Negli ultimi decenni, l’obiettivo primario perseguito dal legislatore nel settore della pesca marittima è consistito nel tutelare l’insieme degli interessi legati, direttamente o di riflesso, alla filiera della pesca, mediante l’individuazione di metodologie di cattura e limitazioni, in termini di quote e dimensioni del pescato, tali da consentire uno sfruttamento sostenibile della risorsa ittica, compatibile sia con la tutela dell’ecosistema mare nel suo complesso e sia con la necessità di garantire il naturale ed indispensabile ripopolamento della fauna ittica.
Come facilmente intuibile, infatti, il ripopolamento ittico si pone come presupposto irrinunciabile, al fine di mantenere un ragionevole equilibrio nel ricambio tra l’entità delle catture operate e i nuovi esemplari adulti in grado di sostituire i primi, in modo da prevenire il progressivo impoverimento delle specie con conseguenti ripercussioni a catena lungo l’intera filiera della pesca.
Per tali motivi, è stato indispensabile identificare precise limitazioni nell’esercizio della pesca marittima, atte a prevenire uno sistematico depauperamento delle specie bersaglio che, in ragione delle inscindibili interconnessioni che legano l’un l’altro tutti gli abitanti del mare, può interrompere, talvolta in via irreversibile, alcune fondamentali catene vitali.
Per raggiungere tali finalità il legislatore italiano, fin dal 1965 con l’abrogata Legge 14 luglio 1965, n. 963 (“Disciplina della pesca marittima”) e relativo Regolamento di attuazione (DPR 02/10/1968, n. 1639) ha ritenuto di individuare, per ciascuna specie ittica di interesse commerciale, una precisa “taglia minima” di riferimento, identificata secondo parametri squisitamente scientifici legati all’avvenuto raggiungimento, da parte degli esemplari, di una maturità sessuale tale da consentirne la riproduzione.
Conseguentemente la stessa normativa vietava, non solo la pesca, bensì anche la detenzione, il trasporto, l’immagazzinamento ed il commercio del novellame di pescato che non raggiungeva la misura minima prevista, con il conseguente obbligo, a carico del pescatore, di effettuare una prima immediata cernita al momento della cattura finalizzata a rigettare il mare l’eventuale pescato “irregolare”.
Le taglie minime in parola sono attualmente disciplinate dalla normativa unionale, da quella nazionale o da entrambe. I capisaldi di questa normativa sono:
Contengono norme a tutela delle «forme giovanili» di diverse specie, in modo da limitare i danni derivanti agli stock ittici[1] dalla cattura massiva di individui sottomisura. Determinate taglie minime vengono oltremodo stabilite da norme speciali quali Decreti Ministeriali o Regolamenti ad hoc.
Ai sensi dell’art. 86, per «novellame» si intendono gli esemplari allo stadio giovanile delle specie animali, viventi nel mare, non pervenuti alle dimensioni indicate negli artt. 87, 88 e 89 del Regolamento medesimo.
L’art. 91 stabilisce il divieto di detenzione di organismi sotto misura: pesci, crostacei e molluschi, di dimensioni inferiori a quelle stabilite, eventualmente catturati, debbono essere rigettati in mare.
L’art. 7, comma 1 lettera a), fa divieto di detenere, sbarcare e trasbordare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima in violazione della normativa in vigore.
L’art. 7, comma 1 lettera b), fa divieto di trasportare e commercializzare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima in violazione della normativa in vigore.
L’art. 7, comma 2 stabilisce che in caso di cattura accessoria o accidentale di esemplari di dimensioni inferiori alla taglia minima, questi devono essere rigettati in mare.
L’art. 8, comma 1 stabilisce che chiunque viola i divieti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a), b), è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 2.000 euro a 12.000 euro (reato contravvenzione).
Non si applica la sanzione se la cattura è stata realizzata con attrezzi conformi alle norme comunitarie e nazionali, autorizzati dalla licenza di pesca (Art. 8, comma 3).
L’art. 15 Allegato III, Capo V stabilisce le “taglie minime” al di sotto delle quali pesci, molluschi o crostacei vengono considerati sotto misura e quindi non possono essere catturati, tenuti a bordo, trasbordati, sbarcati, trasferiti, immagazzinati, venduti, esposti o messi in vendita (art. 15, n. 1) e, fattore di notevole rilevanza, non prevede la tolleranza di una qualsiasi percentuale di “organismi marini sotto taglia” se non nei casi specificati dal Regolamento stesso.
