “Testo Unico Ambiente”(Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche) e successive modificazioni.

Il Decreto Legislativo 152/06 recepisce otto Direttive comunitarie, accorpa le disposizioni per settori omogenei, abroga cinque leggi, dieci disposizioni di legge, quattro D.P.R., tre D.P.C.M. e otto D.M.

Ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

Il decreto disciplina, in attuazione della Legge 15 dicembre 2004, n. 308, mira a semplificare, razionalizzare e riordinare la normativa ambientale esistente nei seguenti settori chiave:

  1. nella parte seconda (entra in vigore il 12 Agosto 2006), le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
  2. nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
  3. nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonificata dei siti contaminati;
  4. nella parte quinta, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
  5. nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

Il Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera provvede alla sorveglianza e all’accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, quando dalle stesse possono derivare danni o situazioni di pericolo per l’ambiente marino e costiero.

[...]

  • Art. 135, n. 2 (Competenza e giurisdizione)

Fatto salvo quanto previsto da decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di “tutela delle acque dall’inquinamento” provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardi di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, provvede alla sorveglianza e all’accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto (Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche), quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l’ambiente marino e costiero.

  • Art. 195, n 5 (Competenze)

Fatto salvo quanto previsto da decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell’accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di “rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti” (di cui alla parte quarta del presente decreto), provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.

 

Decreto legislativo n. 202 del 6 novembre 2007

  • Decreto legislativo n. 202 del 6 Novembre 2007 (Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni)

Il legislatore al fine di aumentare la sicurezza marittima e di migliorare la protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento provocato dalle navi [1], senza discriminazione di nazionalità, ha previsto all’art. 4 del  Decreto n. 202/2007 il divieto di scarico delle “sostanze inquinanti” inserite nell’Allegato I (idrocarburi) e nell’Allegato II (sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla Convenzione MARPOL 73/78 (ratificata con Legge 29 settembre 1980, n. 662), come richiamate nell’elenco di cui all’Allegato A alla legge 31 dicembre 1982, n. 979, nelle acque marittime interne, compresi i porti, nelle acque territoriali, in alto mare, negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti al regime di passaggio di transito, nella zona economica esclusiva (ZEE) o in una zona equivalente istituita ai sensi del diritto internazionale e nazionale del mare (articolo 3).

La immissione di sostanze inquinanti (=scarico) nelle predette aree di mare è consentita – sotto la responsabilità del Comandante della nave - se effettuata nel rispetto delle condizioni di cui all’Allegato I (Norme relative alla prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi) o Allegato II (Norme relative al controllo dell’inquinamento da sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) della Convenzione MARPOL 73/78 (articolo 5).

•  Misure di controllo per le navi che si trovano in porto (art. 6)

Per quanto attiene alle misure di controllo il citato decreto prescrive all’art. 6 che l’Autorità Marittima competente per territorio, a seguito dell’accertamento di irregolarità o sulla base di informazioni comunque acquisite, deve procedere ad apposita ispezione (PSC) ai sensi del D.M. 13 ottobre 2002, n. 305, come modificato dal decreto 2 febbraio 2006, n. 113, nei confronti delle navi - che si trovano all’interno del porto o in un terminale off-shore – allorquando sia in corso ovvero vi sia un imminente pericolo di scarico di sostanze inquinanti in una delle aree predette.

Se in base all’esito dell’ispezione (PSC), l’Autorità predetta ritenga che possa essere stato violato il divieto di cui all’articolo 4, comma 1 D.lgs. 202/07, informa le Autorità competenti per i provvedimenti conseguenti (Autorità dello Stato di bandiera, Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) al fine della eventuale costituzione in giudizio come parte civile.

•  Misure di controllo per le navi che si trovano in transito (art. 7, comma 1)

Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12 della legge 979/82 (vedi a pag. 17), se il presunto scarico i “sostanze inquinanti” è effettuato nelle aree di cui all’articolo 3 (acque marittime interne, compresi i porti; acque territoriali; alto mare; stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti al regime di passaggio di transito; zona economica esclusiva (ZEE) o in una zona equivalente istituita ai sensi del diritto internazionale e nazionale del mare e se la nave è sospetta di aver effettuato lo scarico non approda in un porto dello Stato italiano che detiene le formazioni riguardo al presunto scarico:

  1. nel caso in cui il successivo porto di approdo è situato in un altro Stato membro, l’Autorità Marittima che detiene le informazioni, sulla base delle direttive impartite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, richiede la collaborazione di tale Stato ai fini della apposita ispezione (PSC) ai sensi de Decreto 13 ottobre 2003, 305, come modificato da Decreto 2 febbraio 2006, n. 113 del Ministero dei trasporti nonché della individuazione dei provvedimenti da adottare;
  2. nel caso in cui il successivo porto di approdo della nave è situato in uno Stato terzo, l’Autorità marittima che detiene le informazioni, sulla base delle direttive impartite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta i provvedimenti necessari per garantire che il successivo porto di approdo della nave sia informato del presunto scarico e invita lo Stato in cui è situato tale porto ad adottare iniziative adeguate

•  Fermo della nave (art. 7, comma 2)

Se esistono elementi di prova certi ed obiettivi che una nave che naviga delle aree suindicate abbia effettuato uno scarico che provoca o minaccia di provocare un grave danno al litorale o agli interessi collegati allo Stato italiano o alle altre risorse delle acque territoriali o della zona economica esclusiva o di una zona equivalente (articolo 7), l’Autorità Marittima, qualora gli elementi di prova lo giustificano e fatto salvo quanto previsto nella parte XII, sezione 7, della Montego Bay 1982, procede, sulla base di apposite direttive indicate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, a sottoporre a “fermo” la nave, ad informare le Autorità dello Stato di bandiera della nave e ad adottare le misure necessarie (articolo 6) allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli.

•  Inquinamento doloso (sanzioni)

L’articolo 8, comma 1 D.lgs. 202/07 dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazione di bandiera, nonché i membri dell’equipaggio, il proprietario e il suo armatore, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, che violano le disposizioni di cui all’art. 4, n. 1 D.lgs. 202/07, con conseguente sversamento volontario in mare delle sostanze inquinanti di cui all’Allegato I (=idrocarburi) e all’Allegato II (=sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla MARPOL 73/78, sono puniti con l’arresto da 6 (sei) mesi a 2 (due) anni e con l’ammenda da € 10.000 ad € 50.000.

Il predetto articolo al comma 2 stabilisce che, se la violazione di cui al 1 comma causa danni permanenti o, comunque, di particolare gravità, alla qualità delle acque, alle specie animali o vegetali o a parti di queste, si applica l’arresto da 1 (uno) a 3 (tre) anni e l’ammenda da € 10.000 ad € 80.000.

Il danno si considera di particolare gravità quando l’eliminazione delle sue conseguenze risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali (comma 3).

Pene Accessorie

L’articolo 10, comma 1 D.lgs. 202/07 prevede a seguito di condanna per il reato di cui all’art. 8 la pena accessoria della «sospensione del titolo professionale» per il Comandante della nave e per le persone dell’equipaggio fornite dei titoli di cui all’art. 123 cod. nav., nonché la «sospensione dalla professione marittima» per i restanti membri dell’equipaggio, rispettivamente di durata non inferiore ad 1 (uno) anno, ai sensi dell’art. 1083 cod. nav.

•  Inquinamento colposo (sanzioni)

L’articolo 9, comma 1 D.lgs. 202/07 dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazione di bandiera, nonché i membri dell’equipaggio, il proprietario e il suo armatore, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, che violano le disposizioni di cui all’art. 4, n. 1 D.lgs. 202/07, con conseguente sversamento colposo in mare delle sostanze inquinanti di cui all’Allegato I (=idrocarburi) e all’Allegato II (=sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla MARPOL 73/78, sono puniti con l’ammenda da € 10.000 ad € 30.000.

Il predetto articolo al comma 2 stabilisce che, se la violazione di cui al 1 comma causa danni permanenti o, comunque, di particolare gravità, alla qualità delle acque, alle specie animali o vegetali o a parti di queste, si applica l’arresto da 6 (sei) mesi a 2 (due) anni e l’ammenda da € 10.000 ad € 30.000.

Il danno si considera di particolare gravità quando l’eliminazione delle sue conseguenze risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali (comma 3).

•  Divieto di attracco (art. 11)

Al Comandante e ai membri dell’equipaggio condannati per i reati di cui agli artt. 8 e 9 l’attracco ai porti italiani per un periodo comunque non inferiore ad 1 (uno) anno, commisurato alla gravità del reato commesso, da determinarsi con Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

•  Controlli ed accertamento delle violazioni (art. 12)

I controlli e gli accertamenti delle violazioni alle disposizioni di cui al D.lgs. 202/07 sono svolti dagli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria di cui all’art. 57, nn. 1 e 2 c.p.p. e, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni, dagli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera di cui all’art. 57 n. 3 c.p.p. nonché dagli altri soggetti indicati all’art. 1235 cod. nav.

Peraltro l’art. 12 comma 1 del D.lgs. 202/07 include nell’attività di controllo gli Ufficiali ed i Sottufficiali della Marina Militare.

Ai sensi dell’art. 12 comma 2, l’attività di controllo e di accertamento delle violazioni è effettuata sotto la direzione del Comandante del Porto.

•  Abrogazioni (art. 14)

Sono abrogati gli articoli 16, 17 comma 1 e 20 della Legge 31 dicembre 1982, n. 979  [3] (DIFMAR)

 


[1] Le disposizioni non si applicano alle navi militari da guerra o ausiliarie e alle navi possedute o gestite dallo Stato, solo se impiegate per servizi governativi e non commerciali.

 

Legge 25 febbraio 2010 n. 36

Con legge 25 febbraio 2010 n. 36 è stata modificata la disciplina sanzionatoria relativa agli scarichi di acque reflue; l’articolo 1 della predetta legge, modificando il primo periodo del comma 5 dell’articolo 137 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante le "Norme in materia ambientale “ prevede infatti, che «Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu' restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorita' competente a norma dell'articolo 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro».
La nuova legge, in vigore dal 27 marzo 2010, ha sostanzialmente riformulato le sanzioni relative agli scarichi di acque reflue industriali che eccedono i valori limite, restringendo la responsabilità penale ai casi più gravi; viene, infatti, limitata l’applicazione delle sanzioni penali al caso in cui il superamento tabellare dei valori limite è riferito solo alle 18 sostanze più pericolose fissate nella tabella 5.

 


Legge 25 febbraio 2010, n. 36

Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue.

(GU n. 59 del 12-3-2010)

 La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga
la seguente legge:

Art. 1
1. Il primo periodo del comma 5 dell'articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e' sostituito dal seguente:
«Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu' restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorita' competente a norma dell'articolo 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro».

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 25 febbraio 2010

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Visto, il Guardasigilli: Alfano

Avvertenza:
Il testo della nota qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura della disposizione di legge modificata e della quale restano invariati il valore e l'efficacia.

Note all'art. 1:
- Il testo dell'art. 137, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88 (S.O.), come modificato dalla presente legge e' il seguente:
«Art. 137 (Sanzioni penali). - 1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorita' competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, e' punito con l'arresto fino a due anni.
4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'art. 131 e' punito con la pena di cui al comma 3.
5. Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu' restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorita' competente a norma dell'art. 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresi' al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.
7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'art. 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'art. 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'art. 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, e' punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'art. 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'art. 113, comma 3, e' punito con le sanzioni di cui all'art. 137, comma 1.
10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorita' competente ai sensi dell'art. 84, comma 4, ovvero dell'art. 85, comma 2, e' punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.
11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 e' punito con l'arresto sino a tre anni.
12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'art. 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualita' delle acque designate ai sensi dell'art. 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorita' competente ai sensi dell'art. 87, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
13.
Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali e' imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantita' tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purche' in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorita' competente.
14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonche' di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'art. 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attivita' impartito a norma di detto articolo, e' punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.».
 

Principali documenti e certificati previsti dalla normativa antinquinamento nazionale ed internazionale

La corposa normativa di carattere nazionale ed internazionale esistente in materia di tutela delle acque marine dall’inquinamento prevede, fra l’altro, il possesso da parte del naviglio mercantile di documenti e certificati  che variano a seconda del tipo di nave (petroliera, gasiera, chimichera ecc.), del carico (idrocarburi, sostanze  pericolose liquide, solide o gassose) e delle modalità di trasporto (alla rinfusa, in colli, su cisterne o vagoni ferroviari, ecc.).

Saranno di seguito elencati  i più importanti, unitamente alle norme che li prevedono, in modo da rendere più agevole la conoscenza degli stessi, soprattutto in vista di eventuali attività ispettive.

  • TIPI DI NAVE

L’art.19 della legge 979/82 stabilisce che le navi italiane devono avere, tra i libri di bordo di cui all’art.169 del Cod. nav., il Registro degli idrocarburi, già previsto, a livello internazionale (con il nome di Oil Rekord Book), dalla Convenzione  OILPOL  (stipulata a Londra nel 1954) e dall’Allegato I della Marpol 73/78 (Reg. 20). Tale documento si suddivide in due parti:

  1. la prima, è quella relativa alle prescrizioni per i locali dell’apparato motore mentre;
  2. la seconda, riguarda solo le navi cisterna, in quanto contiene le prescrizioni e le annotazioni relative al trasporto di idrocarburi costituenti il carico.

Più precisamente, nell’Oil Rekord Book (per la tenuta del quale si applicano le disposizioni degli artt. 362 e seguenti del Reg. Cod nav.  riguardanti i Libri di bordo) il Comandante deve annotare scrupolosamente tutti i casi di versamento o perdita di idrocarburi, specificandone le relative cause e provvedendo a farne denuncia al Comandante del porto più  vicino. Inoltre, ogni pagina del Registro deve essere firmata dal Comandante della nave o dagli  Ufficiali del suo equipaggio responsabili delle operazioni. L’inosservanza delle suddette disposizioni può comportare, ai sensi del già citato art.17 ultimo comma della  legge 979/82, la pena dell’arresto sino a sei mesi ovvero l’ammenda fino a dieci milioni.

Va aggiunto che per le navi petroliere che operano con cisterne adibite a zavorra “pulita” (vale a dire sprovviste di cisterne di zavorra segregata - S.B.) e/o che impiegano impianti di lavaggio con petrolio greggio (C.O.W. - Crude Oil Washing), è previsto (dal Protocollo 78 alla Marpol 73) il possesso del Supplementoal Registro degli Idrocarburi il quale deve essere permanentemente allegato all’Oil Rekord Book.

La Regola 5 dell’Allegato I alla MARPOL 73/78 (entrato in vigore, come si è visto in precedenza, nel 1983 e dedicato alla prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi) prevede, invece, il rilascio del Certificato Internazionale per la Prevenzione dell’Inquinamento da Petrolio (I.O.P.P. - International Oil Pollution Prevention) a tutte le navi cisterna di stazza lorda superiore alle 150 tonnellate ed alle navi diverse dalle cisterna con stazza lorda superiore alle 400 tonnellate.

L’ I.O.P.P. attesta la conformità dell’unità ai requisiti tecnici previsti dalla Regola 4 del summenzionato Allegato e viene rilasciato a seguito di  visite  effettuate, in Italia, dal  Registro Italiano Navale (R.I.Na) che ne cura anche il rilascio. Ha una validità di cinque anni e durante tale periodo vengono effettuate, sempre dal R.I.Na, delle visite periodiche con cadenza annuale.

Lo stesso Allegato I riconosce, inoltre, all’Autorità Marittima dello Stato costiero  contraente, il diritto di richiedere l’esibizione di tale certificato a tutte le navi che si trovino in porti o in terminali al largo ricadenti nella giurisdizione territoriale dello Stato stesso, procedendo, ove ritenuto necessario, a visite ed ispezioni. A tal proposito va tuttavia rilevato che il suddetto Allegato precisa  che nel caso in cui una nave venga indebitamente trattenuta, lo Stato autore di tale misura dovrà risarcire i danni in tal modo arrecati.

Sempre dalla normativa internazionale introdotta dalla Marpol 73/78 è previsto, poi, un Supplemento all’I.O.P.P. (approvato, in Italia, con D.M.11.3.93), che può essere di Modello A (per le navi diverse dalle petroliere) o di Modello B (per le petroliere).

Inoltre, in base alla Reg. 26, sempre dell’Allegato I, a bordo di tutte le navi, petroliere e non, rispettivamente di stazza lorda superiore a 150  e a 400 tonnellate, deve essere tenuto  un  Piano di Emergenza Antinquinamento (Shipboard Oil Pollution Emergency Plan), strutturato secondo linee guida individuate ed approvate dall’ I.M.O. ed approvate, in Italia, con il D.M.31.3.93. In particolare, nel nostro Paese, tale documento deve essere sottoposto dalle suddette navi all’approvazione da parte del R.I.Na.. Tale Piano deve contenere, fra l’altro, una lista delle Autorità cui inoltrare i messaggi (di tipo approvato dall’I.M.O. con risoluzione A. 648) in caso di incidenti.

  • NAVI ADIBITE AL TRASPORTO ALLA RINFUSA DI SOSTANZE LIQUIDE NOCIVE DIVERSE DAGLI IDROCARBURI

Per quanto riguarda il trasporto alla rinfusa di sostanze liquide nocive diverse dagli idrocarburi, le Regole 11 e 12  dell’Allegato II della Marpol 73 (entrato in vigore, come si è detto, il 06.4.87) prevedono il rilascio del Certificato Internazionale di Prevenzione dell’Inquinamento relativo al trasporto di sostanze liquide nocive alla rinfusa (I.P.P.C. - International Pollution Prevention Certificate for the Carriage of Noxious Liquid Substances in Bulk), denominato anche “NLS Certificate”. In particolare, il rilascio di tale certificato, anche in forza degli emendamenti adottati dall’I.M.O., è  previsto, attualmente, per tutte le navi adibite a viaggi internazionali che effettuano il trasporto alla rinfusa di prodotti chimici liquidi pericolosi o di sostanze liquide nocive o di sostanze gassose, ed attesta la rispondenza delle unità alle prescrizioni previste, per tale tipo di trasporto, dal summenzionato Allegato.

In Italia l’ I.P.P.C. viene rilasciato, a seguito di visite effettuate dal R.I.Na., anche alle navi abilitate a viaggi nazionali o di minore estensione che trasportino sostanze liquide nocive alla rinfusa: ciò in forza del  D.M.27.11.87 il quale ha stabilito che tali navi debbano possedere gli stessi certificati previsti dall’Allegato II della Marpol per le unità che effettuano viaggi internazionali.

La Reg. 9, sempre dell’Allegato II, prevede, inoltre, l’obbligatoria presenza a bordo del Registro di Carico (Cargo Rekord Book), rilasciato, in Italia, in base al D.M. 03.4.87, dalle Capitanerie di Porto. In tale Registro, che rientra fra i Libri di bordo di cui all’art.169 del Cod. nav., devono essere annotate tutte le operazioni (caricazione, scaricazione, travaso, pulizia cisterne, zavorramento di cisterne del carico, etc.) riguardanti i prodotti nocivi rientranti in una delle già citate categorie di sostanze inquinanti (A - B - C o D). Il Registro del Carico deve essere conservato a bordo per un periodo di tre anni dall’ultima annotazione.

Infine, sempre per le unità che effettuano il trasporto dei suddetti prodotti, è altresì previsto il possesso del “Manuale delle procedure e delle sistemazioni per la discarica delle sostanze liquide nocive” che, per quanto riguarda le navi di bandiera italiana, in base al D.M.14.10.85, deve essere approvato dal R.I.Na..

  • NAVI ADIBITE AL TRASPORTO ALLA RINFUSA DI GAS LIQUEFATTI E DI PRODOTTI CHIMICI LIQUIDI PERICOLOSI

Vi sono, poi, diversi certificati il cui rilascio è previsto in forza della complessa disciplina introdotta dallo stesso Allegato II della MARPOL e dagli emendamenti adottati in materia dall’I.M.O. con le Risoluzioni  dei suoi due Comitati, il M.E.P.C. (Marine Environment Protection Commite) e il  M.S.C. (Maritime Safety Commitee). In particolare, con l’attività regolamentare svolta dai suddetti Comitati, l’IMO  ha disciplinato dettagliatamente gli aspetti attinenti il trasporto alla rinfusa, di gas liquefatti e di prodotti chimici liquidi pericolosi, fissando, nei quattro Codici di seguito elencati, i requisiti di costruzione e di equipaggiamento delle navi adibite a tale tipo di trasporto:

  1. “IBC Code” (International Bulk Chemical Code) : “Codice internazionale per la costruzione e l’equipaggiamento di navi che trasportano prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa”, adottato, come si è visto in precedenza, dal M.S.C. e contenente, al Cap.17, un elenco di tale tipo di prodotti;
  2. “BCH Code” (Bulk Chemical Code): “Codice per la costruzione e l’equipaggiamento di navi che trasportano prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa” , adottato dal M.E.P.C.;
  3. “IGC Code” (International Gas Carrier Code) : “Codice internazionale per la costruzione e l’equipaggiamento di navi che trasportano gas liquefatti alla rinfusa”, adottato, unitamente al summenzionato IBC Code, dal MSC e contenente anch’esso, al Cap.19, un elenco delle sostanze gassose oggetto di tale tipo di trasporto;
  4. “GC Code” (Gas Carrier Code) : “Codice per la costruzione e l’equipaggiamento di navi che trasportano gas liquefatti alla rinfusa”, adottato dall’Assemblea dell’IMO.

Proprio al fine di attestare la rispondenza delle unità che effettuano viaggi internazionali ai requisiti previsti dai suddetti Codici, la summenzionata normativa internazionale prevede il rilascio di appositi certificati sia per le  navi “nuove”, sia per quelle “esistenti”. Più precisamente, in accordo con quanto stabilito dalla Convenzione SOLAS, Cap.VII, Parte B (per quanto riguarda l’IBC Code) e Parte C (per quel che concerne l’IGC Code), sono da considerare, a tal fine, “nuove”  le unità costruite a partire dall’1 luglio 1986, mentre quelle costruite anteriormente a tale data sono da considerare come navi “esistenti”.

Premesso quanto sopra, si riportano di seguito i diversi certificati che devono trovarsi a bordo delle unità che disimpegnano il trasporto alla rinfusa di prodotti chimici liquidi pericolosi o di gas liquefatti.

  • Certificato internazionale di idoneità al trasporto di prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa (ICOF - CC: International Certificate of  Fitness for the Carriage of  Dangerous Chemicals in Bulk), previsto per le navi “nuove”, come sopra definite,  e rilasciato al fine di attestare la rispondenza delle unità che effettuano il  trasporto di tale tipo di prodotti ai requisiti stabiliti dall’ “IBC Code”.

Va aggiunto che l’elenco dei prodotti chimici liquidi pericolosi è riportato non solo, come si è visto in precedenza, nell’Appendice II dell’Allegato II alla Marpol, ma anche nello stesso IBC Code (Capitolo 17) e nel BCH Code (Capitolo VI). Anche in tali Capitoli, così come nella suddetta Appendice, a fianco di cuascun prodotto viene indicata la relativa categoria di appartenenza (A - B - C o D)  e il relativo “U.N.number”.       

  • Certificato di idoneità al trasporto di prodotti chimici liquidi pericolosi alla rinfusa (COF  - Certificate of  Fitness for the Carriage of  Dangerous Chemicals in Bulk) : con esso viene attestata la rispondenza delle navi  chimichere “esistenti” ai requisiti per le stesse previsti dal BCH Code.

Va precisato che se la nave trasporta solo “sostanze liquide nocive” ai sensi dell’Allegato II (Appendice II) della Marpol, non dovrà essere munita di ICOF o di COF, ma solo dell’IPPC. Viceversa, l’unità non dovrà essere munita dell’IPPC allorquando l’ICOF le sia stato rilasciato ai sensi delle Risoluzioni M.S.C. 4/48 e M.E.P.C. 19/22 o il COF in base alle Risoluzioni M.S.C. 9(53) e M.E.P.C. 20(22).

  • Certificato Internazionale di idoneità al trasporto di gas liquefatti alla rinfusa (ICOF - GC : International Certificate of Fitness for the Carriage of Liquified Gases in Bulk): con tale certificato  viene attestata la rispondenza delle navi gasiere “nuove” all’ “IGC” Code. L’elenco dei prodotti per il trasporto dei quali è necessario dotarsi di tale Certificato, è contenuto nel Cap 19 dello stesso IGC Code.
  • Per le navi gasiere “esistenti” è invece previsto il Certificato di idoneità al trasporto di gas liquefatti alla rinfusa ( COF  - GC : Certificate of Fitness for the Carriage of Liquified Gases in Bulk)  che attesta la rispondenza al “GC Code” delle navi che trasportano i prodotti elencati nel Cap.19 dello stesso Codice.
  • In luogo di quest’ultimo certificato, le navi “esistenti” di bandiera italiana, qualora non si siano adeguate al “GC Code”, devono avere l’Attestazione di idoneità al trasporto di gas liquefatti alla rinfusa, rilasciata dal R.I.Na. in applicazione della circolare n.3101995/MP del 15.03.1984 dell’allora  Ministero della Marina Mercantile.Il possesso di tale attestazione è previsto anche per le navi straniere che navighino in acque territoriali italiane e/o approdino in porti italiani.
  • Nel caso in cui il trasporto dei prodotti chimici liquidi pericolosi e dei gas liquefatti  avvenga attraverso l’imbarco di cisterne mobili (tank containers), la nave, oltre ad uno dei sopra elencati certificati dovrà essere munita, altresì, dell’Attestazione di idoneità al trasporto di merci pericolose in contenitori cisterna o in veicoli cisterna.
  • In luogo di tale attestazione, le navi costruite il 1°settembre 1984 o posteriormente a tale data, potranno avere una Dichiarazione di rispondenza alle disposizioni della Reg. 54, Cap.II - 2, Solas 74/81,con validità massima di cinque anni.

Si rammenta che nella nozione di “cisterna mobile” rientra il trasporto che avviene mediante contenitori cisterna posti su rimorchi stradali o su autocarri o su carri ferroviari nonchè per mezzo di veicoli cisterna o carri ferroviari cisterna.

Sempre nel caso di trasporto mediante imbarco di “cisterne mobili”, in base all’art.3 delle “Procedure  per il rilascio dell’autorizzazione all’imbarco ed al trasporto delle merci pericolose” (approvate con il D.M.04.5.95), previo parere del R.I.Na., l’Autorità Marittima può autorizzare (su richiesta dell’armatore o del raccomandatario marittimo) una nave sprovvista delle suddette attestazioni/dichiarazioni, ad imbarcare in un porto italiano merci pericolose purchè la nave stessa sia stata costruita prima del 1°settembre 1984 oppure, a prescindere dalla data di costruzione, non sia soggetta alla Solas 74/81.

Tuttavia, va precisato che questa autorizzazione al compimento di un “viaggio occasionale” può essere rilasciata per non più di una volta all’anno.

  • Oltre ai summenzionati certificati ed attestazioni,le navi “chimichere” (Chemical Tankers) e le “gasiere” (Gas Carriers) devono essere munite, altresì, sia del “Manuale delle procedure e delle sistemazioni per la discarica delle sostanze liquide nocive”,  sia del “Registro di Carico”, entrambigià esaminati allorquando si è parlato del trasporto alla rinfusa di sostanze liquide nocive.
  • Per quanto riguarda le “chimichere” o “gasiere” battenti bandiera di Stati che non siano “parti” della Marpol o della Solas, va detto che le stesse devono avere a bordo delle Dichiarazioni di conformitàall’Allegato II o all’IBC Code (Certificate of compliance) rilasciate dallo Stato di bandiera o da un Ente dallo stesso autorizzato. Nel caso in cui tali navi non siano in possesso delle suddette Dichiarazioni di conformità, prima del loro ingresso in un porto italiano le stesse saranno sottoposte ad una visita da parte della Commissione di cui all’art.25 della L.05.6.62, n.616 (presieduta dal Comandante del Porto o da un Ufficiale superiore da lui designato e composta dal medico di porto e da un ingegnere o perito designato dal R.I.Na.).

