In questa sede si dà un breve cenno ai riti, introdotti dal nuovo Codice di procedura penale per sfoltire il dibattimento da tutti quei processi, in cui per varie ragioni appare opportuna una trattazione più rapida.
La filosofia che accompagna tali procedimenti è quella di eliminare alcune fasi del processo (udienza preliminare, dibattimento o entrambe), in modo tale da deflazionare il normale iter processuale.
Il procedimento che si svolge secondo il modello ordinario presenta notevoli costi di tempo o di mezzi. Tali costi si accentrano in particolare, nell'Udienza preliminare e nel dibattimento. E in particolare l'Udienza preliminare richiede un considerevole uso di risorse umane e di mezzi materiali ed è superflua nei casi di evidenza delle risultanze di prova acquisite durante le indagini.
Proprio per tali motivi, il legislatore ha ritenuto di dover semplificare il meccanismo processuale tipico prevedendo che, in casi del genere, possa saltarsi l'Udienza preliminare e possa procedersi direttamente al dibattimento con le forme e le modalità del «giudizio direttissimo» o del «giudizio immediato».
Il giudizio direttissimo e il giudizio immediato rappresentano dunque i modelli differenziati (o alternativi o semplificativi) che, nell'attuale sistema processuale, si volgono a semplificare e ad accelerare l'ingresso al dibattimento evitando i costi dell'Udienza preliminare.
Altri procedimenti speciali si rivolgono, invece, a ottenere la definizione della vicenda processuale evitando il dibattimento e, quindi, in pratica, abbreviando in modo considerevole i tempi di durata del processo.
La celebrazione del dibattimento è inutile quando le parti sono disponibili a farne a meno e a preferire un giudizio fondato sulle carte già esistenti ovvero quando le parti sono addirittura d'accordo sulla pena che è congruo irrogare.
Da qui la determinazione del legislatore di prevedere che, in ipotesi del genere, il dibattimento venga saltato ricorrendo, rispettivamente, alle più agili procedure del «giudizio abbreviato» e della «applicazione su richiesta o patteggiamento»: i due più importanti ed innovativi procedimenti alternativi che, nel sistema attuale, consentono di evitare il dibattimento.
In entrambi i casi, il legislatore ha ritenuto di dover prevedere che alla rinuncia al dibattimento da parte dell'imputato si accompagni un "premio" (riduzione della pena in caso di condanna) per la sua condotta collaborativa e la sua disponibilità a semplificare il meccanismo processuale e a consentire una definizione più rapida o anticipata.
E' evidente l'economia di tempo e di energie, che consentono di trattare meglio e più rapidamente i processi che richiedono, invece, la celebrazione del rito ordinario.
I procedimenti speciali del giudizio abbreviato e del patteggiamento possono innestarsi anche nel corso degli altri procedimenti speciali (giudizio direttissimo, giudizio immediato, decreto penale di condanna.
Alcuni di tali riti speciali richiedono il consenso delle parti, e comportano allora delle limitazioni alla facoltà di appello (così il giudizio abbreviato e la pena richiesta dalle parti, per la quale l'appello è addirittura escluso); altri invece sono posti in essere dalla volontà del solo P.M. (giudizio direttissimo e per decreto) ovvero del P.M. o dell'imputato (giudizio immediato).
Il Giudizio Abbreviato (art. 438-443 c.p.p.) è un giudizio «pre-dibattimentale» (diretto ad evitare il dibattimento), del tipo premiale, che ha luogo di regola in Udienza camerale innazi al G.U.P. (Giudice dell’udienza preliminare): vale a dire un giudice singolo (monocratico) anche quando si tratta di decidere su reati che sarebbero di competenza di un giudice collegiale come il Tribunale e la Corte d'Assise.
Esso consiste in un accordo tra le parti (l'imputato che formula la richiesta ed il P.M. che vi acconsente) e nella valutazione del G.U.P. di poter decidere allo «stato degli atti delle indagini preliminari», che hanno qui piena valenza probatoria.
L'accordo verte sul rito e non sulla pena nel senso che esso mira soltanto ad evitare il dibattimento: (per questo motivo è denominato anche patteggiamento sul rito per distinguerlo dal patteggiamento vero e proprio).
Il giudizio abbraviato si svolge in camera di consiglio, senza l'interveno del pubblico, con la partecipazione necessaria del P.M. e del difensore dell'imputato e con la possibilità di intervento della parte civile che abbia accettato il giudizio abbraviato.
Conseguentemente il giudizio abbreviato potrà concludersi con una "sentenza di condanna" che con una "sentenza di proscioglimento".
L'imputato che sceglie questo rito ha il vantaggio, in caso di condanna, di ottenere la riduzione della pena nella misura c.d. secca (fissa) di un terzo in modo che la pena irrogata è pari a due terzi (ad esempio, mesi due) rispetto a quella (ad esempio, tre mesi) che sarebbe altrimenti applicata.