Lo sbarco, il trasporto, il trasbordo e la commercializzazione di esemplari sottomisura rimane solo per le specie (e nelle percentuali) per cui ciò sia chiaramente specificato nella normativa comunitaria (ad esempio: Tonno Rosso, Reg. (CE) 1559/2007, art. 9, par. 1).
Effettuando un cambio di tendenza, il Reg. (UE) 1380/2013, entrato in vigore all’inizio del 2015, relativo alla politica comune della pesca (che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio), ha apportato delle importanti innovazioni nel settore della pesca.
La riforma della politica comune della pesca (PCP) istituisce per la prima volta il c.d. obbligo di sbarco, cioè il ha abolito la pratica del rigetto in mare per le specie soggette a taglia minima (pratica abbastanza consueta nelle attività di pesca professionale) e introdotto l’obbligo di sbarco divieto di rigettare in mare pesci morti.
Attenzione !
Si ricorda che le Regioni a statuto speciale (Sardegna) possono legiferare autonomamente in materia di pesca (anche per le taglie minime), tali norme prevalgono sulla normativa nazionale ma NON su quella comunitaria, a meno che non contengano misure più restrittive.
[1]. Uno stock ittico (o semplicemente stock) è una subpopolazione [1] di una specie di organismo (pesce [2] o invertebrato) soggetto a pesca commerciale [3]. È l'unità di base della biologia della pesca [4].
La riforma comune della politica della pesca (PCP), stabilisce per il Mediterraneo il divieto di rigetto in mare per quelle specie per cui è prevista una taglia minima comunitaria, in base al Reg. 1967/2006.
In genere, una specie può essere rigettata in mare dopo la cattura per diversi motivi:
Inoltre, le catture di specie che il pescatore intende scartare dovranno essere tenute a bordo registrate nei “Giornali di pesca” in maniera da essere chiaramente distinguibili dalle catture “commerciali”.
Una volta sbarcate, l’uso delle catture di specie di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione è autorizzato unicamente a fini diversi dal consumo umano diretto, come la farina di pesce, l’olio di pesce, gli alimenti per animali, gli additivi alimentari, i prodotti farmaceutici e cosmetici.
Gli obiettivi principali del Regolamento sono di rendere la pesca più selettiva e di ridurre gradualmente i rigetti in mare.
Le catture accidentali e i rigetti costituiscono di fatto uno spreco considerevole e incidono negativamente sullo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine e sugli ecosistemi marini.
a) specie la cui pesca è vietata e che sono identificate come tali in un atto giuridico dell’Unione adottato nel settore della PCP;
b) specie per le quali, secondo i migliori pareri scientifici disponibili, presentano un elevato tasso di sopravvivenza quando sono
rilasciate in mare;
c) pesci danneggiati da predatori, quali mammiferi marini, che, essendo potenzialmente pericolosi per la salute umana e degli
animali domestici, devono essere immediatamente smaltiti in mare.
L’obbligo di sbarco è stato introdotto in modo differenziato a seconda delle varie attività di pesca.
In particolare, l’obbligo di sbarco è già entrato in vigore dal 1º gennaio 2015 per la pesca dei “piccoli pelagici”, vale a dire per la pesca di sgombro, sugarello, acciuga, argentina, sardina, spratto. Per le attività di pesca che mirano alle “specie demersali” [1], l’obbligo di sbarco in Mediterraneo sarà attuato al più tardi dal 2019.
In Italia, le attività di pesca interessate dall’obbligo di sbarco fin dal 1º gennaio 2015 sono sostanzialmente la pesca con i “ciancioli” (o lampare) e la pesca con “reti volanti”.
Lo scopo dell’obbligo di sbarco è duplice, da una parte evitare i comportamenti come il cosiddetto “high grading” (o rigetto selettivo) cioè pescare di più e rigettare morti i pesci che presumibilmente avrebbero un valore minore sul mercato, e dall’altra quantificare lo “spreco” di risorse che deve essere affrontato tramite una maggiore selettività degli attrezzi.