Al termine di tale visita (che, per le navi di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate, verrà effettuata anche allo scopo di verificare la rispondenza delle stesse alle disposizioni della legge 979/82 e del Regolamento italiano sulla sicurezza della navigazione, approvato con D.P.R. 435/91), verrà rilasciato all’unità un Report of inspection avente validità semestrale e valido per tutti i porti italiani.

  • NAVI ADIBITE AL TRASPORTO DI SOSTANZE SOLIDE PERICOLOSE O NOCIVE

Si esamineranno, adesso, le attestazioni e i certificati che le navi italiane e straniere devono avere per poter effettuare iltrasporto, in colli o alla rinfusa, di sostanze solide pericolose o nocive per l’ambiente marino. Va preliminarmente precisato che nella “nozione” di “trasporto in colli” risulta ricompreso il collettame, il trasporto di colli all’interno di containers o dentro containers a loro volta posti su rimorchi stradali, su carri ferroviari, su carrelli, all’interno di autocarri o in contenitori intermedi (IBC).

  • Le navi che effettuano in uno di tali modi il trasporto delle suddette sostanze dovranno essere munite, innanzitutto, dell’Attestazione di Idoneità al trasporto di merci pericolose in colli (rilasciata dal R.I.Na.)nella quale viene indicato il tipo di merci pericolose (con le relative classi e sottoclassi) che possono essere trasportate dall’unità e la zona della nave ove le stesse possono essere stivate.
  • In luogo di tale Attestazione, le navi costruite il 1°settembre 1984 o posteriormente a tale data, possono essere munite della Dichiarazione di conformità alle disposizioni della Reg.54, Cap.II - 2, della Solas 74/81. Tale dichiarazione, che può avere una validità massima di cinque anni, costituisce il “documento appropriato” (previsto dalla Reg.54.3, Cap.II - 2, Solas 74/81) con il quale viene attestato che la costruzione e l’equipaggiamento dell’unità risultano conformi alle prescrizioni speciali previste dalla suddetta Regola Solas per le navi che trasportano merci pericolose.

Anche in questo caso (così come si è visto in precedenza trattando del trasporto di merci pericolose allo stato liquido o gassoso in contenitori o in veicoli cisterna) è previsto, alle medesime condizioni, il rilascio, da parte dell’Autorità Marittima, dell’autorizzazione al compimento di un “viaggio occasionale” alle navi, costruite prima del 1°settembre 1984 o non soggette alla Solas, sprovviste della  suddetta Attestazione o della Dichiarazione di conformità.

  • Qualora il trasporto via mare di merci pericolose avvenga in colli posti su autoveicoli, oltre all’Attestazione o alla Dichiarazione di cui sopra, la nave, se di bandiera italiana, dovrà essere in possesso anche dell’Attestazione di idoneità al trasporto di autoveicoli con carburante nel serbatoio.

Tale Attestazione dovrà essere posseduta anche dalle navi straniere di stazza  lorda  inferiore alle 500 tonnellate o costruite prima del 1°settembre 1984.

In quest’ultimo caso, in alternativa, può essere emessa dall’Amministazione di bandiera o da una organizzazione dalla stessa autorizzata, la Dichiarazione di rispondenza alla Regola 53, Cap.II - 2, Solas 74/81.

Qualora, invece, l’unità di bandiera estera che trasporti merci pericolose su autoveicoli sia stata costruita dopo la suddetta data, essa dovrà possedere, se da carico, il Certificato di Sicurezza per le dotazioni di nave da carico, se da passeggeri, il Certificato di Sicurezza per nave da passeggeri, entrambi previsti dalla Solas 74/81.

Venendo al  “trasporto alla rinfusa”,sempre di sostanze solide pericolose, va detto che la relativa disciplina discende, a livello internazionale, dal “BC Code” (Bulk Carriers Code), adottato dall’I.M.O., e, per quanto riguarda il nostro Paese, dal D.M.22.7.91. In particolare, il “BC Code” suddivide in tre “Appendici” (A - B e C ) le sostanze solide pericolose e, proprio  in relazione a ciascuna di esse, è previsto il rilascio alle navi di apposite “Attestazioni”.

  • Così, per il trasporto delle sostanze indicate nelle Appendici A e C, le navi dovranno essere munite della Dichiarazione di rispondenza al BC Code  oppure del Fascicolo di istruzioni per la stabilità al Comandante nel quale ultimo devono essere  esplicitamente previsti i casi di trasporto di tali sostanze.
  • Nel caso in cui la sostanza solida trasportata rientri, invece, nell’Appendice B, le navi  dovranno  essere in possesso dell’ Attestazione di idoneità al trasporto alla rinfusa di sostanze solide o della Dichiarazione di rispondenza alle disposizioni della Reg. 54, Cap.II - 2, Solas 74/81 (quest’ultima è prevista solo per le sostanze dell’Appendice B che non siano codificate come MHB, vale a dire non rientranti nelle classi 4.1 - 4.2  - 4.3 - 5.1 - 7 e 9  del  sopra citato IMDG Code).
  • E’ possibile che si verifichi il caso di una nave straniera che, pur trasportando alla rinfusa sostanze solide rientranti in una delle suddette Appendici, sia sprovvista delle sopra citate Dichiarazioni/Attestazioni : infatti, in via del tutto eccezionale, sulla base di una semplice dichiarazione del Comandante dell’unità stessa, è consentito lo sbarco di tali sostanze qualora la nave sia giunta per la prima volta in Italia. In questo caso, tuttavia, l’unità verrà inserita in una Blak list e potrà ritornare nuovamente in Italia solo se munita della documentazione prescritta. Va peraltro sottolineato che, sempre in questo caso, lo sbarco (e, ovviamente, il trasporto) delle suddette sostanze non può essere consentito qualora la nave sia  priva di impianto estinzione incendio nelle stive del carico, a meno che la sostanza solida trasportata sia “a basso rischio di incendio” e la nave sia provvista di regolare “Certificato di esenzione”.

 

Documenti relativi al carico

E' importante sottolineare che nel corso di una visita ispettiva effettuata, da parte egli Organi di controllo, a bordo di unità che trasportino merci pericolose (vale a dire quelle classificate come tali nell’ IMDG Code o individuate dal D.P.R. 1008/68 ovvero elencate nel Cap. 17 dell’IBC Code o nel  Cap.19 dell’IGC Code) o inquinanti (secondo le definizioni di cui agli Allegati 1, 2 e 3 della Marpol), è di fondamentale importanza la visione ed il controllo dei documenti contenenti l’elenco, la quantità e la posizione a bordo delle merci imbarcate, con l’indicazione della relativa “Classe”.

In particolare, fra tali documenti rientrano la “Distinta o manifesto speciale per merci in transito” (previsto dalla Regola 5 del Cap. VII della Solas), il “Piano di carico o di stivaggio particolareggiato” (contemplato dalla Reg. 4 dell’Allegato III della Marpol) e, per quanto riguarda le navi  “full - containers” o “ro - ro”, il “Piano generale delle baie di stivaggio” (Master Bay Plan).

Proprio l’esame del contenuto dei suddetti documenti costituisce la base di partenza per l’effettuazione di un’accurata visita ispettiva che proseguirà con il controllo dei certificati e/o delle attestazioni che la nave deve possedere in relazione al tipo di sostanza  imbarcata ed alle modalità di trasporto della stessa.

E’ evidente che, qualora lo ritenga opportuno o necessario, il responsabile del team ispettivo potrà procedere, inoltre, al controllo sulla veridicità di quanto riportato nei documenti, ispezionando (a seconda dei casi “a campione” o “a tappeto”) le stive del carico.

Va rilevato che, in tale fase, qualora sussistano dubbi o sospetti  sulla natura di determinate sostanze, il Capo team ispettivo procederà al prelievo di un campione delle stesse (c.d.“rilievo speditivo”), osservando una procedura che valga a conferire a tale operazione “valore legale”.

In particolare, il “rilievo speditivo” dovrà essere effettuato sigillando almeno "tre campioni” alla presenza della controparte (alla quale ne dovrà essere consegnato almeno uno). E’ evidente che i  “campioni” dovranno essere anche etichettati indicando ora, data e luogo del prelievo con la firma dei soggetti che hanno preso parte alle relative operazioni.

Tali soggetti dovranno altresì apporre la loro firma anche in calce al verbale che dovrà contenere la precisa descrizione delle operazioni effettuate.

Il Piano di pronto intervento per la difesa del mare e delle coste nazionali dagli inquinamenti

Rispetto alla dimensione pianificatoria, vista la presenza di una pluralità di soggetti e di mezzi coinvolti a vario titolo nell’attività di prevenzione e di intervento in caso di inquinamento, la normativa nazionale prevede una pianificazione operativa strutturata su due livelli:

  1. locale
  2. nazionale

E’ stato approvato nel 1998 il “Manuale delle procedure operative in materia di tutela e difesa dell’ambiente marino e per gli interventi di emergenza in mare”, al cui interno sono analiticamente disciplinati i procedimenti da seguire per affrontare gli eventi inquinanti, secondo la loro gravità. In particolare si dispone che, in presenza di un inquinamento di piccola rilevanza, sono competenti a provvedere le Autorità marittime locali, le quali devono comunicare al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare[1] [4] gli interventi effettuati.

Il criterio base cui si ispira la Legge n. 979/82 è caratterizzato dalla entità del danno che un inquinamento può provocare nei riguardi degli interessi nazionali, della salvaguardia della vita umana e dell’ambiente in mare e lungo le coste.

Il piano trova applicazione in tutti i possibili inquinamenti marittimi o costieri qualunque siano le fonti e le situazioni che li hanno originati. Poiché  un inquinamento può verificarsi in forme, modalità e situazioni diversissime, non è possibile, peraltro, dettare norme dettagliate ma solo dare direttive che siano valide in ogni circostanza.

► Il piano agisce su tre livelli temporali:

  • al primo livello, il piano operativo di pronto intervento locale, predisposto da ciascuna Capitaneria di Porto ed i vari piani provinciali di emergenza di protezione civile, per quanto attiene l’inquinamento su costa;
  • al secondo livello, un pianto di pronto intervento nazionale, che comincia ad essere operativo con l’attivazione del Centro Operativo del Dipartimento della Protezione Civile, nel momento in cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da notizia dell’avvenuta dichiarazione  di emergenza. E’ stato approvato nel 1998 dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare il “Manuale delle procedure operative in materia di tutela e difesa dell’ambiente marino e per gli interventi di emergenza in mare”,
  • al terzo livello, un “pianto di pronto intervento nazionale, per la difesa da inquinamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti” [2] [4] [4] [4] , edito nel 1993 dal Dipartimento della Protezione Civile.

Al fine di rendere agevole la scelta delle operazioni da intraprendere, è opportuno fare una distinzione degli inquinamenti, tenendo conto delle diverse possibilità e disponibilità dei mezzi con i quali vengono affrontati gli sversamenti in mare.

In relazione all’ampiezza, natura e alla zona inquinata si possono distinguere, pertanto:

  1. piccoli inquinamenti, intendendosi come tali quelli di facile contenimento o neutralizzazione, interessanti un’area di mare o di litorale poco estesa, affrontabili con  l’intervento dei mezzi e delle attrezzature localmente disponibili e, quindi mediante l’applicazione del “Piano di pronto intervento locale” redatto dal Capo del Compartimento marittimo di intesa con il Prefetto. Limitatamente agli idrocarburi si considerano «piccoli inquinamenti» quelli di entità non superiori a 100 mc.
  2. medi inquinamenti, quelli che non possono essere immediatamente contenuti o neutralizzati, interessanti un’area di mare o di litorale estesa, non affrontabili con l’intervento dei mezzi localmente disponibili e per i quali il Capo del Compartimento debba richiedere l’intervento di uno o più “Centri operativi periferici” (C.O.P.) e, quindi mediante l’applicazione del “Piano di pronto intervento redatto dai predetti C.O.P”. Tali inquinamenti possono anche determinare situazioni di “emergenza locale” per particolari caratteristiche della zona interessata o azione particolarmente tossica dell’inquinante. Limitatamente agli idrocarburi si considerano «medi inquinamenti» quelli di entità stimabile compresa tra 100 e 1000 mc.
  3. grandi inquinamenti, quelli di difficile contenimento o neutralizzazione, interessanti un’area di mare o di litorale molto estesa e per il quale il Capo del Compartimento debba richiedere l’intervento dei mezzi di più “Centri operativi periferici”, e l’applicazione del “Piano Nazionale di pronto intervento”.

Un grande  inquinamento può determinare situazione di “emergenza nazionale” quando si ritiene che non possono fronteggiarsi con i mezzi di cui l’Amministrazione Marittima dispone o può disporre. In particolare rientrano nella situazione di emergenza nazionale i  seguenti casi (sempre che non siano fronteggiabili con i mezzi che dispone il nostro Ministero):

  1. inquinamento da idrocarburi che minacci di provocare il disastro ecologico nei tratti di costa e di litorale di particolare pregio e valore, con conseguenti rilevanti danni economici e ambientali;
  2. inquinamento da altre sostanze nocive, con riferimento al grado di minaccia per l’incolumità e la salute delle popolazioni rivierasche, oltre che per il presumibile grave danno economico e ambientale;
  3. ogni altra situazione di grave pericolo che richieda l’impiego di mezzi (terrestri, navali ed aerei) per l’evacuazione e la bonifica delle zone colpite dall’inquinamento.Limitatamente agli idrocarburi si considerano «grandi inquinamenti» quelli di entità stimabile superiore a 1000 mc.

Questo tipo di classificazione degli inquinamenti in relazione alla possibilità di affrontarli permette di poter intervenire in base alla reale situazione

► Emergenza

Qualora il pericolo di inquinamento o l’inquinamento in atto sia tale da determinare una situazione di emergenza e non è fronteggiabile con i mezzi di cui dispone il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, viene richiesto al Capo del Dipartimento della Protezione Civile - presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e su richiesta del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - di proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri la emissione della «dichiarazione di emergenza nazionale».

In tale caso il Ministro del Dipartimento della Protezione Civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del “piano di pronto intervento nazionale” (art.11 L. 979/82). Il piano comincia ad essere operativo con l’attivazione del centro operativo del Dipartimento nel momento in cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da notizia dell’avvenuta dichiarazione di emergenza nazionale.

 


[1]  Alla luce dell’art. 10, comma 1, della Legge n. 537 del 24.12.93 e del correlato D.M.19.1.94, sono state trasferite al Ministero dell’Ambiente tutte le funzioni in materia di tutela e difesa dell’ambiente marino in precedenza attribuite al soppresso Ministero della Marina Mercantile. A seguito di tali provvedimenti normativi è, quindi, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che provvede, nel quadro del Servizio Nazionale di Protezione Civile, d’intesa con le altre amministrazioni civili e militari dello Stato e mediante il concorso degli enti pubblici territoriali, alla organizzazione del pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti causati da incidenti. Più precisamente, nel disimpegno di tale delicata competenza, il Ministero dell’Ambiente si avvale, a livello centrale, della Direzione per la Protezione della Natura (ex Servizio difesa Mare - DIFMAR) e dell’Istituto Centrale di Ricerca Applicata al Mare (ICRAM), entrambi istituiti presso lo stesso Ministero. A livello periferico, organi funzionalmente dipendenti, in questo specifico campo, dal Dicastero dell’Ambiente sono, invece, le Capitanerie di Porto, alle quali la normativa vigente assegna il compito di attuare il c.d. “pronto intervento”, in stretto contatto con i Centri Operativi Periferici esistenti presso i Servizi Supporto Navale (S.S.N..) delle Direzioni Marittime.

[2] [4] [4] Inquinamenti da idrocarburi: la conseguenza dell’immissione in mare di petroli e derivati, elencati nell’Allegato 1 e relativi aggiornamenti della Marpol 73/78, nonché dall’Allegato A della Legge n. 979/82  e successive modificazioni. Inquinamenti da altre sostanze nocive: la conseguenza dell’immissione in mare delle sostanze elencate nell’Allegato II e relativi aggiornamenti alla Marpol 73/78, nonché di quelle di cui all’allegato A e successive integrazioni della legge 31.12.1982 n. 979

 

Pianificazione operativa

Nell’ipotesi di eventi di particolare gravità ovvero nel caso di inquinamneto da idrocarburi o da altre sostanze nocive, ove l’ampiezza dell’area inquinata o il grado di pericolo per le vitre umane, le popolazioni rivierasche, l’ambiente o l’economia della zona colpita, sia tale da determinare una situazione di emergenza, il Capo del Compartimento marittimo (vale a dire il Comandante della Capitaneria di Porto) competente per territorio, dichiara lo stato di “emergenza locale”, dando di ciò tempestiva comunicazione:

  1. al Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura[1] [5] [5]
  2. al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto
  3. al Centro Operativo Periferico di giurisdizione (C.O.P.)[2] [5] [5] [5]. Quest’ultimo, in particolare, assumerà direttamente la direzione delle operazioni qualora l’inquinamento riguardi le acque rientranti nella giurisdizione di due o più Compartimenti marittimi limitrofi, col compito di reperire e cordinare l’afflusso di ulteriori risorse a titolo non oneroso e la messa a disposizione delle stesse a favore del Capo del Compartimento colpito. Il C.O.P., una volta collegato con il sistema NISAT (Navigation Information System in Advanced Technology) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sarà in gardo di fornire in tempo reale all’Autorità Marittima locale tutte le informazioni contenute nella componente POLEM (Pollution Emergency) del sottosistema MAREM (Maritime Emergency) per una migliore gestione dell’emergenza.

L’attività di coordinamento e di direzione operativa degli interventi è assunta, allora, dal Comandante della Capitaneria di Porto. A tal fine ogni Capitaneria di Porto adotta un “Piano locale di pronto intervento antinquinamento” e può disporre di mezzi e dotazioni antinquinamento in convenzione con il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Tramite la Direzione Generale per la Protezione della Natura, a sua volta, Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare provvederà a dare immediata comunicazione dell’avvenuta dichiarazione dell’emergenza locale al Dipartimento della Protezione Civile – Centro Operativo Energenze Marittime (C.O.E.M.M.).

Va rilevato che qualora lo stato di emergenza locale riguardi un inquinamento che investi o minacci di investire la costa, con l’Autorità Marittima interagirà la Prefettura, nella veste di massimo Organo periferico di Protezione Civile, alla quale spetta la direzione e il coordinamento delle operazioni di bonifica svolte sulla terraferma, ferma in attuazione di un “Piano provinciale di emergenza di protezione civile” (per il caso di emergenza inquinamento marino in costa), ferma restando la responsabilità del Capo del Compartimento Marittimo per quanto concerne la direzione ed il coordinamento operativo, a livello locale, di tutte le operazioni in mare.

Diversa da quella sinora esaminata è l’ipotesi in cui l’emergenza derivante da un inquinamento marino sia tale da non poter essere fronteggiata con i mezzi a disposizione del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Qualora, infatti, l’emergenza locale non sia fronteggiabile con le risorse disponibili a livello locale, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - interessato dal Capo del Compartimento Marittimo colpito dall’inquinamento, per il tramite della Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto - deciderà in merito alla dichiarazione di stato di “emergenza nazionale” interessando il Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le procedure da seguire dopo tale dichiarazione sono regolamentate nel “Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive causate da incidenti in mare”.

Approvato con il D.M. 11.01.93. tale «Piano», in particolare, costituisce il “terzo livello temporale” di quello che può essere considerato come un unico piano operativo nazionale che vede ai primi due livelli, rispettivamente, i “Piani di pronto intervento locale” delle singole Capitanerie ed il “Piano di pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti causati da incidenti” approvato, quest’ultimo, con D.M. 03.3.87, dall’allora Ministro della Marina Mercantile. Si tratta di un piano dettagliato recante le modalità di intervento che le Autorità dello Stato, centrali e periferiche, con la collaborazione delle Regioni, devono porre in essere al fine di conseguire il massimo risultato possibile nell’azione di bonifica e di contenimento dei danni che possono essere causati a persone ed ambiente in seguito a simili eventi.

La "dichiarazione di emergenza nazionale", in attuazione della Legge n. 285/2002, avviene per Decreto emesso da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri. In emergenza nazionale, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del “Piano di pronto intervento nazionale”. In ogni caso il Capo del Compartimento mantiene il controllo operativo, a livello locale, delle forze a disposizione ed alla responsabilità dell’esecuzione di tutte le attività in mare, con esclusione delle attribuzioni riconducibili ai concetti di direzione e coordinamento delle operazioni, nominando a tal fine per il controloo tattico dei mezzi assegnati per la lotta antinquinamento il Comandante in zona (O.S.C.).

La dichiarazione dello stato di emergenza nazionale antinquinamento costituisce, in generale, la naturale conseguenza di una situazione di “grande inquinamento”, intendendosi, come tale, quello difficilmente contenibile e/o che coinvolga, a causa dell’estensione della zona interessata, più Centri Operativi Periferici (C.O.P.) ovvero che minacci tratti di costa e/o di litorale di particolare pregio e valore. A prescindere da valutazioni di carattere economico/ambientale, rientra, altresì, nella nozione di “grande inquinamento” anche l’immissione in mare di sostanze che costituiscano seria minaccia per l’incolumità e la salute delle popolazioni rivierasche. Inoltre, per quanto riguarda, in particolare, lo sversamento di idrocarburi, esiste un limite quantitativo, pari a 1.000 metri cubi, al di sopra del quale le immissioni sono convenzionalmente considerate “grandi inquinamenti”.

Sotto il profilo organizzativo, nel caso di emergenza nazionale, viene attivato, presso il Dicastero della Protezione Civile, il Centro Operativo Emergenza in Mare (C.O.E.M.) che ha il compito di seguire continuamente l’evolversi della situazione acquisendo tutti i dati e le notizie utili per consentire al titolare del Dicastero stesso di disimpegnare al meglio la propria attività direttiva e di coordinamento di tutte le forze impegnate.

Nello svolgimento di tale delicata attività, il Dipartimento della Protezione Civile si avvale, altresì, a livello periferico, dei Centri Operativi Periferici e dei Capi di Compartimento Marittimo mentre, a livello centrale, di notevole ausilio risulta l’opera svolta dal Comitato Tecnico - Scientifico (previsto dal D.M.11.8.90) e dalla Direzione per la Protezione della Natura (ex Servizio difesa Mare - DIFMAR), a sua volta collegato al Centro Nazionale di Coordinamento e Raccolta Dati (esistente presso la stessa Direzione) ed alla Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto (Maricogecap).

Un’ulteriore ipotesi di emergenza che può verificarsi è, infine, quella in cui si renda necessaria l’attuazione di un intervento antinquinamento in acque internazionali al fine di scongiurare la possibilità di danni alle coste ed all’ecosistema delle nostre acque territoriali e interne. Tale intervento è previsto e disciplinato, a livello internazionale, dalla Convenzione di Bruxelles del 1969, meglio nota come “Intervention 69”, alla quale è stata data regolare attuazione nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.

In particolare, l’art.1 del D.M.25.9.95, in considerazione della particolarità e delicatezza dell’intervento in alto mare e della complessità degli interessi che, in questo caso, possono essere coinvolti, ha precisato che la relativa decisione deve essere adottata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare solo previa intesa con i Ministeri degli Affari Esteri e della Difesa, sentiti il Ministero dei Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dello Sviluppo Economico.

Una volta adottata tale decisione, la direzione delle operazioni sarà assunta dal Direttore Generale per la Protezione della natura (o da un suo delegato) il quale, qualora l’intervento risulti alquanto  complesso, si avvarrà dell’opera del Comitato Permanente Interministeriale di Pronto Intervento (previsto dal D.P.R. 504/78) che, in questo caso (come in altri di una certa gravità), viene convocato d’urgenza tramite il C.O.A. della stessa Direzione per la Protezione della Natura.

L’attivazione, nei diversi stati di emergenza sopra esaminati, della struttura organizzativa del “pronto intervento” antinquinamento, per poter produrre risultati soddisfacenti, deve essere necessariamente connotata, come è ovvio, dal requisito della tempestività. A tal fine, il Protocollo I alla Convenzione Marpol 73/78 e l’art.12 della L. 979/82 prevedono che nel caso di avarie o incidenti suscettibili di arrecare danno all’ambiente marino attraverso lo sversamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, il comandante, l’armatore o il proprietario della nave debbano  informare, senza indugio, l’Autorità Marittima più vicina al luogo del sinistro, adottando, nel contempo,  “ogni misura che risulti al momento possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti”.

In questo caso i summenzionati soggetti vengono «diffidati» ad adottare le suddette misure dalla stessa Autorità Marittima la quale, nel caso in cui  tale diffida resti  senza effetto ovvero non produca gli effetti sperati entro un termine a tal fine assegnato, provvederà ad eseguire gli interventi necessari per conto dell’armatore o del proprietario, recuperando poi dagli stessi le spese sostenute. Nei casi di comprovata urgenza, tuttavia, l’Autorità Marittima adotterà tali interventi, sempre per conto dell’armatore o del proprietario, anche in assenza della preventiva diffida.

Va aggiunto che, al fine di rendere gli interventi antinquinamento “mirati” e, quindi, efficaci,, le segnalazioni circa la presenza in mare di sostanze inquinanti dovranno essere quanto più possibile dettagliate con riferimento, in particolare, alle condimeteo in atto, alla esatta posizione ed estensione della “macchia”, alla natura, alla quantità ed alla denominazione tecnica delle sostanze sversate. Nel caso di trasporto in colli, inoltre, occorrerà fare riferimento anche al tipo ed alle condizioni dell’imballaggio, indicando, altresì, il nome del fabbricante, del caricatore e del destinatario del carico.

Tali dati, nel caso in cui a ciò non provveda la nave che ha provocato l’inquinamento, dovranno essere forniti, ove possibile, da chiunque rilevi l’immissione in mare di sostanze inquinanti. Infatti, va ricordato che l’obbligo di segnalare uno stato di inquinamento marino sussiste non solo a carico dei soggetti individuati dalle summenzionate disposizioni normative, ma anche dei Comandanti di qualsiasi unità aeronavale, civile o militare.

 


 [1] [5] [5]La Direzione generale svolge le funzioni previste dall’art. 5 D.P.R. 3 agosto 2009, n. 140. Per l’espletamento dei propri compiti, la Direzione è articolata nelle seguenti sette Divisioni.

[2] [5]Organo periferico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al momento non operativo. Fino alla sua attivazione le funzioni del C.O.P. sono svolte dalla Direzione Marittima di giurisdizione. 

 

[5]

[5] [5] [5]

Diffida

Il sottoscritto ____________(CP) Capo del Compartimento Marittimo di _________________,

Visti gli artt. 11 e 12 della legge 31.12.82 n° 979;

Considerata l’oggettiva possibilità di arrecare danni all’ambiente marino, al litorale e agli interessi connessi, a causa del versamento in mare (descrivere sinteticamente l’ evento) _____________________________________________________________________________

 

D I F F I D A

 

la _____________ nella qualità di ______________ affinché provveda ad adottare urgentemente ogni misura ritenuta necessaria, e comunque entro e non oltre __________, atta ad eliminare gli effetti dannosi già prodotti e prevenire ulteriore pericolo di inquinamento.

L’adozione delle predette misure deve essere preventivamente autorizzata dall’Autorità Marittima.