La riduzione della pena determinata in concreto, e cioè anche dopo la valutazione di eventuali circostanze, rappresenta il “premio” offerto dal legislatore all'imputato che ha collaborato all'economia processuale.
Il rito è ammissibile anche per i delitti ipoteticamente punibili con l'ergastolo. In tal caso, alla pena dell'ergastolo, è sotituita quella di 30 anni di reclusione.
E' applicabile anche nel caso di processo a carico di minorenni (art. 25 D.P.R. n. 448/1988).
Poiché la finalità del giudizio abbreviato è quella di rendere pià rapida la definizione del processo, sono previsti del limiti alla appellabilità delle sentenze. I limiti valgono sia per il P.M. che per l'imputato.
Il P.M. non può appellare, in specie, le sentenze di condanna che non hanno modificato il titolo del reato. L'imputato, invece, non può appellare le sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria ovvero le sentenze di proscioglimento.
L'Applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) (art. 444-448 c.p.p.) consiste in un procedimento speciale «pre-dibattimentale» di tipo premiale.
Le sedi nelle quali può svolgersi il patteggiamento sono varie perché l'accordo può sorgere sia nella fase delle indagini preliminari sia nell'udienza preliminare, sia, ancora successivamente, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Esso può inserirsi durante lo svolgimento di altri procedimenti speciali.
A differenza del rito abbraviato, riservato alla volontà unilaterale dell'imputato, il patteggiamento presuppone un accordo tra il P.M. e l'imputato non solo sul rito (come nel giudizio abbraviato), ma anche sul merito (sulla pena da irrogare) e cioé sia il giudizio sulla responsabilità che la determinazione della pena da applicare.
Il rito del pattaggiamento è privileggiato dal Codice perché arreca notevoli economie processuali e potenzialmente soddisfa anche le esigenze dell'accusa (la rinuncia dell'imputato a far valere la propria innocenza, una implicita ammissioine di colpevolezza ed accettazione della pena).
Al patteggiamento può farsi ricorso quando si tratta di reati sanzionabili con sanzioni sostitutive (art. 53 e ss. L. 689/81) ovvero con pena pecuniaria (multa o ammenda) o detentiva purché, in quest'ultimo caso, la pena determinata in concreto (e cioé valutate tutte le circostanze e la speciale diminunete «fino ad un terzo» prevista per l'imputato che sceglie questa procedura) non superi i 2 anni di reclusione o di arresto.
Compito del Giudice resta quello di verificare che la qualificazione giuridica del fatto (titolo del reato) e la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti sia corretta, e se è congrua la pena proposta, senza necessità di un espresso accertamento della responsabilità del giudicabile.
La sentenza con la quale il Giudice applica la pena richiesta è generalmente inappellabile. Essa non ha la natura della sentenza di condanna (perché non contiene il pieno accertamento della responsabilità dell'imputato e quindi un giudizio di colpevolezza).
Il vantaggio più evidente che consegue al patteggiamento è rappresentato, oltre dalla possibilità per l'imputato di ottenere una riduzione fino a un terzo della pena (non supeiore ad un terzo), dal fatto che la sentenza con la quale il Giudice applica la pena richiesta non produce alcuni degli effetti negativi generalmente conseguenti alle sentenze di condanna.
Il patteggiamento taglia fuori la parte civile, che non può in alcun modo sindacare sull'accordo imputato-pubblico ministero e neppure chiedere la condanna al risarcimento del danno. Il Giudice può però riconoscere alla parte civile il diritto di ottenere dall'imputato il pagamento delle spese processuali. per il risarcimento dei danni, la parte offesa deve invece rivolgersi al giudice in sede civile.
Il Giudizio direttissimo (art. 449-452 c.p.p.) è un riro speciale «dibattimentale», di tipo non premiale, azionabile unilateralmente e unicamente dal P.M.
Il rito (alla pari del giudizio immediato), salta l'udienza preliminare, con economia di tempo e di attività processuali, ed affluisce direttamente innanzi al Giudice dibattimentale.
Nei casi in cui è ammissibile il giudizio direttissimo, la presentazione dell'imputato da parte del P.M. al Giudice del dibattimento deve avvenire, se si tratta di persona arrestata in flagranza, entro 48 ore dall'arresto (se il P.M. vuole che si proceda alla convalida dell'arresto ed al contestuale giudizio) o entro 15 giorni dall'arresto in flagranza se questo è già stato convalidato autonomamente dal G.I.P.
Entrambe le ipotesi di giudizio direttissimo presuppongono che l'imputato non sia stato posto in libertà, ma che si trovi in stato di arresto o di custodia cautelare (misura coercitiva quest'ultima, adottata dal G.I.P. all'esito dell'autonoma udienza di convalida).