In Italia le specie interessate dall’obbligo di sbarco dal 1º gennaio 2015 sono quindi acciuga, sardina, sgombro, lanzardo, suro, aventi le seguenti taglie minime stabilite dal Regolamento CE 1967/2006:
- acciuga (Engraulis encrasicolus)......... 9 cm
- sardina (Sardina pilchardus)............... 11 cm
- sgombro (Scomber scomber)
- lanzardo (Scomber japonicus)............. 18 cm;
- suro o sugarello (Trachurus spp)....... 15 cm.
Essendo praticamente impossibile per gli Organi di controllo verificare la taglia minima di tutte le acciughe e sardine, in caso di grandi quantitativi, il Regolamento suddetto lasciava agli Stati Membri la facoltà di convertire la taglia di acciuga e sardina come segue:
Da questo punto di vista il Regolamento 1380/2013 ha introdotto un cambiamento radicale rispetto a quanto previsto nel Regolamento CE 1967/2006.
Infatti, il Regolamento CE 1967/2006 stabiliva taglie minime per alcune specie commerciali senza alcuna tolleranza lungo tutta la filiera. L’obiettivo era quello di scoraggiare la vendita finale di prodotto sotto misura e di conseguenza anche la richiesta di mercato di pesce sotto taglia. Questa norma, per quanto poco gradita alla categoria dei pescatori, era in ogni caso riconosciuta da questi come necessaria, se applicata e fatta rispettare con buon senso.
Al contrario, il Regolamento 1380/2013, pur vietando la commercializzazione ai fini del consumo umano di prodotto ittico sotto taglia, ha aperto la possibilità di utilizzare tale prodotto per altri fini, attivando potenziali nuovi canali di mercato (farine di pesce, ad esempio).
Questa prospettiva sembra di fatto contraddire i propositi di buona gestione della risorsa insiti nel Regolamento 1380/2013. Infatti, se una unità da pesca potrà in qualche modo commercializzare prodotto ittico anche sotto misura, se ben valutato ai mercati, sarà interessata a catturare il maggior quantitativo di pesce possibile, indipendentemente dalla taglia dello stesso.
Attenzione !
La risposta corretta alla domanda “Cosa succede se pesco pesce di misura inferiore al consentito ? ” è: “Niente se il pesce sotto misura viene immediatamente rigettato in mare. In mancanza di rigetto immediato, invece, si rischia l’arresto da 2 mesi a 2 anni o l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro”.
Attenzione !
Attenzione !
[1]. Si definiscono “demersali” quelle specie di organismi marini che nuotano attivamente ma si trattengono nei pressi del fondale, sul quale o nei pressi del quale trovano il nutrimento. Il vocabolo si contrappone a “bentonico [5]” o bentos (dal greco [6] βÎνϑος = “abisso” ) ed a “pelagico [7]”, nel primo caso ci si riferisce a specie (murena, il grongo, la razza, la sogliola, ecc.) che passano tutto o gran parte del loro tempo sul fondale (sono al limite “sessili [8]”), mentre con il secondo si intendono specie che passano la loro vita nell'acqua aperta ed instaurano rapporti con il fondale in modo limitato (tonno [9], pesce spada [10], sardina [11], barracuda, ecc.). In zoologia sono “sessili” gli animali [12] acquatici, incapaci di movimento e che vivono ancorati ad un qualche tipo di substrato [13] solido come per esempio rocce [14], scafi [15] di imbarcazioni [16], piante, alghe [17] o altri animali. Tra gli organismi sessili vi sono le spugne [18], i coralli [19], capaci di autocostruirsi il proprio substrato, i briozoi [20], i crostacei [21] balanidi [22] e ctamalidi [23], gli ascidiacei [24].
Ai fini della conservazione e del miglior rendimento delle risorse biologiche del mare, in base DPR n. 1639/1968 (come modificato da DM 7/07/1980, DM 3/08/1982; DM 5/06/1987 n. 250) e succ. mod. e ai Reg. CE n. 1967/2006 e 3094/86/CEE, è vietata la pesca e la commercializzazione di pesci allo stadio giovanile (novellame) in quanto tali sotto misura.
Gli esemplari sotto misura non possono essere detenuti a bordo, trasbordati, sbarcati, trasportati, immagazzinati, esposti o venduti e quelli eventualmente catturati, devono essere rigettati in mare.
