Sui luoghi interessati dalla esecuzione di un reato (ad esempio, fuoriuscita volontaria o colposa di idrocarburi o comunque di sostanze inquinanti per l'habitat marino in prossimità della costa) possono essere rinvenute tracce utili al suo accertamento e alla scoperta dei suoi autori. Compito essenziale della Polizia Giudiziaria (art. 348 commi 1 e 2 c.p.p.) è perciò quello di curare che le tracce le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi non venga mutato prima dell’intervento del Pubblico Ministero.
A tal fine la Polizia Giudiziaria compie anzitutto un’attività che può denominarsi “attività generica di conservazione". Se il Pubblico Ministero non può intervenire tempestivamente e vi è il pericolo (=timore) che le tracce di reato si disperdano o si alterino (ad esempio, c'è il pericolo che la macchia oleosa si possa espandere diluendosi con l'acqua di mare), può procedere di propria iniziativa anche al compimento di “accertamenti urgenti” e cioè di atti che danno il quadro minuzioso e completo dello stato dei luoghi e che agevolano la ricostruzione della dinamica del reato oltre che, molto spesso, la stessa identificazione dei suoi autori.
Allo scopo di stabilire, quindi, la natura e la concentrazione degli "agenti inquinanti" presenti in un sversamento occorre prelevare dei campioni dallo scarico o dallo specchio acqueo inquinato per sottoporli ad analisi.
Il "campionamento" è l’operazione che si esegue per ottenere un’aliquota dello scarico o dello specchio acqueo sotto indagine che rappresenti, con la maggiore corrispondenza possibile, le sue caratteristiche chimiche, fisiche e batteriologiche. E’ evidente che tutta l’attenzione e la cura poste nell’ effettuare le analisi sono vane se il campione inviato al laboratorio non è testimone attendibile.
Mentre non si incontrano difficoltà per il prelievo di campioni da scarichi o da corpi idrici in cui gli agenti inquinanti si trovano in soluzione o allo stato di dispersione omogenea, il campionamento di specchi marini inquinati da prodotti petroliferi diventa un’operazione tecnicamente difficile.
Il sistema acqua olio è per sua natura eterogeneo e di composizione incerta e variabile per il moto ondoso e per le correnti; inoltre, non è facile prelevare un campione rappresentativo a livello della superficie del mare. Proprio per questi motivi per effettuare un campionamento di uno spandimento oleoso si deve fare affidamento sulla capacità e sulla esperienza del personale incaricato ad eseguirlo.
Nell’effettuazione del repertamento di sostanze inquinanti dei corpi idrici la Polizia Giudiziaria (U.P.G ed A.P.G.) deve assolutamente rispettare le procedure operative dettate dal D.P.R. 8 giugno 1982, n.470[1], a pena di nullità di tutti gli atti compiuti.
Tutte le operazioni compiute saranno descritte in un “Verbale di campionamento” che dovrà essere controfirmato dalle persone che vi hanno partecipato.
Sonda multiparametrica utilizzata per la misurazione dei parametri chimico-fisici. L’acquisizione dei dati viene fatta in continuo lungo la colonna d’acqua per mezzo di appositi sensori per la misura della Conducibilità, Temperatura, Pressione, pH, Ossigeno disciolto e Clorofilla “a”. (Foto: Struttura Oceanografica Daphne - Arpa Emilia Romagna)
[1] Pubblicato sulla G.U. 26.7.1983, n.203 in attuazione della direttiva CEE n.76/160 relativa alla qualità delle acque di balneazione (acque correnti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata ovvero vietata. Il decreto non si applica, alle acque destinate ad usi terapeutici ed a quella di piscina.
Nell’attività di polizia giudiziaria, il prelievo assume o potrebbe assumere un non trascurabile valore sotto il profilo della rilevanza probatoria; e tale concetto vale tanto per il campo degli illeciti amministrativi, quanto per quello dei reati.
Nel primo, infatti, l’art. 13 (atti di accertamento) della Legge 689/81, stabilisce che gli Organi addetti al controllo delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza (nel nostro caso Legge 979/82 (come modificata dal D.lgs. 202/07), D.lgs 152/06, ecc), possono assumere informazioni e procedere ad ispezioni di cose e luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.