Se si tratta di imputato che ha reso confessione, il P.M. presenta l'imputato (se detenuto) o lo cita a comparire (se in stato di libertà) a un'udienza non successiva al 15 giorno dalla iscrizione nel Registro delle notizie di reato (artt. 335 e 449, comma 5 c.p.p.).
In tutti i casi di giudizio direttissimo, l'imputato deve essere avvertito della facoltà di chiedere un termine per preparere la difesa non superiore a 10 giorni (art. 451, comma 6 c.p.p.) ovvero della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento della pena e, per le caratteristiche del giudizio direttissimo nelle ipotesi di sua trasformazione in abbreviato (art. 452 c.p.p.).
Il Giudizio immediato (art. 453 c.p.p.) costituisce una forma di rapida definizione del procedimento penale, consistente in un procedimento speciale, del tipo non premiale, attivabile unilateralmente dal P.M. e, ovviamente, in chiave difensiva, dall'imputato che, saltando l'Udienza preliminare, perviene direttamente al giudizio, previa verifica di ammissibilità effettuata dal G.I.P., che emette il decreto di citazione a giudizio.
Questo rito viene scelto quando le prove raccolte dall'accusa sono evidenti e non sono ancora trascorsi 90 giorni dalla data di ricezione della notizia criminis, anche quando questa sia a carico di ignoti, e non già dal momento in cui l'interessato ha assunto la qualità di indagato. A garanzia contro troppo facili richieste di giudizio è inoltre previsto che l'imputato debba essere previamente interrogato, in modo che possa far presenti eventuali circostanze a propria difesa.
Il giudizio immediato è quindi disposto dal G.I.P. con suo "decreto di citazione a giudizio", a seguito della richiesta di una delle parti interessate. Esso si caratterizza, quindi, per il salto dell'Udienza preliminare e, quindi per il passaggio «immediato» dalla fase delle indagini preliminari al giudizio dibattimentale.
Il decreto del G.I.P. che dispone il giudizio immediato deve contenere l'avviso che l'imputato può richiedere, in sua alternativa, i due riti premiali predibattimentali (il giudizio abbreviato e patteggiamento), tranne quando quel rito sia stato richiesto dallo stesso imputato
Il giudizio immediato non ha connotati di premialità (né riduzioni di pena, né altri benefici), nemmeno quando è richiesto dall'imputato, giacché non comporta, nella fase del dibattimento, alcuna economia processuale.
Il giudizio immediato non è contemplato nei procedimenti innanzi al Tribunale monocratico e al Giudice di pace. Innanzi al primo, il rito è in genere più agile e sollecito, sicché non è parsa necessaria l'ulteriore accelerazione del giudizio immediato. Innanzi al Giudice di pace manca sempre l'udienza preliminare, sicché ivi il processo previene sempre «immediatamente» al giudizio.
Il giudizio immediato differisce da quello "direttissimo", perché questo è attivato in termini temporali più ridotti, prevede solo due casistiche di ammissibilità (arresto e confessione) ed è azionabile solo dal P.M. e con atto emesso direttamente da costui e non già dal G.I.P.
Nel rito immediato il G.I.P. ha una funzione di verifica solo procedurale, che lo abilita a controllare la prova di reità, esclusivamente ai fini dell'impulso processuale, ma non di dichiarare la colpevolezza o l'innocenza. Il G.I.P. è investito unicamente del potere di accogliere o rigettare la richiesta di giudizio immediato.
Il Procedimento per decreto (art. 459-464 c.p.p.) può ritenersi l'ultimo dei procedimenti speciali, del tipo premiale, diretti ad evitare il «dibattimento». A dire il vero, esso evita anche l'udienza preliminare sicché ha una doppia portata di semplificazione del meccanismo processuale.
Esso può trovare applicazione nei casi in cui si procede per reati (anche di competenza del Tribunale) perseguibili di ufficio, per i quali è prevista una «pena pecuniaria» ovvero, alternativamente, una «pena detentiva», ma il P.M. ritiene che debba applicarsi solo la prima.
Se il P.M. ritiene che per il reato debba applicarsi "solo la pena pecuniaria", chiede al G.I.P. di pronunciare un «decreto penale» che condanni l'imputato alla pena indicata nella richiesta.
La "richiesta" del P.M. rappresenta il presupposto del decreto e deve essere formulata entro 6 mesi dalla data in cui il nome della persona cui è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all'art. 335 c.p.p.
Il P.M. ha facoltà di richiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo e ciò costituisce un indubbio vantaggio per l'imputato.
Avverso il decreto penale l'imputato può proporre "opposizione" e chiedere, in alternativa, il giudizio dibattimentale, il giudizio abbreviato, il patteggiamento o l'oblazione.
Nel giudizio conseguente all'opposizione, il Giudice revoca il decreto di condanna e può applicare una pena anche diversa (ad esempio, detentiva e non pecuniaria) e più grave di quella fissata nel decreto.