Particolare importanza assume, nell’ambito dell’attività investigativa volta alla risoluzione, nel caso di «rinvenimento di un cadavere», l’attività tecnico-scientifica diretta a stabilire l’epoca della morte.
La «Tanatologia» (dal greco θάνατος, thànatos - "morte", e λόγος, lògos - "discorso" o "studio") ha il compito di studiare i fenomeni della morte ed i cambiamenti di ordine fisico, chimico e morfologico che si svolgono sul cadavere. In particolare, la “tanatologia forense” è quel capitolo di tale disciplina che studia il cadavere in relazione alle esigenze giudiziarie, amministrative e professionali connessi all’avvenimento stesso della morte.
Si tenga presente che la morte non è un atto che si completa nell'immediato, ma è prolungata nel tempo, con la vita che continua in organi e apparati anche a decesso avvenuto, in modo a noi impercettibile. È proprio su questo principio che si basa la progressione dei fenomeni cadaverici.
Tali cambiamenti fenomenici avvengono nella struttura del corpo e, quando possono essere osservati dall'esterno, come avviene in sede di sopralluogo e autopsia, vengono definiti «segni».
I fenomeni cadaverici comprendono l’insieme dei cambiamenti della struttura organica e dello stato fisico-chimico, cui va incontro il corpo dopo la morte. A scopo didattico essi vengono suddivisi in tre gruppi:
I fenomeni sono detti «abiotici» quando dipendono dalla cessazione delle attività vitali; ecco perché i segni che li rivelano all'osservatore sono "negativi".
Si differenziano dai fenomeni «trasformativi», che determinano modificazioni importanti del cadavere. I segni che li rivelano sono pertanto detti "positivi".
Di seguito, uno schema riassuntivo del loro significato e del periodo di comparsa, tenendo sempre presente che ci sono molte variabili, intrinseche (del corpo) ed estrinseche (dell'ambiente) che si combinano tra loro in vario modo, così da non rendere sempre attendibile la cronologia riportata (da intendersi dunque come parametro medio a condizioni standard).
► Classificazione dei fenomeni cadaverici
Abiotici immediati:
Abiotici consecutivi:
Trasformativi distruttivi:
Trasformativi speciali:
I «fenomeni abiotici immediati» fanno parte integrante della fenomenologia della morte e rappresentano i primi segni esteriori della morte stessa, mostrando lo stato in cui viene a trovarsi il corpo subito dopo la cessazione delle attività vitali. I fenomeni sono detti "abiotici" quando dipendono dalla cessazione delle attività vitali; ecco perché i segni che li rivelano all'osservatore sono «negativi».
La "perdita della coscienza" e delle "altre facoltà cerebrali superiori" è il primo e più evidente dei fenomeni che si manifestano al momento della morte.
La "abolizione della sensibilità generale e specifica" è un altro aspetto indicativo del cessare della funzione autonoma del sistema nervoso centrale e pari significato hanno la "perdita della motilità volontaria" e il "rilassamento del tono muscolare".
L’arresto della respirazione polmonare e dell’attività cardio-circolatoria, con la fenomenologia che ne consegue, completa il quadro dei segni indicativi della realtà della morte.
Tali quesiti, di regola, vengono risolti dal Magistrato inquirente al perito Medico legale. L’ Ufficiale di polizia giudiziaria, tuttavia, deve conoscere la sintomatologia ed i procedimenti che consentono di fornire la risposta ai quesiti proposti in modo da poter intervenire efficacemente nelle prime indagini rilevando i dati (immediati) utili agli accertamenti medico-legali, che in genere sono successivi.
Nonostante la constatazione di questi fatti di rilievo immediato, dei dubbi più o meno fondati possono comunque sorgere sulla realtà della morte. Può esistere, infatti, la possibilità di stati "catalettici" che possono ridurre le più appariscenti manifestazioni vitali a minime espressioni di difficile rilievo ma dai quali l’organismo potrebbe riaversi.
Sono, invece, sintomi reali di morte i fenomeni "abiotici consecutivi" (il raffreddamento, la disidratazione, l’ipostasi,
l’irrigidimento muscolare) e quelli "trasformativi" (la putrefazione, la macerazione, la saponificazione e la mummificazione).
I fenomeni cadaverici comprendono l’insieme dei cambiamenti della struttura organica e dello stato fisico-chimico, cui va incontro il corpo dopo la morte.
Sono sintomi reali di morte i fenomeni «abiotici consecutivi» (il raffreddamento, la disidratazione, l’ipostasi, l’irrigidimento muscolare). I fenomeni sono detti "abiotici" quando dipendono dalla cessazione delle attività vitali; ecco perché i segni che li rivelano all'osservatore sono «negativi».
