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L'Ufficio del P.M.

I vari Uffici del P.M. sono strutturati in livelli organizzativi “paralleli” a quelli dei corrispondenti Uffici giudicanti.

A seguito della scomparsa dell’antica figura ibrida di un "Pretore-P.M.", che sotto la vigilanza dell’abrogato Codice svolgeva entrambe le funzioni e poi della riforma del Giudice unico di primo grado e della conseguente soppressione delle 165 Preture della Repubblica presso le Preture circondariali, le «funzioni di Pubblico Ministero» sono esercitate: 

  • Nelle “indagini preliminari” e nel “giudizio di primo grado” (=dibattimento):
  1. dal Procuratore della Repubblica presso il Giudice Unico (=Tribunale ordinario);
  2. dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;
  3. dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare;
  4. dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello e dal Procuratore Nazionale antimafia nei casi in cui la legge consente ad essi l' Avocazione del procedimento
  •  Nei "giudizi di impugnazione"[1] (=appello e ricorso):
  1. dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello;
  2. dal Procuratore della Repubblica che ha presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado nelle ipotesi in cui egli stesso ne fa richiesta e il Procuratore Generale presso la Corte d’appello lo ritiene opportuno (art. 570, comma 3 c.p.p.)[2].
  3. dal Procuratore Generale presso la Corte di cassazione.

Tra i diversi uffici del P.M. non esiste un rapporto di dipendenza gerarchica, ma una semplice relazione di mera subordinazione, collegata alla progressione del processo al grado di giudizio successivo. In ciascun grado di giudizio, legittimato ad esercitare le funzioni di P.M. è unicamente l'ufficio costituito presso il corrispondente Giudice, salvo le ipotesi espressamente contemplate (e quindi eccezionali). Il Pubblico Ministero esercita le proprie funzioni nello stesso ambito di competenza del Giudice.

  • Può dirsi, ad esempio, che:
  1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale svolge le attività di indagine e di accusa in ordine ai reati di competenza del Giudice Unico e commessi nel territorio del Tribunale e della  Corte d’Assise;
  2. il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare svolge le attività di indagine e di accusa in ordine ai reati di competenza del Tribunale militare e della Corte d’Assise per i reati commessi esclusivamente da militari.

Innanzi al Tribunale in composizione monocratica, a seguito di delega nominativa del Procuratore Capo, le funzioni di accusa possono essere esercitate sia da magistrati di carriera appartenenti alla Procura presso lo stesso tribunale ordinario, sia dai cc.dd. «Delegati del P.M.» ossia vice procuratori onorari, Ufficiali di polizia giudiziaria (per esigenze di obiettività, necessariamente diversi da quelli che hanno partecipato alle indagini), uditori giudiziari in tirocinio (art. 22 D.P.R 22.9.1988, n. 449 e art. 4 D.lgs 28.7.1989, n. 273). Tali delegati sono, però, legittimati a partecipare solo alle udienze di convalida dell’arresto o fermo, dibattimentale o camerale, nonché a formulare al G.I.P. la richiesta di decreto penale. La loro legittimazione è comunque limitata ai procedimenti del “Tribunale monocratico” relativi ai reati meno gravi e, quindi, limitatamente a quelli per i quali, non essendo contemplata l’Udienza Preliminare, il P.M. potrebbe direttamente emettere decreto di citazione a giudizio.
Anche innanzi al Giudice di pace in sede penale è prevista una minore qualificazione professionale del P.M., anche perché presso di esso non esiste alcun autonomo ufficio di Procura.

 


[1] Istituto del "gravame"

[2] La disposizione consente al Pubblico Ministero del giudizio di primo grado di seguire il procedimento per tutto il suo cammino. Essa si collega alle altre disposizioni processali secondo le quali il Pubblico Ministero originariamente designato non va, almeno tendenzialmente, sostituito durante le indagini (art. 3 att. c.p.p.) né durante l'udienza di primo e secondo grado.