Nel caso che la presente diffida resti senza effetto, ovvero non produca gli effetti sperati, questa Autorità Marittima farà eseguire le misure necessarie per conto della S.V. recuperando successivamente, nei termini di legge, le spese sostenute.

 

______________, lì__________

 

IL CAPO DEL COMPARTIMENTO MARITTIMO

 

 

RELATA DI NOTIFICA 

 

Il sottoscritto ________________________________________ dichiara di aver notificato la presente diffida il giorno__________________

al sig .__________________________ alle ore _________ firma _______________________

 

Il notificatore

__________________________

 

Organi responsabili

Spetta all’Amministrazione Marittima provvedere a fronteggiare in mare gli inquinamenti causati da immissione anche accidentale di idrocarburi o altre sostanze nocive provenienti da qualsiasi fonte e suscettibili di arrecare danno all’ambiente marino, al litorale e agli interessi connessi.

In detta evenienza l’Autorità Marittima, nella cui area di competenza si verifichi l’inquinamento o la minaccia di inquinamento, è tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle di rimozione del carico o della nave, allo scopo di prevenire che la minaccia d'inquinamento possa evolvere in inquinamento reale ed eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli, qualora risulti tecnicamente impossibile eliminarli.

Nell’ipotesi in cui il pericolo di inquinamento in atto sia tale da determinare una situazione di "emergenza", nell’ambito delle acque ricadenti sotto la giurisdizione della Capitaneria di Porto, il Capo del Compartimento Marittimo dichiara l’«emergenza locale», assumendo la direzione di tutte le operazioni fino al momento in cui non venga dichiarato lo stato di emergenza nazionale e coordinando gli interventi delle Amministrazioni ed Enti pubblici e privati finché esso non venga assunto dal Dipartimento della Protezione Civile, in emergenza nazionale.

Nel caso in cui l’inquinamento interessasse anche le acque di altri Compartimenti Marittimi, le misure del piano dovranno essere attuate in concorso con quelle dei piani emanati dai Compartimenti interessati finché esso non venga assunto dal Dipartimento della Protezione Civile, in emergenza nazionale

  • Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo

Nel caso l’inquinamento investa o minacci di investire la costa, la Prefettura–Ufficio Territoriale del Governo, nella veste di massimo Organo periferico di Protezione Civile, assume la direzione e il coordinamento operativo di tutte le "operazioni a terra", ai fini di difesa dell’incolumità delle popolazioni, dei loro interessi e della bonifica costiera. A tal fine è indispensabile mantenere un costante flusso informativo con la predetta Prefettura per i connessi aspetti di difesa della costa e fermo restando la responsabilità del Capo del Compartimento marittimo per quanto concerne la direzione ed il coordinamento operativo, a livello locale, di tutte le operazioni in mare.

La Prefettura esegue le operazioni previste nel "Piano provinciale di emergenza di protezione civile" per il caso di emergenza inquinamento marino in costa (al momento non risulta essere stato redatto)

  • Centri operativi periferici

Per inquinamenti, che interessano aree di mare o di litorale estese, non affrontabili con l’intervento dei mezzi localmente disponibili, il Capo del Compartimento richiede l’intervento di uno o più “Centri operativi periferici” (C.O.P.)[1] [5], mediante l’applicazione del “Piano di pronto intervento redatto dai predetti C.O.P”

In particolare, ai centri operativi spetta il compito di:

  1. reperire ulteriori risorse a titolo non oneroso, nell’ambito di sua giurisdizione, quando quelle a disposizione del Capo del Compartimento marittimo competente non sono sufficienti a contrastare l’inquinamento;
  2. coordinare l’afflusso delle suddette risorse e la messa a disposizione delle stesse a favore del Capo del Compartimento marittimo.

Il Centro Operativo Periferico, una volta collegato con il sistema NISAT (Navigation Information System in Advanced Technology) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sarà in grado di fornire in tempo reale all’Autorità Marittima locale tutte le informazioni contenute nella componente POLEM (Pollution Emergency) del sottosistema MAREM (Maritime Emergency), per una migliore gestione dell’emergenza (vedi messaggistica).

  • Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Terrirorio e del Mare

Il Dicastero è responsabile della definizione delle linee politico-programmatiche e della strategia nazionale in materia di difesa del mare, nel suo complesso. Attraverso la Direzione Generale per la Protezione della Natura (ex Servizio Difesa Mare - SDM) esplica, altresì, alcune importanti funzioni riguardanti la fase di risposta all’inquinamento, o ad essa connesse, quali:

  1. l’autorizzazione all’uso di prodotti disperdenti;
  2. la procedura di riconoscimento del debito;
  3. la procedura di compensazione dei danni presso il IOPC Fund nonché di coordinamento, d’intesa con gli altri Dicasteri interessati, delle attività dei servizi di cui alle lettere “a” e “c” (in parte) dell’art. 2 della L. 31.12.1982 n. 979, con esclusione degli aspetti operativi di emergenza;
  4. in emergenza locale, il reperimento a titolo oneroso delle risorse necessarie per combattere l’inquinamento, quando non risultino sufficienti quelle di cui il Compartimento Marittimo, può disporre a titolo non oneroso, ivi comprese quelle che il Capo del Compartimento può reperire, attraverso il COP. In questo caso la Direzione Generale per la Protezione della Natura, reperite le risorse, ne coordina l’afflusso e la loro messaa disposizione del Capo del Compartimento marittimo, che rimane responsabile della direzione degli interventi e del connesso coordinamento operativo.
  5. il monitoraggio ambientale e la valutazione di danno ambientale.

Nell’ipotesi di cui all’art. 2 del D.P.R. 504/78 (inquinamento in alto mare) il Ministero dell’Ambiente, e della Tutela del Territorio e del Mare previa intesa con i Ministri degli Esteri, Difesa, Sviluppo Economico ed Infrastruttire e Trasporti, assume la direzione di tutte le operazioni, durante l’emergenza, secondo le indicazioni operative contenute nel “Manuale delle procedure operative in materia di tutela e difesa dell’ambiente marino e per gli interventi di emergenza in mare”, edizione 1987 dell’ex Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare – Centro Operativo Antinquinamento.

Presso il Gabinetto del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è istituito il Reparto Ambientale Marino (R.A.M.), composto da personale appartenente al Corpo delle Capitanerie di Porto. Tale Reparto svolge un’attività di organizzazione e raccordo tra suddetto Dicastero e la struttura amministrativa periferica rappresentata dai vari Comando di Porto.

  • Il Dipartimento della Protezione Civile

Il Dipartimento è responsabile della direzione di tutte le operazioni una volta dichiarato lo stato di "emergenza nazionale", nonché del reperimento di tutte le risorse necessarie. All’interno del Dipartimento della protezione civile è inserito il Centro Operativo Emergenza Marittime (C.O.E.M.M.) - con personale appartenente al Corpo delle Capitanerie di Porto, il quale provvede alla gestione operativa dell’emergenza in caso di attivazione del “Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive causate da incidenti in mare”.

Il C.O.E.M.M. studia tutte le problematiche connesse all’inquinamento marino cagionato da idrocarburi o da altre sostanze nocive, curando i rapporti con enti ed organismi nazionali ed internazionali operanti in materia e presiede e coordina, altresì, l’attività del Comitato tecnico-scientifico.

Presso il Dipartimento della Protezione Civile è attivo un Centro di Coordinamento denominato SISTEMA che opera 24 ore su 24 per tutto l’anno e nel quale èp presente un operatore del Corpo delle Capitanerie di Porto. SISTEMA mantiene un collegamento operativo ed informativo costante con il Centro di informazione e monitoraggio di Bruxelles (MIC) della Commissione Europea il quale, tra le varie funzioni, ha quella di coordinare le richieste e le offerte d’aiuto per il Paese colpito dall’emergenza nell’ambito del Meccanismo Europea di Protezione Civile. 

 


[1] [5]Organo periferico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al momento non operativo. Fino alla sua attivazione le funzioni del C.O.P. sono svolte dalla Direzione Marittima di giurisdizione.

Fasi dell' Emergenza

Ai fini e per gli scopi del piano operativo, si definisce “emergenza in mare” ogni situazione eccezionale, comunque originata e causata, caratterizzata dalla presenza di inquinamento o imminente pericolo di inquinamento del mare e delle coste da idrocarburi o da altre sostanze nocive, suscettibile di creare anche una grave minaccia per la vita umana, le popolazioni rivierasche, l’ambiente e l’economia della zona colpita.

► L’emergenza consta di due fasi:

  1. emergenza locale;
  2. emergenza nazionale.

L’emergenza locale è l’ipotesi prevista dal comma 2 dell’art. 11 della legge 21/12/82 n. 979. Essa è dichiarata dal Capo del Compartimento marittimo colpito, o minacciato di essere colpito da inquinamento da idrocarburi o da altre sostanze nocive, ove, per l’ampiezza dell’area inquinata, ovvero per il grado di pericolo che tale situazione costituisce, o può costituire, per le vite umane, le popolazioni rivierasche, l’ambiente, o l’economia della zona colpita, si richieda, anche attraverso l’attivazione di procedure espressamente previste per tale tipo di situazione, la mobilitazione di risorse che, per qualità e quantità, eccedano quelle di cui normalmente il Capo del Compartimento marittimo dispone.

Dichiarata l’emergenza locale, il Capo del Compartimento marittimo assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del presente “Pano operativo di pronto intervento locale”, dando di ciò tempestiva comunicazione al Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto e al Centro Operativo Periferico di giurisdizione (C.O.P.).

L’emergenza nazionale è l’ipotesi prevista dal comma 4 dell’art. 11 della legge 31.12.1982 n. 979. Essa è promossa dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, su richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare interessato a tal fine dal Capo del Compartimento marittimo colpito dall’inquinamento, per il tramite della Centrale Operativa (C.O) del Comando Generale nel caso in cui l’emergenza locale non sia fronteggiabile con i mezzi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare disponibili a livello locale.

  • Allarme

Chiunque rilevi la presenza di idrocarburi o abbia comunque cognizione di una immissione o di una minaccia di immissione di idrocarburi o di altre sostanze nocive nelle acque del Compartimento Marittimo interessato, deve darne rapida e tempestiva segnalazione alla Capitaneria di Porto competente oppure alla più vicina Autorità Marittima, ad un ufficio di P.S., alla stazione C.C. o al Sindaco competente per territorio. Tale segnalazione, oltre che a mezzo telefono utilizzando il numero blu 1530 potrà essere data:

  1. a mezzo VHF sulla frequenza 156,88 MHz (canale 16);
  2. in qualsiasi altro modo efficiente.

La segnalazione di allarme dovrà specificare:

  1. il mittente;
  2. la zona di mare interessata dall’inquinamento e ove sia possibile le sommarie caratteristiche dell’inquinamento stesso (fonte, specie, entità, condizioni meteorologiche in zona ecc.)
  3. gli eventuali provvedimenti già adottati o in corso di adozione.

In particolare, i “messaggi rapporto” che il Comandante, l’armatore o il proprietario della nave, di un mezzo o di un impianto responsabile dell’inquinamento o della minaccia di inquinamento sono obbligati ad inviare, a norma del prot. I alla convenzione MARPOL 73/78 e della L. 979/82 art.12, devono comunque contenere, ad integrazione delle notizie generali di cui sopra, i seguenti dati:

  1. natura delle sostanze nocive in causa, ivi compresa la loro esatta denominazione tecnica;
  2. le quantità esatte o approssimative, la concentrazione, nonché il probabile stato delle sostanze nocive scaricate o suscettibili di essere scaricate in mare;
  3. la descrizione dell’eventuale imballaggio ed i segni di identificazione;
  4. il nome del fabbricante, del caricatore e del destinatario.

La Sala Operativa della Capitaneria di Porto si attiva con il pronto intervento del Capo Sezione Operativa o Ufficiale/Sottufficiale d’ispezione e del Comandante che, dopo aver valutato l’entità dell’evento le sue modalità e gli eventuali responsabili, danno attuazione alle fasi di emergenza. Il Capo Sezione Operativa o l’Ufficiale/Sottufficiale d’ispezione, ove possibile si reca con i mezzi disponibili nella zona interessata e fornisce una prima valutazione dell’inquinamento in corso, soprattutto per quanto attiene all’ampiezza e alla natura; diversamente viene designato un Ufficiale/Sottufficiale appartenente anche alla struttura periferica più vicina al luogo dell’inquinamento, da inviare sul posto per riferire le informazioni necessarie.

Il Capo del Compartimento assume la supervisione e, valutata la situazione, può dichiarare lo stato di “emergenza locale” assumendo la direzione di tutte le operazioni oppure può non dichiarare lo stato di ”emergenza locale” mantenendo comunque il coordinamento di tutte le operazioni ovvero delegare il coordinamento.

Il Capo Servizio Operativo-Ambiente o, in sua assenza l’Ufficiale Superiore più anziano/reperibile, coordina e dispone l’intervento del personale e dei mezzi in relazione alle direttive impartite dal Comando.

Il Capo Sezione Operativa o, in sua assenza l’Ufficiale/Sottufficiale addetto alla Sala Operativa/d’ispezione, provvede affinché sia possibile:

  1. contattare con la nave o l’unità che ha generato la segnalazione;
  2. richiedere, qualora lo ritenga necessario, l’intervento di un velivolo per più particolareggiati rilievi e segnalazioni successive allo spostamento della massa inquinante;
  3. ordinare l’uscita in mare di una o più motovedette;
  4. disporre l’approntamento del personale, dei mezzi e dei materiali ritenuti adeguati all’emergenza;
  5. informare telefonicamente il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura e la Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, facendo quanto prima seguire le previste comunicazioni formali (vedi messagistica);
  6. dirottare/disporre l’intervento dei mezzi antinquinamento convenzionati con il Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare in grado di intervenire efficacemente;
  7. richiedere ove necessario, la partecipazione dei Comandi, Autorità, Comuni, Enti, Uffici e Società private interessate all’esecuzione del piano;
  8. segnalare alla Prefettura, all’Autorità Giudiziaria, alla Regione e ai Comuni interessati l’evento verificatosi, la zona colpita e gli interventi necessari per la bonifica costiera;
  9. nei casi di particolare necessità mettere in allarme altre Autorità o Enti non previsti nel presente piano (reparti Militari, Ospedali ecc.).
  10. mantenere costantemente il controllo ed il monitoraggio delle operazioni anche ai fini del successivo procedimento amministrativo di liquidazione di spesa per l’intervento di società private autorizzate.

Fasi Operative

L’emergenza consta di «due fasi operative». Allorché si ha notizia di un qualsiasi evento che possa costituire minaccia di inquinamento, ma di cui non si hanno ancora notizie certe o che vi è fondato pericolo di inquinamento, scatta la “ Fase di allertamento ” (Alerfa). In questa fase occorre verificare l’attendibilità della notizia e predisporre le misure necessarie per un eventuale pronto intervento. Verranno allertati il Ministero dell’Ambiente - Direzione Generale della Natura, la propria organizzazione e, ove del caso, la Prefettura-Ufficio del Territoriale del Governo.

Se la notizia che la minaccia di inquinamento è fondata o è in atto un inquinamento, scatta la “ Fase di pericolo ” (Detresfa) e quindi l’esecuzione delle operazioni. Il Capo del Compartimento marittimo interessato informerà al più presto, il Ministero dell’Ambiente - Direzione Generale della Natura, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto - Centrale Operativa, la Prefettura-Ufficio del Territoriale del Governo e il Centro Operativo Periferico di giurisdizione.

In questa fase occorre verificare l’attendibilità della notizia e predisporre le misure necessarie per un eventuale pronto intervento, allertando i mezzi più idonei a disposizione nell’ambito del Compartimento Marittimo.

  • Fase di Allertamento (ALERFA)

Verificata l’attendibilità della notizia, si procede a predisporre le misure necessarie per un eventuale pronto intervento, con contestuale allertamento dei mezzi a disposizione nell’ambito del Compartimento Marittimo interessato dalla minaccia di inquinamento o dall'inquinamento in atto. In questa fase occorre, altresì, assumere il maggior numero di informazioni relativamente all’inquinamento (localizzazione, natura, quantità, superficie coperta e struttura della macchia); le cause o condizioni che lo hanno prodotto (sinistro marittimo, sversamento volontario o colposo, condizioni climatiche particolari, ecc.); orario in cui è iniziato lo sversamento ed infine, individuare i presunti responsabili (nazionalità e nome della nave, identità del Comandante, del suo Armatore ed dell’Agente marittimo).

Si procederà ad allertare il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto – Centrale Operativa e, ove del caso, la Prefettura-Ufficio del Territoriale del Governo competente per territorio, l’Amministrazione Comunale interessata dall’eventuale spiaggiamento nonché altri Enti interessati richiedendo se del caso, qualora le risorse a disposizione non dovessere risultare idonee o insufficienti a fronterggiare l’inquinamento, richiedere l’autorizzazione all’impiego delle risorse e mezzi non dipendenti alla Direzione generale-Div. VI^-Centro Operativo Emergenze in mare (C.O.E.M)

► La fase di allertamento può concludersi con:

  1. l’accertamento dell’inesistenza di inquinamento o minaccia di inquinamento;
  2. l’inizio della fase di pericolo, ossia delle operazioni d’intervento antinquinamento.

Se la notizia che la minaccia di inquinamento è fondata o è in atto un inquinamento, scatta la“Fase di pericolo (Detresfa)”e quindil’esecuzione delle operazioni.

  • Fase di Pericolo  (DETRESFA)

Verificata la fondatezza della notizia di minaccia di inquinamento o inquinamento in atto, il Capo del Compartimento marittimo colpito predispone il piano per le operazioni (c.d Schema sulle priorità d’intervento operativo immediato) e  informa immediatamente, circa l’evolversi della situazione, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura, la Centrale Operativa del Comando Generale delle capitanerie di Porto, il Reparto Ambiente Marino (R.A.M.), la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo e il Centro Operativo Periferico di giurisdizione (la cui funzione è svolta dalla Direzione Marittima competente), la Regione, la Provincia, i Comuni rivieraschi interessati e il Dipartimento della Protezione Civile (per conoscenza).

Il Capo del Compartimento marittimo dovrà valutare, se neccessario, la possibilità di emanare un’ Ordinanza d’interdizione dell’area (zona di mare o di litorale) interessata dalla minaccia di inquinamento o inquinamento in atto o comunque dalle operazioni di disinquinamento, al fine di delimitare e sterilizzare la zona o impedirne l’accesso ai soggetti estranei alle suddette attività.

Si dovranno inoltre assumere informazioni allo scopo di prevedere il possibile impatto ambientale e l’utilizzo delle appropriate tecniche di disinquinamento, come ad esempio:

  1. condizioni meteorologiche (vento, corrente, altezza delle onde, previsioni, ecc.);
  2. condizioni geografiche (tipologia delle coste, riserve marine, zone di interesse turistico-balneare, zone di interesse ittico, ecc.)

Al fine di fronteggiare l’emergenza, previa autorizzazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con la Prefettura e Sindaci dei comuni rivieraschi interessati, il Capo del Compartimento marittimo predisporrà l’intervento dei mezzi, uomini e materiali a disposizione e qualora tali risorse non fossero sufficienti, informare Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare–Direzione Generale per la Protezione della Natura per gli opportuni interventi di competenza.

Qualora, per motivi di urgenza, si sia verificata la necessità di assicurare l’immediata disponibilità di materiale di pronto impiego, il Capo del Compartimento Marittimo, previa autorizzazione del suddetto Dicastero, attuerà le procedure contrattuali previste dall’art 13 legge 979/82.

Valutata la necessità di convocare il Centro Comando e Controllo Locale Antinquinamento, il Capo del Compartimento infine potrà dichiarare l’emergenza locale oppure, tramite la Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, interessare il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al fine di richiedere alla Presidenza del Consiglio dei Minuistri, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, il promuovimento della dichiarazione di emergenza nazionale.

 

Situazioni Operative

L’attivazione, nei diversi stati di emergenza, della struttura organizzativa del “pronto intervento” antinquinamento, per poter produrre risultati soddisfacenti, deve essere necessariamente connotata, come è ovvio, dal requisito della «tempestività». Alla notizia di inquinamento, o di minaccia di inquinamento, comunque pervenuta, l’Autorità marittima è tenuta a disporre tutte le misure necessarie allo scopo di prevenire gli effetti inquinanti, ovvero eliminarli o attenuarli, qualora fosse tecnicamente impossibile eliminarli.

Qualunque inquinamento, indipendentemente dalla dichiarazione di emergenza locale, richiede interventi caratterizzati da rapidità nelle decisioni e nella scelta della strategia da adottare nonché rapidità di intervento. Inoltre, in considerazione che si è in presenza di un evento in grado di produrre comunque danni ambientali, sarà oltremodo opportuno che le scelte strategiche non siano condizionate da interessi di alcun genere se non quello, primario, di limitare i danni.

A prescindere da tale obbligo ad intervenire, vengono individuate due situazioni operative, in funzione dell’Autorità coordinatrice:

  • prima situazione operativa: quella in cui l’inquinamento interessa uno o più Compartimenti Marittimi ma la situazione non raggiunge una gravità tale da giustificare il passaggio allo stato di emergenza nazionale.
  • seconda situazione operativa: quella in cui la direzione delle operazioni e il coordinamento operativo degli interventi viene assunto dal Dipartimento della Protezione Civile una volta che sia stato dichiarato lo stato di “emergenza nazionale”.

 

Prima Situazione Operativa

E’ quella in cui l’inquinamento interessa uno o più Compartimenti Marittimi ma la situazione non raggiunge una gravità tale da giustificare il passaggio allo stato di emergenza nazionale.

Alla notizia di inquinamento o di minaccia di inquinamento, delle acque del mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive provenienti da qualsiasi fonte e suscettibile di arrecare danni all'ambiente marino, al litorale ed agli interessi connessi, il Capo del Compartimento marittimo nella cui giurisdizione si verifichi l'inquinamento o la minaccia di inquinamento, assume la direzione delle operazioni ed il coordinamento operativo degli interventi finché perdura la “prima situazione operativa, attivando se del caso il «piano di pronto intervento locale».

In questo caso il Capo del Compartimento, dopo aver provveduto alla «diffida» di cui l’art. 12 L. 979/82 (comprensiva della diffida ad attivare il SOPE (Shipboard Oil Pollution Emergency) PLAN ex regola 26, Allegato I, MARPOL n 73/78), mette in atto le azioni pertinenti e le seguenti misure:

  1. informa le Autorità centrali e locali interessate; acquisisce e verifica ogni informazione utile ed indispensabile a conseguire un quadro, il più completo possibile, della situazione;
  2. attiva il Centro Comando e Controllo, assumendone la direzione;
  3. assume, in base alle informazioni disponibili e alle conseguenti valutazioni, le decisioni operative di risposta, ivi comprese quelle riguardanti lo smaltimento dei prodotti recuperati;
  4. impiega i mezzi navali CP dipendenti;
  5. designa il “Comandante in zona” OSC;
  6. richiede l’intervento in concorso di eventuali mezzi navali e/o aerei degli altri Organi dello Stato che abbiano localmente disponibilità;
  7. richiede allo MRCC l’intervento e l’impiego degli aereomobili della Guardia Costiera; concordando con la “Sezione Telerivelamento Ambientale Istituzionale” (S.T.A.I.) del III Reparto Piani e Operazioni del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, l’eventuale attività di monitoraggio;
  8. ordina l’impiego di unità e mezzi antinquinamento di cui può disporre direttamente (ditte locali convenzionate) e quelli che gli vengano resi disponibili a titolo non oneroso (dall’armatore, dall’industria petrolifera, ecc.);
  9. richiede al Centro Operativo Periferico di giurisdizione la disponibilità di ulteriori unità a mezzi, reperibili nell’ambito del COP a titolo non oneroso;
  10. nel caso in cui la diffida di cui l’art. 12 L. 979/82 resti senza effetto, o non produca gli effetti nel periodo di tempo assegnato, fa eseguire per conto dell’armatore o del proprietario le misure ritenute necessarie, recuperando poi dagli stessi, le spese sostenute. Nei casi di comprovata urgenza, le misure potranno essere assunte indipendentemente dalla preventiva diffida a  provvedere;
  11. valuta l’opportunità di dichiarare l’emergenza locale, dandone tempestiva comunicazione al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto e al Centro Operativo Periferico di giurisdizione (C.O.P.). ;
  12. in emergenza locale, quando la gravità della situazione e la seria minaccia per la pubblica incolumità, ovvero per l’ambiente, richiedono l’urgente e non rinviabile adozione di misure a titolo oneroso, per le quali non si riesca, per impossibilità oggettiva, a finalizzare la procedura di cui al comma 3, art. 13 L. 979/82, ordina e dispone gli interventi più urgenti, informando contestualmente il Ministero dell' Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la conseguente procedura di riconoscimento del debito (Cassazione civile, sez. unite: sentenza 08455 del 20.08.1995);
  13. richiede al Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura:  l’intervento dei pattugliatori della Marina Militare classe Cassiopea;  l’autorizzazione ad utilizzare prodotti disperdenti, da scegliersi fra quelli ritenuti utilizzabili dal predetto Ministero; ulteriori risorse reperibili, a titolo oneroso, in ambito nazionale ed internazionale.
  14. chiede, se necessario, l’emanazione di AVURNAV all’ACP/CMMA e di NOTAM alla Centrale Operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto che interesserà, a tal fine, i competenti Organi aeronautici;
  15. chiede, ove lo ritenga opportuno, al Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto l’invio in missione di Ufficiali del Corpo esperti in particolari discipline, del cui supporto ritenga indispensabile avvalersi;
  16. chiede al gestore locale della rete telefonica fissa l’urgente installazione e messa in funzione di linee aggiuntive telefoniche e telefax, per una migliore gestione del traffico in emergenza;
  17. tiene costantemente informati: il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per la Protezione della Natura, per il tramite del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, la Prefettura e il Centro Operativo Periferico di giurisdizione e, ove del caso, la Regione, Provincia ed i Comuni rivieraschi interessati per l'eventualità che si possa determinare una delle situazioni operative successive;
  18. disporre immediatamente gli opportuni accertamenti di polizia giudiziaria tesi ad identificare i contravventori e ad assicurare alla giustizia gli elementi probatori che emergessero durante il corso delle indagini, informando l'Autorità Giudiziaria.
  • La prima situazione operativa cessa quando:
  1. viene a cessare la situazione di emergenza che l’ha ordinata;
  2. la responsabilità del coordinamento operativo passa all’Autorità Centrale (Dipartimento della Protezione Civile), qualora sia stata dichiarata l’emergenza nazionale.

Seconda Situazione Operativa

Qualora l’emergenza locale non sia fronteggiabile con le risorse disponibili a livello locale, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, richiede alla Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Protezione Civile, di promuovere la dichiarazione di “emergenza nazionale” interessando il Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La direzione delle operazioni e il coordinamento operativo degli interventi viene assunto dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile sulla base del "piano di pronto intervento nazionale" adottato dagli Organi del Servizio Nazionale della Protezione Civile.

I compiti del Capo del Compartimento marittimo in “seconda situazione operativa” rimangono quelli previsti dalla vigente normativa: si limitano al controllo operativo delle forze a disposizione ed alla responsabilità dell'esecuzione delle attività in mare, con esclusione delle attribuzioni riconducibili ai concetti di direzione e coordinamento delle operazioni.

Il Comandante in zona (O.S.C.), precedentemente nominato dal Capo del Compartimento Marittimo manterrà il controllo tattico dei mezzi assegnati per la lotta antinquinamento.