Con il cessare delle atttività produttive di calore (termogenesi), il cadavere va incontro ad un progressivo abbassamento della temperatura, la quale si disperde attraverso la superficie del corpo, fino a livellarsi con quella dell’ambiente esterno. Il raffreddamento inizia, in genere, dopo alcune ore dal decesso mediante la perdita di un grado ogni ora. Verso la 22° - 23° ora dal decesso il cadavere raggiunge la temperatura dell’ambiente. Questa osservazione può permettere di determinare approssimativamente l’ora della morte (entro le prime 24 ore) mediante il rilievo della temperatura del cadavere con appositi termometri rettali a squadra in dotazioni ai Comandi delle Forze di polizia.
Non è di questa sede lo studio analitico della c.d. curva di raffreddamento del cadavere, dato che numerose condizioni estrinseche ed intrinseche al cadavere possono determinare sensibili modifiche all’andamento della curva stessa.
Tra le condizioni estrinseche (ossia dipendenti dall’ambiente) si pone la temperatura, l’umidità ambientale e l’acqua, la ventilazione, l’inverno e l’estate mentre tra quelle intrinseche (es. stato febbrile, l’adiposità, l’ipertonia, gli stati algidi, l’età -cadaveri dei bambini si raffreddano più rapidamente) in cui si trovava il soggetto al sopraggiungere della morte.
In alcuni casi, poi, il raffreddamento si può trasformare dal fenomeno abiotico consecutivo in fenomeno abiotico immediato. In tali casi il cadavere si raffredda immediatamente subito dopo il decesso (es. morte per scannamento a causa della perdita di sangue; morte per anemia acuta).
L’arresto della circolazione sanguigna e linfatica fa sì che i tessuti non vengono riforniti di liquidi e ciò porta all’essiccamento della cute e di altri tessuti.
L’essiccamento cutaneo compare alcune e dopo la morte dove l’epidermide è più sottile come lo scroto, le pinne nasali e le labbra.
Evidenze della disidratazione sono le modificazioni del bulbo oculare (tanatoftalmologia) apprezzabili dopo 12-24 ore dalla morte:
È tra i fenomeni della vita residua. La perdita di questa proprietà fondamentale dell’organismo vivente costituisce un fenomeno cadaverico abiotico, di comparsa consecutiva. La perdita dell’eccitabilità neuromuscolare è collocabile tra i segni certi della morte, mentre meno sicuri sono i criteri di tanatocronologia fondati su tale fenomeno.
Nell’organismo vivente i tessuti ed i liquidi hanno reazione leggermente alcalina. Nel cadavere, invece, la reazione dei liquidi e dei tessuti diviene nettamente acida, fenomeno significativo che è dovuto all’arresto delle ossidazioni organiche e nell’accumulo di cataboliti nei tessuti, particolare dell’acido lattico che deriva dalla glicolisi post-mortale.
L’acidificazione inizia assai presto e si completa tra le 4 e 7 ore dopo la morte. L’acidità cadaverica cessa con il sopraggiungere della putrefazione, che provoca l’alcalinità dei tessuti.
Col cessare della circolazione il sangue per forza di gravità, si sposta nelle regioni declivi del cadavere e riempie i vasi del derma che si dilatano passivamente facendo comparire nella cute una colorazione rosso vinosa (Vedi figura).
La sede delle ipostasi (macchie ipostatiche) varia a seconda della posizione del corpo: nella posizione supina, esse, si formano alla nuca, alle orecchie, al dorso e alla faccia posteriore degli arti; nella posizione prona, le ipostasi sono ventrali; nel decubito laterale esse compaiono nell’emisoma venuto a trovarsi in posizione declive.
Negli impiccati si formano nelle parti distali degli arti, disposte a guanto o a calzino.
Si formano anche le ipostasi paradosse (in sede epistatica) per spostamento dl sangue dovuto alla residua attività contrattile delle arteriole.
Il tempo di comparsa è variabile. In genere le postasi iniziano a comparire circa mezz’ora dopo la morte ma sono ancora tenui, scarse e rosa pallido; cominciano a confluire e a rendersi evidenti dopo 4-6 ore e raggiungono la massima estensione e intensità tra la 12° e la 18° ora. Sono precoci ed intense negli stati di fluidità del sangue (asfissie acute, morte improvvisa, avvelenamento da anticoagulanti); sono tardive e scarse nella rapida coagulazione del sangue (ustioni), nelle disidratazioni, e nella morte per dissanguamento.