In merito all’ispezione è bene puntualizzare che trattasi di attività tesa alla diretta visione e constatazione dello stato di un oggetto o di un luogo, senza possibilità di intervenire sullo status quo.
Nel secondo, invece, l’art. 348 del c.p.p. stabilisce che la Polizia Giudiziaria continua a svolgere le funzioni di cui all’art. 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole. In particolare, procede alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché ad assicurare la conservazione di esse e dello stato dei luoghi.
Particolarmente significativo ed importante sotto l’aspetto procedurale è l’ultimo comma, in base al quale la Polizia Giudiziaria, di propria iniziativa o a seguito di delega del Pubblico Ministero, compie atti od operazioni che richiedono "specifiche competenze tecniche", per le quali può avvalersi di persone idonee impossibilitate a rifiutarsi di fornire la propria competenza, salvo casi eccezionali e adeguatamente motivati (art. 348, n.4 c.p.p.). Sarebbe opportuno per la Polizia Giudiziaria nominare un “ausiliario di P.G.” redigendo apposito Verbale di nomina.
In ultima analisi non devono trascurarsi gli articoli 220 e 223 delle norme di coordinamento al c.p.p: “Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.
E’, in sostanza, l’ipotesi dell’emergere di indizi di reato nel corso di attività di vigilanza; ciò che è necessario fare è “assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale”, applicando le disposizioni del Codice di procedura penale e che si ponga attenzione, sin dal momento in cui vi sia la “sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata”.
La precisazione da fare allora è che senz’altro i Verbali degli accertamenti-ispezioni-prelevamenti di campione non possono entrare “sic et simpliciter” nel fascicolo del dibattimento appena formato, in quanto essi non sono compresi nell’elenco dei documenti che formano il suddetto fascicolo ai sensi dell’art. 431 del c.p.p.: sono invece da considerarsi piuttosto “documenti” ai sensi dell’art. 234 del c.p.p., e come tali acquisibili eventualmente nel corso dell’istruttoria dibattimentale nel contraddittorio delle parti.
Il discorso viene ripreso e puntualizzato dall’art. 223 delle suddette norme di coordinamento in riferimento alle analisi di campioni:
“Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a cura dell’Organo procedente è dato avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L’interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’articolo 230 del codice”.
“Se leggi o decreti prevedono la revisione delle analisi e questa sia richiesta dall’interessato, a cura dell’organo incaricato della revisione, almeno tre giorni prima, deve essere dato avviso del giorno, dell’ora e del luogo ove la medesima verrà effettuata all’interessato e al difensore eventualmente nominato. Alle operazioni di revisione l’interessato e il difensore hanno diritto di assistere personalmente, con l’assistenza eventuale di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’articolo 230 del codice. I verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento, sempre che siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2”.
L’art. 223 si connette e si completa con il precedente art. 220. La regola fondamentale si esprime in due assunti:
Nella procedura, allora, entrano in correlazione fra loro l’Organo pubblico che esegue il campione e ”l’interessato”, da identificarsi con la persona o le persone che potrebbero essere chiamate a rispondere della particolare fattispecie criminosa prevista dalla norma.
Volendo trasferire questi concetti nell’ambito dell’attività degli Organi di controllo in mare è evidente come talvolta o nella maggior parte dei casi ciò non sia praticamente attuabile o per assenza di un eventuale responsabile o perché nella grande maggioranza dei casi si è di fronte ad una situazione di emergenza. Ebbene, qualora il “personale imbarcato” della Guardia Costiera o di altra Forza di polizia fosse presente in una zona di mare in cui sia stata sversata una certa quantità di sostanza inquinante procederà ai sensi dell’art. 348 c.p.p. effettuando un prelievo secondo le "norme tecniche" stabilite dalla legge e ferma restando la specifica documentazione.
Nel caso de quo, quindi, non si procederà ad avvisare il Comandante della nave, né tantomeno ad attendere l’arrivo del personale tecnico dell’A.R.P.A.T. qualora l’emergenza abbia assunto notevoli dimensioni e sia supportato da improcrastinabili esigenze di immediato contenimento.
Quindi, “una volta che l’interessato abbia ricevuto l’avviso e non sia stato presente all’inizio delle operazioni di analisi non potrà ex post, in sede processuale, eccepire eventuali irregolarità delle operazioni tecniche di prelievo e di analisi, lasciate alla discrezionalità degli operatori, in quanto il diritto di difesa è gestito nella fase degli accertamenti amministrativi solo con il preavviso, in forma attenuata….”.
