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Giustizia ordinaria

Il termine «Autorità Giudiziaria» (=A.G.) è sinonimo di Magistratura cioè a dire il complesso degli Organi che amministrano la giustizia. Istituzionalmente ha competenza in materia di reati e si ripartisce in: 

  1. Magistratura «giudicante», di cui fanno parte tutti i Giudici di carriera
  2. Magistratura «inquirente/requirente», di cui fanno parte tutti i Pubblici Ministeri

Il Codice di procedura penale [1] si apre con la normativa intitolata al "Giudice", proprio per segnalare la centralità della "funzione giurisdizionale", che è quella di gran lunga preminente nel processo. Tocca al Giudice, infatti, risolvere la controversia fra il Pubblico Ministero ed imputato, esprimendo la sua valutazione sugli elementi raccolti nel processo. Nell'assolvere questo compito il Giudice gode di ampia indipendenza, egli è soggetto solo alla legge, e deve essere estraneo agli interessi in conflitto.
Il nostro ordinamento giuridico prevede «tre gradi di giudizio», nel cui contesto si sviluppa uno schema processuale unitario: un organo che esercita la pubblica accusa (funzione requirente) nei confronti di un difensore (avvocato); il tutto davanti ad un Organo imparziale e terzo che viene definito "organo giudicante" che emetterà una sentenza di condanna o di assoluzione.

  • Le sedi giudiziarie italiane sono articolazioni periferiche del Ministero della Giustizia. Gli organi per mezzo dei quali si svolge la funzione giurisdizionale p enale e ai quali è affidata, quindi, l'amministrazione della giustizia sono:
  1. Giudice di pace;
  2. Giudice unico del tribunale;
  3. Corte d'Assise;
  4. Corte d'Appello;
  5. Corte d'Assise d'Appello;
  6. Suprema Corte di Cassazione;
  7. Tribunale per i minorenni;
  8. Tribunale di Sorveglianza;
  9. Magistrato di Sorveglianza

La Magistratura giudicante è organizzata secondo il principio (contenuto nell'art. 101 della Costituzione) per cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Quindi, nonostante vi siano diversi giudici e vari gradi del giudizio,non esiste fra i giudici nessuna gerarchia.

  • Un'altra parte della magistratura ricerca i colpevoli di reati e le prove per arrivare alla loro condanna. Questi agiscono come "Pubblici Ministeri" e sostengono l'accusa nei processi penali. La magistratura che esercita le funzioni di Pubblico Ministero, è organizzata in uffici con un Capo e con Magistrati alle sue dipendenze (sostituti procuratori):
  1. Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario;
  2. Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello;
  3. Procura Distrettuale Antimafia;
  4. Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione;
  5. Procura Nazionale Antimafia.

La Magistratura, pur essendo formata di dipendenti pubblici, gode di una particolare autonomia nei confronti degli altri due poteri fondamentali dello Stato (quello legislativo del Parlamento e quello esecutivo del Governo).

 

 

 

Organizzazione della giustizia ordinaria

I "magistrati di carriera" (Giudici e Pubblici Ministeri) sono distribuiti in senso orizzontale (o geografico) in 24 distretti di Corte d'Appello (oltre che 3 sezioni distaccate di esse) ed in Roma presso la Corte di cassazione., oltre che nelle Procure della Repubblica presso i vari Uffici giudiziari. Nell'ambito di ciascun distretto esistono gli uffici giudiziari di primo e secondo grado (appello)
A decorrere dal 2 giugno 1999, in seguito alla riforma del "
Giudice unico di primo grado" (D.lgs. n. 51/98 e successive norme), vi è stato l'assorbimento delle Preture e delle relative Procure della Repubblica rispettivamente nei Tribunali ordinari e nelle corrispondenti Procure, mentre nulla è stato innovato nell'organizzazione dei restanti uffici giudiziari.

Per quanto attiene all'amministrazione della giustizia penale e qui considerando anche gli uffici del Pubblico Ministero, si hanno:

  • Uffici giudiziari di primo grado:
  1. Giudice di pace;
  2. Tribunale ordinario;
  3. Tribunale per i minorenni;
  4. Corte d'Assise;
  5. Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario;
  6. Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.
  • Uffici giudiziari di secondo grado:
  1. Corte d'Appello;
  2. Corte d'Assise d'Appello;
  3. Tribunale di Sorveglianza;
  4. Procura Generale della repubblica presso la Corte d'Appello.   
  • Uffici giudiziari di terzo grado:
  1. Corte di Cassazione;
  2. Procura Generale presso la Corte di Cassazione.

In base al «numero delle persone» necessarie ad integrare la composizione dell’Organo decidente, si hanno:

  1. Giudici monocratici, ossia monopersonali. Tali sono il Giudice di pace, il Giudice per le indagini preliminari (GIP), il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) presso il tribunale ordinario, il Tribunale ordinario monocratico, il Magistrato monocratico di sorveglianza;
  2. Giudici collegiali, ossia pluripersonali. Tali sono il Tribunale collegiale ordinario, il GUP presso il Tribunale per i minorenni, il Tribunale per i minorenni, il Tribunale di sorveglianza, la Corte d’assise, la Corte d’appello, la Corte d’assise d’appello, la Corte di cassazione.

I magistrati del Pubblico Ministero (che non sono giudici, non avendo funzioni di giudizio) operano, usualmente in composizione monocratica e solo eccezionalmente, ove lo ritengono (ad esempio in indagini complesse), si aggregano in pool.

I magistrati (giudici e pubblici ministeri), quali  «persona fisica», possono essere di "carriera" (o professionali o togati), se sono legati allo Stato da rapporto di impiego ovvero, nel caso opposto, "onorari" (o laici).
Sono magistrati onorari monocratici i Giudici di pace ed in Giudici onorari di tribunale (G.O.T.), nonché i componenti privati di organi collegiali (di Corte d'Assise di primo e secondo grado, nonché gli esperti del tribunale per i minorenni, quelli della corrispondente Corte d'Appello per i minorenni e quelli del Tribunale di sorveglianza).

Sulla base della «natura delle funzioni» si hanno:

  1. Giudici di merito, ossia tutti giudici di primo grado e secondo grado che giudicano sul merito o fatto oggetto del processo, ma, in verità, anche sui profili di legittimità;
  2. Giudici di legittimità, la cui cognizione è limitata ai soli profili di diritto (legittimità) e chesono rappresentati dalla sola Corte di Cassazione.

In base alla «ampiezza della loro cognizione», si hanno:

  1. Giudici ordinari, ossia i giudici investiti di una competenza penale generale: tali sono quelli dell'ordine giudiziario in cui è inquadrata la magistratura ordinaria (R.D. 30.1.1941, n. 12).
    Il Giudice di pace è da considerare magistrato ordinario, anche se non togato, in quanto contemplato all'art. 1 del citato R.D.
  2. Giudici speciali, ossia i giudici aventi cognizione ristretta a determinate materie (o categorie di reati) c.d. speciali: i tribunali militari, di guerra o di pace, competenti solo per i reati c.d. militari commessi da appartenenti alle Forze Armate; la Corte Costituzionale per i ministri, competente per i c.d. reati ministeriali e per i giudizi di accusa a carico del Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento o attentato alla costituzione.

 

 

 

 

La giurisdizione penale e i suoi Organi

La «giurisdizione penale» è il potere attribuito a determinati Organi dello Stato (Giudici penali) di accertare, secondo regole e garanzie ben brecise (procedimento o processo penale) se un determinato fatto commesso da un uomo (c.d. fattispecie concreta) corrisponde o meno alla sua previsione generale (c.d. fattispecie astratta) contenuta in una legge penale. In una legge, cioè, che precede, per cho commette quel fatto (reato) un particolare tipo di sanzione (ergastolo, reclusione e/o multa; arresto e/o ammenda), detta, appunto, sanzione penale o pena.
Le leggi, infatti, contengono disposizioni generali ed astratte, dettate, cioè, per qualunque persona e per qualunque caso. Pertanto, quando si verifica la concreta violazione di una norma penale, è compito della giurisdizione penale accertare se l’imputato ha commesso o meno quel determinato reato e, in caso di accertamento positivo, applicargli la relartiva sanzione tenendo conto delle particolari modalità con le quali il reato è stato realizzato.
Il Giudice può esercitare la funzione giurisdizionale solo se un Organo dello Stato (
Pubblico Ministero) gli formula la richiesta di decidere su una accusa (imputazione) mossa a carico di un soggetto (imputato). E’ mediante tale richiesta che il Pubblico Ministero esercita l’azione penale.
Il Pubblico Ministero deve esercitare l’azione penale quando, al termine delle indagini preliminari, svolte con l’ausilio della Polizia Giudiziaria, ritiene di aver acquisito "elementi idonei" a sostenere l’accusa di fronte al Giudice.

Sia il Giudice che il Pubblico Ministero fanno parte della «Magistratura» . Istituzionalmente ha competenza in materia di reati e si ripartisce:

  1. Magistratura «inquirente/requirente» di cui fanno parete tutti i Pubbici Ministeri;
  2. Magistratura «giudicante» di cui fanno parte tutti i Giudici di carriera.