Il colore delle ipostasi, normalmente rosso vinoso, assume tonalità cianotica nelle morte asfittiche, rosso vivo nell’avvelenamento da CO, per formazione di carbossi-emoglobina, rosso acceso nell’avvelenamento da cianuri.
Le ipostasi sono rosso rosee nei cadaveri di annegati, di sommersi, di assiderati; quando sopraggiunge la putrefazione le macchie ipostatiche assumono colore verdastro; negli stati putrefattivi più avanzati divengono brunastre per la trasformazione dell’emoglobina in metaemoglobina e in ematina.
Subito dopo la morte la muscolatura scheletrica perde il tono vitale e l’intero corpo assume un atteggiamento di completo abbandono.
La rigidità cadaverica compare in genere dopo tre/quattro ore dal momento della morte. Evidenziandosi, dapprima, nei muscoli della mandibola ed in quelli mimici del viso, poi nei muscoli della nuca, in quelli degli arti superiori e del tronco ed infine nei muscoli degli arti inferiori, pur non essendo rare possibili anomalie nella diffusione del c.d. rigo mortis. Come già detto a proposito del raffreddamento del cadavere, anche qui influiscono fattori intrinseci (grado di sviluppo muscolare, età dell’individuo, il genere di morte, ecc.) ed estrinsechi (temperatura ambientale, umidità e ventilazione).
Agli effetti dell’indagine giudiziaria è necessario tener presente che l’instaurazione progressiva del fenomeno permette di individuare tre periodi distinti: La rigidità cadaverica segue infatti un ordine nell’insorgenza e nella scomparsa attraverso tre fasi secondo la legge di Nysten:
Secondo i moderni orientamenti la rigidità cadaverica è ritenuta una forma speciale di contrazione muscolare in cui avrebbe un ruolo determinante all’ATP: quando questo componente scompare dopo la morte si avrebbe la gelificazione dei filamenti di miosina e di actina con la formazione di un’acto-miosina insolubile che manterrebbe le fibre muscolari in uno stato di rigidità. La risoluzione spontanea della rigidità cadaverica si avrebbe quando l'autolisi post-mortale e l'iniziale putrefazione provocano la lisi dei miofilamenti e il distacco dell'actina dalla miosina, col risultato di un completo e definitivo rilasciamento della rigidità post-mortale.
La rigidità cadaverica può essere influenzata da numerosi fattori :
La rigidità cadaverica, vinta meccanicamente forzando il movimento delle articolazioni, si ripristina dopo le prime ore dalla morte, poi non più: ciò può accadere per le manipolazioni impresse al cadavere durante le manovre di trasporto o di vestizione.
I fenomeni cadaverici comprendono l’insieme dei cambiamenti della struttura organica e dello stato fisico-chimico, cui va incontro il corpo dopo la morte. I fenomeni «trasformativi» determinano modificazioni importanti del cadavere. I segni che li rivelano sono pertanto detti "positivi".
L’autolisi prende avvio quando cessano nella cellula le attività della vita residua e comincia l'acidificazione del mezzo ambiente. Questa autodistruzione avviene a opera degli enzimi endocellulari, contenuti nei lisosomi, i quali distruggono le strutture fondamentali della cellula, modificandone l'aspetto.
Al microscopio è possibile osservare: vacuolizzazione e granulosità del citoplasma, picnosi e disfacimento del nucleo nonché rottura della membrana cellulare. L'autolisi è presente in tutti gli organi, ma in particolare la mucosa gastrica, il pancreas e la midollare surrenale.
Oltre l'autolisi, nel cadavere avvengono processi di autodigestione vera e propria, dovuta ai fermenti proteolitici e lipolitici contenuti nei succhi gastrico e pancreatico. Avvenuta la morte, questi succhi attaccano le cellule devitalizzate iniziando dagli organi in cui essi sono prodotti e poi interessando quelli vicini.
Questo dato tanatologico si evidenzia come fenomeno di trasformazione cadaverica dovuto all’attività di particolari fattori che distruggono la materia organica, così da scinderla in composti chimici più semplici quali l’acqua, l’anidride carbonica. In determinate circostanze la putrefazione viene sostituita da anomale trasformazioni del cadavere, quali:
Il meccanismo putrefattivo consiste nella degradazione e decomposizione dei tessuti ad opera di germi anaerobi e aerobi, i cui enzimi provocano la fermentazione putrida dei tessuti stessi con formazione di gas.
I germi, in prevalenza anaerobi, sono per gran parte ospiti abituali dell’intestino, dove vivono come saprofiti; altri batteri provengono dall'esterno e penetrano nel cadavere attraverso le aperture naturali o le eventuali soluzioni di continuo della cute.