Un campionamento senza avviso ha come conseguenza la completa inutilizzabilità dei risultati, tanto che il consulente tecnico incaricato di eseguire le analisi non potrà nemmeno testimoniare in aula sui risultati delle medesime.
Bisogna ribadire, al riguardo, che, comunque per tutte quelle norme che prevedono sanzioni amministrative vige anche l’art. 15 della Legge 689/81, che senz’altro detta una regola di portata generale, fissando in giorni dieci il termine di preavviso per le analisi: in questo contesto, le disposizioni dell’art. 223 secondo comma norme di coordinamento al c.p.p. hanno funzione suppletiva, rendendo in pratica valido dal punto di vista penale anche un preavviso di durata minore (che invece potrebbe inficiare l’accertamento in sede amministrativa).
Sia nell’ipotesi di analisi senza revisione che con revisione, all’interessato è data facoltà (non obbligo) di presenziare alle suddette operazioni.
L’importanza di seguire pedissequamente le disposizioni dell’art. 223 risiede nel fatto che i Verbali delle operazioni compiute entrano a tutti gli effetti nel fascicolo del dibattimento; forte di questo assunto, del resto, la giurisprudenza si mostra generalmente paga nel considerare essenziale soltanto il rispetto del nucleo essenziale della procedura, affermando ad esempio che l’eventuale mancata menzione delle metodiche di campionamento ed analisi nel verbale di prelievo e di analisi stessa non comporta nullità processuale.
Resta fermo comunque che la giurisprudenza della Corte di Cassazione da tempo ha stabilito che tutti gli organi di polizia giudiziaria, e non il personale delle strutture sanitarie, possono eseguire i prelievi sicché è legittimo il campionamento eseguito da soggetti diversi, salva poi la facoltà del Giudice di valutarne l’attendibilità, tenendo conto delle modalità utilizzate nel prelievo nel caso concreto.
Non bisogna trascurare infine l’art. 22 della Legge 24/12/1979, n. 650 che espressamente definisce che nel caso in cui venga effettuato un prelievo istantaneo, ed è il caso di acqua di mare miscelata ad idrocarburi o sostanze tossico/nocive, e l’Autorità, che nella fattispecie potrebbe essere il personale della motovedetta, non indichi i motivi della scelta operata, non si determina alcuna nullità anche per effetto dell’art. 348 del c.p.p. qualora il prelievo possa costituire una fonte di prova del reato che si presume sia stato commesso dal comandante della petroliera e dell’art. 13 della legge 689/81.
In verità, si ritiene utile distinguere il prelievo da effettuarsi in caso di presenza di sostanze inquinanti in mare, da quello da effettuarsi per gli scarichi industriali e civili, laddove debbano rispettarsi le prescrizioni circa l’avviso del responsabile, sia nel momento dell’attività di controllo, sia nel momento in cui verranno effettuate le analisi a cura dell’ente preposto. Infine, sotto il profilo della rilevanza probatoria, risulterebbe quanto mai fondamentale supportare l’atto del prelievo con apposita e dettagliata documentazione fotografica.
Lo "scopo" primario di un prelievo è quello di effettuare un controllo al fine di stabilire se, ad esempio, l’acqua di mare è inquinata da sostanze pericolose, idrocarburi, ecc; pertanto lo si esegue per consentire all’Organo tecnico di analizzarlo e dimostrare o meno la veridicità delle tesi che hanno portato a ritenere indispensabile effettuarlo.
La precisione dell’analisi può essere vanificata se il campione sul quale è stata eseguita non è rappresentativo del materiale da cui è stato prelevato, di modo che l’incertezza prodotta dal campionamento costituisce da sola un terzo dell’incertezza totale del risultato di analisi, con tutto ciò che può conseguirne sotto l’aspetto della valenza probatoria. Questa considerazione porta alla luce un aspetto del processo analitico che troppo spesso ingiustamente viene trascurato talché le procedure di prelevamento del campione possono causare gravi distorsioni sulla valutazione dei risultati e pregiudicare l’attendibilità di un’analisi.