Il "Procuratore della Repubblica presso il Giudice unico" (=Tribunale ordinario) rappresenta la magistratura «inquirente», e cioè quella che inizia e conduce le indagini. Questo organo è il “dirigente” della Polizia Giudiziaria nel territorio di sua competenza. A lui la Polizia Giudiziaria deve inviare le “segnalazioni” e al medesimo il privato cittadino può indirizzare una denuncia o una segnalazione per illeciti penali (=reati).
Il nostro ordinamento giuridico prevede «tre gradi di giudizio», nel cui contesto si sviluppa uno schema processuale unitario: un Organo che esercita la pubblica accusa (
funzione requirente) nei confronti di un difensore (avvocato); il tutto davanti ad un Organo imparziale e terzo che viene definito organo giudicante che emetterà una sentenza di condanna o di assoluzione.

► Il Giudizio di primo grado

In primo grado esistono un organo «requirente» e un organo «giudicante».

Un "Procuratore della Repubblica presso il Giudice unico" (Dlgs. N. 51/98)[1] eserciterà la pubblica accusa presso il "Tribunale giudicante" – il quale fungerà, a seconda dei casi, da organo di giudizio monocratico o collegiale.
Un «organo speciale» insediato presso ogni Tribunale formato da sei giudici popolari e da due giudici togati si chiama "
Corte d’assise" e giudica su reati di massima gravità come ad esempio l’omicidio volontario.

Una distinzione selettiva, che corrisponde più o meno concettualmente a gradi di gravità dei reati, fa si che alcuni illeciti penali siano sanciti come di competenza del Tribunale in «composizione monocratica» (meno gravi, più frequenti) altri del Tribunale in «composizione collegiale» (più gravi).

Il Tribunale in composizione monocratica (un solo Giudice) giudica reati di "facile accertamento" e per lo più quelli punibili con la "pena della reclusione non superiore ai 10 anni".

  • Ad esempio, il furto, il traffico di stupefacenti

Il Tribunale in composizione collegiale (tre giudici: un presidente e due a latere) giudica viceversa quei reati per cui è prevista la "pena della reclusione superiore ai 10 anni" e per tutte quelle fattispecie che sfuggono alla sfera di competenza della Corte d’Assise.

Il Tribunale al termine del processo (che si chiama anche dibattimento o rito ordinario) emette una “sentenza” che può essere impugnata (c.d. gravame) sia dall’imputato (se viene condannato) sia dal P.M. (ove la sentenza sia di assoluzione contro la sua richiesta di condanna)[2] .

Il Tribunale in composizione monocratica è anche "Giudice d’Appello" avverso le "sentenze del Giudice di pace".

► Il Giudizio di secondo grado (=Appello)

La "Corte di appello", che in genere ha competenza su tutti i Tribunali della Regione, svilupperà il giudizio di secondo grado[3] .
La pubblica accusa sarà esercitata da un solo Organo requirente che si chiama “
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello” e che è il diretto superiore del procuratori presso i Tribunali di tutta la Regione.

La sentenza della Corte di appello può essere ancora impugnata (=ricorso) sia dall’imputato (se viene condannato) sia dal procuratore generale (ove la sentenza sia di assoluzione contro la sua richiesta di condanna).

► Il Giudizio di terzo grado (=Ricorso)

L’ultimo grado di giudizio viene esercitato dalla "Suprema Corte di Cassazione" che si trova a Roma e giudica su tutte le sentenze di tutte le Corti di appello del Paese. La pubblica accusa sarà esercitata da un solo organo requirente che si chiama "Procuratore Generale presso la Corte di cassazione".
Contro la sentenza della Cassazione non è più possibile nessuna impugnazione e si dice che questa sentenza è definitiva ovvero, in termine tecnico, è «
passata in giudicato». Soltanto da questo momento la sentenza spiega tutti i suoi effetti e, ad esempio, viene registrata sul certificato penale e diventa esecutiva.

Questo Organo supremo della giustizia assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Esso è Giudice di «legittimità» in quanto non giudica sul fatto (come i Giudici di 1° e 2° grado cc.dd. di merito) ma sul modo in cui il diritto è stato applicato al fatto.

Quando ritiene che tale applicazione non sia stata corretta, la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di cancellare (=cassare) il provvedimento che davanti ad essa è stato impugnato e di rimetterlo ad un Giudice c.d .del rinvio ovvero annullarlo senza rinvio nei casi espressamente previsti all’art. 620 c.p.p.[4]

 

 


[1] In attuazione della legge delega 16 luglio 1997, n. 254, il D.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha introdotto nel nostro ordinamento il “Giudice unico di primo grado” (il Tribunale ordinario), che riunisce in un unico ufficio la pretura e il tribunale. La legge 16 giugno 1998, n. 188 ha reso operante dal 2 giugno 1999 tale unificazione. Con D.L. 24.5.1999, n. 145, convertito in legge 234/1999, è stata differita al 2.1.2001 l’operatività in campo penale della riforma.
[2] Ai sensi dell’art. art. 593 c.p.p., come sostituito dall’art. 1 Legge. n. 46/2006 (c.d. Pecorella), l’imputato e il PM possono impugnare la sentenza di proscioglimento solo se le richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello sia basata su nuove e decisive prove. Il Giudice dell’appello, qualora in via preliminare non disponga la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, dichiara inammissibile l’appello con Ordinanza impugnabile in Cassazione.

La condanna può essere impugnata sempre, tranne che in alcuni casi (art. 593 c.p.p.):

  1. il PM non può proporre appello contro le sentenze di condanna nel caso del giudizio abbreviato salvo che si tratti di sentenze che modifichino il titolo di reato (art. 443, 3° comma c.p.p.);
  2. nel caso in cui il PM non dia il consenso all’applicazione della pena proposta dalla parte ma il Giudice del dibattimento ritiene comunque opportuno applicare una pena analoga nella specie e nella misura a quella richiesta dalla difesa (art. 448, 2° comma c.p.p.). Sempre e comunque sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena pecuniaria dell’ammenda.

[3] Vedi ricorso immediato per Cassazione o “per saltum” (art. 569 c.p.p.)

[4] Art. 620 c.p.p.: lett. a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto (150 ss. C.p.) o se l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita (336 ss, 649); lett. b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario; […] lett. l) in gni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero per essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare procedimenti necessari.

 

La competenza dei Giudici

Per competenza penale si intende la «porzione di giurisdizione» che è attribuita a ciascun Giudice, con riferimento:

1. alla materia

2. allo spazio territoriale nel quale ciascuno Giudice opera

3. alla connessione

Attraverso il rispetto delle regole sulla competenza viene chiammato a giudicare su determinati fatti-reato il c.d. Giudice naturale individuato con criteri predeterminati e astratti prima della commissione del fatto (art. 25 Cost.).

Ogni reato si caratterizza per il suo titolo (nomen juris) o per la sua gravità (desunta da tipo e dalla misura della pena prevista); inoltre rileva il luogo ove venne commesso ed i legami con altri reati; possono ancora assumere rilevanza le caratteristiche personali del suo presunto autore (infatti, se di età compresa tra i 14 anni ed i 18 anni non ancora compiuti, verrà giudicato dal Tribunale per i minorenni).

Questi parametri costituiscono appunto la "misura della giurisdizione" dei Giudici, e cioè la loro competenza.

La competenza è disciplinata secondo "criteri" che tengono conto di:

  1. natura e della gravità dei reati (competenza per materia);
  2. territorio in cui il fatto si è verificato (competenza per territorio)
  3. procedimenti connessi (competenza per connessione). 

 

 

Competenza per materia

La «competenza per materia» consiste nella sfera di giurisdizione appartenente a ciascun tipo di Giudice-ufficio ratione materiae. Essa individua, tra una molteplicità di giudici-ufficio, coesistenti nel medesimo territorio (ad esempio, tra Giudice di pace e Tribunale monocratico) quello competente secondo il tipo di reato (materia).
Nell’ambito di un determinato territorio uno solo (ad esempio, il Tribunale collegiale) è il Giudice-ufficio astrattamente competente per un dato tipo di reato (ad esempio, inquinamento marino).

In grado di appello, la competenza per materia è determinata secondo il criterio funzionale e, quindi, di sovraordinazione funzionale (Corte di appello rispetto al Tribunale, monocratico o collegiale; Corte d’assise di appello rispetto alla Corte di assise di 1° grado).

In terzo grado è sempre competente, per materia e territorio, la Corte di cassazione, che è l’unico Giudice di legittimità nello Stato. 