  • La seconda situazione operativa cessa:
  con il cessare dell’emergenza

 

Coordinamento delle Operazioni in Zona

Allo scopo di ottenere organicità, efficienza e rendimento nell’attività antinquinamento delle unità e dei mezzi impiegati nelle operazioni in mare, è necessario, che le relative attività siano anche direttamente coordinate nella zona delle operazioni da un “Comandante sul posto” (OSC), il quale viene designato dal Capo del Compartimento secondo i seguenti criteri:

  • Comandante di unità navale/aeromobile delle Capitanerie di Porto operante in zona;
  • Ufficiale del Corpo delle Capitanerie di Porto imbarcato per l’esigenza su mezzo navale, anche privato, operante in zona.

L’ O.S.C., responsabile del coordinamento in zona, deve svolgere i seguenti compiti, qualora non ancora espletati dall’Autorità responsabile della direzione delle operazioni:

  1. assegnare ai mezzi e alle unità disponibili i compiti e le zone di lavoro, sulla base delle direttive generali ricevute dall’Autorità responsabile;
  2. in esecuzione delle direttive dell’Autorità responsabile della direzione delle operazioni, stabilire le priorità di intervento in zona, anche con riferimento alle aree più sensibili, ovvero quelle che richiedono una difesa più accurata;
  3. designare le unità più idonee ad effettuare determinati compiti, e stabilirne l’avvicinamento, la rotazione, la sostituzione;
  4. coordinare le operazioni e fare rapporti periodici sull’andamento degli interventi e sui cambiamenti di situazione.
  • L'O.S.C può altresì proporre all'Autorità che dirige le operazioni di:
  1. cambiare le zone di intervento alla luce dell'evoluzione delle situazioni;
  2. modificare la strategia; ridistribuire i compiti alle unità in zona, tenuto conto dei risultati ottenuti e di quelli che si vogliono perseguire;
  3. utilizzare mezzi e tecniche particolari;
  4. richiedere ulteriori risorse oppure ridurre quelle in campo.

 

Modalità Operative

Le modalità operative di intervento variano in relazione al tipo di «attuazione operativa» che si dovrà affrontare e possono essere condizionate dal tempo di permanenza in mare della sostanza inquinante. Particolarmente di dovrà agire per limitare il danno ambientale, indirizzando gli sforzi per conseguire la maggiore rapidità nell'intervento di bonifica che dovrà tendere alla: eliminazione della fonte inquinante e alla rimozione meccanica di quanto sversato in mare.

  • Segnalazione dell'inquinamento

Ricevuta la prima notizia riguardante un inquinamento, anche di origine ignota, ovvero un sinistro che stia causando o sia suscettibile di causare sversamento di idrocarburi o, comunque, immissione di sostanze nocive in mare, l’Autorità marittima locale, salvo che la fonte sia di per sé garanzia di veridicità e completezza dell’informazione, è tenuta a disporre ogni misura tesa a:

  1. verificare l’attendibilità della segnalazione;
  2. acquisire ogni dato utile e necessario per formulare una valutazione, la più completa, sull’ampiezza e la portata del fenomeno.

A tal fine utilizza i mezzi a propria disposizione per eseguire l’opportuna “attività di ricognizione” per la quale, ove necessario, può essere richiesto tramite il locale Servizio Supporto Navale di Zona Marittima, alla Centrale Operativa (C.O.) del Comando Generale delle Capitanerie di Porto l’intervento dei velivoli PL 166 DL3 della Guardia Costiera in configurazione “monitoraggio”, o, in concorso, di mezzi navali e aeromobili di altre Amministrazioni dello Stato disponibili in zona.

•  Attivazione del piano locale

Verificata la veridicità della notizia e acquisite attraverso la ricognizione le informazioni necessarie, l'Autorità Marittima:

  1. falso allarme;
  2. situazione che merita di essere tenuta sotto osservazione ma per la quale non è necessario prendere, al momento, ulteriori misure;
  3. situazione che richiede l’attivazione del piano locale di pronto intervento, a prescindere dalla dichiarazione di emergenza locale (competenza del Capo del Compartimento Marittimo)

In ogni caso vanno informati quantomeno il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la Protezione della Natura, e il Ministero dell Infrastrutture e dei Trasporti , e Comando Generale delle Capitanerie di Porto - Centrale Operativa e il Centro Operativo Periferico di giurisdizione.

  • Centro Comando e Controllo Antinquinamento

L’attivazione dell’emergenza locale di pronto intervento può comportare, a giudizio del Capo del Compartimento, la costituzione, nel suo ufficio, del “Centro Comando e Controllo Antinquinamento” (L.P.C.C. - Local Pollution Coordination Centre), costituito di “gruppi definiti” per le loro funzioni, che fanno capo e rispondono tutti al Capo del Compartimento che resta, per legge, il solo ed unico responsabile della direzione delle operazioni.

Il ruolo del L.P.C.C. è quindi quello di affiancare e supportare il Capo del Compartimento, aiutandolo nell’attività di direzione e coordinamento degli interventi.

Per la gestione di tali attività è necessario:

  1. determinare la gravità della situazione in mare e lungo le coste;
  2. stabilire una strategia ed una scala di priorità degli interventi;
  3. decidere il tipo di risposta, tenendo anche conto degli interessi economici delle popolazioni colpite e delle esigenze ambientali;
  4. ottenere la disponibilità di risorse, anche in termini di autorizzazioni alla spesa;
  5. stabilire in tempo una strategia per il trattamento e lo smaltimento degli olii raccolti e di ogni altro residuo oleoso, o contaminato, da ricevere a terra e avviare a discarica;
  6. registrare ogni evento, valutazioni collegiali, ordini, decisioni, che successivamente, potranno incidere su questioni di carattere assicurativo e amministrativo;
  7. mantenere un costante collegamento con la gerarchia e le Autorità di Governo.
  • Struttura del C.L.P.C.C.

E’ strutturato in due livelli:

Il primo, cuore del sistema, è articolato in:

  1. Comitato direttivo (con compiti decisionali)
  2. Comitato tecnico (con compiti tecnici)
  3. Comitato logistico (con compiti esecutivi)

Il secondo, di supporto, è suddiviso in:

  1. gruppo finanziario;
  2. gruppo amministrativo;
  3. gruppo ambientale;
  4. gruppo pubbliche relazioni;
  5. (ufficiale di collegamento)
  • Comitato direttivo

Il “Comitato direttivo”[1]ha compiti decisionali, ed è responsabile delle strategie generali. In particolare, si occupa di tutto quanto attiene:

  1. la scala di priorità, il tipo di risposta;
  2. gli aspetti finanziari generali delle operazioni;
  3. il coordinamento con le analoghe strutture delle altre Amministrazioni/Organismi coinvolti e i contatti con le Autorità di Governo, le Autorità locali, la gerarchia, la stampa, i cittadini;
  4. la emanazione dei “rapporti di situazione”, basati sulle notizie fornite dal “Comitato tecnico”.
  • Comitato tecnico

Il “Comitato tecnico”[2]è responsabile dello studio dei metodi e delle tecniche più adatte da utilizzare per combattere l’inquinamento, ivi compresi gli aspetti riguardanti il deposito temporaneo e lo smaltimento dei prodotti inquinanti e dei residui oleosi/contaminati recuperati.

Oltre ai compiti prettamente tecnici, si occupa di:

  1. dislocare le risorse secondo le priorità indicate dal “Comitato direttivo”;
  2. aggiornare il “Comitato direttivo” sulla consistenza delle risorse;
  3. mantenere i contatti con le organizzazioni private sotto contratto e con le altre squadre operative, assegnando i compiti in attuazione delle decisioni assunte dal Capo del Compartimento, sentito il “Comitato direttivo”;
  4. aggiornare giornalmente il “Comitato direttivo” sulla situazione generale.
  • Comitato logistico [6] [6] [6] [6]

Il “Comitato logistico” [3] è responsabile dell’attività di reperimento delle risorse, in stretto contatto con il “Comitato tecnico”:

Oltre ai compiti esecutivi,in particolare si occupa di coordinare gli aspetti connessi con:

  1. il trasporto e l’avvio delle risorse nelle zone e luoghi ove debbono operare;
  2. la ridislocazione delle risorse, a seconda delle mutate esigenze.

Il “Comitato logistico” mantiene costantemente aggiornato il “Comitato tecnico” sulla consistenza ed efficienza delle risorse in campo e disponibili.

  • Gruppi di supporto

Elementi indispensabile per il buon funzionamento del C.L.P.C.C. sono i “Gruppi di supporto”, costituiti dal personale addetto alle sezioni della Capitaneria (P.G., Naviglio, ecc.):

  1. il Gruppo finanziario
  2. il Gruppo amministrativo
  3. il Gruppo ambientale
  4. il Gruppo pubbliche relazioni

Il Gruppo finanziario, in stretto contatto con il “Comitato direttivo” e il “Comitato logistico”, mantiene costantemente aggiornati e sotto controllo gli aspetti legati alle spese che vengono impegnate a causa della gestione dell’emergenza.

Si occupa tra l’altro di:

  1. predisporre la documentazione giustificativa (tecnica e contabile), che deve, poi, essere utilizzata a supporto delle richieste di rimborso e/o compensazione assicurativa;
  2. fornire al “Comitato direttivo” una situazione giornaliera delle spese.

Il Gruppo amministrativo, responsabile del supporto generale al C.L.P.C.C., provvede:

  1. al coordinamento generale di tutte le attività all’interno del C.L.P.C.C., e al lavoro di segreteria (gestione del flusso di informazioni, registrazione, protocollo, corrispondenza, stesura dei verbali di riunione);
  2. all’aggiornamento dei quadri situazione, mappe e cartografia;
  3. al vitto e generi di conforto per il personale del C.L.P.C.C.;
  4. ai controlli di sicurezza.

Il “Gruppo ambientale”, in contatto con il “Comitato direttivo” e il “Comitato tecnico” si occupa:

  1. di fornire consigli, ove richiesti, su tutti gli aspetti ambientali riguardanti le zone colpite o minacciate, comprese questioni legate all’uso delle varie opzioni di risposta possibili;
  2. di avanzare ipotesi sull’impatto ambientale, in dipendenza dell’evolvere dell’inquinamento;
  3. di curare i contatti con i gruppi ambientalisti e di difesa della natura accreditati, ove ve ne siano.

Ed infine il “Gruppo pubbliche relazioni”, in stretto contatto con il Comitato direttivo, è responsabile:

  1. dei contatti con la stampa e gli altri organi di informazione;
  2. della preparazione e organizzazione delle conferenze stampa tenute dal Capo del Compartimento (o Ufficiale da lui delegato) insieme con il “Comitato direttivo;
  3. della distribuzione all’interno e all’esterno del CCC dei comunicati stampa;
  4. dell’organizzazione delle riunioni quotidiane del CCC presiedute dal Capo del Compartimento.

Per i contatti con le strutture decisionali/operative costituite presso le Autorità locali, il “Comitato direttivo” può avvalersi di uno, o più, ufficiali di collegamento.

  • Composizione del Centro Comando e Controllo

A far parte dei vari Organismi del “Centro di Comando e Controllo”, il Capo del Compartimento può chiamare anche personale estraneo al Corpo delle Capitanerie di Porto. Ove lo ritenga necessario il Capo del Compartimento marittimo può chiedere al Comando Generale delle Capitanerie di Porto l’invio di personale del Corpo, particolarmente esperto e preparato in particolari discipline (normativa internazionale e nazionale, aspetti tecnici legati agli inquinamenti, aspetti giuridico-amministrativi e assicurativi, comunicazioni, sistemi informatici, problemi ambientali, pubbliche relazioni, ecc.), in grado di fornirgli tutto l’aiuto ed il supporto indispensabile per una migliore e più efficace gestione dell’emergenza

 


[1] Composizione: Comandante, Comandante in 2^, capo Servizio Operativo-Ambiente, rappresentante Autorità portuale

[2] Composizione: capo Sezione Demanio, Capo Sezione Operativa, Capo Sezione Sicurezza Navigazione, Nostromo (quando l’evento interessa la zona portuale), Chimico del porto, Ente di classifica della Nave coinvolta (a richiesta dal Capo del Compartimento), Rappresentante Armamento della Nave coinvolta (a richiesta dal Capo del Compartimento), Rappresentante del Comune costiero (quando interessato), Rappresentante VV.FF. (a richiesta del Capo del Compartimento).

[3] Composizione: Capo Servizio Mezzi Navali, Capo Servizio Amministrativa, Capo Sezione Ambiente e Rappresentante Autorità Portuale.odalità operative

 

Luoghi Rifugio

Secondo quanto previsto dall'art. 20 del D.lgs. 19 agosto 2005, n. 196 il Capo del Compartimento marittimo, nell'ambito della applicazione operativa di pronto intervento locale antinquinamento, di cui all'art. 11[1] [5] della legge n. 979/82, individua le procedure per accogliere le navi in pericolo nelle acque di giurisdizione tenuto conto in via prioritaria dei vincoli ambientali e paesaggistici delle aree costiere ad alta valenza e vocazione turistica, nonché delle caratteristicghe e della tipologia della nave.

Le procedure adottate dagli Stati membri, in conformità con le pertinenti linee guida dell'IMO, stabiliscono dei piani per accogliere nelle acque sotto la loro giurisdizione le navi in pericolo. Detti piani indicano le necessarie modalità e procedure, tenuto conto dei vincoli operativi e ambientali, per assicurare che le navi in pericolo possano raggiungere immediatamente un «luogo di rifugio»[2] [5], previa autorizzazione dell'Autorità individuata dalla pianificazione operativa di pronto intervento locale antinquinamento in relazione al livello di emergenza in corso.
Restano impregiudicati la disciplina ed i relativi piani in materia di ricerca e salvataggio nei casi di pericolo per la vita umana in mare.

Quando una nave mercantile  viene a trovarsi in serie difficoltà a causa di un incidente che potrebbe determinare la perdita dell’unità o causare un pericolo per l’ambiente o per la sicurezza della navigazione ovvero ha bisogno di assistenza senza, comunque, mettere in causa il rischio della salvaguardia della vita in mare, il modo migliore per prevenire danni o inquinamenti dovuti dal progressivo peggioramento delle sue condizioni, sarebbe quello di alleggerire la nave dal suo carico e del combustibile, riparando inoltre il danno. Per tale ragione la nave dovrebbe essere ricoverata sottocosta oppure all’interno di un porto o al contrario allontanata verso il largo.

E’ preferibile che il Comandante della nave richieda l’ assistenza ed eventuale accesso ad un «luogo rifugio» all’Autorità dello Stato costiero in quanto risulterebbe quasi impossibile trattare efficacemente un incidente marittimo in mare aperto. Per questa ragione, si ritiene vantaggioso mandare una nave in un luogo rifugio,  per limitare l’estensione di litorale minacciato e dove  procedere ad un trasferimento del carico o a qualsiasi altra operazione al fine di prevenire o minimizzare i danni o l’inquinamento.

Lo Stato costiero al fine di designare un luogo rifugio deve procedere ad un’analisi dei vantaggi e degli inconvenienti che permettono ad una nave che ha bisogno di assistenza di dirigersi verso un luogo rifugio idoneo, prendendo in considerazione alcuni importanti parametri di valutazione - tenuto conto dei rischi collegati - alla messa a punto dei luoghi di rifugio, in quelle  aree di transito particolarmente sensibili e suscettibili di essere messi in pericolo dall’arrivo della nave sinistrata

Nella valutazione della scelta e messa a punto dei luoghi di rifugio entrano in gioco - oltre quello ambientale e sociale – altri fattori legati alle condizioni naturali della zona ineteressata come ad esempio:

  1. venti dominanti e adeguata protezione contro i venti ed il mare forte;
  2. maree e correnti di maree;
  3. condizioni meteorologiche e stato del mare;
  4. statistiche locali meteorologiche ed il numero di giorni di inoperabilità o inaccessibilità;
  5. profondità massima e minima d’acqua;
  6. informazioni sullo stato del fondale nell’evevtualità di un arenamento della nave sinistrata (duro, franoso, sabbioso);
  7. spazio sufficiente per manovrare la nave (pu prisa dei mezzi di propulsione), ecc.

 

Luogo di Rifugio

 


[1] [5] [5] Si riporta il testo dell'art. 11 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante: «Disposizioni per la difesa del mare».

«Art. 11. Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque del mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive, provenienti da qualsiasi fonte o suscettibili di arrecare danni all'ambiente marino, al litorale agli interessi connessi, l'autorita' marittima, nella cui area di competenza si verifichi l'inquinamento o la minaccia di inquinamento, e' tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico del natante, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli.

Qualora il pericolo di inquinamento o l'inquinamento in atto sia tale da determinare una situazione di emergenza, il capo del compartimento marittimo competente per territorio dichiara l'emergenza locale, dandone immediata comunicazione al Ministro della marina mercantile, ed assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano operativo di pronto intervento locale, ferme restando le attribuzioni di ogni amministrazione nell'esecuzione dei compiti di istituto, da lui adottato d'intesa con gli organi del servizio nazionale della protezione civile. Il Ministro della marina mercantile da' immediata comunicazione della dichiarazione di emergenza locale al servizio nazionale della protezione civile tramite l'Ispettorato centrale per la difesa del mare di cui al successivo art. 34. Quando l'emergenza non e' fronteggiabile con i mezzi di cui il Ministero della marina mercantile dispone, il Ministro della marina mercantile chiede al Ministro della protezione civile di promuovere la dichiarazione di emergenza nazionale. In tal caso il Ministro della protezione civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano di pronto intervento nazionale adottato dagli organi del Servizio nazionale per la protezione civile. Restano ferme le norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 maggio 1978, n. 504, per l'intervento in alto mare in caso di sinistri ed avarie a navi battenti bandiera straniera che possano causare inquinamento o pericolo di inquinamento all'ambiente marino, o al litorale.».

[2] [5]Il porto, la parte del porto o qualsiasi altro luogo di ancoraggio o ormeggio protetto o qualsiasi altra area riparata individuata da uno Stato membro per accogliere una nave in pericolo.

Azioni da richiedere ed informazioni da fornire al Comandante di una nave che richiede assistenza

Allorquando un’autorizzazione di accesso ad un luogo rifugio è richiesta, lo Stato costiero non è affatto tenuto ad accordarlo. Portare infatti, una nave in un luogo rifugio sottocosta in una zona sensibile, come le zone di grande valore ecologico suscettibile di essere colpito da eventuale inquinamento, può comportare alcuni rischi per lo Stato costiero, sia dal punto di vita economico che sociale (risorse attrattive e turistiche). Le Autorità locali e le popolazioni rivierasche potrebbero essere riluttanti ad eccettare navi sinistrate o danneggiate nella loro area di responsabilità proprio in virtù del potenziale danno ambientale e minaccia per la sicurezza pubblica.

Il contatto nave – Autorità Stato costiero per il trasferimento dei dati in ordine alla valutazione della situazione reale e delle ragioni per cui la nave ha bisogno di assistenza è reso possibile dall’intermediario del «Servizio Assistenza Marittima» (M.A.S.)[1] [5] dello Stato costiero il quale notifica al Comandante i mezzi e le misure che egli può mettere a disposizione per l’assistenza o l’accoglienza della nave. In attesa che venga individuato ufficialmemte il Servizio Assistenza Marittima (MAS), la responsabilità di acquisire le notizie e costituire il punto di contatto tra il comando di bordo e le Autorità dello Stato costiero sono devolute alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto, in veste di MAS.

Il Comandante della nave, valutata la situazione con l’aiuto della sua Compagnia,  dovrà fornire alla Sala Operativa, oltre che i dati identificativi dell’unità, una stima delle conseguenze del sinistro (specificando se trattasi di guasto meccanico o strutturale, alterazione della stabilità, incendio a bordo estinto o ancora in atto, esplosione o collisione o incaglio, minaccia di inquinamento o inquinamento in atto). Sarà compito del Comandante dell’unità fornire, altresì, alla Sala Operativa - sulla base della valutazione delle condizioni meteo-marine, le probabilità e le possibili conseguenze di un potenziale incidente, tenendo conto della qualità e quantità di carico e carburante presente a bordo – precise indicazioni circa l’attuale posizione della nave, l’eventuale prosecuzione del  viaggio oppure il raggiungimento di un luogo di rifugio.

Sarà cura della Sala Operativa – una volta acquisite le informazioni necessarie al fine della valutazione della reale situazione  in cui versa la nave – fornire al Comandante dell’unità le indicazioni neccessarie in ordine ai servizi disponibili nell’area di giurisdizione, specificando se gli stessi potranno essere garantiti in mare aperto oppure in un luogo rifugio.

In caso di inquinamento o imminente pericolo di inquinamento il Capo del Compartimento Marittimo interessato, dovrà provvedere ex art. 11 L. 31 dicembre 1982, n. 789 ad emettere apposita “Diffida”, attivando la procedura di “analisi” dei dati acquisiti al fine di valutare l’opportunità e la possibilità di permettere alla nave di accedere ad un luogo rifugio, qualora ne abbia fatto specifica richiesta.

  • Procedura di analisi dei dati acquisiti da parte della Sala Operativa, in veste di MAS

Al fine di procedere alla individuazione di un luogo rifugio idoneo a ricoverare la nave sinistrata ed autoriazzarne l’eventuale accesso dovranno essere presi in considerazione alcuni importanti elementi:

  1. qualità nautiche della nave interessata;
  2. natura, quantità e condizione del carburante presente a bordo e del carico, in particolare delle merci pericolose;
  3. distanza e tempo stimato riguardo ai potenziali luoghi rifugio;
  4. numero di persone e di equipaggio presenti a bordo, compreso il Comandante ed il relativo stato di affaticamento;
  5. identificazione e tipologia di assicurazione della nave interessata, compresi i limiti di responsabilità disponibili;
  6. identificazione o designazione di un rappresentante della Società presso lo Stato italiano;
  7. valutazioni del Comandante dell’unità in merito alla situazione in atto.

 


[1] [5]Il servizio Assistenza marittima, così come previsto dalla risoluzione [A.950(23)]

Team ispettivo

Al fine di giungere ad una migliore valutazione dei fattori di rischio, viene formato un «Team di ispezione» (Task Forece) - in possesso delle competenze appropriate alla situazione - designato dallo Stato costiero che qualora possibile, in relazione alle condizioni meteo-marine, dovrà imbarcare a bordo della nave interessata.

  • La composizione del Team è la seguente:
  1. un Ufficiale PSC[1] [5]
  2. un rappresentante degli Enti di classifica (R.I.Na., Bureau Veritas, ecc.)
  3. un chimico del porto
  4. un rappresentante dei rimiorchiatori locali
  5. un rappresentante dei Vigili del Fuoco
  6. un rappresentante di una Società antinquinamento (Castalia)
  7. un rappresentatnte dell’ISPRA[2] [5]
  8. un rappresentante dell’ARPAS[3] [5]
  9. un rappresenanta dei SID[4] [5]

L’intervento del Team ispettivo deve fornire ulteriori informazioni in ordine alla comparazione tra i possibili rischi se la nave resta in mare aperto e quello che farebbe correre  al luogo di rifugio e al suo ambiente, comparazione che dovrebbe portare su ciascuno dei seguenti punti:

  1. salvaguardia della vita umana in mare,
  2. sicurezza delle persone nei luoghi di rifugio ed il suo ambiente industriale e urbano (rischio di incendio, esplosione, rischio tossico);
  3. rischio di inquinamento;
  4. se il luogo di rifugio è un porto, rischio di turbamento per l’utilizzo del porto (canali, banchine, attrezzature, ecc.);
  5. valutazione delle conseguenze se una richiesta di luogo di rifugio è rifiutato, incluso il loro effetto possibile sugli Stati vicini.
  • Informazioni e comunicazioni

I caso di attuazione della procedura, dovranno essere informati del pericolo nonché aggiornati in merito alla situazione contingente ed alle decisioni che saranno assunte oltre ai soggetti interessati durante la fase istruttoria:

  1. la Direzione Generale per la Protezione della Natura – Divisione VI - Sezione Operativa Emergenza in mare del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
  2. la Centrale Operativa del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto;
  3. il Reparto Abiente Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto;
  4. lo stato di bandiera.

Nel caso l’accesso ad un luogo di rifugio venga negato dovranno essere inoltre informati:

  1. le Autorità marittime interessate in relazione alla prevista rotta dell’unità se in grado di proseguire;
  2. gli altri stati potenzialmente coinvolti dalle conseguenze di un sinistro che potrebbe accadere.

 


[5][1] [5] [5] Ogni nave è soggetta al controllo di Ufficiali debitamente autorizzati dallo Stato del porto allo scopo di verificare la validità dei certificati di cui la nave è munita. Nel caso venga riscontrata una situazione deficitaria o nel caso di certificati scaduti l’Ufficiale preposto al controllo deve adottare ogni misura atta ad assicurare che la nave possa riprendere il mare senza costituire un pericolo per la nave, le persone a bordo o per l’ambiente marino. Il PSC è condotto da un PSCO (Port State Control Officer). Il PSCO è una persona adeguatamente qualificata, autorizzata dall’Autorità Marittima dello Stato del Porto ad effettuare le ispezioni PSC secondo il Paris Mou e agire sotto la propria responsabilità. Ciascun ispettore è provvisto di un documento personale, sotto forma di documento di identità, rilasciato dall’Autorità competente da cui dipende conformemente alla legislazione nazionale, nel quale è indicato che l’ispettore è autorizzato a effettuare l’ispezione.

[5] [5] [5][2] [5] La Legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 prevede l'istituzione del'ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. L’ISPRA svolge le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici di cui all’articolo 38 del Decreto Legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 e successive modificazioni, dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e successive modificazioni, e dell’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n.496, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 21 gennaio 1994, n. 61.

[5] [5][3] [5]  [5][3] [5]L'Arpas è un'agenzia regionale dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia amministrativa, tecnica, contabile e patrimoniale, istituita con la Legge regionale n. 6 del 18 maggio 2006.  L'Agenzia ha compiti di monitoraggio e controllo ambientale e fornisce supporto tecnico alle Autorità competenti in materia di programmazione, autorizzazione e sanzioni in campo ambientale, a tutti i livelli di governo del territorio: la competenza tecnico-scientifica è la sua componente distintiva e qualificante.  L'Arpas garantisce lo svolgimento dei propri compiti su tutto il territorio regionale attraverso strutture decentrate (i dipartimenti), coordinati da una struttura centrale. Fa parte della rete nazionale delle agenzie ambientali presenti in tutte le regioni italiane, con le quali intrattiene un costante scambio di esperienze per sviluppare metodologie comuni per la tutela dell’ambiente.

[5] [5][4] [5]La SID S.r.l. dal 1975 è un’azienda leader nel proprio settore ed opera su tutto il territorio nazionale  - Servizi integrati di Igiene e Difesa dell’ambiente.

Azioni di competenza della Capitaneria di Porto a seguito di inquinamento marino

E’ opportuno evidenziare l’importanza della cosiddetta “Attività preventiva” del personale delle Capitanerie di Porto che deve basarsi su accurati e frequenti controlli a tutte quelle attività, che si svolgono sul mare e sul litorale, al fine di mantenere sempre ad un elevato livello l’attenzione e la cura dei vari operatori del settore (tecnici delle industrie, equipaggi delle navi, personale di piattaforme, ecc.), di verificarne il livello professionale e l’idoneità dei mezzi e materiali alle operazioni in atto.

In materia di inquinamento, l’Ispettorato Centrale per la Difesa del mare (ora Servizio Difesa Mare del Ministero dell'Ambiente) ha disposto (Circolare n. 9262157 del 14 Aprile 1989) che per ogni controllo effettuato dal personale delle Capitanerie, venga compilato un apposito “Rapporto NODM”, che in caso di accertata violazione di norme relative alla MARPOL 73/78 dovrà essere inviato al suddetto Ispettorato che provvederà, in caso di nave straniera che ha effettuato sversamenti irregolari in acque internazionali, ad informare lo Stato di bandiera tramite il Ministero degli Esteri.