Il campionamento/prelievo è stato definito come "l’operazione di prelevamento della parte di un materiale di dimensione sufficiente alla determinazione da una massa maggiore, tale che la proporzione della proprietà misurata nel campione rappresenti, entro un limite accettabile d’errore, la proporzione della stessa proprietà nella massa di origine."
I materiali e le sostanze da sottoporre a procedimenti analitici sono così numerosi e differenti che è molto difficile stabilire una tecnica comune.
Le disformità principali sono lo "stato fisico" (solido compatto, granulare, pastoso, liquido limpido, torbido, viscoso, gas omogeneo, nebbia, fumo aerosol), la "zona di prelevamento", come l’ambiente naturale (sopra o sottosuolo, vegetazione, acque, atmosfera) o i locali di produzione e di deposito, i "mezzi di trasporto", le "caratteristiche dei materiali" stessi (sostanze naturali, terreni, minerali e combustibili grezzi e raffinati, prodotti industriali, farmaceutici, cosmetici, agricoli, alimentari, biologici), gli "imballaggi" e i "confezionamenti", la "quantità" del materiale da campionare e gli "scopi" e "tipi di analisi" da effettuare.
► A grandi linee si possono distinguere tre tipi principali di campionamento in base allo scopo:
In particolare, il campionamento per il controllo ambientale (di particolare interesse ai fini dell’attività di Polizia Giudiziaria), riguarda i problemi ecologici dell’inquinamento, lo studio e la difesa del suolo, delle acque e dell’atmosfera. Tutto ciò richiede la messa a punto di "metodi di campionamento" specifici per ciascun materiale, che in buona parte sono stati normalizzati.
Le norme UNI, CEN ISO, ASTM, DIN, BS, EPA, NIOSH, ecc., definiscono le modalità delle operazioni di campionamento e le caratteristiche dell’attrezzatura da impiegare per molti materiali.
Per raccogliere campioni d’acqua anche in profondità, e non solo alla superficie dei corpi idrici, caso specifico "idrocarburi" sversati da una petroliera, i campionatori devono essere dotati di un «sistema» di chiusura ed apertura alla profondità voluta.
Il modello base di questo tipo di campionatori è la classica “Bottiglia Niskin a strappo”. Questa bottiglia cilindrica viene calata aperta fino alla profondità voluta. A questo punto, un semplice strappo, dato dall’operatore al cavo, sgancia un "messaggero metallico" che fa chiudere ermeticamente la bottiglia. Il principale requisito di un campionatore è infatti la capacità di raccogliere campioni realmente rappresentativi della profondità e della zona prescelta. Una prima notevole limitazione è il fatto che nella maggior parte dei casi il malfunzionamento dei meccanismi di chiusura non può essere rilevato dall’operatore. È stato perciò proposto di dotare il meccanismo di chiusura di un «fusibile», che rilevi anomalie nei sistemi di chiusura, oppure di valvole attivate elettricamente o per mezzo di segnali acustici.
Campionatore: bottiglia Niskin
Per raccogliere campioni d’acqua a profondità differenti è necessario che il campionatore sia dotato di un sistema di apertura e chiusura attivabile alla profondità richiesta.
Un campionatore che soddisfa queste richieste è la «Bottiglia Niskin». Si tratta di uno strumento cilindrico non metallico; è dotato di aperture alle due estremità per il flusso dell’acqua e di un meccanismo che gli permette di rimanere aperto durante la calata in acqua; la chiusura della bottiglia può essere effettuata mediante un sistema manuale o automatico.
Nel primo caso la bottiglia, legata ad un cavo variabile (5-8 mm) viene calata aperta; una volta raggiunta la profondità richiesta, la sua chiusura viene effettuata tramite l’invio lungo il cavo di un messaggero (cilindro metallico) che, urtando l’estremo superiore di un meccanismo, lo fa sganciare provocando la chiusura della bottiglia.
Nel secondo caso le Bottiglie Niskin vengono allestite su una struttura, tipo "CAROUSEL", la cui chiusura viene gestita da un operatore direttamente dalla nave attraverso la «Deck Unit».
Questo sistema, conosciuto come campionatore «Rosetta» (figura), consiste di un "CTD" attaccato al campionatore, di un cavo conduttore, di un set di bottiglie e di un computer.