Tutti i pesci hanno una taglia minima di 7 cm., al di sotto della quale sono considerati forme giovanili, ad eccezione di quelle specie che raggiungono lo stadio adulto prima di questa lunghezza, e di quelle per le quali è fissata una lunghezza minima doiversa (artt. 87 e 93 DPR. 1639/68 e succesive integrazioni).
Ricciola: LT= 7 cm.
In figura, la ricciola:pesce predatore molto resistente, che vive in banchi e raggiunge le dimensioni di 50-80 cm fino ad arrivare ai 190 cm. Gli adulti sono grigio verdi o marrone chiaro sul dorso e più biancastri sul ventre, mentre i piccoli sono gialli con macchie di colore scuro che dal dorso scendono ai fianchi. Questa differenza ha fatto credere per molto tempo che appartenessero a specie diverse. Mentre i piccoli vivono vicino alla costa, gli adulti si spostano in mare aperto dove si nutrono di pesce e invertebrati. Le ricciole sono diffuse in tutte le acque nazionali ma sono più numerose al sud. Reti da posta e circuizione sono i metodi usati per pescarle, soprattutto in Sicilia e basso Tirreno: a volte finiscono nelle tonnare e possono essere catturate con la lenza. Sono più rinomati gli esemplari piccoli dalla carne bianca e con poche spine. Sono stati fatti diversi tentativi di allevarle anche in Italia, come avviene nei paesi orientali, e si cominciano ad avere le prime produzioni.
Tonno: P=30 Kg. o LF=115 cm.
È un pesce migratore di mare aperto che può raggiungere una velocità di 70 km/h. Vive in gruppi numerosi ed è un vorace predatore. La riproduzione avviene tra la metà di luglio e la seconda metà di settembre. È noto anche per riuscire a mantenere una temperatura corporea intorno ai 10° C, più alta rispetto alla pelle, grazie ad un sistema dei vasi sanguigni altamente sofisticato. Se acquistate tonno fresco, qualora il pesce superi il peso di 40 kg, si tratta di tonno rosso; se è di piccole dimensioni potrebbe essere un alletterato, un'alalunga, una palamita o un biso che, pur essendo della stessa famiglia, hanno caratteristiche organolettiche diverse.
Alalunga
E' un grosso pesce pelagico della famiglia dei tonni, da cui si differenzia per la pinna pettorale, lunghissima, dalla quale prende il nome, e per il colore della carne che è bianca e non rossa. Arriva a misurare un metro di lunghezza e può superare i 30 kg.
E' chiamato anche tonnetto, è diffuso nei nostri mari più caldi, dove vive radunandosi in banchi. Ha il corpo allungato, a forma di fuso, con la coda molto assottigliata. La pelle è liscia dal colore inconfondibile: il dorso è azzurro nerastro e presenta linee sinuose molto scure. Il fianco e il ventre sono argentati. Sul corpo sono evidenti alcune macchie nere tondeggianti il cui numero varia a seconda degli individui. L'alletterato misura al massimo 1 metro e può arrivare fino a 12 kg di peso, più comune tra i 4 e i 7 kg.
P=25 Kg. o LF=125 cm.
LF=140 cm.
È una specie conosciuta fin dall'antichità. Il suo nome deriva dalla caratteristica più evidente, l'enorme sviluppo della mascella superiore, prolungata a formare la "spada", un rostro acuminato e tagliente, lungo circa un terzo della lunghezza dell'animale. Ha un colore grigio ardesia con fianchi argentati, la cui tonalità sfuma via via verso il bianco del ventre. Può raggiungere eccezionalmente la lunghezza di 4-5 m e toccare anche i 500 kg di peso. Nei nostri mari raggiunge al massimo i 3 m di lunghezza e un peso di 350 kg. Vive isolato o in coppia. La pesca avviene con maggiore intensità da maggio a ottobre, quando le acque superficiali sono più calde, tramite palangresi di superficie, usando come esca il calamaro o lo sgombro. Uno dei pregi del pesce spada è la sua carne soda, bianca, delicata e priva di lische e spine.