  • In particolare, la “competenza per materia” è così articolata:
  1. Giudice di pace: è un Giudice onorario (laureato in Scienze giuridiche ovvero ex magistrato, ex avvocato, insegnante di materie giuridiche) e a cui è attribuita una larga parte dei reati di lieve e di facile accertamento cc.dd. di microcriminalità, consistente in forme illegalità minori per gravità, ma molto diffuse nell’ambiente sociale. La competenza penale del Giudice di pace è prevista dagli artt. 4 e ss. del D.lgs. 28.8.200, n. 274 (operativo a decorrere dal 4.4.2001);
  2. Tribunale (ordinario): appartengono al tribunale i reati che non appartengono al Giudice di pace, alla Corte di assise e al Tribunale per i minorenni (ha una competenza residuale rispetto alla Corte d’Assise e al Giudice di Pace);
  3. Tribunale per i minorenni: il criterio attiene non al tipo di reato, ma alla persona dell’autore del reato, che deve essere minore degli anni 18 al momento della commissione del fatto quale che ne sia la gravità o tipo (art. 3 D.P.R. 2.9.1988, n. 448). La finalità risocializzante e recuperatoria dei procedimenti a carico di minori giustifica la concentrazione innanzi al
    Giudice specializzato ratione personae (età minore degli anni 18);
  4. Tribunale militare: presuppone la natura militare del reato e la qualità di militare dell’imputato. Tale Giudice specializzato, infatti, ha cognizione per i reati c.d. militari  commessi da militari ancora in servizio;
  5. Corte di assise: è competente per i reati puniti più gravemente o di maggiore allarme sociale (strage, omicidio). La corte è articolazione autonoma del tribunale ed è composta (come la Corte d’assise di appello) da sei componenti privati (giudici popolari) e due togati (magistrati di carriera), uno dei quali funge da presidente;
  6. Corte d’Appello: è un organo collegiale – tre giudici di carriera – il cui collegio ha la stessa composizione di quello del tribunale collegiale e che è competente nei casi in cui vengono impugnate (=apellate) le sentenze emesse dal tribunale in composizione monocratico o collegiale. Le corti d’appello sono distribuite per ogni capoluogo di regione e nelle città più importanti;
  7. Corte d’assise d’appello: è un organo collegiale la cui composizione comprende sia giudici togati (cioé magistrati di carriera) che giudici "laici", cioé giudici popolari. La Corte d'Assise d'appello svolge funzione di giudice d'appello delle sentenze emesse in 1° grado dalla Corte d'Assise. La Corte ha la stessa composizione della Corte d'Assise;
  8. Corte di Cassazione: è l'organo giudicante posto al vertice della organizzazione giudiziaria ordinaria, essendo il tribunale di ultima istanza nel sistema giurisdizionale ordinario (penale e civile) italiano: Ha sede (unica) a Roma, e giurisdizione su tutto il territorio dello Stato;
  9. Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.): giudice singolo (=monocratico) inserito nell’organico di ciscun tribunale e al quale spetta, a seconda dei casi, sia l’adozione dei provvedimenti che vengono richiesti dal Pubblico Ministero durante le indagini preliminari (ad esempio, l’applicazione della custodia cautelare, l’autorizzazione alle intercettazioni telefoniche o ambienatli, ecc.) sia la pronuncia di provvedimenti che definiscono il giudizio in alcune ipotesi di di procedimenti speciali che saltano il dibattimento (ad esempio, la pronuncia della sentenza di patteggiamento o del decreto penale di condanna).
    Il Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni: giudice monocratico (di carriera) avente, in via generale, le stesse competenze del G.I.P. nel procedimento a carico di imputati maggiorenni;
  10. Giudice per l’udienza preliminare (G.U.P.): giudice singolo (=monocratico) che appartiene all’ufficio del Giudice per le indagini preliminari e dinanzi al quale si celebra (se il tipo di procedimento la prevede) l’udienza preliminare (oltre che l’eventuale giudizio abbreviato) quando risulta che il G.I.P. delegato al procedimento (art. 328 c.p.p.) ha già adottato, prima della setssa udienza preliminare, provvedimenti che hanno comportato valutazioni sul merito della imputazione (art. 34 commi da 2bis a 2 quater c.p.p.). Il Giudice dell’udienza preliminare per i minorenni giudica in composizione collegiale ed è composto da un magistrato di carriera e da due cittadini (uomo e donna) in qualità di esperti – componenti privati;
  11. Giudice di Sorveglianza: nel novero dei giudici ordinari rientra il Giudice di di sorveglianza, le cui funzioni, pur essendo prese in considerazione anche delle disposizioni sul procedimento penale, trovano più ampio sviluppo in quelle dell’ordinamento penitenziario (L. 26.7.1975, n. 354) perché riguardano specialmente la gestione della pena: (=il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati).

Il Giudice di pace

Il «Giudice di Pace» appartiene all'ordine giudiziario così come il magistrato ordinario ma, a differenza di questo, è un magistrato onorario a titolo temporaneo (laureato in Scienze giuridiche ovvero ex magistrato, ex avvocato, insegnante di materie giuridiche).  Rimane in carica quattro anni e alla scadenza può essere confermato una sola volta per altri quattro anni. Al compimento del 75° anno il Giudice di Pace cessa dalle sue funzioni. Egli è tenuto ad osservare i doveri previsti per i magistrati ed è soggetto a responsabilità disciplinare.
Il Giudice di Pace dal 1º ottobre 2001 è anche un giudice penale (ma è entrato effettivamente in funzione il 1º gennaio 2002): il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, ha attribuito alla sua cognizione, una larga parte dei reati di lieve e di facile accertamento cc.dd. di microcriminalità, consistente in forme illegalità minori per gravità, ma molto diffuse nell’ambiente sociale e tra gli altri, alcuni reati di notevole diffusione:

  1. contro la persona, quali le percosse e le lesioni, l'omissione di soccorso;
  2. contro l'onore, quali l'ingiuria e la diffamazione;
  3. contro il patrimonio quali il danneggiamento e l'ingresso abusivo nel fondo altrui.

Tra le fattispecie delittuose previste dal "Codice della Navigazione" affidate alla tutela penale del Giudice di pace, rientrano:

  1. Equipaggio che non esegue ordini (art. 1095 cod. nav.);
  2. Inosservanza di ordine di arresto (art. 1096 cod. nav.);
  3. Componente dell'equipaggio che si addormenta (art. 1119 cod. nav.).

Il processo davanti al Giudice di pace ha luogo normalmente per iniziativa del Pubblico Ministero. Il Pubblico Ministero dopo aver disposto le necessarie investigazioni, se ravvisa elementi sufficienti per sottoporre a processo il soggetto indagato, richiede il suo rinvio a giudizio.
Anche la persona offesa, per i reati perseguibili a querela, può chiedere al giudice l'instaurazione del processo. In questi casi, l'offeso può presentare un "
ricorso diretto" al Giudice di Pace, depositandolo nella segreteria del Pubblico Ministero, che provvede alla formalizzazione dell'addebito.
Il Giudice di Pace, se non ritiene il ricorso infondato o inammissibile, dispone la convocazione delle parti innanzi a sé.
Il processo penale innanzi al Giudice di Pace è caratterizzato dalla particolare attenzione a favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra imputato e persona offesa.
Il giudice, sentita la persona offesa, può dichiarare estinto il reato se l'autore della violazione dimostra di aver provveduto alla riparazione del danno causato e di avere eliminato la situazione di pericolo eventualmente determinata.
È inoltre previsto che il Giudice di Pace possa astenersi dal procedere quando risulti, per l'esiguità dell'offesa e l'occasionalità del comportamento, la particolare "tenuità" del fatto (tenuto conto anche del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento arrecherebbe alle esigenze di lavoro, famiglia o salute dell'imputato), sempre che l'offeso non si opponga.

  • In caso di condanna il Giudice di Pace non applica pene detentive, ma pene pecuniarie oppure, nei casi più garvi, sanzioni "paradetentive":
  1. la pena della permanenza domiciliare;
  2. la pena del lavoro di pubblica utilità (qualora il condannato lo richieda).

L'imputato e la persona offesa sono difesi da un avvocato. Alle persone che non hanno i mezzi per far fronte alle spese di un procedimento penale è assicurato, anche davanti al Giudice di Pace, il gratuito patrocinio, cioè la difesa a carico dello Stato.

 

 

Il Giudice unico

A seguito della riforma apportata dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479 [2][1] (c.d. legge CAROTTI dal nome del parlamentare, relatore alla Camera dei Deputati), in materia penale, il Giudice Unico di primo grado[2] è unicamente il Tribunale, il quale giudica, in alcuni casi, in «composizione collegiale» (tre magistrati) e in altri in «composizione monocratica».Trattandosi di un unico Giudice che lavora in composizione monocratica e collegiale non vi è una vera e propria ripartizione di competenza, ma piuttosto di attribuzione degli affari all’interno del medesimo ufficio.

  • Quanto alla individuazione della fattispecie criminose da attribuire al tribunale nelle diverse composizioni, deve osservarsi che la legge demanda alla cognizione del collegio: tutti i delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a 10 anni di reclusione.
  • Al tribunale monocratico sono, quindi, attribuiti taluni delitti (quelli punibili con pena massima edittale di anni 10) e tutte le contravvenzioni di competenza del tribunale ordinario nella sua globalità.