Generalmente il CTD acquisisce i parametri chimico-fisici della colonna d’acqua durante la fase di discesa mentre il campionamento dell’acqua avviene con le bottiglie, che possono essere chiuse tramite un comando remoto, secondo un determinato ordine e a differenti profondità.
Di questo tipo di campionatori d’acqua per usi generici è stato progettato un numero svariato di modelli, che in genere vengono costruiti in casa dagli operatori stessi sulla base di schemi classici rintracciabili in letteratura. Ad esempio la classica «Bottiglia Van Dorn» è costituita da un cilindro che viene chiuso da due semisfere in gomma quando il messaggero rilascia l’elastico che le collega.
Nelle cosiddette «bottiglie a rovesciamento» (Nansen, Knudsen, Ekman, Richard) la bottiglia si chiude per un movimento di rotazione del corpo metallico, innescato dall’arrivo di un messaggero su di un apposito sistema di sgancio.
In particolare, la «Bottiglia Nansen» si presta a campionamenti ad elevate profondità (fino a 6100 m) in quanto è costituita da un cilindro in ottone, con capacità di 1,3 l, con valvole di chiusura in bronzo. L’interno può essere rivestito in teflon e l’esterno in stagno. Con opportune modifiche tali bottiglie possono essere usate anche per raccogliere campioni in prossimità del fondo.
I modelli base di questi campionatori sono commercialmente disponibili insieme ad altri campionatori per applicazioni particolari: ad esempio è in vendita una «Bottiglia Kitahara» realizzata in materiale plastico per campionamenti di superficie; il suo lento meccanismo di chiusura minimizza il disturbo arrecato all’acqua durante l’immersione ed il prelievo. Essa è dotata di un termometro all’interno ed il sistema di chiusura è attivato da un messaggero meccanico; il drenaggio del campione viene effettuato mediante un rubinetto posto sul fondo della bottiglia.
Il «Campionatore Mercos» è particolarmente indicato per eliminare i problemi di adsorbimento superficiale: esso è costituito da una coppia di bottiglie in Teflon sorrette da un supporto, con un tappo modificato per ospitare un tubo di gomma al silicone, tenuto piegato (nella posizione di chiuso) durante la discesa e rilasciato da un messaggero al momento del prelievo. La colonna d’acqua che rimane nel tubo fa da barriera di protezione da contaminazioni durante la risalita. Il vantaggio di questo tipo di campionatore è quello che, dopo il recupero, le bottiglie possono esser chiuse con normali tappi a vite ed essere utilizzate direttamente come contenitori di raccolta e di conservazione del campione.
Nel caso si debba acidificare il campione per la conservazione, l’acido può essere già presente al momento del prelievo.
Il «Campionatore Close-Open-Close» (COC) è stato invece studiato appositamente per permettere la raccolta di campioni d’acqua evitandone la contaminazione causata dagli strati superficiali. Il campionatore viene infatti calato in acqua completamente chiuso, e l’apertura delle due estremità viene attivata automaticamente dalla stessa pressione dell’acqua, ad una profondità di circa 10 m. La chiusura è governata dall’invio di un messaggero. In questo modo si evita che l’interno del contenitore venga a contatto con gli strati più superficiali arricchiti in contaminanti. L’interno è rivestito in PVC; inoltre il COC può essere utilizzato come strumento singolo oppure in serie, inserito in un campionatore multiplo. I campionatori multipli sono in genere costituiti da una struttura cilindrica di raccolta capace di contenere da 6 a 12 bottiglie da campionamento del tipo a rovesciamento di capacità variabile. Ciascuna bottiglia è programmata, mediante l’ausilio di sensori di profondità, per aprirsi alle diverse profondità impostate; il segnale di chiusura può essere acustico. Questi apparecchi possono operare fino a 6000 m di profondità.
I campioni di acqua possono essere prelevati con l'ausilio di bottiglie ad hoc costruite in metallo, in materiale plastico o in vetro. Queste bottiglie vengono chiuse alla profondità desiderata. I campioni prelevati con bottiglie sono utilizzati per analisi del particellato, microzooplancton e fitoplancton (Foto: Struttura Oceanografica Daphne - Arpa Emilia Romagna)
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Nell’effettuazione del repertamento di sostanze inquinanti dei corpi idrici la Polizia Giudiziaria (U.P.G ed A.P.G.) deve assolutamente rispettare le procedure operative dettate dal D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470.