L’attivazione del sistema di intervento scatta allorché si ha notizia di un qualsiasi evento che possa costituire minaccia di inquinamento. In tale situazione la Capitaneria di Porto deve predisporre tutte le misure necessarie per un eventuale pronto intervento allertando la sua organizzazione.

A seconda del luogo dove è avvenuto o potrebbe avvenire l’inquinamento, diverse saranno le operazioni da compiere, tale considerazione in funzione del luogo (porto mercantile, porto petrolifero, rada, mare territoriale, alto mare, costa, ecc.) deve essere necessariamente fatta avendo a riguardo anche per le condimeteo sussistenti nella zona dell’evento.

In linea di massima, ricevuta la “segnalazione di allarme” (che può giungere anche attraverso i titolari degli Uffici dipendenti, navi coinvolte in un sinistro, responsabili di installazioni fisse o mobili situate in mare o sul litorale ovvero di terzi non responsabili), l'Ufficiale o il Sottufficiale preposti alla Centrale Operativa (o l’Ufficiale di guardia), provvede a informare il Comando il quale dispone, in attuazione del “Piano di Pronto Intervento Locale” ed in relazione all'ampiezza e natura dell'inquinamento, una serie di azioni.

Ai sensi dell’art. 11 Legge 979/82, in caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento, l’Autorità marittima, nella cui area di competenza si verifichi l’evento, è tenuta a disporre le misure necessarie allo scopo di prevenire o eliminare gli effetti inquinanti, ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli, con tecniche di recupero e riduzione delle sostanze sversate in mare. Qualora si renda necessario, in particolare, l’impiego di risorse (uomini e mezzi) non dipendenti o l’uso di prodotti disperdenti, le relative operazioni dovranno essere sempre preventivamente autorizzate dalla Direzione Generale per la Protezione della Natura del Ministero dell'Ambiente – per il tramite del Centro Operativo Antinquinamento), pena il mancato successivo riconoscimento di qualsiasi onere a carico dell’erario; per la qual cosa dovranno instaurarsi dei contatti diretti.

Per le determinazioni salienti (rilascio autorizzazioni all’uso dei disperdenti, ecc…) dovrà preferirsi la comunicazione scritta, ovvero il ricorso a fonogrammi in caso di impossibilità (attività svolte oltre l’orario di servizio, reperibilità festiva dei funzionari responsabili, ecc.).

Viceversa per quanto concerne le attività svolte dagli uffici marittimi con risorse (uomini e mezzi) dipendenti, la Direzione Generale per la Protezione della Natura (per il tramite del C.O.A.) dovrà comunque esserne tempestivamente messo a conoscenza e successivamente informato con rapporto circostanziato scritto (cd. rapporto iniziale di inquinamento).

  • Tra le azioni fondamentali da eseguire, citiamo:
  1. l'approntamento del personale e dei mezzi navali necessari alle operazioni di disinquinamento, sulla scorta delle notizie pervenute, dando quindi le opportune direttive per l'attivazione del Nucleo Operativo Difesa Mare.
  2. il collegamento con la nave che ha originato la segnalazione;
  3. gli accertamenti da terra ritenuti necessari;
  4. il prelievo di n. 3 (tre) campioni di acqua marina (almeno un litro ciascuno) che saranno immediatamente inviati al Laboratorio di Igiene e Profilassi per le analisi.
  5. l'intervento del chimico di porto e dei tecnici del laboratorio di Igiene e Profilassi  per suggerire la tecnica più idonea per abbattere l'inquinamento;
  6. l’allertamento dei mezzi disinquinanti;
  7. l’intervento di mezzi aerei;
  8. richiedere l’intervento dei Comandi, Autorità, Enti, Uffici e Società private interessate all'esecuzione del piano di pronto intervento locale, necessario per le operazioni di abbattimento o per le altre esigenze connesse all'emergenza;
  9. richiedere l'intervento del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco;
  10. segnalare il fatto alla Prefettura e all'Autorità Giudiziaria, la zona colpita e gli interventi necessari;
  11. in caso di particolari necessità, mettere in allarme altre Autorità o Enti (come ad esempio, reparti militari, ospedali, ambulanze, ecc.).

 

Controlli degli Uffici Minori del Compartimento colpito da inquinamento

Il Titolare dell'Ufficio Circondariale Mrittimo è responsabile della immediata attivazione ed assunzione del coordinamento operativo dei mezzi e del personale dipendente per gli inquinamenti che si verificano nei rispettivi ambiti portuali.

L'Ufficio opera  sulla base delle disposizioni del presente "Piano" in prima situazione operativa, in quanto applicabile, informando e mantenendo costantemente aggiornato sin dalla fase iniziale la Sala Operativa della Capitaneria di Porto competente (Centro LVTS) e rimanendo a disposizione del Capo del Compartimento Marittimo che assume la direzione degli interventi in loco. In relazione alla gravità dell’inquinamento in atto e/o in previsione della sua possibile evoluzione, o qualora sia necessario l’impiego di risorse eccedenti quelle disponibili in ambito compartimentale, il Capo del Compartimento può in ogni momento assumere il coordinamento delle operazioni a prescindere dalla dichiarazione di emergenza locale.

Nel caso in cui l’inquinamento interessi o minacci i Circondari Marittimi di Giurisdizione, il Capo del Compartimento assume il coordinamento operativo degli interventi, salvo delega al Capo del Circondario che ha giurisdizione sull'area interessata dall'inquinamento.

I titolari degli Uffici Locali Marittimi e delle Delegazioni di Spiaggia dipendenti sono responsabili della immediata attivazione ed assunzione della direzione e del coordinamento operativo per gli inquinamenti che si verifichino nei rispettivi ambiti portuali ed operano sulla base delle disposizioni del presente piano in prima situazione operativa, in quanto applicabili.

 

Azioni di competenza dei Comandi, Autorità, Enti e Società private che concorrono all’attuazione del piano

A seconda delle priorità della situazione di emergenza locale da fronteggiare, il Capo del Compartimento Marittimo competente potrà richiedere la partecipazione di personale, mezzi e materiali di Autorità. Uffici, Società private e Comandi alla esecuzione del piano, nonché avvalersi della consulenza di esperti locali per la scelte e l’impiego  delle opportune tecniche di riduzione/diminuzione.

  • Autorità Portuale – di concerto con l’Autorità Marittima sovrintende a tutte le operazioni nel caso di inquinamenti che interessano i porti all'interno del Compartimneto marittimo interessato.
  • Comando Provinciale Vigili del Fuoco – mette a disposizione il personale e  le attrezzature necessarie ed interviene con la motobarca per la vigilanza della zona dell’inquinamento;
  • Commissariato P.S. Porto/Locale – mette a disposizione personale sufficiente per effettuare un servizio di vigilanza a terra e qualora necessario un mezzo nautico per coadiuvare le motovedette della Guardia Costiera nella vigilanza della zona interessata;
  • Comando Carabinieri – mette a disposizione personale sufficiente per effettuare un servizio di vigilanza a terra e qualora necessario un mezzo nautico e/o aereo per coadiuvare le unità della Guardia costiera;
  • Guardia di Finanza – mette a disposizione i mezzi nautici e/o un mezzo aereo qualora necessario per coadiuvare le motovedette della Guardia Costiera , anche allo scopo di seguire gli spostamenti del prodotto inquinante;
  • Corpo Forestale: mette a disposizione i mezzi nautici e/o un mezzo aereo qualora necessario per coadiuvare le motovedette della Guardia Costiera , anche allo scopo di seguire gli spostamenti del prodotto inquinante
  • Soc. Castalia – interviene nelle operazioni di bonifica  con mezzi nautici  e con materiali di cui viene fatta richiesta.
  • Barcaioli – a disposizione per operazioni disinquinamento;
  • Piloti – un pilota resta a disposizione della Capitaneria qualora si rendesse necessario effettuare un movimento nave;
  • Ormeggiatori – a disposizione per operazioni disinquinamento;
  • Rimorchiatori – a disposizione per eventuali interventi su navi e per operazioni di disinquinamento;
  • Vigili Urbani – mettono a disposizione personale sufficiente per effettuare un servizio di vigilanza a terra;
  • Chimico del Porto – a disposizione per qualunque consulenza tecnica;
  • Registro Italiano Navale – Registri di classificazione – a disposizione nell’ipotesi in cui l’emergenza riguardi in particolare la nave e per qualsiasi consulenza tecnica.

Il Servizio N.O.D.M.

Ai sensi della Circolare n° 1/1987, prot. n° 258 del 31 gennaio 1987 il Ministro della Marina Mercantile, ora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha disposto che presso ogni Compartimento Marittimo deve essere istituito un…“Nucleo Operativo per la Difesa del Mare”, composto di personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, in numero proporzionale alla disponibilità di personale di ciascun Comando e correlato all’entità dei problemi locali in materia di inquinamento delle acque marine e di salvaguardia delle coste. Detti nuclei sono posti sotto il diretto controllo dei Comandanti/Vicecomandanti, i quali, sulla scorta delle direttive, di ordine generale, da parte dei Titolari dei Comandi, assumono le iniziative ritenute necessarie per l’impiego ottimale degli uomini e mezzi.

L’organizzazione del servizio deve essere disciplinata, con specifico Ordine di Servizio, sulla base dei criteri generali contenuti nella circolare indicata, delle discendenti circolari del Comando Generale e dei seguenti criteri particolari:

  1. ell’ambito delle attività del N.O.D.M. devono essere ricondotte tutte le attività di pertinenza di nuclei operativi autonomamente istituiti, secondo le esigenze di servizio, da ciascun Comando (come il Nucleo Operativo Intervento Portuale - NOIP e il Nucleo Operativo Ambiente - NOA) ecc., nonché del personale destinato al controllo dell’intera filiera della pesca di cui alla circolare n° 82/35668/II del 30 maggio 2000;
  2. l’organizzazione operativa dell’attività deve essere ricondotta nell’ambito del “Servizio Operazioni” di ciascun Comando. Qualora la consistenza di personale lo consenta le attività del NOIP possono essere ricondotte in quelle dell’area tecnica ed espletate con personale destinato in tale area;
  3. i Capi servizio/Capi sezione rappresentano le loro esigenze, in tema di controlli, ispezioni, sopralluoghi e quant’altro necessario per il corretto espletamento dell’azione amministrativa e/o operativa di loro competenza, al Comandante/Ufficiale in 2ª, il quale individua e dispone l’impiego del personale e dei mezzi necessari all’espletamento del servizio;
  4. il “Servizio Operazioni” pianifica, alla luce delle direttive del Comando e con il controllo del Comandante/Ufficiale in 2ª, le attività giornaliere del personale e dei mezzi messi a disposizione e provvede alla tenuta del Registro sul quale devono essere riportati, giornalmente, per ogni linea di attività amministrativa, operativa e/o di polizia effettuata (mezzi navali impiegati, completo di ora di uscita e di rientro, miglia percorse e località visitate;mezzi terrestri impiegati, completo di ora di uscita e di rientro, chilometri percorsi e località visitate;linea di attività disposta ed espletata, con indicazione del Servizio/Sezione che ha rappresentato l’esigenza;elementi di individuazione del rapporto di servizio che deve essere redatto, a cura del Capo Nucleo, al compimento dell’attività espletata (numero e data). Copia di detto rapporto deve essere conservato, in ordine cronologico, presso il Servizio Operazioni;grado e nome del personale che ha espletato la linea di attività con indicazione del Capo Nucleo (di massima, del nucleo dovrebbe essere chiamato a far parte almeno un dipendente destinato presso il Servizio/Sezione che ha rappresentato l’esigenza);provvedimenti adottati dal personale del nucleo (Contravvenzioni, verbali di accertamento, sequestri, interventi per disinquinamenti, controlli, demolizioni, etc);generalità complete dei destinatari dei provvedimenti di cui al punto 6;fatti meritevoli di essere segnalati;eventuali osservazioni e proposte conclusive);
  5. l’attività amministrativa o di polizia giudiziaria discendente dai risultati e dai provvedimenti adottati deve essere portata a compimento nell’ambito del Servizio/Sezione che ha rappresentato l’esigenza;
  6. un estratto giornaliero del registro deve essere consegnato al responsabile della elaborazione e trasmissione dei dati Cogestat (ex Igestat) al termine della giornata lavorativa;
  7. i militari degli Uffici marittimi dipendenti, che operano nell’ambito dei N.O.D.M., sono posti sotto il controllo del Titolare dell’Ufficio da cui dipendono. Questi è tenuto a segnalare, al proprio Compartimento, i Militari da destinare a tale servizio.

 

Il Servizio Spiagge Sicure

Il “Servizio Spiagge sicure” risponde all’esigenza di:

  1. vigilare dal mare e sulla costa, durante la stagione balneare, le spiagge, con particolare attenzione per quelle non presidiate da “servizi di assistenza bagnanti” organizzate da stabilimenti balneari o enti locali o da associazioni di volontariato, al fine di prevenire il verificarsi di incidenti, ed assicurare il rispetto della legalità;
  2. espletare attività di polizia marittima, non in termini vessatori ma di pronta disponibilità ad intervenire nelle emergenze e in attività di supporto ai presidi di assistenza e sicurezza esistenti.

Atteso il carattere stagionale del servizio, il Comando Generale, entro il 31 marzo di ciascun anno, emana direttive specifiche per la relativa organizzazione e il suo espletamento. Tuttavia, allo scopo di evitare che la data di inizio del servizio possa essere differita, ogni Comando assegnatario di battelli della classe GC, al termine della stagione balneare, dovrà curare ogni adempimento necessario per:

  1. la conservazione, in perfetta efficienza, del battello, degli accessori e dei motori nonché della postazione fissa;
  2. la sostituzione del materiale di consumo vetusto o deteriorato, ivi compreso il vestiario.

I responsabili per il coordinamento del servizio devono esercitare adeguato controllo e puntuale azione ispettiva sull’efficienza e la correttezza del personale destinato al servizio e sulla conduzione dei mezzi nautici affidati.

Inquinamento in ambito portuale

Le modalità d’azione da attivare per fronteggiare un pericolo di inquinamento causato da sversamento di sostanze nocive all’interno di un’area portuale sono differenti a seconda dell’entità dell’incidente.

In caso di modesti sversamenti di sostanze inquinanti le Autorità Marittime o Portuali devono provvedere a contattare la ditta che ha in gestione il servizio di pulizia degli specchi acquei portuali e richiedere la rimozione in sicurezza dell’inquinamento, mentre se un incidente provoca il rilascio di notevole quantità di sostanze nocive dovranno essere attivate una serie di procedure d’emergenza che saranno definite con il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali, fra cui: Protezione Civile, Enti Locali, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine, ecc.

Nell’ambito portuale gli inquinamenti si verificano più  di frequente durante le operazioni di bunkeraggio per fuoriuscita di modesti quantitativi di olii combustibili ovvero per sversamento di acque di sentina contenenti notevoli quantità di idrocarburi.

In questi casi si deve:

  • disporre l'invio sul posto di personale per i primi accertamenti, attuando immediatamente le necessarie iniziative per garantire la sicurezza delle navi e delle strutture portuali e scongiurare possibili pericoli di incendio o di esplosione derivanti dai prodotti versati a mare e dai loro componenti volatili;
  • definire, sulla scorta delle notizie acquisite sul posto, le modalità e tecniche di intervento:
  1. contenere ove possibile lo spandimento del prodotto ed eventualmente provvedere alla sua rimozione meccanica;
  2. bonificare la zona mediante dispersione o riduzione[1]dello spandimento con mezzi chimici;
  3. richiedere, se necessario, l'intervento dei mezzi e dei materiali di altri Compartimenti Marittimi;
  4. predisporre, sulle navi in porto, il personale per il posto di manovra ed eventualmente ordinarne il disormeggio.

 


[1] Cfr. Circolare POLL 001 “Attività operativa antinquinamento” in data 21.7.1995. E’ presumibile che il termine abbattimento sia stato originato da una scorretta traduzione del sostantivo abatement, spesso usato in documenti in lingua inglese che, fino a pochi anni fa, erano gli unici disponibili in materia di tecniche di lotta agli inquinamenti marini da idrocarburi.

In effetti abatement ha significato di riduzione o diminuzione che meglio, e correttamente, possono riferirsi all’azione di tecniche e sistemi utilizzati in operazioni di disinquinamento al fine di ridurlo e diminuire l’impatto e gli effetti sull’ambiente marino o costiero.

 

Azioni preventive contro lo sversamento in mare di idrocarburi durante le operazioni di rifornimento di combustibili in porto

Nei porti di grandi o medie dimensioni è solitamente presente il servizio di approvvigionamento di combustibili liquidi ed oli lubrificanti alle navi ed è necessario adottare alcuni accorgimenti per compiere in sicurezza queste operazioni presso i distributori fissi o autobotti.

Le operazioni di bunkeraggio dovrebbero essere effettuate solo in occasione di buone condizioni meteorologiche e nelle ore diurne. E’ inoltre buona prassi non eseguire i rifornimenti in concomitanza di operazioni di sbarco, imbarco, trasbordo di passeggeri e merci di qualsiasi natura.

Prima dell’inizio e durante le operazioni di rifornimento il Comandante della nave e gli addetti agli impianti dovranno verificare che lo specchio acqueo circostante sia e rimanga sempre pulito. Qualora si verifichino fuoriuscite, eventi dannosi o stati di pericolo il Comandante della nave e gli addetti agli impianti sono tenuti ad informare immediatamente l’Autorità Marittima e/o Portuale e sospendere le operazioni di rifornimento. In presenza di spandimenti dovrà essere messa in atto ogni attività utile ad evitare la fuoriuscita ed a limitare l’entità dello sversamento.

Saranno a carico del fornitore del servizio o della nave, a seconda delle rispettive responsabilità, le spese per la bonifica della zona inquinata.

Le operazioni di rifornimento in banchina potranno essere eseguite solo se presso il distributore sono adottate tutte le misure necessarie previste per legge (es. presenza di dispositivi di estinzione incendio, controllo periodico delle manichette, opportuno addestramento del personale dell’impianto in tema antincendio, ecc.). In aggiunta è regola comune effettuare il rifornimento a motori spenti e in completa assenza di fiamme libere o scintille. Per la distribuzione di combustibili tramite autobotti potranno essere seguite prescrizioni aggiuntive e in via generale:

  1. gli autisti, le autobotti e i rimorchi devono essere in possesso di tutte le abilitazioni e certificazioni previste per legge per eventuali controlli;
  2. le autobotti e i rimorchi dovranno entrare in porto solo quanto la nave è pronta a ricevere il rifornimento e dovranno uscire dall’ambito portuale immediatamente ultimate le operazioni;
  3. le manichette impiegate per il rifornimento dovranno essere in ottimo stato e di caratteristiche tali da evitare perdite di liquido o rotture, oltre ad essere sottoposte a periodico controllo;
  4. l’operazione dovrà avvenire sotto il diretto controllo del Comandante della Nave o di un delegato; in caso di incendio il personale di bordo preposto alle operazioni e quello del servizio integrativo antincendio, oltre alle idonee azioni da intraprendere nell’immediato, dovrà collaborare con le squadre di soccorso dei Vigili del Fuoco intervenute, fornendo il necessario supporto;
  5. per un raggio di almeno 25 m dalla zona del rifornimento e per tutta la durata dello stesso non dovranno essere in corso lavori con impiego di fiamma libera di qualsiasi natura o che comunque generino scintille o calore;
  6. durante lo svolgimento delle operazioni di rifornimento deve essere predisposto un servizio continuo di vigilanza antincendio ed antinquinamento a terra da parte di una apposita squadra integrativa antincendio dotata di idonee attrezzature (estintori, tute ignifughe, ecc.).

Per le operazioni di rifornimento alle navi a mezzo di autobotti per prodotti specifici (ad esempio oli combustibili aventi punti di infiammabilità di poco inferiori ai 100° C) si applicheranno ulteriori disposizioni aggiuntive rispetto a quanto indicato in precedenza, infatti, tenuto conto delle caratteristiche di infiammabilità del prodotto deve essere prevista una vigilanza con finalità prevalentemente antiinquinamento da parte di una guardia ai fuochi dotata di adeguata riserva di sabbia e segatura, di fogli oleoassorbenti, di cascame o di altro materiale utile allo scopo e di attrezzatura idonea per l’utilizzo di tali materiali. L’addetto alla vigilanza deve essere comunque dotato di idonea attrezzatura per il contrasto di eventuali principi di incendio. La guardia ai fuochi deve essere obbligatoriamente dotata di idoneo mezzo di comunicazione efficiente (cellulare, radio VHF marino o altro) con il quale poter immediatamente dare l’allarme ovvero chiedere rinforzi sul posto.

Gestione delle emergenze in caso di incidenti

Per gestire adeguatamente le «emergenze» che possono verificarsi nelle aree portuali a causa di incidenti causati da attività, sia industriali che non, che possono dare origine a particolari forme di inquinamento (come accade ad esempio in presenza di stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti, come definiti nel D.Lgs. n. 334/199915 e succ. mod.), è necessario predisporre un chiaro quadro sull’organizzazione e sulle modalità di svolgimento dei servizi di soccorso e degli interventi assistenziali, ponendo a conoscenza di tutte le componenti del "Sistema di Protezione Civile" sia l’organizzazione generale del servizio, sia i compiti che per ciascuna di esse derivano.

In Italia già la normativa di settore obbliga alla predisposizione di «Piani d’emergenza provinciali» (art. 14 della Legge n. 225 del 24.02.1992, “istituzione del servizio nazionale della protezione civile”) in cui si delineano chiaramente i “punti deboli” provinciali e le dotazioni in possesso di ciascun componente del Sistema di Protezione Civile.

E’ indubbio comunque che un siffatto sistema non può prescindere da una efficiente rete di comunicazione fra le parti coinvolte, fra cui sono sicuramente da ricordare:

  1. Amministrazione Provinciale;
  2. Comune;
  3. Protezione Civile;
  4. Autorità Portuale;
  5. Autorità Marittima;
  6. Forze Armate;
  7. Vigili del Fuoco;
  8. Polizia di Stato;
  9. Forza armata dei Carabinieri;
  10. Guardia di Finanza;
  11. Croce Rossa Italiana;
  12. Azienda Sanitaria Locale (ASL);
  13. Radioamatori;
  14. Associazioni di Volontariato;
  15. Aziende erogatrici dei servizi essenziali.

Fra questi soggetti sarà necessario individuare appositi responsabili per le operazioni di soccorso e per gli interventi a terra, comprese le attività di disinquinamento.

In caso di inquinamento delle acque marine causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi e/o altre sostanze nocive provenienti da qualsiasi fonte, l’Autorità Marittima o Portuale di competenza è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione degli eventuali carichi o natanti, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli (art. 11 della Legge n. 979 del 31 dicembre 1982, “disposizioni per la difesa del mare”17).

Al verificarsi di un simile incidente nelle acque interne al porto dovranno essere posti immediatamente in allarme (elenco non esaustivo):

  1. la Questura;
  2. i Carabinieri;
  3. i Vigili del Fuoco;
  4. la Provincia; - il Sindaco/i interessati;
  5. l’A.S.L. (Azienda Sanitaria Locale);
  6. l’A.R.P.A. (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) competente nel territorio.

I soggetti di cui sopra ed eventuali altri soggetti interessati invieranno sul posto i propri tecnici e personale attrezzato per i lavori di rispettiva competenza.

Di tale attività e dell’evolversi della situazione dovranno essere informati e costantemente aggiornati:

  1. il Ministero dell’Ambiente, del territorio e del mare;
  2. il Ministero dell’Interno;
  3. il Ministero delle Infrastrutture ed i Trasporti;
  4. il Dipartimento della Protezione Civile;
  5. la Regione.

I Vigili del Fuoco, in collaborazione con i tecnici del Comune, della Provincia, dell’ARPA e sotto la direzione della Autorità Portuale e/o Marittima, concorderanno con quest’ultime le strategie di bonifica e di disinquinamento a seconda del tipo di costa e della sensibilità dell’area, considerando anche la pianificazione di settore.

L’A.S.L. e l’A.R.P.A. provvederanno:

  1. al prelevamento di campioni idrici da sottoporre ad analisi;
  2. a disporre interventi igienico-sanitari per la tutela della salute pubblica.

Il Sindaco mediante i tecnici del Comune e su indicazioni dell’A.S.L. e dell’A.R.P.A. provvederà ad avvisare la popolazione.

La Questura e i Carabinieri saranno incaricati del mantenimento della sicurezza pubblica.

Messagistica

La stragrande maggioranza delle emergenze antinquinamento, nasce come conseguenza di sinistri marittimi per i quali  si richiede innanzi tutto un’attività S.A.R., che deve essere svolta nel rispetto delle procedure fissate dal “Piano nazionale per la ricerca e il salvataggio in mare” edito dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto - IMRCC ed approvato dal Ministro dei Trasporti e della Navigazione. E’ quindi verosimile che, per lo meno nelle fasi iniziali, le comunicazioni si basino sulle procedure e sulle reti/sistemi SAR, acquisendo, man mano che la funzione legata alla ricerca e soccorso di persone, ovvero l’assistenza agli infortunati diminuisce, una più chiara e precisa connotazione antinquinamento.

La prima informazione è quindi probabile  che giunga all’organizzazione preposta alla ricerca e al salvataggio marittimo (MRCC - MRSC - UCG) che, essendo gli aspetti del soccorso alla vita umana prevalenti rispetto a quelli della difesa del mare e dell’ambiente, utilizzerà la messaggistica formattata prevista dal piano “SAR marittimo” nazionale.

Comunque, superato il primo impatto e avviata a consolidatasi la fase S.A.R., l’aspetto antinquinamento acquisirà la sua giusta importanza e verrà trattato di conseguenza.

La prima notizia di inquinamento, qualora non vi sia coincidenza con attività di ricerca e soccorso, può essere acquisita dall’Autorità marittima:

  1. su segnalazione di mezzi navali ed aerei della Guardia Costiera impegnati nell’espletamento di attività di istituto;
  2. per ricezione delle comunicazioni previste dal I° Protocollo alla Marpol 73/78 e dall’art. 12 della L.31.12.82 n. 979;
  3. su segnalazione del Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri, numero verde 167 - 253608;
  4. su segnalazione di comandanti di aeromobili, unità mercantili, ecc che siano stati testimoni di un incidente in mare, ovvero abbiano avvistato un inquinamento, o tracce di inquinamento, anche di origine ignota;
  5. da qualsiasi altra fonte.

Ricevuta la notizia, l’Autorità marittima, qualora non ne abbia certezza, ovvero abbia necessità di completarla con maggiori dati, dispone per un’immediata ricognizione.

Fin dalle prime fasi (fase di allertamento) l’Autorità marittima locale informerà opportunamente  il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la propria organizzazione.

A questo scopo la messaggistica da impiegare è formattata, lasciando comunque alla discrezionalità di chi la compila la possibilità di redigerla:

  1. in forma sintetica, per fornire nel più breve tempo possibile le informazioni essenziali;
  2. in forma estesa, per fornire notizie riassuntive, più dettagliate e aggiornamenti della situazione.
  • Tipi di messaggi
  1. POLMES (Pollution Message): utilizzato a livello nazionale per la trasmissione di informazioni riguardanti ogni incidente che abbia causato o sia suscettibile di causare inquinamenti del mare e delle coste. Esso può essere utilizzato anche come SITREP (Situation Report).
  2. POLREP (Pollution Report): messaggio formattato utilizzato a livello internazionale per la trasmissione di informazioni riferite ad inquinamenti e per richiesta di assistenza.

La predetta messaggistica è formattata con riferimento a schemi internazionalmente riconosciuti ed adottati in ambito I.M.O. (International Maritime Organization).