Le funzioni del Tribunale monocratico possono essere affidate anche ai giudici "onorari del tribunale" (G.O.T.)[3] «in caso di impedimento o mancanza dei Giudici ordinari».

Innanzi al Tribunale monocratico possono esercitare le funzioni di Pubblico Ministero soggetti non togati (i cc.dd. Delegati dal P.M.), ma limitatamente ai reati per i quali si procede con citazione diretta a giudizio (art. 58 legge 479/99, che ha modificato l’art. 72, comma 3 Ord. Giudiziario).

Dal 2 gennaio 2008 è stata attribuita al Giudice del tribunale monocratico la "convalida" dei provvedimenti del «Prefetto» in materia di espulsione dal territorio dello stato, e dei provvedimenti di accompagnamento alla frontiera o di trattenimento in un centro di accoglienza temporanea emanati dal Questore (secondo quanto previsto dal Decreto Legge 29.12.2007, n. 249, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2008).

 

 


[1]

La legge 479/99, pubblicata sulla G.U. n. 296 del 18.12.1999 è entrata in vigore il 2.1.2000 ed è stata ulteriormente modificata dall’art. 2bis, D.L. 7.4.2000, n. 82 (conv. in  L. 144/2000).

[2]

Appare opportuno evidenziare che l’endiade  «Giudice unico di primo grado» non è sinonimo di «Giudice monocratico»

[3]

Ai sensi dell’art. 10 D.lgs 51/98, i  G.O.T. non possono svolgere le funzioni di Giudice per le indagini preliminari, né di Giudice dell’Udienza Preliminare.

 

 

 

Tribunale per i minorenni

E' organo collegiale giudicante i reati (quale che ne sia la gravità o tipo - art. 3 D.P.R. 2.9.1988, n. 448) attribuiti ai minori di 18 anni, al fine di assicurare al giovane una effettiva, piena attuazione del suo diritto all'educazione e cioè ad una adeguata strutturazione di personalità e ad un regolare processo di socializzazione.
Innazitutto sono previsti dei tribunali "specializzati", che risiedono presso i Tribunali che sono sede di Corte d'Appello (il Tribunale, in ogni capoluogo ha una sezione dedicata ai minori), e presso i quali sono costituite delle Procure della Repubblica per i minorenni, altrettanto specializzate. La finalità risocializzante e recuperatoria dei procedimenti a carico di minori giustifica la concentrazione innanzi al Giudice specializzato ratione personae (età minore degli anni 18).

  • Il Tribunale per i minorenni è composto da:
  1. un magistrato d'Appello (presidente);
  2. un magistrato di Tribunale (a latere);
  3. due cittadini, un uomo e una donna (cc.dd. esperti - componenti privati, giudici onorari, che abbiano compiuto i 30 anni, benemeriti dell’assistenza sociale scelti tra i cultori di biologia, psichiatria, pedagogia, e nominati con decreto del Presidente della Repubblica. E’ costituito in ogni sede di corte d’appello o di sede distaccata di corte d’appello ed è competente in primo grado per tutti i dibattimenti a carico di minorenni

Presso il Tribunale per i minorenni viene costituito l'ufficio del Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) (art. 50bis, R.D. n. 12/1941, aggiunto all'art. 14 del D.P.R. n. 449/88), che agisce singolarmente per i provvedimenti da adottarsi durante la fase delle indagini, mentre risulta integrato da due giudici onorari, un uomo e una donna, in sede di Udienza preliminare.

 

 

Corte d'assise

La «Corte di assise» è un organo collegiale composto da 8 giudici, di cui 2 togati (uno è il presidente, l’altro il giudice "a latere") ed altri 6 ordinari (che vengono definiti giudici popolari) estratti a sorte tra i cittadini di nazionalità italiana, senza alcuna distinzione di sesso, in una età compresa tra i 30 e i 65 anni; requisito minimo è il titolo di studio: diploma di licenza media inferiore per i giudici popolari del 1° grado e diploma di licenza media superiore per i giudici popolari del 2° grado.

La Corte è articolazione autonoma del Tribunale. I magistrati ed i giudici popolari costituiscono un collegio unico. In particolare i giudici popolari della Corte d'Assise realizzano la partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia, in esecuzione dell'art. 102 Cost., relativamente ai reati che hanno maggior risonanza nel campo sociale.

La Corte d'Assise ha competenza a giudicare i "delitti più gravi", quali omicidio, omicidio preterintenzionale, strage, ed "i più gravi delitti politici", oltre ad alcuni delitti comportanti valutazioni etico-professionali (per es. omicidio del consenziente), mentre solitamente è priva di competenza nel giudicare reati che richiedano conoscenze tecnico-giuridiche che i giudici popolari, di regola, non hanno.

Con la Legge Grassi viene definitivamente disciplinata la Corte d’Assise, che attualmente è divisa in due gradi:

  1. Corte d’Assise (1° grado)
  2. Corte d’Assise d’appello (2° grado)

 

 

 

Corte d'appello

E' un organo collegiale, che ha sede nel capoluogo del distretto di Corte d'Appello. Ogni distretto di Corte d'Appello ha un'estensione pressapoco equivalente a quella di una Regione.
In materia penale «esercita giurisdizione» sulle decisioni pronunciate in 1° grado dal Giudice unico del tribunale nelle due diverse composizioni.

Ogni Corte d'Appello è suddivisa in sezioni e ha la stessa composizione del Tribunale collegiale (tre magistrati, di cui uno presidente e gli altri due a latere). Esistono anche sezioni staccate delle Corti d'Appello nei comuni indicati in una apposita tabella.

Corte d'assise d'appello

La «Corte d’assise d’appello» è un organo collegiale la cui composizione comprende sia giudici togati (cioé magistrati di carriera) che giudici "laici", cioé giudici popolari.

La Corte d'Assise d'appello svolge funzione di giudice d'appello delle sentenze emesse in 1° grado dalla Corte d'Assise: è un organo collegiale composto da 8 giudici, di cui 2 togati (uno è il presidente, l’altro il giudice "a latere") ed altri 6 ordinari (che vengono definiti giudici popolari) estratti a sorte tra i cittadini di nazionalità italiana, senza alcuna distinzione di sesso, in una età compresa tra i 30 e i 65 anni; requisito minimo è il titolo di studio: diploma di licenza media superiore.

 

 

 

Suprema Corte di cassazione

La «Corte di Cassazione» è l'organo giudicante posto al vertice della organizzazione giudiziaria ordinaria, essendo il Tribunale di ultima istanza nel sistema giurisdizionale ordinario (penale e civile) italiano: ha sede (unica) a Roma, e giurisdizione su tutto il territorio dello Stato.
La Corte si articola in diverse sezioni (civile, penale e del lavoro). Nei casi più importanti o nei casi per i quali vi siano orientamenti contrastanti delle diverse sezioni, la Cassazione si riunisce in Sezioni Unite (SS.UU.). Le decisioni assunte dalla Corte di Cassazione in tale composizione sono di un'autorevolezza tale da somigliare a dei "precedenti vincolanti", concetto altrimenti estraneo all'ordinamento italiano.

La Cassazione riunita in Sezioni Unite, inoltre, ha il compito di "giudice della giurisdizione": essa deve, cioè. esprimersi ogni qual volta vi sia un conflitto di giurisdizione (tra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali, come quella amministrativa).
La Corte di Cassazione ha il compito di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge (art. 65 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 sull'ordinamento giudiziario).

Di regola, giudica in seguito ad un «gravame» successivo ad una pronuncia di una Corte d'Appello, fintantoché il gravame sia possibile, e cioè finché la questione non sia coperta da giudicato. Non giudica sul fatto, ma sul diritto, controllando che le sentenze pronunciate dai giudici di merito (cioé quelli che valutano direttamente i fatti) siano conformi alla legge: ciò significa che non può occuparsi di riesaminare le prove, bensì può solo verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole (vale a dire, che sia stata correttamente applicata anche la legge processuale, oltre che quella del merito della causa).