Di norma la "distanza" tra due punti di prelievo adiacenti non dovrà superare i 2 Km. salvo a ridurla opportunamente nelle zone ad alta densità di balneazione. Per ogni singolo punto di campionamento i prelievi dovranno essere, durante il mese, opportunamente distanziati nel tempo.
I "prelievi" dovranno essere effettuati ad una profondità di circa 30 cm. sotto il pelo libero dell’acqua ad una distanza dalla battigia tale che il fondale abbia una "profondità" di 80 o 120 cm.; in corrispondenza di scogliere a picco o di fondali rapidamente degradanti i prelievi dovranno essere effettuati in punti distanti non più di 5 metri dalla scogliera o dalla battigia; per gli oli minerali i prelievi vanno effettuati in superficie.
I prelievi dovranno essere effettuati dalle ore 09.00 alle ore 15.00. Non dovranno essere effettuati durante e nei due giorni successivi all’ultima precipitazione atmosferica di rilievo ed all’ultima burrasca.
I campioni per le analisi microbiologiche dovranno essere prelevati con le comuni "bottiglie sterili" in uso per i campioni di acque, incartate e successivamente sterilizzate. La bottiglia dovrà essere immersa aperta e trattenuta tramite una pinza o altro idoneo sistema.
I campioni dovranno essere trasportati in idoneo contenitore frigorifero e sottoposti ad esame al più presto e comunque entro le 24 ore.
Nella pratica è comunque possibile effettuare un singolo prelevamento (ad esempio: in caso di sversamento a mare da parte di nave cisterna), dinanzi alle parti (ad esempio: comandante il quale può farsi assistere da un proprio perito) e utilizzarlo quale atto irripetibile (cd. atto probatorio). Del fatto verrà, naturalmente, redatto apposito Verbale.
Per ogni prelievo dovranno essere rilevati:
Atteso i che non esiste al momento una metodologia codificata ed uniforme, gli Organismi preposti redigono dei protocolli di intervento che tentino almeno di rispettare i seguenti principi fondamentali:
La prima cosa importante da chiarire è che, in generale, le Forze o gli Organi di polizia ben difficilmente potranno effettuare autonomamente il prelievo di campioni, posto che è necessario disporre di un’attrezzatura particolare e che bisogna spesso seguire regole di comportamento alquanto complesse, che presuppongono nozioni altamente tecniche e specialistiche.
Tuttavia campionamenti irregolari o d’emergenza, ed è il caso più volte citato di una petroliera che ha sversato una certa quantità di idrocarburi in mare, da attuarsi in situazioni di assoluta necessità che non consentono nemmeno l’attesa dell’arrivo di eventuali tecnici ed eseguiti dal personale imbarcato a bordo delle unità navali (Motovedette della Guardia Costiera, CC, G.d.F., ecc.) avranno un valore di assoluta inutilizzabilità in sede processuale, potendo non di più costituire una possibile fonte di informazioni in sede di indagine e supportare altri atti aventi maggiore rilevanza probatoria.
► E’ opportuno definire i seguenti caratteri, essenziali durante il prelievo:
Altro aspetto importante è costituito dall’identificazione del campione. In effetti ogni campione deve essere idoneamente identificato tramite un “cartellino” indicativo dei seguenti elementi:
E’ fondamentale che ogni operazione di campionamento sia accompagnata dalla redazione di un apposito verbale detto per l’appunto “verbale di prelievo”.
Esso, in sostanza, non presenta particolari peculiarità nella sua composizione, dovendo però necessariamente riportare una descrizione accurata della metodologia di intervento seguita (numero dei campioni prelevati, criteri di mappatura, profondità dei prelievi, ecc).
► Il documento dovrà in ogni caso contenere:
Infine non è infrequente che l’attività di campionamento possa costituire una situazione di pericolo per il personale che vi concorre: questa è la ragione per la quale vanno seguite alcune norme di precauzione che la medicina del lavoro ha individuato come le più idonee a prevenire infortuni.
In sostanza, a seconda dei casi è necessario far uso di dispositivi di protezione tendenti ad impedire:
Dovranno, allora e se necessario, indossarsi elmetti, indumenti e calzature protettivi, maschere, occhiali particolari, ecc.