Il Messaggio POLMES

Il sistema POLMES (Pollution Message) è utilizzato a livello nazionale per le comunicazioni riguardanti ogni incidente che abbia causato o sia suscettibile di causare inquinamenti del mare o delle coste da idrocarburi o da altre sostanze pericolose.

Un primo messaggio deve essere inviato al più presto possibile e deve contenere le notizie immediatamente disponibili. Successivi messaggi verranno trasmessi quando in possesso di ulteriori informazioni.

In termini concettuali il messaggio POLMES può considerarsi diviso in tre parti (Stampato):

  1. la prima, compresa nei numeri da 1 a 5, può essere utilizzata come comunicazione iniziale, finalizzata soprattutto a lanciare l’allarme agli Enti e alle Amministrazioni che, a vario titolo, saranno coinvolti;
  2. la seconda, numerata da 11 a 30, rappresenta il completamento, dettagliato, delle informazioni iniziali. Essa può essere utilizzata in tutte le fasi temporali successive come “rapporto di situazione”;
  3. la terza, con numerazione da 31 a 34, da utilizzarsi per la richiesta di personale specialistico, mezzi, materiali e autorizzazioni alla stipula di contratti onerosi per l’Amministrazione, soprattutto in assenza di coperture assicurative.

Le tre parti possono essere utilizzate tutte insieme, o separatamente, tenendo sempre presente che il messaggio dovrà comprendere solo i numeri per i quali vi siano delle notizie da trasmettere.

  • Utilizzo del modello di messaggio

Nel documento, prima dei punti del messaggio, indicati con una numerazione, di massima, progressiva, sono inseriti i titoli che danno una indicazione di massima del contenuto del punto stesso. I predetti titoli sono sottolineati con una punteggiatura che indica che gli stessi sono visibili  al compilatore ma non vengono stampati sul messaggio. A fianco del titoli è posta una casella di aiuto evidenziata in giallo che si attiva quando il puntatore del mouse vi passa sopra. Nella riga sottostante, dopo la numerazione, è posto il moduloin cui è possibile immettere i dati.

Se i moduli non vengono utilizzati deve essere cancellata l’intera riga comprendendo anche la numerazione.

Fac-Simile: Messaggio POLMES

  • Il messaggio POLMES è congegnato come di seguito:

 

Contenuto

Notazioni

 

GDO

Gruppo data-orario (ora locale)

 

Da      ___________

A        ___________

Perco ___________

Componenti indirizzi.

Deve sempre comprendere:

- DIFMAR;

- MARICOGECAP C.O.;

- C.O.P..

 

URGENTE-URGENTE-URGENTE

Qualifica di precedenza, da utilizzarsi quando e se giustificata.

 

POLMES

Acronimo identificativo del tipo di messaggio.

 

PA/          /1

Numero di serie. Esso è composto da:

    - la sigla del Compartimento originatore;

- il nome della nave/installazione coinvolta nell’inci-dente;

- il numero identificante il progressivo seriale di messaggio  originato per uno specifico incidente.

Esempio:

PA/SIRENA/3

Indica che trattasi del 3° messaggio che Compamare Palermo trasmette con riferimento all’incidente riguardante SIRENA.

 

NC _______________

Numero di protocollo.

1.

Data e ora

Indica il momento in cui si è verificato l’incidente. Va specificato se trattasi di ora locale (preferibile) o GMT.

2.

Posizione

Coordinate geografiche dell’incidente.

3.

Tipo di incidente

Indicare la natura dell’incidente, quali, ad esempio:

- collisione;

- esplosione;

- incendio;

- naufragio

- incaglio;

- sversamento;

- altro.

4.

Natura inquinamento

Indicare il tipo di prodotto sversato o suscettibile di esserlo:

- greggio

- raffinato

- slops

- zavorra

- prodotti chimici (liquidi, solidi)

- gas liquefatti

fornendo anche la stima della quantità sversata. Qualora vi sia solo minaccia, far seguire il termine “non ancora” al nome del prodotto di cui si teme lo sversamento.

5.

Disponibile

Utilizzare per indicare il livello di emergenza in atto (locale o nazionale).

11.

Posizione e dimensione dell’inquinamento

Indicare le coordinate geografiche della zona maggiormente interessata dall’inquinamento.

Ove possibile fornire ogni altra indicazione (lunghezza, larghezza, superficie, spessore, ecc.) atta a dare un quadro il più possibile completo dello scenario, ivi compresi i quantitativi sversati (se diversi da quelli dati al punto 4) o numero di contenitori, bidoni, ecc. alla deriva.

12.

Caratteristiche dell’inquinamento

Caratteristiche chimico/fisiche dell’inquinante (tipo di idrocarburo, viscosità, punto di scorrimento, numero UN, nome specifico e codice IMDG per i chimici, tipo di contenitore).

Fornire informazioni sullo stato apparente: liquido, solidi flottanti, agglomerati, emulsioni, colorazione, presenza di vapori.

Se conosciuti, vanno forniti numeri, sigle, identificativi presenti su contenitori, bidoni ed altro alla deriva.

13.

Origine dell’inquinamen-to

ogni informazione riguardante la nave e/o l’installazione interessata (in caso di cui trattasi di installazioni off-shore, costiere, ecc.).

nome/nominativo internazionale

tipo

nazionalità

equipaggio

tsl

proprietario/noleggiatore

registro classificazione e numero

agente raccomandatario

assicurazione

porto di caricazione

porto di destinazione.

13A

 

Qualità e quantità del carico.

14.

Direzione e intensità del vento

Intensità in m/s.

Scala beaufort

15.

Direzione e intensità della corrente

Intensità in m/s.

16.

Stato del mare

Visibilità

Tendenza

 

In miglia nautiche.

17.

Deriva dell’inquinamen-to

Direzione e velocità dello spostamento in miglia nautiche.

Per nubi gassose, velocità in m/s.

 

18.

Previsione

Possibile arrivo dell’inquinamento in costa o in aree protette.

Indicazione di aree minacciate.

Livelli di rischio per la popolazione.

Risultati di proiezione di modelli (indicare il tipo di modello utilizzato), ove disponibili.

 

19.

Osservazioni

Indicare con precisione la fonte delle notizie sull’incidente, soprattutto qualora l’inquinamento sia di origine sconosciuta.

Eventuale presenza di osservatori nella zona; risultati delle attività di monitoraggio (specificare tipo, apparato e tecnica utilizzata).

20.

Azioni assunte

Ogni azione assunta in risposta all’inquinamento.

20A

 

Vanno indicati gli altri Organismi/Enti pubblici e privati coinvolti a vario titolo.

20B

Mezzi impiegati

Appartenenza, nome/tipo/materiale, costo (se a titolo oneroso), tipo e descrizione intervento, tempo di impiego, persone impiegate, estremi autorizzazione DIFMAR se prevista e richiesta.

20C

Materiali impiegati

(Come sopra).

21.

Documentazione acquisita

Prelievo campioni, avvio in laboratorio, risultati.

Documentazione fotografica.

Monitoraggio (se non già riferito al punto 19)

22/30.

 

Disponibili per ogni altra notizia/informazione quali:

- danni alle persone, perdita di vite umane;

  - costa minacciata e/o già interessata;

  - tipologia, estensione, insediamento, ecc.;

- OSC;

- risultati di indagini, sopralluoghi, ispezioni, dichiara-zioni membri equipaggio, testimoni, ecc;

- ogni altra informazione che non sia stato possibile dare nei paragrafi precedenti e che si ritiene indispensabile fornire.

31.

Esigenze

Necessità di mezzi, materiali, personale specialistico, esperti, velivoli per monitoraggio, ecc..

32

Autorizzazioni che si richiedono

    -  Ad utilizzare disperdenti;

-  a stipulare contratti per l’utilizzazione di mezzi e materiali a titolo oneroso.

 

33.

Affluenza materiali

richiesti

Luogo ove far affluire il materiale; punto di incontro in mare per i mezzi; frequenze da usare; telefoni, telex e telefax; punti di contatto.

34

 

Disponibile.

 

Utilizzo del modello di messaggio contenuto nel disco di Emergenza Antinquinamento.

Nel documento, prima dei punti del messaggio, indicati con una numerazione, di massima, progressiva, sono inseriti i titoli che danno una indicazione di massima del contenuto del punto stesso.

I predetti titoli sono sottolineati con una punteggiatura che indica che gli stessi sono visibili  al compilatore ma non vengono stampati sul messaggio.

A fianco del titoli è posta una casella di aiuto evidenziata in giallo che si attiva quando il puntatore del mouse[A1]  vi passa sopra.

Nella riga sottostante, dopo la numerazione, è posto il modulo in cui è possibile immettere i dati.

Se i moduli non vengono utilizzati deve essere cancellata l’intera riga comprendendo anche la numerazione.


NOTA BENE:  Prima di compilare il messaggio assicurarsi che il pulsante di formattazione posto sulla barra degli strumenti è attivo. In caso contrario non saranno visibili i titoli e le caselle di aiuto.

Completato il documento devono essere stampate le pagine seguenti.

(IL MESSAGGIO È DISPONIBILE SOLO SUL SUPPORTO INFORMATICO)


 

Il Messaggio POLREP

Il sistema POLREP (Pollution Reporting System) è utilizzato a livello internazionale per le comunicazioni dirette agli altri Paesi, o direttamente, o attraverso i Centri Regionali (REMPEC per il Mediterraneo) e gli Organismi Comunitari di collegamento e coordinamento (Urgent Pollution Alert Section EC-DG XI Bruxelles), allo scopo di:

  1. dare pronta notizia di tutti quegli incidenti che stiano causando, o che siano suscettibili di causare, inquinamento del mare da idrocarburi o altre sostanze nocive, con conseguente minaccia per le coste, o gli interessi connessi, di uno o più Paesi;
  2. informare sulle azioni assunte e su quelle previste, tenuto conto dell’evolvere della situazione;
  3. richiedere assistenza.
  • Il messaggio POLREP (compilato in inglese) è diviso in tre parti (Fac-Simile):
  1. la prima parte o POLWARN (Pollution Warning), numerata da 1 a 5, ha lo scopo di fornire una prima informazione, ovvero dare l’allarme riguardo l’inquinamento in atto o la sua minaccia;
  2. la seconda parte o POLINF (Pollution Information), numerata da 40 a 60, è finalizzata a dare ogni notizia utile riguardante l’inquinamento e può anche essere utilizzata, nelle fasi successive, come SITREP(Situation Report);
  3. la terza parte o POLFAC (Pollution Facilities), numerate da 80 a 99, è usata per richiedere assistenza agli altri Paesi e per definire aspetti operativi riguardanti tale aspetto.

Le tre parti possono essere utilizzate insieme o separatamente.

E’ possibile altresì utilizzare solo una parte dei paragrafi previsti dai formulari standard, con l’avvertenza che la numerazione dei paragrafi che non interessano e/o che non si vuole utilizzare non deve comparire sul messaggio.

Quando la 1^ parte (POLWARN), è utilizzata per lanciare l’allarme di una minaccia di grave inquinamento, bisogna dare al messaggio la qualifica di priorità “URGENTE”.

A tutti i messaggi POLREP che si ricevano e che contengano richiesta di accuso ricevuta (Acknowledge), va data risposta al più presto possibile a cura dell’Autorità nazionale competente.

Una volta concluso l’evento che ha richiesto l’emanazione di POLREP, bisognerà che l’Autorità che ha originato i messaggi ne dia comunicazione a tutte le altre parti.

Per quanto riguarda l’area mediterranea, qualora il POLREP sia inviato per competenza direttamente alle Autorità Nazionali competenti degli altri Paesi, dovrà sempre essere trasmesso per conoscenza anche al REMPEC di Malta (telex 1464 UNROCC MW).

Per gli altri Paesi europei, il POLREP va indirizzato e trasmesso alla Commissione Europea: URGENT POLLUTION ALERT SECTION – TELEX 63960 COMEU B.

  • Utilizzo del modello di messaggio

Nel documento, prima dei punti del messaggio, indicati con una numerazione, di massima, progressiva, sono inseriti i titoli che danno una indicazione di massima del contenuto del punto stesso. I predetti titoli sono sottolineati con una punteggiatura che indica che gli stessi sono visibili  al compilatore ma non vengono stampati sul messaggio. A fianco del titoli è posta una casella di aiuto evidenziata in giallo che si attiva quando il puntatore del mouse vi passa sopra.

Nella riga sottostante, dopo la numerazione, è posto il modulo in cui è possibile immettere i dati.

Se i moduli non vengono utilizzati deve essere cancellata l’intera riga comprendendo anche la numerazione.

Fac-Simile: Messaggio POLREP

 
  • Il messaggio POLREP è congegnato come segue:

 

 

Contenuto

Notazioni

 

From  ___________

To      ___________

Perco ___________

Componenti indirizzi.

 

GDO

Gruppo data orario, in GMT o LT da indicare subito dopo la componente a sei cifre del GDO.

 

URGENT

Da indicare ove sussista minaccia di grave inquinamento.

 

POLREP

Acronimo indicativo del messaggio.

 

ITA/.........../1

Numero di serie.

Esso è composto:

- dall’indicativo del Paese originatore del POLREP (ITA per l’Italia);

-  dal nome della nave/installazione coinvolta nell’inci-dente;

- numero identificanti il progressivo seriale di messaggio originato per uno specifico incidente.

Esempio:

ITA/POLLUX/3

Indica che trattasi  dal 3° maggio che l’Autorità Nazionale  Italiana trasmette con riferimento all’incidente riguardante POLLUX.

1.

Data e ora

Dell’incidente.

In GMT o LT, come per GDO.

2.

Posizione

Coordinate geografiche dell’incidente.

3.

Tipo di incidente

Indicare la natura dell’incidente:

- Blow out;

- Tanker grounding;

- Tanker collision;

- Oil Slick;

- etc..

 

 

4.

Natura inquinamento

Indicare tipo di prodotto sversato o suscettibile di esserlo:

- crude oil;

- chlorine;

- refined product (gasoline);

- etc..

Se non c’è ancora sversamento, bensi’ minaccia di sversamento, far precedere il nome della sostanza da NOT YET.

Per esempio:

- NOT YET IRANIAN HEAVY.

5.

Richiesta di accuso ricevuta

Apporre il termine AKNOWLEDGE.

40.

Data e ora

Riguarda la situazione descritta nei paragrafi da 41 a 60 e va indicata se il messaggio non comprende i paragrafi da 1 a 5, ovvero trattasi di dato diverso da quello indicato al n.1.

 

41.

Posizione ed estensione dell’inquinamento

Indica le coordinate geografiche della zona maggiormente interessata dall’inquinamento.

Ove possibile fornirà ogni altra indicazione (lunghezza, larghezza; superficie, spessore, ecc.) atta a dare un quadro il più possibile completo dello scenario, ivi compresi i quantitativi sversati (se diversi da quelli eventualmente detti al punto 4) o numero di contenitori, bidoni, ecc. alla deriva.

42.

Caratteristiche dell’inquinamento

Caratteristiche chimico/fisiche dell’inquinante (tipo di idrocarburo, viscosità, punto di scorrimento, numero UN) nome specifico per i chimici, tipo di contenitore.

Fornire informazioni sullo stato apparente: liquido, solidi flottanti, agglomerati, emulsioni, colorazione, presenza di vapori.

Se conosciuti, vanno forniti numeri, sigle, identificativi presenti su contenitori, bidoni ed altro alla deriva.

43.

Origine dell’inquinamento

Ogni informazione riguardante la nave e/o l’installazione interessata (in caso di cui trattasi di installazioni off-shore, costiere, ecc.):

- nome/nominativo internazionale;

- tipo;

- nazionalità;

- equipaggio;

- tsl;

- proprietario/noleggiatore;

- qualità e quantità del carico;

- registro classificazione e numero;

- agente raccomandatario;

- assicurazione;

- tipo di viaggio;

- porto di caricazione.

44.

Direzione ed intensità del vento

Intensità in m/s.

45.

Direzione e intensità della corrente

Intensità in m/s.

46.

Stato del mare

Visibilità

Tendenza

Scala beaufort.

In miglia nautiche.

47.

Deriva dall’inquinamento

Direzione e velocità dello spostamento in miglia nautiche.

Per nubi gassose, velocità in m/s.

48

Previsione

Possibile arrivo dell’inquinamento in costa o in aree protette.

Indicazione di aree minacciate.

Livelli di rischio per la popolazione.

Risultati di protezione di modelli.

49.

Osservazioni

Indicare con precisione la fonte delle notizie sull’incidente, soprattutto qualora l’inquinamento sia di origine sconosciuta.

Eventuale presenza di osservatori nella zona; risultati di attività di monitoraggio (specificare tipo, apparato e tecnica utilizzata).

50.

Azioni assunte

Ogni azione assunta in risposta all’inquinamento.

 

 

51

Documentazione acquisita

Prelievo campioni, avvio in laboratorio, risultati.

Documentazione fotografica.

Monitoraggio (se non già riferito al punto 49).

52.

Nomi di altri Paesi ed Organizzazioni già infor-mate/intervenute

 

53-59.

 

Disponibili per ogni altra notizia/informazione quali:

- danni alle persone, perdita vite umane;

- stato del prodotto inquinante;:

- risultati di indagini, sopralluoghi, ispezioni;

- dichiarazioni membri equipaggio, testimoni.

Ogni altra informazione che non sia stato possibile dare nei paragrafi precedenti.

60.

Richiesta di accuso ricevuta

Vedasi nota punto 5.

80.

Data e ora

Vedasi nota punto 40.

81.

Richiesta di assistenza

Tipo ed ammontare dell’assistenza che si richiede:

- specified equipment;

- specified equipment with trained personnel;

- complete strike team;

- personnel with special expertise

con indicazione del Paese cui la richiesta è indirizzata.

82.

Costi

Richiesta dei costi per invio e utilizzo del personale/mezzi/materiali di cui al paragrafo 81.

83.

Accordi per la consegna del materiale richiesto

Indicazioni riguardanti le autorizzazioni doganali, accesso alle acque territoriali, spazio aereo, ecc., del Paese richiedente

84.

Luogo e modalità per la fornitura dell’assistenza richiesta

Per esempio: rendez-vous in mare con informazioni sulle frequenze da usare, nominativi ed indicazione dell’OSC del Paese richiedente; autorità a terra con indicativi telefonici, telex, telefax.

85.

Nominativi di altri Paesi ed organizzazioni già informati/interessati

Da utilizzare se non già soddisfatto dal paragrafo 81.

Per esempio: in caso in cui si richieda assistenza, in un secondo momento, ad altri Stati.

86.

Cambio di Comando

Nel caso in cui l’inquinamento finisca per interessare o minacciare le acque di un altro Paese e si ritenga di dover trasferire a questi il comando delle operazioni.

 

87.

Scambio di informazioni

Da utilizzare per un completo rapporto della situazione, nel caso in cui si perfezioni l’ipotesi di trasferimento di Comando di cui al paragrafo 86.

88 -98

 

Disponibili per ogni ulteriore notizia/richiesta/istru-zione

99.

Richiesta di accuso ricevuta

Vedasi punto 5.

Esempio di Messaggio Completo (parte I, II e III)

 

Address

 

From ITA

To FRA and REMPEC

 

Date Time Group

 

181100z june

 

Identification

 

POLREP

 

Serial Number

 

ITA/POLLUX/2

(ITAL/POLLUX/1 for REMPEC)

 

 

 

 

1.

Date and Time

1.

181000z

2.

Position

2.

43°31’N - 09°54’E

3.

Incident

3.

Tanker collision

4.

Outflow

4.

Crude oil, estimated 3000 tonnes





41.

Position and/or extent of pol-lution 0n/above/in sea

 

41.

The oil is forming a slick 0.5 nautical miles.

42

Charcteristics of pollution

42.

Venezuela crude. Viscosity 3780 cSt at 37.8°C. Rather viscous.

43.

Source and cause of pollution

43.

Italian tanker POLLUX of Genoa, 22000 GRT, call sign xxx in collision with French bulk carrier CASTOR of Marseille, 30000 GRT, call sign yyy. Two tanks damaged in POLLUX. No damage in CASTOR.

44.

Wind direction and speed

44.

90 - 10 m/s.

45.

Current direction and speed and/or tide

45.

180 - 0.3 knots.

46.

Sea state and visibility

46.

Wave height 2 m. 10 nautical miles.

47.

Drift of pollution

47.

240 - 0.5 knots.

48.

Forecast of likely effects of pollution and zones affected

48.

Could reach Corsica, FRA on th 21st of this month.

49.

Identity of observer/reporter

Identity of ships on scene

49.

CASTOR, figure 43 refers.

50

Action taken

50.

3 italian antipollution vessels with high oil recovery and dispersant spraying capacity on route to the area.

51.

Photographs or samples

51.

Oil samples have been taken. Telex 123456 XYZ ITA.

52

Names of other States and organizations informed

52.

REMPEC.

53.

Spare

53.

Italian national contingency plan is activated.





81

Request for assistance

81.

FRA is requested for 1 surveillance aircraft with remote sensing equipment.

82.

Cost

82.

FRA is requested for an approximate cost rate per day of assistance rendered.

83.

Pre - arrangements for the delivery of assistance

83.

FRA plane will be allowed to enter.

84.

To where assistance should be rendered and how

84.

Rendez-vous 43°15’N - 09°50’E.

Report on VHF channels 16 and 67. OSC Cdr. Rossi - M/V MICHELE FIORILLO call sign xxx.

99

Acknowledge

 

ACKNOWLEDGE

 


Utilizzo del modello di messaggio contenuto nel disco di Emergenza Antinquinamento.

Nel documento, prima dei punti del messaggio, indicati con una numerazione, di massima, progressiva, sono inseriti i titoli che danno una indicazione di massima del contenuto del punto stesso.

I predetti titoli sono sottolineati con una punteggiatura che indica che gli stessi sono visibili  al compilatore ma non vengono stampati sul messaggio.

A fianco del titoli è posta una casella di aiuto evidenziata in giallo che si attiva quando il puntatore del mouse[A1]  vi passa sopra.

Nella riga sottostante, dopo la numerazione, è posto il modulo in cui è possibile immettere i dati.

Se i moduli non vengono utilizzati deve essere cancellata l’intera riga comprendendo anche la numerazione.


NOTA BENE:  Prima di compilare il messaggio il pulsante di formattazione  posto sulla barra degli strumenti deve essere attivo. In caso contrario non saranno visibili i titoli e le caselle di aiuto.

Completato il documento deve essere stampata la pagina 3 e seguenti.

(IL MESSAGGIO È DISPONIBILE SOLO SUL SUPPORTO INFORMATICO)

 

 


 

NOTAM e POLSUR - Sistemi informatici

  • NOTAM (Notice to Air Men)

Avviso contenente notizie relative alla installazione, condizione e variazione di qualsiasi servizio, assistenza aeronautica, procedura o pericolo, la conoscenza dei quali è essenziale per il personale interessato alle operazioni di volo.

Esso va richiesto nel caso in cui:

  1. l’immissione in aria di sostanze tossico/nocive allo stato gassoso possono costituire pericolo per il personale e/o i mezzi in volo;
  2. l’Autorità coordinatrice degli interventi antinquinamento ha necessità di impegnare per attività operativa lo spazio aereo sovrastante l’incidente.
  • POLSUR (Pollution Surveying)

Messaggio formattato utilizzato a livello locale per informare l’A.M. locale del grado di inquinamento costiero in atto.

  • SISTEMI INFORMATICI

MAREM (Maritime Emergency): sottosistema informatizzato del NISAT (Navigation information system in advanced tecnology) per la gestione delle emergenze di qualsiasi natura in mare.

POLEM (Pollution Emergency): componente del MAREM per la gestione delle emergenze in mare causate da sversamento di idrocarburi o altre sostanze nocive. EMERGENZA

 

Mezzi a disposizione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la lotta all'inquinamento

Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la Protezione della Natura (ex Servizio difesa Mare) può disporre, in forza di una convenzione stipulata con una Società specializzata nel settore [5] [5] [5]     «Castalia Elcomar»[1] [5] [5] [5], di circa 60 unità attrezzate ed equipaggiate miratamente per effettuare un servizio di monitoraggio delle acque e condurre la lotta all' inquinamento marino, distribuite negli approdi nazionali ritenuti più strategici. Attualmente il naviglio dello Stato non dispone di specifiche unità attrezzate per condurre la lotta all'inquinamento marino, eccezion fatta per i Pattugliatori della Marina Militare classe «Cassiopea» che, invece, sono in grado di poter efficacemente effettuare attività antinquinamento, sia nella forma passiva (circoscrivendo mediante panne galleggianti prodotti insolubili sversati in mare), sia nella fase attiva, avvalendosi di sistemi che consentono il contrasto chimico (prodotti disperdenti, assorbenti, emulsionati, ecc.) sia la rimozione meccanica (skimmer). Tali unità, come è noto, sono state costruite al fine di potenziare il servizio di vigilanza e soccorso in mare svolto dal Corpo delle Capitanerie di Porto ai sensi dell'art. 2, commi a, b e c, della Legge 979/82.

               

Nel complesso panorama nazionale, particolare menzione meritano i mezzi aerei ad ala fissa delle Capitanerie di Porto in quanto dotati di un sistema di telerilevamento ad infrarossi «DAEDALUS» in grado di poter rilevare tracce, anche minime, di idrocarburi presenti sulla superficie del mare, utilizzati, fra l'altro, dalla Direzione Generale per la Protezione della Natura, a seguito di una convenzione che prevede che, durante l'impiego dei mezzi, il controllo operativo sia assicurato dalla Centrale Operativa del Comando Generale.

Infine, è opportuno dover fare una dovuta precisazione. Allo stato attuale il citato piano nazionale deve ancora vedere la luce e devono ancora essere ben definite attribuzioni e competenze dei singoli Organi della Pubblica Amministrazione. Infatti, con l'entrata in vigore del D.Lvo del 30.07.1999, n. 300, che prevede, tra l'altro, la creazione di un sistema di agenziale per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (ABAT), alla istituenda Agenzia devono essere trasferite le attribuzioni dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente, quelle dei servizi tecnici nazionali istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ad eccezione di quelle del Servizio Sismico Nazionale.

Tale innovativo assetto della Pubblica Amministrazione, se da un lato ha accelerato l'avvio delle soluzioni di molti problemi legati alla protezione dell'ambiente, dall'altro lato ha prodotto ritardi dovuti soprattutto alla certa e definitiva attribuzione dei compiti ed attività come, per esempio, l'approvazione del Nuovo Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamenti da idrocarburi o da altre sostanze nocive causate da incidenti marini. In attesa della definitiva approvazione del sopracitato “piano nazionale”, restano in vigore sia i “piani locali” emanati da ogni Compartimento Marittimo, sia il vecchio Piano Nazionale emanato dall'allora Ministero della Marina Mercantile.

 


[1] [5] [5] [5] E' stata rinnovata di recente la convenzione con la Castalia. In verità, scaduta la convenzione con la società Castalia il servizio di vigilanza e pronto intervento in caso di inquinamento marino era stato sospeso in tutta Italia. La gara che il Ministero dell'Ambiente aveva bandito per la riassegnazione dell'appalto gestito dalla Castalia è andata deserta. E non perché la società che dal 1999 gestiva il servizio di tutela dei litorali con le sue 35 navi (10 d'altura e 25 costiere) non fosse più interessata a parteciparvi. La verità è che non poteva più garantire, come d'altra parte non potevano farlo le altre imprese italiane specializzate nel settore della sorveglianza costiera, per via delle richieste avanzate dal dicastero giudicate insostenibili.