 
 

Compiti della procura

La «Procura della Repubblica» è l’ufficio del Pubblico Ministero, un organo dello Stato composto da magistrati ordinari cui sono assegnate le così dette funzioni “requirenti”: loro compito è infatti quello di proporre richieste in materia penale o civile sulle quali toccherà poi ai giudici (la magistratura così detta “giudicante”) pronunciarsi con provvedimenti idonei a diventare definitivi.
In particolare, al Pubblico Ministero sono attribuite dalla legge sull’ordinamento giudiziario e dal codice di procedura penale numerose funzioni:

  • in materia civile, il P.M. può agire per chiedere al giudice provvedimenti in materia di:
  1. dichiarazione di morte presunta curatela delle persone scomparse;
  2. limitazione alla potestà genitoriale
  3. interdizione e inabilitazione
  4. nullità del matrimonio
  5. richiesta di dichiarazione di fallimento

Il P.M. deve intervenire inoltre obbligatoriamente in alcune cause civili (es.: cause in materia matrimoniale, cause relative alla cittadinanza, ai rapporti familiari, alle interdizioni e inabilitazioni): la sua eventuale assenza determina la nullità del processo.

  • in materia penale, il P.M. esercita la così detta “azione penale”:

è cioè l’organo cui spetta accertare la fondatezza delle notizie di reato che provengono da denunce delle forze di Polizia, da querele o esposti di privati, da referti degli organi medici, e chiedere di conseguenza al giudice la dichiarazione della colpevolezza di un soggetto (imputato) e la conseguente condanna del medesimo, ovvero, in mancanza di elementi di prova, la dichiarazione di infondatezza della notizia di reato (così detta archiviazione).

Allo scopo di sostenere l’accusa davanti al Giudice, il P.M. svolge le indagini preliminari (per questo con riferimento ai P.M. si parla anche di magistratura “inquirente”); dirige l’attività della Polizia giudiziaria; può chiedere ad un apposito giudice, detto giudice per le indagini preliminari – GIP, l’emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari ecc.), che hanno funzione cautelare, servono cioè di impedire che i reati commessi possano ripetersi o che ne vengano occultate le prove o che l’autore del fatto possa darsi alla fuga. Il P.M. inoltre interviene obbligatoriamente nelle udienze penali. Il P.M. infine è l’organo competente per l’esecuzione dei provvedimenti di condanna emessi dal giudice: spetta a  lui, una volta che una sentenza sia diventata irrevocabile, disporre che il condannato venga assoggettato alla pena, detentiva o pecuniaria, prevista, determinando il preciso ammontare della sanzione da irrogare, nonché delle eventuali sanzioni accessorie.

Il Procuratore della Repubblica assegna a se stesso e ai colleghi – secondo dei criteri prestabiliti – i procedimenti penali che nascono dalle notizie di reato trasmesse alla Procura della Repubblica, nonché dei procedimenti civili che prevedono l’intervento del P.M. e, più in generale, organizza il lavoro dell’Ufficio.
Ogni Magistrato svolge le indagini relative ai procedimenti che gli sono stati assegnati e prende parte alle udienze penali per i processi instaurati a seguito delle indagini.

Per migliorare la qualità delle indagini attraverso la specializzazione, in molte Procure della Repubblica sono stati costituiti gruppi di lavoro che si occupano delle indagini relative a determinati tipi di reato:

  • un primo gruppo di lavoro si occupa di reati a danno della Pubblica Amministrazione e dell’Amministrazione della Giustizia, economici, in materia fiscale, societaria e fallimentare;
  • un secondo gruppo di lavoro è specializzato nei reati urbanistici, ambientali, di inquinamento, falsità, nonché in quelli riguardanti lo sfruttamento della prostituzione, l’immigrazione clandestina e tratta di essere umani;
  • il terzo gruppo di lavoro tratta i procedimenti per reati contro il patrimonio ed in materia di armi;
  • il quarto gruppo di lavoro si occupa dei reati in materia di stupefacenti, nonché quelli commessi a danno di persone deboli (ossia reati in materia sessuale ed in ambito familiare);
  • il quinto gruppo di lavoro è specializzato nei reati contro la persona, nonché quelli concernenti l’ordine pubblico e l’incolumità pubblica e la tutela penale del lavoro.

Ogni sostituto è assegnato a due gruppi di lavoro, seguendo le indagini sui procedimenti delle relative materie. Ogni gruppo è coordinato e seguito da un Procuratore Aggiunto.