I principali microrganismi della putrefazione appartengono al gruppo dei B. perfrigens, dei putrifici, dei clostridi, dei protei, dei cocchi e dei coli, i quali, superata la parete intestinale, si diffondono a tutto il corpo.
Per azione dei germi vengono scisse le proteine, che sono degradate a peptidi, aminoacidi, amine libere e gas (idrogeno solforato, ammoniaca, azoto e altri gas putrifici). Dalla decomposizione putrefattiva delle sostanze organiche si formano, composti basici azotati, dette ptomaine.
► La putrefazione è influenzata da fattori di diversa natura:
Tra i fattori intrinseci si ricordano: l’età, (la putrefazione è rallentata nei feti per la sterilità del canale digerente); la costituzione fisica (la putrefazione è più rapida nei soggetti pletorici rispetto a quelli magri poiché la quantità di liquidi nei tessuti).
Importante è il genere di morte poiché la putrefazione è precoce e rapida nei soggetti defedati ed in deceduti a seguito di infezioni settiche.
Anche le morti asfittiche accelerano i processi putrefattivi poiché lo stato fluido del sangue favorisce la moltiplicazione e la diffusione dei germi.
Per contro, vi sono cause di morte che ritardano la putrefazione (morte per anemia acuta, terapia antibiotica ).
Tra i fattori estrinseci va ricordata la temperatura ambientale: quella compresa tra i 25° e i 35 °C è ottimale per lo sviluppo dei germi putrefattivi. L'influenza delle condizioni ambientali, climatiche e stagionali è stata compendiata nella regola seguente: il grado di putrefazione raggiunto in un'ora nel periodo estivo equivale a quello di un giorno nel periodo invernale.
È nota la formula (x = 1,2,8) enunciata così da Casper: se il grado di putrefazione di un cadavere esposto all'aria in condizioni medie richiede tempo 1, questo tempo sarà del doppio quando il cadavere è stato sott'acqua e sarà 8 volte maggiore se il cadavere è stato sotto terra.
► Il processo della putrefazione viene suddiviso in quattro periodi o stadi:
Periodo Cromatico: detto così a causa della colorazione verde assunta dalla superficie cutanea del cadavere. Il processo colorativo inizia in sede iliaca destra, corrispondente all'intestino cieco, dove maggiormente pullulano i germi putrefattivi. La macchia verde compare mediamente tra le 18 e le 36 ore dalla morte. La colorazione verde putrefattiva è dovuta alla presenza di idrogeno solforato, prodotto dalla scissione delle sostanze proteiche, il quale si diffonde nei tessuti e si combina col pigmento ematico liberato dalla lisi dei globuli rossi, formando la solfometaemoglobina, cui è dovuta la tinta verde.
Dalla sede ileo-cecale la macchia verde si estende alla parete addominale, poi al tronco, alla testa e agli arti, seguendo il decorso dei vasi venosi superficiali, che si rendono evidenti in forma di arborizzazioni di colorito rosso scuro e poi verdastro (reticolo venoso putrefattivo) alla cui formazione contribuisce lo sviluppo dei gas che dilata i vasi e spinge il sangue verso le aree periferiche.
Periodo Enfisematoso: (3-4 giorni d’estate, 7 giorni d’inverrno) così definito per la formazione dei gas putrefattivi (azoto, idrogeno libero e solforato, anidride carbonica, etc.) ad opera dei germi anaerobi.
In tal modo il cadavere è sottoposto a una distensione notevole, che ne modifica profondamente l'aspetto esteriore. L'addome è tumido, timpanico e di forma batraciana; il volto è tumefatto, le palpebre e le labbra sono rigonfie, i bulbi oculari e la lingua protrudrono (facies negroide). A questo punto l'intero cadavere assume un volume enorme (aspetto gigantesco). La cute conserva in parte il colorito verdastro, poi vira verso il bruno - nerastro; lo strato corneo è scollato e sollevato da vescicole contenenti sierosità e si distacca a larghi lembi alle mani e ai piedi formando stampi a guisa di guanto o di calza (epidermolisi putrefattiva). Anche i capelli si staccano a ciocche. La pressione dei gas provoca lo spostamento del sangue dentro i vasi (circolazione post-mortale), il sanguinamento delle ferite, la perdita di feci, il prolasso del retto e della vagina e, nelle donne morte gravide, l'espulsione del feto (il c.d. parto nella bara).