Società armatoriali operanti nel settore ambientale: Castalia Ecolmar

E' stata costituita nel 1991 da Castalia S.p.A. e fino alla fine del 2009 ha rappresentato una tra le principali società armatoriali operanti nel settore ambientale. «Castalia Ecolmar» lavora per la prevenzione, il controllo e il contenimento dei fenomeni inquinanti dell'ecosistema marino, configuradosi come struttura di pronto intervento in relazione alle normative internazionali, quali la MARPOL '78 e la OPRC Convention del '90. La sua presenza sul territorio è capillare; il modello organizzativo è composto da una struttura operativa a terra ed una a mare che basa l’attività di prevenzione mediante un pattugliamento sottocosta e in altura, nella maggior parte dei casi con mezzi definiti «supply vessel», che superano i 60 metri, con tanto spazio libero in coperta.

Questo servizio ha visto aumentare il numero delle unità, dal 2000 al 2004, fino a raggiungerne 71, per poi diminuire attestandosi fino alla fine del servizio, nel 2009, su 54 unità. La scoperta dell’inquinamento avviene tramite perlustrazioni, pattugliamenti costieri nelle aree a nord e a sud dei porti di locazione, garantendo in questo modo una copertura totale del territorio costiero, comprese le isole. Dal 2005, questo servizio ha introdotto nuove metodologie per la prevenzione, mediante sistema satellitare e radar. La scoperta via satellite restava compito delle Autorità istituzionali, quindi del Ministero dell’Ambiente, mentre Castalia mantiene la scoperta coi sistemi radar e il pronto intervento a mare in caso di emergenza. 

La procedura di intervento passa per il «Centro Operativo Emergenze in Mare», istituito presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con compiti di coordinamento generale degli interventi nei casi di inquinamento o grave pericolo di inquinamento. Da qui viene allarmata la flotta di Castalia Ecolmar: dieci unità d’altura e venticinque unità costiere dislocate in 35 porti italiani, 4 sedi operative periferiche, ad Olbia, Ravenna, Civitavecchia e Messina. Il posizionamento delle unità navali lungo il territorio nazionale garantisce l’intervento entro le 5 ore dal momento in cui viene impartito l’ordine di intervenire, se entro le 3 miglia dalla costa, altrimenti entro le 12 ore per incidenti al largo.
L’attività di monitoraggio
viene eseguita anche tramite un sistema radar in grado di localizzare chiazze di idrocarburi da rimuovere. Una volta partito l’allarme ed individuata la zona dell’incidente, si decide quali navi dovessero intervenire.

  • Tanto per fare un esempio, se dovessero esserci problemi al largo delle acque liguri, la prima a partire sarebbe   l’unità costiera “Tagis”, che staziona nel porto di Savona, mentre se un incidente avesse luogo al largo delle coste siciliane, a mollare gli ormeggi sarebbe l’equipaggio dell’unità “Santangelo”; tutte le navi della flotta sono equipaggiate con barriere galleggianti e dispositivi per delimitare gli sversamenti, assorbirli, raccoglierli o polverizzarli, a seconda della sostanza dispersa in mare.

L’incaglio della “Moby Magic” nel Golfo degli Aranci in Sardegna nel 2003, l’affondamento della nave turca “Tevfik Kaptan 1” nelle acque pugliesi di Santa Maria di Leuca nel 2007, o l’affondamento della nave oceanografica del Cnr “Thesis”, speronata da una portacontainer battente bandiera panamense nel 2007 a Mazara del Vallo, sono solo alcuni degli incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni, in cui è stata impiegata anche la flotta di Castalia. Altre operazioni sono state invece effettuate oltre i mari territoriali, come nel caso dell’affondamento del “Prestige” nelle acque galiziane, in Spagna, o in quello della prima azione di bonifica ambientale svolta dall’Italia all’estero, nelle acque del Libano dove esplose una gravissima emergenza in seguito al bombardamento israeliano dei serbatoi della centrale termoelettrica di Jieh, che provocò la fuoriuscita in mare di circa 15 mila tonnellate di olio combustibile.

Tutto ciò senza tener conto del valore deterrente che il pattugliamento della flotta di Castalia rappresenta nei confronti di certi tipi di operazioni illecite che possono compiersi in mare, come ad esempio il lavaggio delle cisterne per oli combustibili o petrolio.

Approfondimenti

Dal 10 maggio 1999 il Ministero dell’Ambiente ha attivato un servizio pubblico finalizzato alla prevenzione e alla lotta agli inquinamenti marini lungo tutti i circa 7.500 Km. di costa italiana, mediante l’impiego di 58 unità navali specializzate.
Questo sistema di tutela e prevenzione nazionale è stato istituito in attuazione della normativa nazionale e in ottemperanza a quanto previsto dalle convenzioni internazionali, cui l’Italia ha aderito, in materia di lotta agli inquinamenti marini da idrocarburi e da sostanze tossico-nocive in genere.
La struttura si compone di 9 unità di altura (
SS/VV), 12 unità litoranee/alturiere (UU/SS) e 37 unità costiere (BB/DD), queste ultime dislocate particolarmente in prossimità delle aree marine protette, già istituite o in corso di istituzione o comunque in aree di particolare pregio naturalistico. Le unità navali sono fornite dal Consorzio CASTALIA-ECOLMAR sulla base di contratto di noleggio e appalto di servizio.
I
SS/VV (Supply Vessel), sono unità di altura abilitate alla navigazione internazionale lunga; hanno una lunghezza F.T. che varia da 43,00 mt. a 64,00 mt.; inoltre hanno una capacità di stoccaggio degli idrocarburi recuperati di 200mc., una velocità di 12 nodi ed hanno come dotazioni di bordo per l’antinquinamento 400 mt. di panne d’altura, 200 mt. di panne costiere e impianti ed attrezzi specifici per la raccolta degli idrocarburi in mare. Le UU/SS (unità litoranee/alturiere), sono unità navali abilitate alla navigazione internazionale lunga e nazionale costiera; hanno una lunghezza F.T. che varia da 30 mt. a 36 mt., una velocità di 10 nodi ed una capacità di stoccaggio degli idrocarburi recuperati da 40 mc. a 200 mc.; hanno 200 mt. di panne d’altura e 200 mt. di panne costiere; per le altre dotazioni di bordo per l’antinquinamento sono sostanzialmente equivalenti a quelli della classe superiore. I BB/DD (battelli disinquinanti), sono unità abilitate alla navigazione litoranea, hanno una velocità di 8 nodi, lunghezza F.T. che varia da 10,80 mt. a 22,00 mt., hanno una capacità di stoccaggio degli idrocarburi recuperati da 10 mc. a 16 mc., hanno a bordo 100 mt. di panne costiere; sono particolarmente indicati per la raccolta di rifiuti solidi e liquidi inquinanti a pochissima distanza dalla costa. Le unità in questione, dislocate in 71 porti italiani, svolgono servizio di pattugliamento e pronto intervento per la raccolta di idrocarburi in mare secondo rotte programmate per otto ore giornaliere e sei giorni la settimana, festivi non esclusi, nel periodo estivo compreso tra il 1° giugno e il 30 settembre; nella restante parte dell’anno i mezzi navali sono operativi per tre giorni la settimana. Nei giorni in cui non sono operative sono in banchina pronti a partire entro 30 minuti dalla richiesta, soprattutto per far fronte ad eventuali emergenze dovute ad inquinamenti. Durante il normale pattugliamento, i mezzi specializzati sono tenuti a recuperare i rifiuti galleggianti, sia solidi che liquidi, per poi conferirli in banchina e, successivamente, trasferirli e smaltirli in discarica autorizzata. Particolare attenzione, nel corso del pattugliamento, è data all’attività di avvistamento e tutela di mammiferi marini e tartarughe in difficoltà.

Le unità antinquinamento del Ministero dell’Ambiente svolgono, sostanzialmente, due funzioni strategiche:

  • vigilanza e prevenzione antinquinamento lungo le rotte programmate (il Comandante dell’unità ha l’obbligo di segnalare via radio alla più vicina Capitaneria di Porto l’unità mercantile o da diporto che stia illegittimamente scaricando in mare idrocarburi o comunque sostanze nocive);
  • intervento in emergenza per la raccolta degli idrocarburi sversati in mare mediante le speciali apparecchiature di bordo al fine di contenere per quanto possibile gli effetti nocivi dell’idrocarburo sull’ecosistema marino.

Le unità convenzionate di maggior tonnellaggio (unità alturiere) possono anche svolgere attività di disincaglio o rimorchio di navi mercantili in difficoltà al fine di prevenire possibili inquinamenti conseguenti al sinistro nonché attività di travaso del carburante o prodotto esistente a bordo della nave mercantile in difficoltà riducendo quindi il pericolo di danno ambientale.
Presso il Servizio Difesa del Mare (Divisione IV) è stato istituito il Centro Operativo per le Emergenze in Mare con compiti di coordinamento generale degli interventi nei casi di inquinamento o grave pericolo di inquinamento.

Concorso e vincoli della M.M. nelle operazioni di contrasto nelle operazioni di contrasto all'inquinamento marino

Le Forze Armate e specificamente la Marina Militare, hanno subito in materia di protezione dell'ambiente, un'evoluzione delle proprie capacità operative, adeguando la propria professionalità ai sempre maggiori compiti che il legislatore ha ritenuto di assegnare nell'ambito di una politica volta alla salvaguardia delle risorse naturali e attenta ad una razionale gestione del territorio sino ad allargare notevolmente il concetto di "difesa nazionale".

Pertanto, a mente dell'art. 2 del D.L.vo 464/97, gli scenari e i campi d'intervento entro cui viene ad operare la Marina Militare, a richiesta degli Organi dell'Amministrazione Centrale, si possono così riassumere:

  1. campagne antincendio boschivo programmate od occasionali;
  2. emissione di date meteorologici;
  3. rilevamento nucleare, biologico e chimico ed effettuazione dei relativi interventi di bonifica;
  4. consulenza ad Amministrazioni ed Enti in tema di pianificazione ed intervento in situazioni di emergenza nazionale;
  5. contributo di personale e mezzi in concorso con le Amministrazioni istituzionalmente preposte alla salvaguardia della vita umana in mare ed in terra;
  6. svolgimento di operazioni dirette al contrasto dell' inquinamento marino da idrocarburi o da qualsiasi altro agente;
  7. rilevamento idroceanografico e aereofotogrammetrlco di zone di interesse e produzione del relativo supporto cartografico nonché scambio di informazioni, elaborate e dati di natura geotopografica e geodetica;
  8. intervento in emergenze idriche nelle isole minori;
  9. interventi in camera iperbarica per barotraumatizzati e pratiche di ossigenoterapia;
  10. interventi sull’ambiente marino a tutela della fauna, della flora e del monitoraggio delle acque, attività di ricerca ambientale marina e scambio di informazioni e dati in materia climatologica;
  11. pianificazione, svolgimento di corsi e di attività addestrative in terra di cooperazione civile/militare;
  12. utilizzo di unità per esigenze logistiche.

La Marina dunque è sempre impegnata con tutte le sue forze aeree e navali sulle nuove frontiere della difesa del mare e dell'ambiente; non si dimentichi infatti l'apporto spesso decisivo della componente aerea della Marina nelle operazioni di lotta ecologica e ambientale, dalle azioni anti incendi boschivi alla ricerca delle fonti di inquinamento, al trasporto di uomini e materiali per qualsiasi operazione nel campo specifico. E' una missione, quella della tutela dell'ambiente, che la Marina svolge non solo per senso di responsabilità ma anche e soprattutto perchè essa, in ogni suo uomo, sente questa missione come una grande scelta di civiltà e un sicuro contributo all'affermazione del diritto ed alla tutela della vita della nostra collettività.

Il Consiglio d'Europa ha dichiarato il 1995, Anno Europeo della Conservazione della Natura, iniziativa volta a sensibilizzare l'opinione pubblica dei 42 Paesi aderenti al problema certamente serio, in qualche caso drammatico, della protezione ambientale. Le Forze Armate Italiane hanno dato all'iniziativa la loro più grande disponibilità e, come primo passo, hanno deciso di porre sotto tutela ambientale le aree sottoposte a servitù militari. La Marina ha inoltre preso altre importanti iniziative e si è associata ad iniziative altrui per rendere la difesa dell'ambiente sempre più credibile ed efficace. Ricordiamo qualcuna delle azioni della Marina. La campagna ecologica di Nave Vespucci "Il mare deve vivere" con una mostra itinerante visitata in molti porti italiani da decine di migliaia di cittadini, soprattutto giovani; le successive campagne di sensibilizzazione ambientale della Nave Scuola Palinuro e di unità a vela minori; il supporto decisivo dato ai ricercatori per lo studio dell'ecosistema delle isole Eolie; la partecipazione massiccia di volontari M.M. alla pulizia ecologica dell'isola di Caprera; lo studio sulla distribuzione della Posidonia nelle aree litorali; il lavoro oscuro quanto delicato e pericoloso dei nuclei Sdai per la bonifica di spiagge e fondali da ordigni esplosivi; gli interventi generosi quanto pronti ed efficaci per i disastri delle navi cisterna Haven e Abruzzo Agip. Ultima fondamentale iniziativa l'adesione al Marpol (Maritime Pollution), convenzione internazionale per la prevenzione dall'inquinamento causato da navi, malgrado che la stessa convenzione, obbligatoria per le Flotte mercantili, severa e ferma nelle sue regole, non si applichi alle unità militari. La Marina Italiana, e con essa anche altre Marine della Nato, ha deciso di aderire pur conscia delle serie difficoltà che deriveranno dall'adesione stessa per la necessità di effettuare radicali interventi su unità già in linea e ciò, per di più, in momenti assai difficili per le sopraggiunte restrizioni di bilancio. Il problema è stato affrontato oltreché, come detto, prevedendo interventi sul naviglio esistente programmando l'adeguamento in fase di progettazione alle direttive Marpol delle unità di futura progettazione e costruzione.

La Marina in definitiva, e a conclusione, è ben conscia che il mare debba vivere e che si tratti di una battaglia, per conservare questa vita, lunga, paziente, meticolosa, dura, costosa ma ha fermo l'intendimento di contribuire al buon esito di questa battaglia di civiltà con ogni suo mezzo, ogni sua possibilità di pensiero e di azioni, ogni sua energia. Il "Mare deve vivere" era scritto sul ponte del Vespucci nel lontano 1979; il Mare deve vivere dice oggi con fermezza la Marina Militare Italiana.

Tecniche antinquinamento del mare

Quando un prodotto (petrolifero o chimico) più leggero dell’acqua e immiscibile con questa viene versato in mare, per diffusione si spanderà sotto forma di un «film» più o meno spesso, in relazione alle sue proprietà fisiche (densità, viscosità) ed alla temperatura ambiente.  Durante il fenomeno della diffusione, avverranno anche dei processi fisici e chimici che modificheranno profondamente le sue caratteristiche originarie. Se si tratta di una miscela a più componenti, come lo sono tutti i prodotti petroliferi, quelli più leggeri evaporeranno mentre, per effetto della luce solare, dei microrganismi dell’habitat marino e dello stesso ossigeno dell’aria, avverranno processi di trasformazione tali da favorire la formazione di soluzioni ed emulsioni con l’acqua di mare. Infine, per raffreddamento, le frazioni più pesanti, come le paraffine, gli asfalti e i bitumi presenti nei prodotti petroliferi, tenderanno a solidificare.

A seguito di tutti questi fenomeni si potrà formare una «macchia» più o meno densa, viscosa ed oleosa che, una volta stabilizzata, per azione delle correnti e dei venti, se non verrà aggredita ed eliminata, prima o dopo raggiungerà la costa.

Poiché la bonifica delle zone costiere è sempre più difficoltosa e costosa degli interventi che si possono attuare in mare aperto, si deve intervenire prima che la macchia raggiunga la costa predisponendo i «mezzi antinquinamento» ritenuti necessari.

► Le principali tecniche da impiegare per combattere un inquinamento sono le seguenti:

  • confinamento: per intercettare e bloccare all’origine il versamento:
  • contenimento: per impedire la diffusione dello spandimento oleoso;
  • riduzione: per eliminare completamente lo spandimento e le macchie oleose.

E’ superfluo fare rilevare che le operazioni di cui sopra saranno subordinate alle azioni da intraprendere per evitare incendi ed esplosioni e comunque intese al salvataggio delle vite umane.

Le procedure operative per il prelevamento di campioni di acque inquinate

Allo scopo di stabilire la natura e la concentrazione degli «agenti inquinanti» presenti in un versamento occorre prelevare dei campioni dallo scarico o dallo specchio acqueo inquinato per sottoporli ad analisi.

Il «campionamento» è l’operazione che si esegue per ottenere un’aliquota dello scarico o dello specchio acqueo sotto indagine che rappresenti, con la maggiore corrispondenza possibile, le sue caratteristiche chimiche, fisiche e batteriologiche. E’ evidente che tutta l’attenzione e la cura poste nell’ effettuare le analisi sono vane se il campione inviato al laboratorio non è testimone attendibile.

Mentre non si incontrano difficoltà per il prelievo di campioni da scarichi o da corpi idrici in cui gli agenti inquinanti si trovano in soluzione o allo stato di dispersione omogenea, il campionamento di specchi marini inquinati da prodotti petroliferi diventa un’operazione tecnicamente difficile.

Il sistema acqua olio è per sua natura eterogeneo e di composizione incerta e variabile per il moto ondoso e per le correnti; inoltre, non è facile prelevare un campione rappresentativo a livello della superficie del mare. Proprio per questi motivi per effettuare un campionamento di uno spandimento oleoso si deve fare affidamento sulla capacità e sulla esperienza del personale incaricato ad eseguirlo.

I criteri di massima ai quali ci si può attenere per avere un campione legalmente valido sono i seguenti:

  • disporre di un campionatore costituito da un recipiente zavorrato (se di vetro, ingabbiato) della capacità di almeno 1 litro, a collo largo;
  • immergere il campionatore, lentamente, sotto vento, fino all’altezza della apertura del collo; tirare via il tappo, fare entrare per sfioramento lo strato superficiale dell’acqua commista all’olio;
  • ripetere l’operazione in punti diversi dello spandimento in modo da prelevare almeno 5 litri di acqua inquinata, raccogliendola e miscelandola in apposito recipiente;
  • ripartire la miscela oleosa in quattro flaconi di vetro, a collo largo, di circa 1 litro ciascuono, controllando visivamente che la ripartizione avvenga nel modo più uniforme possibile, altrimenti è consigliabile ripetere l’operazione;
  • finalizzare i 4 campioni sigillandoli e munendoli di etichetta sulla quale dovranno essere indicati tutti i dati utili per la loro identificazione; luogo, ora e data del prelievo, posizione e firma dei partecipanti agli accertamenti.

Tutte le operazioni di cui sopra saranno descritte in un «Verbale di campionamento» che dovrà essere controfirmato dalle persone che vi hanno partecipato.

 

Procedure operative dettate dal D.P.R. n. 470 del 8 giugno 1982

Nell’effettuazione del repertamento di sostanze inquinanti dei corpi idrici la Polizia Giudiziaria (U.P.G ed A.P.G.) deve assolutamente rispettare le procedure operative dettate dal D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470[1] [7] e che qui di seguito si elencano, a pena di  nullità di tutti gli atti compiuti.

Di norma la distanza tra due punti di prelievo adiacenti non dovrà superare i 2 Km. salvo a ridurla opportunamente nelle zone ad alta densità di balneazione. Per ogni singolo punto di campionamento i prelievi dovranno essere, durante il mese, opportunamente distanziati nel tempo.

I prelievi dovranno essere effettuati ad una profondità di circa 30 cm. sotto il pelo libero dell’acqua ad una distanza dalla battigia tale che il fondale abbia una profondità di 80 o 120 cm.; in corrispondenza di scogliere a picco o di fondali rapidamente degradanti i prelievi dovranno essere effettuati in punti distanti non più di 5 metri dalla scogliera o dalla battigia; per gli olii minerali i prelievi vanno effettuati in superficie.

I prelievi dovranno essere effettuati dalle ore 09.00 alle ore 15.00. Non dovranno essere effettuati durante e nei due giorni successivi all’ultima precipitazione atmosferica di rilievo ed all’ultima burrasca.

I campioni per le analisi microbiologiche dovranno essere prelevati con le comuni bottiglie sterili in uso per i campioni di acque, incartate e successivamente sterilizzate. La bottiglia dovrà essere immersa aperta e trattenuta tramite una pinza o altro idoneo sistema.

I campioni dovranno essere trasportati in idoneo contenitore frigorifero e sottoposti ad esame al più presto e comunque entro le 24 ore.

Nella pratica è comunque possibile effettuare un singolo prelevamento (ad esempio: in caso di sversamento a mare da parte di nave cisterna), dinanzi alle parti (ad esempio: comandante il quale può farsi assistere da un proprio perito) e utilizzarlo quale atto irripetibile (cd. atto probatorio). Del fatto verrà, naturalmente, redatto apposito Verbale.

  • Per ogni prelievo dovranno essere rilevati:
  1. la posizione del punto di prelievo;
  2. la data e ora di prelievo;
  3. la temperatura dell’aria e dell’acqua;
  4. il vento: direzione (provenienza in funzione dei punti cardinali) e intensità (debole, medio, forte);
  5. lo stato del mare o del lago (calmo o mosso);
  6. la corrente superficiale: direzione ed intensità.

Atteso i che non esiste al momento una metodologia codificata ed uniforme, gli Organismi preposti redigono dei protocolli di intervento che tentino almeno di rispettare i seguenti principi fondamentali:

  1. la rappresentatività del campione rispetto alla matrice da esaminare;
  2. la prevenzione delle contestazioni e delle riserve della controparte rispetto all’attività di campionamento effettuata.

La prima cosa importante da chiarire è che, in generale, le Forze o gli Organi di polizia ben difficilmente potranno effettuare autonomamente il prelievo di campioni, posto che è necessario disporre di un’attrezzatura particolare e che bisogna spesso seguire regole di comportamento alquanto complesse, che presuppongono nozioni altamente tecniche e specialistiche.
Tuttavia campionamenti irregolari o d’emergenza, ed è il caso più volte citato di una petroliera che ha sversato una certa quantità di idrocarburi in mare, da attuarsi in situazioni di assoluta necessità che non consentono nemmeno l’attesa dell’arrivo di eventuali tecnici ed eseguiti dal personale imbarcato a bordo delle unità navali (Motovedette della Guardia Costiera, CC, G.d.F., ecc.) avranno un valore di assoluta inutilizzabilità in sede processuale, potendo non di più costituire una possibile fonte di informazioni in sede di indagine e supportare altri atti aventi maggiore rilevanza probatoria.

► E’ opportuno definire i seguenti caratteri, essenziali durante il prelievo:

  1. matrice da campionare: è la massa, cioè l’insieme, del materiale che deve essere sottoposto a campionatura;
  2. campione elementare: è il prelevamento singolo effettuato nella massa del rifiuto, ad una data profondità ed in una data localizzazione;
  3. campione globale: è il campione ottenuto a seguito della miscelazione dei campioni elementari prelevati;
  4. aliquota (è quella parte del campione globale destinato all’analisi).

Altro aspetto importante è costituito dall’identificazione del campione. In effetti ogni campione deve essere idoneamente identificato tramite un “cartellino” indicativo dei seguenti elementi:

  1. numero di verbale di prelievo;
  2. data del prelevamento;
  3. eventuale sigla identificativa del campione;
  4. lettera identificativa dell’aliquota;
  5. natura del materiale campionato;
  6. indicazione del sito o dell’impianto di prelievo;
  7. comune;
  8. eventuali modalità particolari di trasporto;
  9. firma del personale operante.

E’ fondamentale che ogni operazione di campionamento sia accompagnata dalla redazione di un apposito verbale detto per l’appunto “verbale di prelievo”.
Esso, in sostanza, non presenta particolari peculiarità nella sua composizione, dovendo però necessariamente riportare una descrizione accurata della metodologia di intervento seguita (numero dei campioni prelevati, criteri di mappatura, profondità dei prelievi, ecc).

► Il documento dovrà in ogni caso contenere:

  1. il numero d’ordine del prelievo;
  2. a data, l’ora ed il luogo del prelievo;
  3. le generalità e la qualifica del personale che esegue il prelievo;
  4. il nominativo del titolare o del rappresentante legale dell’impresa o dell’ente gestore dell’attività nonché le generalità del responsabile dello stabilimento, impianto locale o mezzo tecnico campionati;
  5. le generalità delle persone che assistono alle operazioni di prelievo per conto dell’impresa o dell’ente;
  6. le modalità seguite nel prelievo dei campioni;
  7. le eventuali dichiarazioni delle persone che hanno assistito alle operazioni di prelievo per conto dell’impresa o ente;
  8. l’indicazione che il verbale è stato letto alla presenza degli interessati e che a questi viene consegnata una copia assieme ad un’aliquota dei campioni;
  9. la sottoscrizione di tutte le persone intervenute alle operazioni e di quelle che vi hanno assistito.

Infine non è infrequente che l’attività di campionamento possa costituire una situazione di pericolo per il personale che vi concorre: questa è la ragione per la quale vanno seguite alcune norme di precauzione che la medicina del lavoro ha individuato come le più idonee a prevenire infortuni.

In sostanza, a seconda dei casi è necessario far uso di dispositivi di protezione tendenti ad impedire:

  1. il contatto diretto del materiale da campionare con la cute;
  2. l’insudiciamento degli abiti degli operatori;

Dovranno, allora e se necessario, indossarsi elmetti, indumenti e calzature protettivi, maschere, occhiali particolari ecc.  

 


[1] [7] Pubblicato sulla G.U. 26.7.1983, n.203 in attuazione della direttiva CEE n. 76/160 relativa alla qualità delle acque di balneazione (acque correnti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata ovvero vietata ). Il decreto non si applica, alle acque destinate ad usi terapeutici ed a quella di piscina.

  

Strategie di intervento e bonifica di aree inquinate da idrocarburi

Per la buona riuscita delle operazioni da intraprendere per combattere un inquinamento bisogna conoscere le caratteristiche del prodotto versato, la sua quantità, la velocità con la quale potrà diffondersi e l’area di mare che potrà essere investita.

► Le principali tecniche antinquinamento sono:

  1. confinamento
  2. contenimento
  3. riduzione
  • Confinamento

L’eliminazione della causa del versamento spesso coincide con il salvataggio della nave e del carico; operazione tra le più complesse non solo per la necessità di disporre di mezzi idonei di vario genere ma anche per le condizioni in cui si dovrà operare, molto diverse a seconda del sinistro e delle condizioni meteo marine. Il confinamento si attua per intercettare e bloccare il versamento e lo spandimento e per la buona riuscita dell’intervento è predominante il fattore tempo, la immediata reperibilità dei mezzi e delle attrezzature necessarie che dovranno trovarsi in prossimità delle zone di maggiore rischio di sinistro.

I materiali necessari possono essere così raggruppati:

  1. mezzi per l’ormeggio della nave sinistrata e della nave allibante;
  2. parabordi e distanziatori;
  3. pompe e manichette per il trasferimento del carico;
  4. attrezzature per il tamponamento falle e per assicurare la galleggiabilità della nave dopo il trasferimento del carico.

In caso di incendio, si dovrà valutare se convenga o meno estinguerlo, tenendo conto delle conseguenze dell’inquinamento e dei rischi in cui si potrebbe incorrere nel caso di affondamento della nave.