  • Le funzioni della Corte di Cassazione (approfondimenti)

In Italia la Corte Suprema di Cassazione è al vertice della giurisdizione ordinaria; tra le principali funzioni che le sono attribuite dalla legge fondamentale sull'ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) vi è quella di assicurare "l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni". Una delle caratteristiche fondamentali della sua missione essenzialmente nomofilattica ed unificatrice, finalizzata ad assicurare la certezza nell'interpretazione della legge (oltre ad emettere sentenze di terzo grado) è costituita dal fatto che, in linea di principio, le disposizioni in vigore non consentono alla Corte di Cassazione di conoscere dei fatti di una causa salvo quando essi risultino dagli atti già acquisiti nel procedimento nelle fasi che precedono il processo e soltanto nella misura in cui sia necessario conoscerli per valutare i rimedi che la legge permette di utilizzare per motivare un ricorso presso la Corte stessa.
Il ricorso in Cassazione può essere presentato avverso i provvedimenti emessi dai Giudici ordinari nel grado di appello o nel grado unico: i motivi esposti per sostenere il ricorso possono essere, in materia civile, la violazione del diritto materiale (errores in iudicando) o procedurale (errores in procedendo), i vizi della motivazione (mancanza, insufficienza o contraddizione) della sentenza impugnata; o, ancora, i motivi relativi alla giurisdizione. Un regime simile è previsto per il ricorso in Cassazione in materia penale.
Quando la Corte rileva uno dei vizi summenzionati, ha il potere-dovere non soltanto di cassare la decisione del giudice del grado inferiore, ma anche di enunciare il principio di diritto che il provvedimento impugnato dovrà osservare: principio cui anche il giudice del rinvio non potrà fare a meno di conformarsi quando procederà al riesame dei fatti relativi alla causa. I principi stabiliti dalla Corte di Cassazione non sono, invece, vincolanti per i giudici, in generale, quando questi devono decidere cause diverse, rispetto alle quali la decisione della Corte Suprema può comunque considerarsi un "precedente" influente. In realtà, i giudici delle giurisdizioni inferiori si conformano alle decisioni della Corte di Cassazione nella maggioranza dei casi.
Non è necessaria alcuna autorizzazione speciale per presentare un ricorso innanzi alla Corte Suprema.
Secondo l'articolo 111 della Costituzione ogni cittadino può ricorrere alla Corte di Cassazione per violazione di legge contro qualunque provvedimento dell'autorità giudiziaria, senza dover esperire alcun appello in materia civile o penale, o contro qualunque provvedimento che limiti la libertà personale.
Alla Corte di Cassazione è anche attribuito il compito di stabilire la giurisdizione (vale a dire, di indicare, quando si crea un conflitto tra il giudice ordinario e quello speciale, italiano o straniero, chi abbia il potere di trattare la causa) e la competenza (vale a dire, di risolvere un conflitto tra due giudici di merito).
La Corte di Cassazione svolge anche funzioni non giurisdizionali in materia di elezioni legislative e di referendum popolare per l'abrogazione di leggi.

 

 

 

Il G.I.P.

Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.): giudice singolo (=monocratico) inserito nell’organico di ciscun Tribunale e al quale spetta, a seconda dei casi, sia l’adozione dei provvedimenti che vengono richiesti dal Pubblico Ministero durante le indagini preliminari (ad esempio, l’applicazione della custodia cautelare, l’autorizzazione alle intercettazioni telefoniche o ambienatli, ecc.) sia la pronuncia di provvedimenti che definiscono il giudizio in alcune ipotesi di di procedimenti speciali che saltano il dibattimento (ad esempio, la pronuncia della sentenza di patteggiamento o del decreto penale di condanna).

Il Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni: giudice monocratico (di carriera) avente, in via generale, le stesse competenze del G.I.P. nel procedimento a carico di imputati maggiorenni.

 

 

Il G.U.P.

Il Giudice per l’udienza preliminare (G.U.P.) è un giudice singolo (=monocratico) che appartiene all’ufficio del Giudice per le indagini preliminari e dinanzi al quale si celebra (se il tipo di procedimento la prevede) l’udienza preliminare (oltre che l’eventuale giudizio abbreviato) quando risulta che il G.I.P. delegato al procedimento (art. 328 c.p.p.) ha già adottato, prima della setssa udienza preliminare, provvedimenti che hanno comportato valutazioni sul merito della imputazione (art. 34 commi da 2bis a 2 quater c.p.p.).

  • Ad esempio, è il caso del G.I.P., che durante le indagini preliminari, ha applicato all’imputato la misura della custodia cautelare in carcere, in questo caso, l’eventuale udienza preliminare fissata per decidere se disporre il rinvio a giudizio non può essere celebrata davanti al G.I.P. che ha applicato la misura. Questi, avendo già espresso valutazioni sulla responsabiliotà dell’imputato, può essere sospettato di imparzialità. In tal caso, l’udienza preliminare va celebrata davanti a un giudice (G.U.P.) che, pur appartenendo allo stesso ufficio, è però personas fisica diversa da quella che si è pronunciata sulla libertà personale dell’imputato.

Il Giudice dell’udienza preliminare per i minorenni: giudice collegiale composto da un magistrato di carriera e da due cittadini (uomo e donna) in qualità di esperti – componenti privati.

Nei procedimenti a carico di imputati minorenni, la giurisdizione non è dunque mai esercitata né dalla Corte d'assise né dal Tribunale ordinario né dal Giudice di pace.

Giudice di sorveglianza

Nel novero dei giudici ordinari rientra il Giudice di di sorveglianza (o uffico di sorveglianza), le cui funzioni, pur essendo prese in considerazione anche delle disposizioni sul procedimento penale, trovano più ampio sviluppo in quelle dell’ordinamento penitenziario (L. 26.7.1975, n. 354) perché riguardano specialmente la gestione della pena: (=il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati). Le compotenze del giudice di sorveglianza sono distribuite tra:

  1. tribunale di sorveglianza
  2. magistrato di sorveglianza

Presso ogni distretto e per ogni sezione distaccata di Corte d'Appello è istituito il Tribunale di Sorveglianza (giudice collegiale), al quale sono devoluti gli affari in materia di misure alternative alla detenzione e di revoca anticipata delle misure di sicurezza in grado di appello.
Il Tribunale è composto da tutti i magistrati di sorveglianza in servizio nel distretto e da professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia.
I provvedimenti vengono adottati da un collegio composto da un presidente (magistrato di cassazione), da un magistrato di sorveglianza e da due degli esperti.

  • Ad esempio, ha competenza sul differimento dell’esecuzione della pena, sull’affidamento in prova al servizio sociale, sulle altre misure alternative alla detenzione e sulla liberazione condizionale 8art. 79 L. 354/1975).

Il magistarto di sorveglianza (giudice monocratico), è organo cuoi è demandato l'obbligo di vigilare sulla organizzaione degli istituti di prevenzione e pena, prospettando al Ministro di Giustizia le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo al trattamento rieducativo.

  • Ad esempio, ha competenza sull’applicazione delle misure di sicurezza, sulla concessione dei permessi e delle licenze, sull’approvazione del provvedimento di ammissione al lavoro esterno, sulla concessione della liberazione anticipata e, infine, sulla istruzione della domanda di grazia.

Nel confronto di coloro che hanno commesso il reato quando erano minori dei 18 (diciotto) anni, le attribuzioni del giudice di sorveglianza sono esercitate, per la parte spettante al tribunale di sorveglianza, dal tribunale per i minorenni e, per quella spettante al magistrato di sorveglianza, da un magistrato addetto allo stesso tribunale (=magistrato di sorveglianza per i minorennni).
La loro competenza cessa al compimento del 25° anno di età del condannato.

 

Tribunale del riesame

Il Tribunale del riesame è un istituto creato dal legislatore per far fronte a quella esigenza di sottoporre ad un controllo esterno, non solo di legittimità ma anche di merito, i provvedimenti restrittivi della libertà personale, caratterizzato da tempi rapidi e da una natura pienamente devolutiva. Si inserisce nella tematica relativa ai rapporti tra libertà personale, esigenze processuali e diritto di difesa.

E' istituito presso il Tribunale del capoluogo della Provincia in cui ha sede il giudice, contro la cui ordinanza di limitazione della libertà personale (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari) l'imputato ha chiesto il riesame. La richiesta, che può riferirsi anche al sequestro di beni, può essere fatta entro 10 (dieci) giorni dall'esecuzione o notificazione del provvedimento e il tribunale, entro altri dieci giorni, se non dichiara l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l'ordinanza.

Competenza per territorio

La «competenza per territorio», consiste nell’attribuzione del potere di decidere su un reato a quel Giudice, competente per materia, che essendo insediato sul territorio in cui il fatto reato è stato commesso (ratione loci), ha destato maggior allarme sociale ed é più facile ricercare le prove. Per queste ragioni, il codice fissa la regola generale in base alla quale la competenza per territorio è determinata dal luogo di verificazione dell’evento: competente è il Giudice del luogo in cui l’evento del reato è stato realizzato (locus perpetrati delicti).
Tuttavia, qualora l’evento sia rappresentato dalla morte, competente è il Giudice del luogo di verificazione della condotta (azione o omissione) e non più dell’evento (art. 8 e 9).
In tema di delitto tentato, in cui per definizione manca l’evento (art. 56 c.p.), la competenza è collegata all’ultimo atto diretto a commettere il delitto e cioè all’ultimo segmento della condotta. Per il reato permanente è competente il Giudice del luogo in cui ha avuto inizio.

  • Ad esempio, il luogo in cui è avvenuto il rapimento nel sequestro di persona, e non il luogo della liberazione.

Il territorio compreso nella competenza dei vari Giudici è delimitato (locus commissi delicti) dal:

  1. Circondario, per il Tribunale;
  2. Distretto, per la Corte d’appello;
  3. Circolo, per la Corte di assise;
  4. Circoscrizione, per la Corte di assise di appello.