Ai fini della conservazione e del miglior rendimento delle risorse biologiche del mare, in base DPR n. 1639/1968 (come modificato da DM 7/07/1980, DM 3/08/1982; DM 5/06/1987 n. 250) e succ. mod. e ai Reg. CE n. 1967/2006 e 3094/86/CEE, è vietata la pesca e la commercializzazione di molluschi[1] allo stadio giovanile (novellame) in quanto tali sotto misura.
Gli esemplari sotto misura non possono essere detenuti a bordo, trasbordati, sbarcati, trasportati, immagazzinati, esposti o venduti e quelli eventualmente catturati, devono essere rigettati in mare.
Le dimensioni dei «molluschi» si riferiscono alla lunghezza massima o al diametro massimo delle conchiglie:
[1] I molluschi sono animali con il corpo molle. Esempi di molluschi sono le lumachine di mare, le seppie, i polipi, le vongole, ecc. Pur con una grande varietà di forme, nel corpo di tutti i molluschi si osservano le seguenti parti:
L’apparato digerente dei molluschi è diviso in parti (l’esofago, lo stomaco e l’intestino) e termina nella “cavità palleale”, che si trova tra il piede e il mantello. Essa contiene gli organi della respirazione (branchie) e vi sbocca l’apparato escretore.
L’apparato circolatorio, in cui è presente un cuore, è di tipo aperto, poiché il sangue circola in vasi sia in lacune del corpo. Il sistema nervoso è formato da gangli collegati da cordoni nervosi. La riproduzione è sessuata; alcune specie hanno sessi separati, altre sono ermafrodite. I molluschi si dividono in gasteropodi, bivalvi e cefalopodi.
Lerreralmente, gasteropode significa animale che cammina sul ventre; la maggior parte dei gasteropodi possiede una conchiglia costituita da un solo pezzo, ma in alcune specie la conchiglia non c’è. Appartengono a questa classe le lumachine di mare, muride.
La loro conchiglia è formata da due valve, cioè due pezzi collegati da una sorta di cerniera azionata da potenti muscoli. Alcuni bivalvi sono produttori di perle, che si formano per una reazione di difesa dell’animale nei confronti di granelli di sabbia o di parassiti che sono penetrati tra le valve. Esempi di bivalvi sono le vongole e i mitili.
Il nome cefalopode significa animale che cammina sulla testa: il piede infatti si trova vicino alla testa dell’animale ed è suddiviso in numerosi tentacoli. Il capo ha una sorta di becco con il quale il cibo viene frantumato. In alcuni cefalopodi la conchiglia è interna (come l’osso della seppia), altri cefalopodi invece non hanno la conchiglia (come il polpo).
[2]Articolo 89 - Dimensione minima dei molluschi bivalvi
Si considerano molluschi bivalvi (Lamellibranchi) allo stadio giovanile gli esemplari inferiori alle seguenti dimensioni:
- ostrica (Ostea sp.) ............................................... . ..cm. 6
- mitilo (Mitilus sp.) ............................................... . ...cm. 5
- vongola (Venus gallina e Venerupis sp.) ..................cm. 2,5
- tartufo di mare (Venus verrucosa) ..................... ... cm. 2,5
- cannello o cannolicchio (Solen sp. e Ensis sp)... ...cm. 8
- datteri di mare (Lithophaga Lithopaga) ............... ..cm. 5 (Vietato R. CE 1967/2006)
- capasanta (Pecten jacabaeus) ............................ . ...cm. 10
- tellina (Donax trunculus) .................................... . ..cm. 2
E’ vietata la pesca, la detenzione e il commercio del dattero di mare (lithophaga lithophaga) e del dattero bianco (pholas dactylus) e della pinna (pinna nobilis) e della patella (patella ferruginea ) in tutte le coste italiane.
Ai fini della conservazione e del miglior rendimento delle risorse biologiche del mare, in base DPR n. 1639/1968 (come modificato da DM 7/07/1980, DM 3/08/1982; DM 5/06/1987 n 250) e succ. mod. e ai Reg CE n. 1967/2006 e 3094/86/CEE, è vietata la pesca e la commercializzazione di «crostacei» allo stadio giovanile (novellame) in quanto tali sotto misura.