  • Una situazione del genere, ad esempio, si è presentata ai soccorritori accorsi in occasione del sinistro della n/c BELLO, avvenuto il 16 dicembre 1972 nelle acque tra la Corsica e la Capraia, mentre era in navigazione verso Genova con un carico di circa 50.000 tonnellate di petrolio grezzo. Alla violenta esplosione verificatasi nei locali di prora (gavone e cofferdam), che provocò grossi squarci alle strutture delle cisterne della sezione n. 1 ed in parte della n. 2, fece seguito un incendio di grandi proporzioni che, alimentato dal grezzo riversatosi fuori dalle cisterne danneggiate, in breve tempo coinvolse tutta la nave. Nelle condizioni contingenti in cui si doveva operare fu arduo decidere se intervenire in forze per combattere ed estinguere l’incendio, e quindi ridurre il rischio dell’affondamento della nave, oppure lasciare che l’incendio seguisse il suo naturale decorso con la distruzione di buona parte del grezzo che altrimenti, fuoriuscendo in grande quantità dalle cisterne squarciate dall’esplosione, avrebbe potuto inquinare le vaste zone di mare e di coste, provocando così danni incalcolabili. Si convenne di non intervenire sull’incendio e ciò si dimostrò una decisione giusta in quanto si riuscì a salvare la nave ed avere un tasso di inquinamento molto limitato.
  • Contenimento

Una volta confinato e messo sotto controllo il versamento, o in concomitanza con queste operazioni, si dovrà procedere al contenimento dello spandimento oleoso sfruttando al massimo le sue peculiari proprietà: il galleggiamento. E’ un processo indirizzato ad ostacolare il progredire dello spargimento degli idrocarburi stessi confinandoli nella zona più vicina alla sorgente di sversamento. Il contenimento si effettua in genere per mezzo di «barriere galleggianti», che in una strategia di bonifica, sono generalmente il primo strumento ad essere utilizzato e l’ultimo ad essere rimosso. L’importanza di un corretto contenimento deriva dalla conoscenza che gli sversamenti di idrocarburi hanno la tendenza a spargersi in strati sempre più sottili e a frazionarsi in aree più piccole che vanno a interessare zone sempre più estese (o migrazione verso la costa). Man mano che l’area ricoperta dalla mappa di idrocarburi aumenta è evidente che la strategia di un intervento diventa più difficile, e, di conseguenza, più costosa.

Barriere galleggianti

A tutt’oggi sono stati studiati e allestiti diversi tipi di barriere di contenimento; tali mezzi comprendono:

  1. barriere fisiche, quando il loro funzionamento è basato essenzialmente su principi fisici e meccanici;
  2. barriere chimiche, quando la loro azione è basata essenzialmente sul comportamento di certe sostanze immerse nel mare.

► Le barriere fisiche (=panne) sono le più usate e possono essere raggruppate in tre categorie:

  1. panne meccaniche;
  2. panne pneumatiche o deformabili;
  3. panne assorbenti.

Il buon funzionamento delle panne è subordinato, oltre che dalle loro caratteristiche tecniche, anche dalle condizioni di mare e di vento nel luogo in cui esse vengono impiegate. Le panne meccaniche, essendo quasi tutte costruite con componenti galleggianti e fluttuanti (schiume plastiche espanse di polietilene o poliuretano), vengono comunemente chiamate «panne galleggianti». Questo tipo di panna è considerata la più pratica per il maggior numero di soluzioni e situazioni che consente di affrontare e, se opportunamente dimensionate, è idoneo a proteggere specchi d’acqua molto grandi.

Panne assorbenti

Le panne pneumatiche (o idro-pneumatiche) consistono in una tubazione (tubo perforato), posizionata sul fondo marino, in acque relativamente basse, in cui viene insufflata, attraverso una serie di ugelli calibrati, dell’aria che raggiunge la superficie generando una fitta barriera di bolle le quali creano una turbolenza tale da impedire lo spandimento dell’olio minerale. Il principio su cui si basano tali barriere è che gli idrocarburi in acque calme non tendono ad attraversare la corrente determinata dal flusso d’aria che raggiunge la superficie. L’unico svantaggio di questo tipo di panna è il fatto che non può essere usata in presenza di moto ondoso e in postazioni mobili; preferibilmente si utilizza con acque molto calme come quelle portuali.

Le panne assorbenti, infine, costituiscono una particolare versione della panne meccaniche; vengono impiegate per eliminare piccoli spandimenti e per la protezione delle spiagge. Tali panne le cui proprietà essenziali sono analoghe a quelle dei “fogli assorbenti” risultano notevolmente utili allorché il film di idrocarburi sia estremamente sottile e di recente produzione. Sono fabbricate con materiale sintetico ad alto coefficiente di assorbimento trattenuto all’interno di un involucro a forma di rete, realizzato in fibra  e fabbricato con lo stesso materiale di riempimento.

► Le barriere chimiche sono ottenute con prodotti biodegradabili e di bassa tossicità che, immersi in mare, lungo il perimetro della macchia oleosa, agiscono modificando la tensione superficiale dell’olio  (l’equilibrio delle cariche superficiali) inibendone l’ulteriore spargimento e compattandolo (effetto coagulante)[1] [7], in modo da facilitarne il recupero che deve essere, visto che l’effetto di tali barriere non è duraturo, iniziato dopo l’applicazione delle barriere chimiche. a loro azione è esattamente contraria a quella dei disperdenti (hanno gli stessi effetti dei detergenti); vengono praticamente usati nebulizzati e distribuiti con un mezzo nautico e con elicotteri.

L’uso di tali barriere è subordinato all’autorizzazione della competente Autorità perché trattasi di sostanze chimiche che, in definitiva, si aggiungono quale eventuale componente peggiorativa all’inquinamento già prodotto dagli idrocarburi.

Barriere chimiche

 

  • Riduzione

Le operazioni poste in essere per combattere l'inquinamento hanno come obiettivo l’eliminazione totale dello spandimento, dopo averlo contenuto e, per quanto possibile, concentrato manovrando le panne galleggianti in modo da dislocarle nelle posizioni più favorevoli di vento e di corrente.

Le principali metodologie su cui si basano le tecniche di riduzione sono:

  1. rimozione meccanica
  2. assorbimento su sostanza galleggiante
  3. dispersione
  4. combustione

 


[1] [7] L’unico prodotto italiano che possieda questi requisiti è quello brevettato dalla Snam Progetti (Pollustrop) prodotto commercializzato in Italia ed in molti Paesi esteri dalla Prodeco S.p.A. con il nome di “PRODENTENSER”

 

Metodi di rimozione degli idrocarburi dalla superficie del mare

Le operazioni di riduzione hanno come obiettivo l'eliminazione totale dello spandimento, dopo averlo contenuto e, per quanto possibile, concentrato manovrando le panne galleggianti in modo da dislocare nelle posizioini più favorevoli di vento e di corrente.

  • Le principali metodologie su cui si basano le tecniche di riduzione sono:
  1. rimozione meccanica
  2. assorbimento su sostanza galleggiante o autoaffondanti
  3. dispersione
  4. combustione

Sistemi più soffisticati sono attualmente allo studio, come la coagulazione e la gelificazione dell'olio, ma si ritiene che queste metodologie avranno scarse possibilità di applicazione sia per le dificoltà operative che presentano, sia per l'elevato costo dei prodotti.

Le apparecchiatrure da impiegare dovranno possedere le seguenti caratteristiche:

  1. applicabilità in condizioni meteomarine più avverse di quelle previste;
  2. semplicità di funzionamento e di manutenzione, in relazione al livello di addestramento dgli operatori;
  3. affidabilità elevate in caso di emergenza.

Inoltre, dovranno essere antideflagranti nell'eventualità della presenza di gas e vapori di idrocarburi nelle zone nelle quali dovranno operare.
La scelta della tecnica più idonea per ottenere i migliori risultati nelle condizioni contingenti in cui si dovrà
intervenire, dipende dall'entità dello spandimento, dalle caratteristiche chimiche e fisiche del prodotto versato e, in particolare, dalle condizioni meteomarine. E' evidente che in condizioni di moto ondoso accentuato sarà pressoché impossibile la rimozione diretta dell'olio come del resto risulterà estremamente difficoltoso il suo assorbimento in caso di vento.

 

Rimozione meccanica

Questo metodo di disinquinamento, è messo in atto servendosi di particolari “apparecchi succhiatori” identificabili con il termine di «skimmers», ideati per rimuovere dalla superficie dell’acqua gli idrocarburi senza causare notevoli cambiamenti delle loro proprietà chimico fisiche sia per l’eventuale riutilizzo del prodotto recuperato.

  • Esistono vari tipi di skimmers ma sostanzialmente le modalità operative di tali mezzi sono tre:
  1. sistema centrifugo;
  2. sistema per sommersione;
  3. sistema di assorbimento in superficie.

Esistono in commercio vari tipi di skimmers:

  1. il tipo a nastro (belt skimmer) che convoglia gli idrocarburi dalla superficie dell’acqua per adesione verso un sistema rotante con una spazzola di raschiamento che fa cadere la componente oleosa in un serbatoio di stoccaggio;
  2. un altro tipo di skimmers segue il concetto del nastro oleofilico che una volta raccolti gli idrocarburi li spreme attraverso due rulli in un contenitore;
  3. un altro tipo di skimmer è a dischiche ruotando contro coltelli laterali, dopo aver ritenuto adesi gli idrocarburi, fanno si che questi vengano raschiati via dai coltelli cadendo in un apposito contenitore collegato a pompe di recupero.

Belt Skimmer: tipo a nastro

Vengono usati in genere insieme alle “panne galleggianti” di contenimento e posizionate nell’angolo chiuso dello sbarramento a “V” oppure nella concavità dello sbarramento a “U” o nei siti ove, per corrente, vento e interventi programmati, gli idrocarburi si raccolgono in maggior quantità. Nei casi di utilizzazione è necessario il collegamento con mezzi di appoggio e di stoccaggio, per poter effettuare il successivo trasporto del prodotto oleoso raccolto presso i depositi costieri opportunamente adibiti.

Schema a  "U" 

 

  • I vantaggi:

•  l’olio può essere contenuto presso la fonte inquinante

•  si riduce la possibilità di contaminazione costiera

•  la sostanza oleosa viene rimossa dal mare

  • Gli svantaggi:

•  considerevole tempo per il trasporto e la dislocazione

•  costi di impiego

•  logistica

•  eliminazione delle sostanze rimosse

•  possibile inefficacia in relazione alle situazioni meteo-marine

Assorbimento su sostanze galleggianti o autoaffondanti

Il disinquinamento basato sulle tecniche dell’assorbimento richiede dei particolari materiali che abbiano una grande affinità verso i prodotti oleosi e, una notevole repellenza verso l’acqua. Possono quindi assorbire l’olio versato assorbendo contemporaneamente solo modeste quantità d’acqua.

  • Le sostanze suddette sono classificabili in due categorie:
  1. assorbenti galleggianti
  2. assorbenti autoaffondanti

Gli assorbenti galleggianti, in particolare, sono prodotti in grado, grazie anche al loro peso specifico molto basso, di galleggiare a lungo consentendo (a differenza degli affondanti) il recupero meccanico della miscela olio-assorbente.

  • I materiali usati per la produzione degli assorbenti sono sostanzialmente di tre tipi:
  1. materiali organici naturali (vegetali di paglia, trucioli di legno, scarti celluloidi e segatura, trattati soprattutto per aumentare la porosità);
  2. materiali inorganici (minerali, sostanzialmente, pomice espansa e trattata per renderla idrorepellente ed oleofila, fibra di vetro, ecc.);
  3. materiali sintetici (polimeri porosi, quali il poliuretano, nylon, polietilene, ecc.)

Le principali limitazioni all’uso di questi prodotti sono la loro voluminosità che ovviamente gioca inerte che fa raggiungere al petrolio un ruolo sfavorevole nel trasporto e nella manipolazione, ma soprattutto il fatto che quelli di origine vegetale tendono in un tempo più o meno breve ad affondare e quindi il recupero deve, ma non sempre può, essere rapido. Quelli di origine minerale galleggiano per un tempo più lungo ma creano problemi di smaltimento in quanto l’estrazione dell’olio dall’assorbente risulta non economica. Inoltre, presentano alcuni inconvenienti in fase di spargimento sulla chiazza oleosa. Infatti, in condizioni, di vento e di moto ondoso accentuati, il tempo di permanenza del materiale assorbente non risulterebbe sufficiente per consentire tale meccanismo. Queste sostanze al termine del processo di assorbimento devono essere rimosse meccanicamente e distrutte, per incenerimento o per combustione, oppure interrati in zone di non facile individuazione.

Gli assorbenti autoaffondanti, sono aditivi chimici (c.d gelificanti, in quanto riducono allo stato di gel gli oli minerali), che tendono a prevenire lo spargimento rapido degli idrocarburi flottanti sull’acqua formando come un tappeto che talvolta, rimosso, permette il riutilizzo degli idrocarburi stessi. Il loro uso presenta, peraltro, l’inconveniente di trasferire l’inquinamento dalla superficie al fondo marino con conseguenze gravi per l’ecosistema. Inoltre, se la sostanza impiegata non possiede una elevata capacità di ritenzione, tale da mantenere inalterata la proprietà di autoaffondamento, potrebbe avvenire la risalita del prodotto rendendo indispensabile un nuovo intervento. Tale tecnica non è più in uso.

Assorbenti galleggianti

Dispersione

La tecnica operativa del metodo della «dispersione» consiste nell’irrogare il disperdente sulla macchia oleosa mentre il mezzo navale avanza, a velocità adeguata, lungo il perimetro della macchia ovvero a rastrello, tenendo conto della direzione del vento e della corrente.

Tali prodotti agiscono quindi per riduzione dell’inquinamento. A questo proposito è da osservare che in effetti i disperdenti di 1^ generazione, utilizzati fino alla fine degli anni '60 (vedasi Torrey Canyon 1967), presentavano un’alta percentuale di componenti aromatici (benzene, tluene, xylene), alquanto tossici che, additivati con agenti tensio-attivi, esercitavano soprattutto un’azione solvente delle macchie di idrocarburo irrorate.

I disperdenti successivamente prodotti, ed oggi disponibili per l’uso, sono di concezione e composizione diversa. Essi si dividono in 3 categorie con riferimento al modo d’impiego e al tipo di agente che espleta funzioni di supporto meccanico del tensio-attivo destinato ad abbassare la tensione superficiale dell’idrocarburo trattato, causandone la dispersione nella colonna d’acqua. Trattasi in effetti di un processo fisico-meccanico che consiste nel provocare il frazionamento della massa di petrolio, provocandone la rottura della forza di coesione molecolare e agevolando così il processo di metabolizzazione (biodegradazione) dell’idrocarburo da parte dell’ambiente marino.

 

  • I vantaggi:

• hanno efficacia immediata

• riducono il rischio di incendio e di compromissione delle coste

• riducono la contaminazione densa degli uccelli marini

• evitano la formazione delle emulsioni

• il loro uso costa meno dell’intervento meccanico

• migliorano la biodegradazione

  • Gli svantaggi:

• l’olio non viene rimosso, ma soltanto spostato

• procurano nuovi e diversi effetti inquinanti

• possono sfavorire le altre strategie di intervento

Combustione

L’eliminazione della macchia oleosa per combustione (incendio) non è facilmente attuabile poiché il prodotto versato in mare tende rapidamente ad evaporare. Inoltre, distribuendosi su strati sottili, risente dell’azione raffreddante dell’acqua; azione che impedisce il raggiungimento della temperatura di accensione dell’olio minerale. Vi è inoltre da considerare che la fase di incendio non sarebbe sufficientemente controllabile e porterebbe come conseguenza l’inquinamento atmosferico. In conclusione tale metodo è una alternativa solo quando non esistano altre tecniche per fronteggiare una grave situazione di inquinamento marino (per una caduta di residui combusti sottovento e un residuo carbonioso in mare difficilmente degradabile).

  •  I  vantaggi:

                •  l’incendio  elimina dall’ambiente parte dell’inquinante

  • Gli svantaggi:

•  pericoli per la sicurezza del personale

•  possibile inefficacia in relazione alle situazioni meteo-marine

•  produzione di inquinamento atmosferico

•  problemi di gestione dell’incendio

•  deposito dei residui della combustione sul fondo del mare

 

Smaltimento e bonifica

Particolare importanza, nell’ambito delle operazioni di disinquinamento, assume la fase di smaltimento dei materiali recuperati in mare e dalla costa, intendendosi per “smaltimento” il complesso delle operazioni intese a consentire, attraverso vari processi, la totale o parziale riutilizzazione dell’idrocarburo recuperato, oltre che il ricondizionamento e l’inertizzazione o la distruzione dei residui o di altri materiali contaminati o contaminanti e la sistemazione dei residui in condizioni di sicurezza.

Tra l’attività del recupero degli oli, o di altri materiali inquinati o inquinanti, e lo smaltimento vero e proprio, esiste una fase intermedia che è quella del deposito e dello stoccaggio provvisorio della massa recuperata.

Operazioni di smaltimento/bonifica

Intervento dei Pattugliatori d’Altura della Classe Cassiopea nell’ambito di operazioni antinquinamento

I pattugliatori della classe «Cassiopea» (o Costellazioni) sono stati finanziati dal Ministero della Marina Mercantile (oggi Ministero delle Infrastrtutture e dei Trasporti) e gestite operativamente dalla Marina Militare al fine di svolgere gli specifici compiti di pattugliamento dei bacini costieri ed in particolare il controllo del traffico mercantile, la sorveglianza e controllo anti-immigrazione.

Le unità hanno la capacità di operare autonomamente e di cooperare con altri mezzi aerei o navali, per assicurare nell'ambito della "Zona Economica Esclusiva" interventi relativi a:

  1. salvaguardia in generale degli interessi economici nazionali;
  2. difesa dele piattaforme marine e di Unità impegnate in prospezioni/sfruttamento del fondo marino;
  3. operazioni di vigilanza pesca sia sotto forma di contestazione e documentazione delle violazioni che di salvaguardia dei diritti dei pescherecci nazionali sottoposti a contestazione da parte di Autorità straniere;
  4. vigilanza e tutela delle norme sulla salvaguardia dell'ambiente marino (incluso l'inquinamento) sia ai fini di contestare e documentare le violazioni, che di intervenire per limitare i danni;
  5. operazioni di ricerca e soccorso per la salvaguardia della vita umana in mare;
  6. assistenza di primo intervento, sia medica che tecnica, in caso di incendio, esplosione o avaria a bordo o su piattaforme marine.

I Cassiopea sono stati impiegati, altresì, in varie operazioni internazionali come la missione ONU per il pattugliamento delle acque del Libano.

Il coinvolgimento dei Pattugliatori d’Altura della Classe «Cassiopea» nell’ambito di operazioni antinquinamento può avvenire solo previa formale e motivata richiesta avanzata a Maristat dal C.O.A. di Difmar o, nel  caso di emergenza nazionale, dal Dipartimento della Protezione Civile. In tal caso, quindi, alla luce di quanto si è detto in precedenza a proposito dell’organizzazione del “pronto intervento”, le suddette Unità potranno  trovarsi ad operare sotto la direzione ed il coordinamento di una delle seguenti Autorità:

  • Capo del Compartimento Marittimo competente per territorio, in stretto contatto con il relativo Centro Operativo Periferico e con il C.O.A. di Difmar, nel caso di “emergenza locale”;
  • Dipartimento della Protezione Civile  presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,  nel caso di “emergenza nazionale”;
  • Direttore Generale di Difmar (supportato, nei casi più gravi, dal Comitato Permanente Interministeriale di Pronto Intervento), nel caso in cui l’intervento abbia come teatro l’alto mare.

Di conseguenza, nell’ambito di tale struttura organizzativa le decisioni circa l’impiego delle dotazioni antinquinamento in possesso dei Pattugliatori, non saranno adottate autonomamente dal Comandante dell’unità stessa ma saranno frutto di valutazioni operate dalle suddette competenti Autorità in relazione all’estensione dell’area interessata dallo sversamento, alle condimeteo in atto ed al numero e alle caratteristiche dei  mezzi antinquinamento intervenuti. Ciò vale in particolar modo per l’impiego del “disperdente”: la decisione circa l’utilizzo di questo prodotto presuppone, infatti, delle delicate quanto complesse valutazioni legate, in particolare, alla natura della sostanza inquinante, al processo di invecchiamento della stessa (con possibile aumento della viscosità ed insorgenza del fenomeno dell’emulsione acqua in olio)  nonchè all’impatto ambientale che ne deriverebbe, considerando, sotto quest’ultimo aspetto,  che l’uso di disperdenti costituisce pur sempre un’immissione di per sé  inquinante. Va sottolineato, fra l’altro, che l’impiego di tali prodotti può essere disposto dall’Autorità coordinatrice del pronto intervento solo previa espressa autorizzazione accordata da Difmar per il tramite del suo C.O.A..

E’ evidente che quanto si è detto sinora nulla toglie al ruolo del Comandante dell’unità quale responsabile della condotta della navigazione. In virtù dei poteri/doveri che discendono da tale ruolo il Comandante deve infatti valutare se le disposizioni impartite dalle Autorità che dirigono le operazioni antinquinamento siano  concretamente attuabili senza comportare rischi per l’unità stessa e/o per l’equipaggio. E’ altrettanto evidente, inoltre, che la direzione delle operazioni antinquinamento è cosa diversa dal controllo operativo (Opcon) delle unità, che, come è noto, spetta a Cincnav. In particolare, l’Autorità che esercita l’Opcon dovrà curare nel corso dell’emergenza antinquinamento gli opportuni collegamenti fra Maristat (Rep.P.O.) e il Centro Operativo del Centro Nazionale di coordinamento e raccolta dati operante presso  Difmar.

In definitiva, occorre tenere ben distinte le decisioni inerenti le modalità di attuazione dell’intervento antinquinamento (spettanti, a seconda dei casi, ad una delle Autorità coordinatrici sopra menzionate) dalle decisioni che riguardano, invece, il controllo operativo delle unità e la condotta della navigazione (spettanti, rispettivamente, a Cincnav ed al Comando di bordo).

Va rilevato, ancora, che nel caso di intervento dei  Pattugliatori d’Altura in operazioni antinquinamento, il Comando di Bordo degli stessi può essere designato dall’Autorità coordinatrice quale OSC (On Scene Commander) venendo così ad assumere, nel quadro operativo del “pronto intervento antinquinamento”, un ruolo di fondamentale importanza. Infatti, è l’O.S.C. che, di fatto, coordina in oparea le azioni di tutti i mezzi cooperanti fornendo, altresì, all’Autorità coordinatrice dell’intervento gli elementi ed i dati indispensabili per un’efficace direzione delle relative operazioni.

 

Cassiopea P-401                                                             Libra P-402

 

  • Attività di sorveglianza e repressione negli illeciti in materia di inquinamento

L’attività dei Pattugliatori nel campo dell’antinquinamento non si limita all’ipotesi sopra esaminata di un loro coinvolgimento nella struttura organizzativa del “pronto intervento” ma si estrinseca anche nella sorveglianza a fini preventivi, nell’accertamento e nella repressione degli illeciti derivanti dalla violazione della  normativa vigente in tale campo.

Infatti, l’art. 23 della Legge 979/82 affida lo svolgimento delle attività di sorveglianza per la prevenzione degli  inquinamenti delle acque marine e di accertamento delle relative infrazioni,  agli “Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria di cui all’art. 57 c.p.p. e 1235 del Cod. nav., nonchè al personale civile dell’amministrazione dell’Ambiente, agli Ufficiali, Sottufficiali e Sottocapi della Marina Militare”, sotto la direzione dei Comadanti dei porti.

Per il corretto svolgimento di tale delicato compito, di fondamentale rilievo è la conoscenza sia delle norme che regolamentano la discarica  di  sostanze nocive ed il loro trasporto via mare, sia delle norme che sanzionano la violazione di tale normativa.

Spica P-403                                                                  Vega P-404

Sistema sanzionatorio in materia di inquinamento prodotto da navi

Nel S.O. n. 228 della Gazzetta Ufficiale n. 261 del 9 novembre 2007 è pubblicato il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 202 [8] sulla “Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento delle navi e conseguenti sanzioni”.

L’attuazione della direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, adegua la normativa italiana a far aumentare la sicurezza marittima e migliorare la protezione dell’ambiente marino provocato dalle navi.

Infatti, il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria prevede il divieto di scarico delle sostanze inquinantii (idrocarburi e sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa di cui agli Allegati della Convenzione di Marpol 73/78), provenienti dalle navi battenti qualsiasi bandiera effettuati:

  • a) nelle acque interne, compresi i porti, nella misura in cui è applicabile il regime previsto dalla Convenzione Marpol 73/78;
  • b) nella acque territoriali;
  • c) negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti al regime di passaggio di transito, come specificato nella parte III, sezione 2, della Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare;
  • d) nella zona economica esclusiva o in una zona equivalente istituita ai sensi del diritto internazionale e nazionale;
  • e) in alto mare.

Le disposizioni del decreto non si applicano alle navi militari da guerra o ausiliarie e alle navi possedute o gestite dallo Stato, solo se impiegate per servizi governativi e non commerciali".

Lo scarico di dette sostanze costituisce reato rubricato come “inquinamento doloso” o “inquinamento colposo”.

Inquinamento doloso: sanzioni

L’articolo 8, comma 1 del  Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 202 [8]  dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazione di bandiera, nonché i membri dell’equipaggio, il proprietario e il suo armatore, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, che violano le disposizioni di cui all’art. 4, n. 1 D.lgs. 202/07, con conseguente sversamento volontario in mare delle sostanze inquinanti di cui all’Allegato I (=idrocarburi) e all’Allegato II (=sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla MARPOL 73/78, sono puniti

  • con l’arresto da 6 (sei) mesi a 2 (due) anni e con l’ammenda da € 10.000 ad € 50.000.

Il predetto articolo al comma 2 stabilisce che, se la violazione di cui al 1 comma causa danni permanenti o, comunque, di particolare gravità, alla qualità delle acque, alle specie animali o vegetali o a parti di queste,

  • si applica l’arresto da 1 (uno) a 3 (tre) anni e l’ammenda da € 10.000 ad € 80.000.

Il danno si considera di particolare gravità quando l’eliminazione delle sue conseguenze risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali (comma 3).

L’articolo 10, comma 1 D.lgs. 202/07 prevede a seguito di condanna per il reato di cui all’art. 8 la pena accessoria 

  • della «sospensione del titolo professionale» per il Comandante della nave e per le persone dell’equipaggio fornite dei titoli di cui all’art. 123 cod. nav.,
  • nonché la «sospensione dalla professione marittima» per i restanti membri dell’equipaggio, rispettivamente di durata non inferiore ad 1 (uno) anno, ai sensi dell’art. 1083 cod. nav.

Al Comandante e ai membri dell’equipaggio condannati per il reato di cui all' art. 8 è inibito l’attracco ai porti italiani per un periodo comunque non inferiore ad 1 (uno) anno, commisurato alla gravità del reato commesso, da determinarsi con Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Inquinamento colposo: sanzioni

L’articolo 9, comma 1 del  Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 202 [8] dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazione di bandiera, nonché i membri dell’equipaggio, il proprietario e il suo armatore, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, che violano le disposizioni di cui all’art. 4, n. 1 D.lgs. 202/07, con conseguente sversamento colposo in mare delle sostanze inquinanti di cui all’Allegato I (=idrocarburi) e all’Allegato II (=sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla MARPOL 73/78, sono puniti

  • con l’ammenda da € 10.000 ad € 30.000.

Il predetto articolo al comma 2 stabilisce che, se la violazione di cui al 1 comma causa danni permanenti o, comunque, diolar partice gravità, alla qualità delle acque, alle specie animali o vegetali o a parti di queste

  • si applica l’arresto da 6 (sei) mesi a 2 (due) anni e l’ammenda da € 10.000 ad € 30.000.

Al Comandante e ai membri dell’equipaggio condannati per il reato di cui all' art. 9 è inibito l’attracco ai porti italiani per un periodo comunque non inferiore ad 1 (uno) anno, commisurato alla gravità del reato commesso, da determinarsi con Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

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