► Esemplificando:

il Tribunale esercita le sua funzione nell’ambito di un territorio denominato circondario; la Corte di assise, invece, nell’ambito di un territorio denominato circolo e comprendente di solito più circondari.

  

 

Competenza per connessione

La «competenza per connessione» attribuisce a un solo Giudice il potere di decidere su procedimenti collegati fra loro da vincoli particolarmente intensi e, in specie, da vincoli di persone, di finalità, di tempo e di luogo (=procedimenti connessi).
In via di approssimazione, può dirsi che la competenza per connessione deroga ai criteri generali della competenza per materia o per territorio e serve a evitare che debbano essere “celebrati” più processi in relazione a fatti che presentano elementi comuni e per i quali è perciò opportuna la trattazione unitaria.
La competenza e l’attribuzione per connessione sono determinate dal rapporto di collegamento tra un procedimento principale (
attraente) e uno o più procedimenti secondari (attratti).

  • Ad esempio, se il reato di omicidio (art. 575 c.p.) è stato commesso a Taranto da più persone in concorso tra loro, la Corte d’Assise di Taranto non celebrerà tanti processi quanti sono gli imputati, ma un simultaneo processo a carico di tutti.
  • Parimenti, ad esempio, la competenza del Tribunale di Roma per il furto d’auto (artt. 624, 625 c.p.), sarà assorbita, per connessione, da quella della Corte d’Assise di Genova se il furto di auto compiuto a Roma risulta commesso per eseguire l’omicidio a Genova.
  • Ad esempio, se il reato di furto (art. 1148 cod. nav.) è stato commesso a bordo di nave mercantile ferma nel porto di Genova da più membri di equipaggio in concorso tra loro, il Tribunale di Genova non celebrerà tanti processi quanti sono gli imputati, ma un simultaneo processo a carico di tutti.

La connessione tra procedimenti modifica la competenza e può giustificare la loro «riunione» (artt. 12 e 17) nelle seguenti tassative "ipotesi":

  1. connessione plurisoggettiva, con pluralità di imputati ex artt. 110 e 113 c.p.. I reati oggetto dei distinti procedimenti sono frutto di concorso o di cooperazione, colposa o dolosa di una pluralità di soggetti. Il reato collega tra loro più imputati, i cui procedimenti vanno unitariamente trattati (art. 12 lett. a);
  2. connessione monosoggettiva, con una pluralità di reati ascritti ad un’unica persona ex art. 81 c.p., se essi sono espressione di un’unica azione oppure di più azioni cronologicamente e localmente concentrate per concorso «formale» e «materiale».di reati ex art. 81 c.p. (art. 12 lett. b);
  3. connessione teolologica (ideologica) od occasionale o consequenziale, se, rispettivamente, dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire gli altri, oppure gli uni sono stati commessi in occasione della commissione degli altri, o infine, gli uni sono stati commessi per occultare gli altri ovvero per conseguirne o assicurare, al colpevole o a terzi, il prezzo, il prodotto o l’impunità (art. 12 lett. c).

I reati commessi da un unico agente possono essere legati da un vincolo (rilevante ai fini della pena: art. 61 n. 2 c.p.):

  1. ideologico (o teleologico): quando un reato è commesso allo scopo di eseguirne un altro...(ad esempio, Tizio uccide Caio per derubarlo.. I reati hanno un vincolo nella finalità cui tendono)
  2. consequenziale: allorché un reato viene commesso per assicurarsi il prezzo, il prodotto, il profitto o l'impunità di un altro reato (ad esempio, Tizio dopo aver ucciso Caio, ne occulta il cadavere: In tal caso il reato dipende dall'altro.
  3. occasionale: nei casi in cui la commissione di un reato offre l'occasione per commetterne un altro (ad esempio, Tizio, entrato in casa per rubare, vede una giovane e la violenta. In tal caso il vincolo tra i reati è nella contestualità degli eventi.

Una particolare disciplina della «connessione» è prevista nel processo innanzi al Giudice di pace».

 

 

Connessione: G.di P.

Una particolare disciplina della connessione è prevista nel processo innanzi al “Giudice di pace”. In tale sede si distingue tra:

  1. connessione eterogenea
  2. connessione omogenea

La prima è quella che si realizza fra procedimenti relativi a uno o più reati appartenenti alla competenza del Giudice di pace e uno o più reati appartenenti alla competenza del Tribunale o della Corte di assise.

E’ regolamentata dall’ art. 6 Dlgs 274/2000 e opera solo nel caso di persona imputata di più reati, commessi con una sola azione od omissione (concorso formale di reati – art. 81, comma 1 c.p.).
Come già detto, si tratta di una precisa scelta del legislatore che ha voluto limitare l’applicazione della connessione a quei soli casi in cui è più elevato il rischio di giudicati contrastanti, come appunto accade quando reati commessi con un’unica condotta, sono giudicati separatamente.
Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del Giudice di pace e altri a quella della Corte di assise o del Tribunale, è competente per tutti il «Giudice superiore». Come se già visto, in questo caso opera un’apposita disciplina in ordine alle norme sostanziali e processuali, che il Giudice «diverso» dal Giudice di pace è tenuto ad osservare.

La seconda invece, è quella che riguarda i rapporti fra procedimenti che sono tutti di competenza del Giudice di pace. E’ regolamentata dall’art. 7 cit. Dlgs che prevede le seguenti ipotesi di connessione omogenea innanzi al Giudice di pace:

  1. se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro;
  2. se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione o omissione.

Nel caso di connessione innanzi al Giudice di pace, se i reati sono stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al Giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il «primo reato». Se non è possibile determinare in tal modo la competenza, questa appartiene al Giudice di pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi (art. 8), dovendosi intendere come tale il Giudice ove per primo il P.M. ha provveduto all’iscrizione della notizia di reato (art. 4).

 

 

 

Il Pubblico Ministero

ll «Pubblico Ministero» (=P.M.) è figura indefettibile in qualsiasi procedimento penale, essendo «soggetto necessario» nella fase investigativa e «parte essenziale» nel processo.
Nella prima fase (pre-processuale), il P.M. è il
dominus delle indagini preliminari; egli è responsabile delle indagini necessarie per l’esercizio, o meno, dell’azione penale e, quindi, preliminari ad essa e si avvale della Polizia Giudiziaria, che collabora con lui (longa manus). Il P.M. ha funzioni di giustizia, anche se non giurisdizionali. Le sue funzioni hanno i caratteri della pubblicità e dell’obiettività.
La natura dell’azione penale (obbligatoria) e, il valore del bene della libertà personale, messo a rischio dal suo esercizio, esigono che la funzione di accusa sia affidata ad un organo pubblico, che agisca nell’interesse della collettività.
La nostra Costituzione, a garanzia di tali interessi pubblici, affida la funzione di P.M. a magistrati nominati per concorso (art. 106 Cost.) e rende per essi obbligatorio l’esercizio dell’azione penale (art. 109 Cost.).
Il P.M. deve essere un magistrato obiettivo perché a lui sono affidati gli stessi interessi di libertà dell’imputato, rientrando nel panorama delle sue funzioni di giustizia anche la tutela di essi, quando siano conformi a legge.
L’obiettività del P.M. è evidenziata dalla sua esclusiva soggezione alla legge, nell’interesse generale e, in quanto pur sempre connessa al suo ruolo di parte, tuttavia, è quantitativamente minore della imparzialità del Giudice, istituzionalmente super partes.
Egli è comunque tenuto a «
svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini» (art. 358 c.p.p.). 

  • Tipologia delle funzioni

La classificazione delle funzioni del P.M. rispecchia la sua posizione nel corso del procedimento prima di “soggetto” e poi di “parte” processuale.

  1. funzione inquirente, che consiste nell’attività investigativa preliminare all’eventuale fase del processo e diretta a ricostruire le modalità del fatto-reato ed a individuare il colpevole. Tale attività è svolta personalmente dal P.M. anche avvalendosi degli organi di polizia giudiziaria, cui può delegare il compimento di specifici atti ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi l'indagato che si trovi in stato di libertà, con l'assistenza necessaria del difensore (art. 370 c.p.p.). Tale attività comprende anzitutto l'acquisizione della notizia di reato. Da tale momento il P.M., con l'ausilio della Polizia Giudiziaria, svolge tutti gli atti investigativi diretti alla ricostruzione del fatto reato e alla scoperta dei suoi autori: svolgerà quindi accertamenti tecnici, perquisizioni, sequestri, assunzione di informazioni, individuazione di persone o cose, interrogatorio dall'indagato.
  2. funzione di incriminazione (azione penale), che consiste nel promuovimento dell’azione penale, ad opera del P.M. attraverso una richiesta ad un Giudice di pronunciarsi, in via preliminare o con piena cognizione, in ordine ad un reato ascritto ad un imputato (art. 405 c.p.p.).
    L’atto di incriminazione è, cronologicamente, situato alla fine della fase investigativa e ne rappresenta lo sbocco ineluttabile, in alternativa alla richiesta di archiviazione.
    L’atto di promuovimento dell’azione penale segna, altresì, l’inizio del processo in senso stretto o costituisce prerogativa esclusiva del P.M.
  3. funzione requirente, che consiste nel rivolgere al Giudice, esattamente come fa l'imputato, una serie di richieste (requisitorie) [1], già investito dell’azione penale, ed è finalizzata a fare proseguire il processo verso la sentenza irrevocabile. La funzione corrisponde al ruolo propulsivo del P.M. ai fini della realizzazione di una corretta pretesa punitiva, eventualmente anche a mezzo di impugnazione dei provvedimenti del Giudice.
  • Le richieste del P.M. al Giudice hanno contenuto:
  1. procedurale, se sono meramente propulsive dell'iter procedurale (arttt. 416, 438, 450, 453, 468, 507, 598, 603  c.p.p., ecc);
  2. di merito, se attengono direttamente alla definizione del processo nel merito della res judicanda e, quindi, alla condanna o al proscioglimento (artt.444, 459, 523 c.p.p., ecc.).