Con il Decreto Legislativo 20 febbraio 2006, n.106 (pubblicato sulla GU n. 66 del 20.3.2006) sono state dettate le nuove disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150 (c.d. Riforma dell’ordinamento giudiziario).

Le nuove disposizioni prevedono in particolare che:

  1. Il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale
  2. Il procuratore della Repubblica puo' stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.
  3. Il procuratore della Repubblica determina:
    1. i criteri di organizzazione dell'ufficio;
    2. i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio;
    3. le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.
  4. Per assicurare l'efficienza dell'attivita' dell'ufficio, il procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'impiego della Polizia Giudiziaria, nell'uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre.

 

Struttura della Procura

Vertice istituzionale e giurisdizionale dell’ufficio è il “Procuratore della Repubblica”, (presso i tribunali per i minorenni e i tribunali ordinari) spettano poteri di organizzazione e di direzione dell’Ufficio secondo le norme poste in materia dalla legge sull’ordinamento giudiziario.
Negli uffici, di maggiori dimensioni, delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari, il Procuratore viene coadiuvato nelle sue funzioni dal “Procuratore Aggiunto“ (in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all’uffico) e dai “Sostituti procuratori”: la assegnazione dei procedimenti ai vari magistrati spetta al Procuratore nel rispetto di criteri predeterminati.
Presso le Procure operano inoltre i “Vice procuratori onorari“, che fanno parte della magistratura onoraria, cioè non sono reclutati secondo le ordinarie procedure concorsuali ma vengono nominati dal Consiglio Superiore della Magistratura, (CSM) con incarichi limitati nel tempo, tra soggetti aventi particolari requisiti.
A loro possono essere delegate dal Procuratore funzioni relative alla partecipazione all’udienza penale, ma non quelle relative allo svolgimento delle indagini ed all’esercizio dell’azione penale.

Per la trattazione di alcuni reati di "particolare gravità e complessità" (reati di mafia, reati di terrorismo, reati legati al traffico degli stupefacenti, reati di sequestro di persona a fini di estorsione), a partire dal 1992 sono state istituite, presso ogni Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario avente sede nel capoluogo del distretto di Corte di Appello (c.d. distrettuale), le “Direzioni Distrettuali Antimafia” (D.D.A.), coordinate a livello nazionale dalla “Direzione Nazionale Antimafia”, (D.I.A.) con sede a Roma, al cui vertice c’è il “Procuratore Nazionale Antimafia”.

A capo di ogni Direzione distrettuale c’è il Procuratore della Repubblica (procuratore aggiunto) o un magistrato da lui delegato, che assumono la funzione di “Procuratore distrettuale antimafia”. Alla D.D.A. sono poi assegnati, per periodi di tempo limitati, uno o più “Sostituti” addetti all’ufficio.

  • Ad esempio, la Procura della Repubblica di Cagliari è sede della Direzione Distrettuale Antimafia per la Sardegna, è diretta dal Procuratore della Repubblica e ne fanno parte due Sostituti procuratori.

Presso le sezioni distaccate di Corte d’appello le funzioni di procuratore generale sono esercitate dall’Avvocato Generale, a norma dell’art. 59 dell’Ordinamento Giuidiziiario.

 

 

 

Istituto dell'avocazione

Per garantire l'obbligatorietà dell'azione penale di fronte ad eventuali ritardi od omissioni delle Procure, in caso di obiettive situazioni di inerzia del P.M. designato o del suo dirigente, è attribuito il potere di «avocazione» al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello (P.G.).
L'avocazione consiste quindi nella eccezionale «
auto-assunzione», da parte del P.G., della funzione investigativa e di promuovimento dell'azione penale in riferimento a procedimenti penali in fase investigativa, in luogo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale che per qualche motivo non opera o non è in grado di adempiere ai propri compiti.
L’avocazione trova, quindi, fondamento in obiettive situazioni di inerzia o di incompatibilità del P.M.: per rimuoverle e, quindi, ristabilire il corretto corso del procedimento, il P.G. il potere-dovere di auto-sostituirsi al P.M. interessato.
L'avocazione può essere «obbligatoria» o «facoltativa», a seconda la fattispecie giustificatrice di essa si presti o meno a valutazioni discrezionali del P.G.