Tra i «crostacei», soltanto alcune specie di Decapodi (Astice, Scampo e Aragosta) hanno misure minime particolari, al di sotto delle quali gli esemplari sono considerati allo stato giovanile (vedi art. 88 DPR 1639/678 e successive modifiche). la normativa nazionale però non si applica in quanto le stesse specie sono soggette alla normativa europea.
Comprendono gamberi, aragoste, astici, granchi Il corpo è suddiso in "cefalotorace" e "addome", coperto in parte o totalmente da uno scudo molto resistente con funzione protettiva, detto “carapace”. Sul capo vi sono due paia di antenne con funzione di organi di senso. La respirazione è branchiale, gli arti sono in numero variabile (in genere cinque paia di zampe), di cui il primo è trasformato in robuste appendici, chiamate “chele”, che possono essere usate per difesa oppure per trattenere e lacerare le prede.
Aragosta (Palinuride)
[1] La pesca della “aragosta“ (e dell’astice) è vietata nel periodo 1° gennaio al 30 aprile
Crostaceo dal corpo allungato con la parte anteriore, il «carapace», robusto munito di «rostro» dentellato ai lati del quale si trovano gli occhi, possiede due paia di antenne di cui un paio lunghe ed un paio più corte bifide. Possiede quattro paia di braccia e l’addome termina con una sorta di coda che si apre a ventaglio (telson).
Il colore è rosa con macchie bianche ed arancio. Della stessa famiglia dell’astice, si distingue per le minori dimensioni, per la forma delle chele, lunghe e sottili, e per il diverso colore.
Il maschio è più grande della femmina, può raggiungere una lunghezza massima di 25 cm, comunemente si pesca attorno ai 10 - 20 cm.
I sessi sono separati, il maschio si può distinguere per la presenza sotto l’addome di due appendici a forma di spina, gli organi copulatori, la femmina porta le uova sotto l’addome fino alla schiusa e le larve sono planctoniche.
Tra 20 e 800 metri di profondità, vive nascosto in gallerie che scava sul fondo, per questo predilige fondali con sabbia compatta, si muove di notte per alimentarsi catturando piccoli organismi: altri crostacei ed anellidi.
E' il crostaceo più grosso del Mediterraneo, caratteristica peculiare sono le due grosse e temute chele anteriori di dimensioni diverse fra loro, possiede due paia di antenne un paio corte ed un paio lunghe quanto tutto il corpo, le chele vengono usate soprattutto per difesa e per la cattura delle prede, le altre due paia di appendici dietro alle chele oltre che per il movimento possiedono pinze che possono essere usate per portare il cibo alla bocca, le ultime due paia posteriori servono unicamente per spostarsi.
Come tutti i crostacei ha il corpo rivestito da una spessa corazza che costituisce l’esoscheletro, la crescita deve avvenire perciò per mute successive con le quali l’animale si libera della vecchia corazza e ne costruisce una nuova più grande.
Può raggiungere dimensioni superiori a 60 cm ed un peso di 6 kg. Il carapace è liscio, due sole spine si trovano dietro agli occhi, il colore è nero bluastro con riflessi giallastri sul dorso.
Vive abitualmente su fondali misti con sabbia e roccia, fino a 100 m di profondità, si riproduce nei mesi estivi, le uova sono portate sotto l’addome delle femmine per 10 – 11 mesi, la larva trascorre un periodo planctonico per poi portarsi nei pressi del fondo una volta acquisito l’aspetto definitivo.
Si trova in tutto il mediterraneo ma è più frequente in Adriatico. Più attivo nelle ore notturne quando esce dalle tane, scavate nella sabbia o ricavate in anfratti rocciosi, per cacciare soprattutto molluschi, è un animale territoriale.