Presso ogni Tribunale e ogni Corte d'Appello e presso la Corte di Cassazione è costituito un Ufficio del Pubblico Ministero. I vari uffici del P.M. sono strutturati in livelli organizzativi “paralleli” a quelli dei corrispondenti uffici giudicanti.

 


 


[1] La requisitoria può riferirsi al rito (es. giudizio immediato, giudizio per decreto, citazione di testi, cross examination, periti o consulenti tecnici) ovvero al merito (es. applicazione della pena patteggiata, richiesta di condanna)i o controesame dei testi delle parti ovvero richiesta di patteggiamento, ecc.
 

L'Ufficio del P.M.

I vari Uffici del P.M. sono strutturati in livelli organizzativi “paralleli” a quelli dei corrispondenti Uffici giudicanti.

A seguito della scomparsa dell’antica figura ibrida di un "Pretore-P.M.", che sotto la vigilanza dell’abrogato Codice svolgeva entrambe le funzioni e poi della riforma del Giudice unico di primo grado e della conseguente soppressione delle 165 Preture della Repubblica presso le Preture circondariali, le «funzioni di Pubblico Ministero» sono esercitate: 

  • Nelle “indagini preliminari” e nel “giudizio di primo grado” (=dibattimento):
  1. dal Procuratore della Repubblica presso il Giudice Unico (=Tribunale ordinario);
  2. dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;
  3. dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare;
  4. dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello e dal Procuratore Nazionale antimafia nei casi in cui la legge consente ad essi l' Avocazione del procedimento
  •  Nei "giudizi di impugnazione"[1] (=appello e ricorso):
  1. dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello;
  2. dal Procuratore della Repubblica che ha presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado nelle ipotesi in cui egli stesso ne fa richiesta e il Procuratore Generale presso la Corte d’appello lo ritiene opportuno (art. 570, comma 3 c.p.p.)[2].
  3. dal Procuratore Generale presso la Corte di cassazione.

Tra i diversi uffici del P.M. non esiste un rapporto di dipendenza gerarchica, ma una semplice relazione di mera subordinazione, collegata alla progressione del processo al grado di giudizio successivo. In ciascun grado di giudizio, legittimato ad esercitare le funzioni di P.M. è unicamente l'ufficio costituito presso il corrispondente Giudice, salvo le ipotesi espressamente contemplate (e quindi eccezionali). Il Pubblico Ministero esercita le proprie funzioni nello stesso ambito di competenza del Giudice.

  • Può dirsi, ad esempio, che:
  1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale svolge le attività di indagine e di accusa in ordine ai reati di competenza del Giudice Unico e commessi nel territorio del Tribunale e della  Corte d’Assise;
  2. il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare svolge le attività di indagine e di accusa in ordine ai reati di competenza del Tribunale militare e della Corte d’Assise per i reati commessi esclusivamente da militari.

Innanzi al Tribunale in composizione monocratica, a seguito di delega nominativa del Procuratore Capo, le funzioni di accusa possono essere esercitate sia da magistrati di carriera appartenenti alla Procura presso lo stesso tribunale ordinario, sia dai cc.dd. «Delegati del P.M.» ossia vice procuratori onorari, Ufficiali di polizia giudiziaria (per esigenze di obiettività, necessariamente diversi da quelli che hanno partecipato alle indagini), uditori giudiziari in tirocinio (art. 22 D.P.R 22.9.1988, n. 449 e art. 4 D.lgs 28.7.1989, n. 273). Tali delegati sono, però, legittimati a partecipare solo alle udienze di convalida dell’arresto o fermo, dibattimentale o camerale, nonché a formulare al G.I.P. la richiesta di decreto penale. La loro legittimazione è comunque limitata ai procedimenti del “Tribunale monocratico” relativi ai reati meno gravi e, quindi, limitatamente a quelli per i quali, non essendo contemplata l’Udienza Preliminare, il P.M. potrebbe direttamente emettere decreto di citazione a giudizio.
Anche innanzi al Giudice di pace in sede penale è prevista una minore qualificazione professionale del P.M., anche perché presso di esso non esiste alcun autonomo ufficio di Procura.

 


[1] Istituto del "gravame"

[2] La disposizione consente al Pubblico Ministero del giudizio di primo grado di seguire il procedimento per tutto il suo cammino. Essa si collega alle altre disposizioni processali secondo le quali il Pubblico Ministero originariamente designato non va, almeno tendenzialmente, sostituito durante le indagini (art. 3 att. c.p.p.) né durante l'udienza di primo e secondo grado.

 
 

Compiti della procura

La «Procura della Repubblica» è l’ufficio del Pubblico Ministero, un organo dello Stato composto da magistrati ordinari cui sono assegnate le così dette funzioni “requirenti”: loro compito è infatti quello di proporre richieste in materia penale o civile sulle quali toccherà poi ai giudici (la magistratura così detta “giudicante”) pronunciarsi con provvedimenti idonei a diventare definitivi.
In particolare, al Pubblico Ministero sono attribuite dalla legge sull’ordinamento giudiziario e dal codice di procedura penale numerose funzioni:

  • in materia civile, il P.M. può agire per chiedere al giudice provvedimenti in materia di:
  1. dichiarazione di morte presunta curatela delle persone scomparse;
  2. limitazione alla potestà genitoriale
  3. interdizione e inabilitazione
  4. nullità del matrimonio
  5. richiesta di dichiarazione di fallimento

Il P.M. deve intervenire inoltre obbligatoriamente in alcune cause civili (es.: cause in materia matrimoniale, cause relative alla cittadinanza, ai rapporti familiari, alle interdizioni e inabilitazioni): la sua eventuale assenza determina la nullità del processo.

  • in materia penale, il P.M. esercita la così detta “azione penale”:

è cioè l’organo cui spetta accertare la fondatezza delle notizie di reato che provengono da denunce delle forze di Polizia, da querele o esposti di privati, da referti degli organi medici, e chiedere di conseguenza al giudice la dichiarazione della colpevolezza di un soggetto (imputato) e la conseguente condanna del medesimo, ovvero, in mancanza di elementi di prova, la dichiarazione di infondatezza della notizia di reato (così detta archiviazione).

Allo scopo di sostenere l’accusa davanti al Giudice, il P.M. svolge le indagini preliminari (per questo con riferimento ai P.M. si parla anche di magistratura “inquirente”); dirige l’attività della Polizia giudiziaria; può chiedere ad un apposito giudice, detto giudice per le indagini preliminari – GIP, l’emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari ecc.), che hanno funzione cautelare, servono cioè di impedire che i reati commessi possano ripetersi o che ne vengano occultate le prove o che l’autore del fatto possa darsi alla fuga. Il P.M. inoltre interviene obbligatoriamente nelle udienze penali. Il P.M. infine è l’organo competente per l’esecuzione dei provvedimenti di condanna emessi dal giudice: spetta a  lui, una volta che una sentenza sia diventata irrevocabile, disporre che il condannato venga assoggettato alla pena, detentiva o pecuniaria, prevista, determinando il preciso ammontare della sanzione da irrogare, nonché delle eventuali sanzioni accessorie.

Il Procuratore della Repubblica assegna a se stesso e ai colleghi – secondo dei criteri prestabiliti – i procedimenti penali che nascono dalle notizie di reato trasmesse alla Procura della Repubblica, nonché dei procedimenti civili che prevedono l’intervento del P.M. e, più in generale, organizza il lavoro dell’Ufficio.
Ogni Magistrato svolge le indagini relative ai procedimenti che gli sono stati assegnati e prende parte alle udienze penali per i processi instaurati a seguito delle indagini.