  • Avocazione obbligatoria:
  1. inerzia per scadenza dei termini: mancata richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio entro il termini di durata massima, iniziale o prorogato, fissato per la fase delle indagini preliminari (art. 412 c.p.);
  2. inerzia nella sostituzione del P.M.: impossibilità di sostituzione (es. per carenza di organico)del magistrato del P.M. astenutosi o incompatibile ovvero inerzia del Procuratore capo nelsostituirlo (artt. 53 e 372 c.p.p.).
  • Avocazione facoltativa:
  1. comunicazione del G.I.P. circa il mancato accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal P.M.. Il P.G. ha facoltà di valutare l'opportunità dell'avocazione delle indagini, allo scopo di sostituirsi al P.M. sospettato di inerzia. L'esigenza dell'avocazione scaturisce dalla circostanza che il P.G. non ha potere di direzione né sui P.M. sottordinati, né sulla
    polizia giudiziaria. Di quest'ultima egli può disporre solo a seguito di avocazione;
  1. comunicazione del G.U.P., nel corso dell'udienza preliminare, circa l'incompletezza delle indagini e l'esigenza di integrarle, nel termine da questi fissato, in modo che possa adottarsi la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal P.M. di primo grado (art. 42bis, commi 1, 2 c.p.p.).

 

 

La P.N.A.

La «Procura Nazionale Antimafia» (P.N.A.) è stata istituita presso la Procura Generale della Corte di Cassazione (art. 76bis e 76ter Ord. Giud., introdotti dalla L. 8/1992, modif. da L. 356/1992).
Ad essa sono funzionalmente collegate le c.d. Direzione Distrettuali Antimafia (D.N.A.), (c.d. superprocure) costituenti, a loro volta, articolazioni interne delle Procure della Repubblica presso i tribunali aventi sede nei capoluoghi del distretto della Corte d'Appello.
Al suo vertice è destinato il "Procuratore nazionale Antimafia" (P.N.A.), un magistrato di Cassazione dotato di specifiche capacità ed attitudini, scelto tra i magistrati i quali abbiano svolto per almeno 10 anni le funzioni di P.M. o di Giudice istruttore. La sua nomina è di competenza del C.S.M.
Presso la  «Direzione» le funzioni di  «sostituto» sono svolte dai magistrati di qualifica non inferiore a quella di magistrato di Corte d'Appello.
Le funzioni dell Procura Nazionale Antimafia consistono soprattutto in
un'attività di coordinamento e di impulso dei procuratori distrettuali e della polizia giudiziaria per assicurare la completezza e la tempestività delle indagini in ordine ai delitti di criminalità organizzata (art. 52, comma 3bis c.p.p.) anche se commessi nel territorio delle cd. procure periferiche dello stesso distretto.
Parallela alla estensione distrettuale della D.D.A. sono le competenze del G.I.P. e del G.U.P. del capoluogo del distretto, anch'esse di tipo distrettuale.

In pratica, quando per le indagini relative ad un grave omicidio di camorra procede la D.D.A., che ha sede presso la Procura del Tribunale del capoluogo della Corte d'Appello ove è sito il Giudice competente (art. 51, comma 3bis c.p.p), le funzioni di G.I.P. sono svolte dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del predetto capoluogo (art. 328, comma 1bis c.p.p.). A titolo esemplificativo, se il delitto di mafia è commesso ad Avellino, le indagini saranno svolte dalla D.D.A. presso la Procura della Repubblica di Napoli e le funzioni di G.I.P. da un magistrato del Tribunale di Napoli. Inoltre, dopo l'esercizio dell'azione penale, nonché le funzioni di Giudice dell'udienza preliminare (G.U.P.) devono essere svolte da un magistrato del Tribunale del capoluogo (G.U.P. di Napoli).

A tali strutture giudiziarie corrispondono, sul piano degli organi investigativi di polizia Giudiziaria, la «Direzione Investigativa Antimafia» (D.I.A.) ed i Servizi Speciali di polizia, centrali e regionali.
 

 

 

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