Appartiene al vasto ordine dei Decapodi e rientra, insieme ad altre importanti specie commerciali come la Mazzancolla (Melicertus kerathurus), nella Famiglia Penaeidae. Noto come «gambero bianco» o «gambero rosa», è un crostaceo dal corpo compresso lateralmente. La parte anteriore (cefalotorace) è ricoperta da un carapace da cui si diramano 13 paia di appendici. Rostro superiore fornito di 8-9 denti. Il rostro del gambero rosa è diritto o appena sinuoso e leggermente incurvato verso l'alto, dotato di 5-9 spine nella parte dorsale e privo di spine in quella ventrale. Il rostro prosegue posteriormente in una carena fin quasi al bordo del carapace. Sul carapace è ben visibile la spina epatica. La parte posteriore (addome) è composta da 6 segmenti. Occhi peduncolati, senza tubercoli. Gli occhi sono peduncolati e privi di tubercoli. La colorazione di P. longirostris è rosa-arancio tendente al rosso-violaceo sul carapace e, soprattutto, sul rostro. Nelle femmine la colorazione delle gonadi varia dal bianco al verde in funzione dello stadio di maturità sessuale; nelle femmine mature, come succede in molti crostacei, è possibile osservare in trasparenza gli ovari verdi. Questa specie presenta dimorfismo sessuale e le femmine sono più grandi dei maschi; la lunghezza totale massima riscontrata è stata di 19 cm su individui femmina.
Vive in fondali fangosi. E' comune nel Mediterraneo e nell'Atlantico sia orientale che occidentale. Abbastanza comune, distribuito nell'intero bacino Mediterraneo e nell'Atlantico. La specie, pur essendo diffusa in tutti i mari italiani, risulta molto più abbondante nel Tirreno centrale, nel canale di Sicilia e nello Ionio; nell'Adriatico centro-settentrionale le concentrazioni del gambero rosa sono sempre state piuttosto limitate, anche se negli ultimi anni la tendenza sembra aver subito un cambiamento di rotta e la specie comincia ad essere abbastanza diffusa anche in questo bacino.
L’aragosta è il crostaceo senza dubbio più famoso ed apprezzato dal punto di vista alimentare. Come tutti i crostacei ha il corpo rivestito da una spessa corazza che costituisce l’esoscheletro, la crescita deve avvenire perciò per mute successive con le quali l’animale si libera della vecchia corazza e ne costruisce una nuova più grande. Può raggiungere dimensioni attorno ai 50 cm ed un peso di 8 kg. Il corpo è provvisto di tredici paia di appendici cinque delle quali vengono usate per camminare, un paio è costituito da lunghe antenne, possiede una coda, il telson, a forma di ventaglio, gli occhi sono situati in cima a peduncoli mobili, non si osservano chele, il corpo e cosparso di spine e tubercoli, la colorazione è rosso violacea con macchie più chiare.
Vive abitualmente su fondali rocciosi o ghiaiosi, raramente la si può trovare su fondi sabbiosi, a profondità comprese tra 20 e 70 m, può raggiungere i 200 m. E’ diffusa soprattutto nei mari attorno alla Sardegna, predilige fondali ricchi di anfratti dove si colloca facendo sporgere le antenne, forma spesso colonie con numerosi individui.
Durante la muta l’animale è più debole perché rimane privo della corazza di protezione, il suo aspetto non cambia ma il corpo è molle e facilmente attaccabile, si ritira così in una tana dove passa la giornata mangiando conchiglie di molluschi che le consentono di acquisire i sali minerali necessari per la nuova corazza.
La riproduzione avviene a fine estate, si possono osservare le femmine con l’addome pieno di uova, le larve nascono al termine dell’inverno, sono planctoniche e raggiungono il fondo, loro habitat definitivo, attraverso una crescita caratterizzata da diversi stadi durante la quale si nutrono di plancton.
Esistono altre due specie di aragosta in Mediterraneo, Palinurus mauritanicus, che si distingue per la presenza di numerose chiazze bianche sulla corazza e per le abitudini di vita, predilige fondali più profondi, e Palinurus regius, riconoscibile per il corpo di colore verde, presente lungo brevi tratti della costa meridionale francese e spagnola, si suppone sia stata introdotta accidentalmente in Mediterraneo.
Crostaceo che può raggiungere dimensioni notevoli, il corpo può misurare fino a 25 cm di lunghezza e 18 di larghezza. È un granchio dalle zampe decisamente sproporzionate rispetto al corpo.
Il corpo è a forma di cuore e bombato con dentellature lungo il margine laterale che terminano con due denti cuneiformi più sporgenti nella parte anteriore, tutto il dorso è rugoso con spini e tubercoli più o meno sporgenti. Possiede cinque paia di zampe di cui quattro servono per il movimento ed un paio terminano con due robuste chele. Il colore è di solito giallo rossiccio, ma può variare da individuo ad individuo con sfumature rosse o marroni, a seconda del luogo in cui vive. I sessi sono separati ed il maschio è più grande della femmina.