Per migliorare la qualità delle indagini attraverso la specializzazione, in molte Procure della Repubblica sono stati costituiti gruppi di lavoro che si occupano delle indagini relative a determinati tipi di reato:

  • un primo gruppo di lavoro si occupa di reati a danno della Pubblica Amministrazione e dell’Amministrazione della Giustizia, economici, in materia fiscale, societaria e fallimentare;
  • un secondo gruppo di lavoro è specializzato nei reati urbanistici, ambientali, di inquinamento, falsità, nonché in quelli riguardanti lo sfruttamento della prostituzione, l’immigrazione clandestina e tratta di essere umani;
  • il terzo gruppo di lavoro tratta i procedimenti per reati contro il patrimonio ed in materia di armi;
  • il quarto gruppo di lavoro si occupa dei reati in materia di stupefacenti, nonché quelli commessi a danno di persone deboli (ossia reati in materia sessuale ed in ambito familiare);
  • il quinto gruppo di lavoro è specializzato nei reati contro la persona, nonché quelli concernenti l’ordine pubblico e l’incolumità pubblica e la tutela penale del lavoro.

Ogni sostituto è assegnato a due gruppi di lavoro, seguendo le indagini sui procedimenti delle relative materie. Ogni gruppo è coordinato e seguito da un Procuratore Aggiunto.

Con il Decreto Legislativo 20 febbraio 2006, n.106 (pubblicato sulla GU n. 66 del 20.3.2006) sono state dettate le nuove disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150 (c.d. Riforma dell’ordinamento giudiziario).

Le nuove disposizioni prevedono in particolare che:

  1. Il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale
  2. Il procuratore della Repubblica puo' stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.
  3. Il procuratore della Repubblica determina:
    1. i criteri di organizzazione dell'ufficio;
    2. i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio;
    3. le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.
  4. Per assicurare l'efficienza dell'attivita' dell'ufficio, il procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'impiego della Polizia Giudiziaria, nell'uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre.

 

Struttura della Procura

Vertice istituzionale e giurisdizionale dell’ufficio è il “Procuratore della Repubblica”, (presso i tribunali per i minorenni e i tribunali ordinari) spettano poteri di organizzazione e di direzione dell’Ufficio secondo le norme poste in materia dalla legge sull’ordinamento giudiziario.
Negli uffici, di maggiori dimensioni, delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari, il Procuratore viene coadiuvato nelle sue funzioni dal “Procuratore Aggiunto“ (in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all’uffico) e dai “Sostituti procuratori”: la assegnazione dei procedimenti ai vari magistrati spetta al Procuratore nel rispetto di criteri predeterminati.
Presso le Procure operano inoltre i “Vice procuratori onorari“, che fanno parte della magistratura onoraria, cioè non sono reclutati secondo le ordinarie procedure concorsuali ma vengono nominati dal Consiglio Superiore della Magistratura, (CSM) con incarichi limitati nel tempo, tra soggetti aventi particolari requisiti.
A loro possono essere delegate dal Procuratore funzioni relative alla partecipazione all’udienza penale, ma non quelle relative allo svolgimento delle indagini ed all’esercizio dell’azione penale.

Per la trattazione di alcuni reati di "particolare gravità e complessità" (reati di mafia, reati di terrorismo, reati legati al traffico degli stupefacenti, reati di sequestro di persona a fini di estorsione), a partire dal 1992 sono state istituite, presso ogni Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario avente sede nel capoluogo del distretto di Corte di Appello (c.d. distrettuale), le “Direzioni Distrettuali Antimafia” (D.D.A.), coordinate a livello nazionale dalla “Direzione Nazionale Antimafia”, (D.I.A.) con sede a Roma, al cui vertice c’è il “Procuratore Nazionale Antimafia”.

A capo di ogni Direzione distrettuale c’è il Procuratore della Repubblica (procuratore aggiunto) o un magistrato da lui delegato, che assumono la funzione di “Procuratore distrettuale antimafia”. Alla D.D.A. sono poi assegnati, per periodi di tempo limitati, uno o più “Sostituti” addetti all’ufficio.

  • Ad esempio, la Procura della Repubblica di Cagliari è sede della Direzione Distrettuale Antimafia per la Sardegna, è diretta dal Procuratore della Repubblica e ne fanno parte due Sostituti procuratori.

Presso le sezioni distaccate di Corte d’appello le funzioni di procuratore generale sono esercitate dall’Avvocato Generale, a norma dell’art. 59 dell’Ordinamento Giuidiziiario.

 

 

 

Istituto dell'avocazione

Per garantire l'obbligatorietà dell'azione penale di fronte ad eventuali ritardi od omissioni delle Procure, in caso di obiettive situazioni di inerzia del P.M. designato o del suo dirigente, è attribuito il potere di «avocazione» al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello (P.G.).
L'avocazione consiste quindi nella eccezionale «
auto-assunzione», da parte del P.G., della funzione investigativa e di promuovimento dell'azione penale in riferimento a procedimenti penali in fase investigativa, in luogo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale che per qualche motivo non opera o non è in grado di adempiere ai propri compiti.
L’avocazione trova, quindi, fondamento in obiettive situazioni di inerzia o di incompatibilità del P.M.: per rimuoverle e, quindi, ristabilire il corretto corso del procedimento, il P.G. il potere-dovere di auto-sostituirsi al P.M. interessato.
L'avocazione può essere «obbligatoria» o «facoltativa», a seconda la fattispecie giustificatrice di essa si presti o meno a valutazioni discrezionali del P.G.

  • Avocazione obbligatoria:
  1. inerzia per scadenza dei termini: mancata richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio entro il termini di durata massima, iniziale o prorogato, fissato per la fase delle indagini preliminari (art. 412 c.p.);
  2. inerzia nella sostituzione del P.M.: impossibilità di sostituzione (es. per carenza di organico)del magistrato del P.M. astenutosi o incompatibile ovvero inerzia del Procuratore capo nelsostituirlo (artt. 53 e 372 c.p.p.).
  • Avocazione facoltativa:
  1. comunicazione del G.I.P. circa il mancato accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal P.M.. Il P.G. ha facoltà di valutare l'opportunità dell'avocazione delle indagini, allo scopo di sostituirsi al P.M. sospettato di inerzia. L'esigenza dell'avocazione scaturisce dalla circostanza che il P.G. non ha potere di direzione né sui P.M. sottordinati, né sulla
    polizia giudiziaria. Di quest'ultima egli può disporre solo a seguito di avocazione;
  1. comunicazione del G.U.P., nel corso dell'udienza preliminare, circa l'incompletezza delle indagini e l'esigenza di integrarle, nel termine da questi fissato, in modo che possa adottarsi la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal P.M. di primo grado (art. 42bis, commi 1, 2 c.p.p.).

 

 

La P.N.A.

La «Procura Nazionale Antimafia» (P.N.A.) è stata istituita presso la Procura Generale della Corte di Cassazione (art. 76bis e 76ter Ord. Giud., introdotti dalla L. 8/1992, modif. da L. 356/1992).
Ad essa sono funzionalmente collegate le c.d. Direzione Distrettuali Antimafia (D.N.A.), (c.d. superprocure) costituenti, a loro volta, articolazioni interne delle Procure della Repubblica presso i tribunali aventi sede nei capoluoghi del distretto della Corte d'Appello.
Al suo vertice è destinato il "Procuratore nazionale Antimafia" (P.N.A.), un magistrato di Cassazione dotato di specifiche capacità ed attitudini, scelto tra i magistrati i quali abbiano svolto per almeno 10 anni le funzioni di P.M. o di Giudice istruttore. La sua nomina è di competenza del C.S.M.
Presso la  «Direzione» le funzioni di  «sostituto» sono svolte dai magistrati di qualifica non inferiore a quella di magistrato di Corte d'Appello.
Le funzioni dell Procura Nazionale Antimafia consistono soprattutto in
un'attività di coordinamento e di impulso dei procuratori distrettuali e della polizia giudiziaria per assicurare la completezza e la tempestività delle indagini in ordine ai delitti di criminalità organizzata (art. 52, comma 3bis c.p.p.) anche se commessi nel territorio delle cd. procure periferiche dello stesso distretto.
Parallela alla estensione distrettuale della D.D.A. sono le competenze del G.I.P. e del G.U.P. del capoluogo del distretto, anch'esse di tipo distrettuale.

In pratica, quando per le indagini relative ad un grave omicidio di camorra procede la D.D.A., che ha sede presso la Procura del Tribunale del capoluogo della Corte d'Appello ove è sito il Giudice competente (art. 51, comma 3bis c.p.p), le funzioni di G.I.P. sono svolte dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del predetto capoluogo (art. 328, comma 1bis c.p.p.). A titolo esemplificativo, se il delitto di mafia è commesso ad Avellino, le indagini saranno svolte dalla D.D.A. presso la Procura della Repubblica di Napoli e le funzioni di G.I.P. da un magistrato del Tribunale di Napoli. Inoltre, dopo l'esercizio dell'azione penale, nonché le funzioni di Giudice dell'udienza preliminare (G.U.P.) devono essere svolte da un magistrato del Tribunale del capoluogo (G.U.P. di Napoli).

A tali strutture giudiziarie corrispondono, sul piano degli organi investigativi di polizia Giudiziaria, la «Direzione Investigativa Antimafia» (D.I.A.) ed i Servizi Speciali di polizia, centrali e regionali.
 

 

 

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