Solitamente vive su fondali sabbiosi e detritici fino a 100 m di profondità dove si mimetizza rimanendo immobile, ma è facile trovarlo anche a profondità inferiori su fondali rocciosi , nei quali si nasconde in mezzo alla vegetazione o nelle fessure.
Granchio è il nome generico di varie specie (un'infraordine) di Crostacei Decapodi, in particolare dotati di un robusto carapace e di due potenti chele; pertanto utilizzano quattro paia di arti per il movimento e le chele per difendersi e cibarsi. L'addome è ripiegato verticalmente ed è pertanto nascosto.
Molte specie sono notturne, quando la presenza di potenziali predatori è minore; l'alimentazione varia da specie a specie e comprende animali, piante, carcasse.
Sono animali con la pelle spinosa che vivono solo in mare. Sono rappresentanti degli echinodermi la "stella marina" e il "riccio di mare". Hanno un vero e proprio scheletro esterno, il “dermascheletro”, incluso nella pelle e possiedono una simmetria raggiata, cioè a stella. Esternamente il dermascheletro presenta numerose spine, particolarmente vistose in alcune specie (come il riccio di mare).
Gli echinodermi si muovono mediante un particolare sistema di locomozione detto “apparato acquifero”, costituito da un canale circolare in comunicazione con l’estreno tramite una “piastra madreporica” forata e da cinque canali radiali, dai quali partono i “pedicelli ambulacrali” chde sporgono all’esterno e sono muniti di ventosa. La circolazione dell’acqua in questa serie di canali provoca cambiamenti di pressione al loro interno e modificazioni nella forma dei pedicelli che, aderendo al substrato, consentono un lento spostamento dell’animale sul fondale marino.
L’apparato digerente inizia con la bocca, che si trova sulla faccia ventrale dell’animale, quella che poggia sul fondale marino, e termina con l’ano, posto sulla faccia opposta. Lo scambio dei gas respiratori avviene attraverso l’apparato acquifero. Gli echinodermi si riproducono sessualmente e sono ovipari.
Per quanto riguarda il “riccio di mare“, la sua pesca è consentita esclusivamente in apnea e solo manualmente nel periodo da Gennaio ad Aprile e da Luglio a Dicembre (fatte salve le Leggi regionali ed i regolamenti locali).
Il pescatore subacqueo professionale non può raccogliere più di 1.000 (mille) esemplari al giorno (Decreto 7 luglio 1995 “Disposizioni per la pesca del riccio di mare”, art.1, n. 2 e art. 2, n. 1)[1].
La taglia minima di cattura del riccio di mare non può essere inferiore a 7 centimetri di diametro totale compresi gli aculei.
[1] Decreto 7 luglio 1995 (Disposizioni per la pesca del riccio di mare)
Art. 1 (Oggetto e sfera di applicazione) :
Art. 2 (Limiti di cattura):
Art. 3 (Diametro minimo di taglia):
Art. 4 (Limiti temporali):
Links:
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_biologica
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Pesce
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Pesca_commerciale
[4] https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Biologia_della_pesca&action=edit&redlink=1
[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Benthos
[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_greca
[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Pelagico
[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Sessile
[9] http://www.rivamar.it/pescapedia/tonno.html
[10] http://www.rivamar.it/pescapedia/pesce-spada.html
[11] http://www.rivamar.it/pescapedia/sardina.html
[12] https://it.wikipedia.org/wiki/Animali
[13] https://it.wikipedia.org/wiki/Substrato_(ecologia)
[14] https://it.wikipedia.org/wiki/Rocce
[15] https://it.wikipedia.org/wiki/Scafo
[16] https://it.wikipedia.org/wiki/Imbarcazione
[17] https://it.wikipedia.org/wiki/Alghe
[18] https://it.wikipedia.org/wiki/Spugne
[19] https://it.wikipedia.org/wiki/Corallo
[20] https://it.wikipedia.org/wiki/Briozoi
[21] https://it.wikipedia.org/wiki/Crostacei
[22] https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Balanidae&action=edit&redlink=1
[23] https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Chthamalidae&action=edit&redlink=1
[24] https://it.wikipedia.org/wiki/Ascidiacea