Periodo Colliquativo: esso consiste nella fusione putrida dei tessuti, già imbibite rammolliti dai precedenti stadi della putrefazione (malacia cadaverica). Tale processo inizia assai precocemente ma si rende evidente col passare del tempo, cioè dopo 2-3 settimane dalla morte in estate e dopo alcuni mesi in inverno.
Gli organi e i tessuti, attaccati dai processi distruttivi, colliquano non contemporaneamente ma in tempi variabili secondo la struttura parenchimatosa o fibrosa. Gli organi interni perdono la loro elasticità naturale e divengono flaccidi, friabili, pastosi, ridotti di volume e di colorito rosso-scuro o bruno- verdastro. La maggiore resistenza alla putrefazione è offerta dai tendini, dai legamenti, dalle fasce aponeurotiche e dai grossi vasi arteriosi alla cui distruzione possono occorrere 3 - 5 anni. La colliquazione dei tessuti molli richiede minore tempo (come accade nelle surrenali, nella milza e nel pancreas). La prostata e l'utero a riposo colliquano tardivamente, per la loro compatta struttura fibro-muscolare (importante per identificare il sesso del cadavere in avanzata putrefazione).
Periodo della Scheletrizzazione: la riduzione scheletrica del cadavere si completa in media dopo 3-5 anni. Avvenuta la distruzione delle parti molli, scompaiono poi i tessuti fibrosi, tendinei e cartilaginei e restano le sole ossa, isolate dalla primitiva impalcatura scheletrica. Col passare del tempo le ossa si liberano anche dai più piccoli residui i parti molli ancora adesi, essiccati o incrostati. Dopo molti anni avviene la decalcificazione che rende i resti ossei leggeri, porosi, friabili e suscettibili di polverizzazione al minimo contatto. In particolari condizioni, grazie a lenti processi di mineralizzazione, le ossa possono fossilizzare.
Alla distruzione del cadavere, oltre i processi ordinari della putrefazione, possono partecipare la «fauna», rappresentata da animali di varia specie (larve di insetti, insetti, crostacei, uccelli, mammiferi roditori e carnivori) e la «flora» (miceti) che attaccano le parti molli dei cadaveri abbandonati all'aperto, immersi nell'acqua o inumati a poca profondità.
La «fauna cadaverica» è costituita soprattutto da insetti i quali, nei cadaveri esposti all'aria, si avvicendano a «squadre», attratti dai prodotti organici della decomposizione post-mortale. Già nel periodo cromatico compare la prima squadra, formata da ditteri, cioè la comune mosca domestica, la calliphora e la curtoneura.
Quando inizia l'enfisema putrefattivo, compare la seconda squadra di mosche, del genere Lucilia, Sarcophaga e Cynomya. Dopo 3-6 mesi interviene la terza squadra, composta da coleotteri e lepidotteri.
In seguito, attratta dai liquami putridi, interviene la quarta squadra, costituita da altre specie di mosche e da alcuni coleotteri, che invade il cadavere dopo circa un anno dalla morte.
Una volta iniziata la colliquazione putrida, si presentano altre specie di ditteri e di coleotteri, formanti la quinta squadra, quali i generi Tyreophor, Ophyra.
Quando è stata distrutta gran parte della materia organica, entra in campo la sesta squadra, formata da acari prosciugatori che assorbono la maggior parte dei liquami cadaverici.
Le parti molli così disseccate vengono attaccati dalla settima squadra, composta da alcuni coleotteri e lepidotteri, cioè farfalle e scarafaggi che provvedono alla riduzione scheletrica operando a distanza di circa 1-3 anni dalla morte.
Gli ultimi resti di sostanza organica ancora presenti vengono eliminati dalla ottava squadra, formata da piccoli coleotteri, che dal quarto al quinto anno completano la scheletrizzazione.
L'ordine di successione dei cosiddetti «lavoratori della morte» può essere utilizzato, con le dovute cautele,tenuto conto delle regioni e dei climi, per dedurre l'epoca a cui risale la morte.
La «flora cadaverica», è rappresentata da talune specie di funghi che possono colonizzare nel cadavere inumato o tumulato, interessa la tanatologia. Queste muffe, tipo aspergilli, penicilli, chenomiceti, trichoderma, ecc., limitano la loro azione ai piani superficiali della cute perciò il potere distruttivo esercitato sui tessuti cadaverici è minimo.
Qualche interesse può avere lo studio delle diverse colonizzazioni fungine per fissare l'epoca della morte.
È un processo trasformativo che consiste nell'imbibizione idrica dei tessuti quando il cadavere soggiorna in ambiente liquido.
La forma di macerazione tipica, in assenza di germi putrefattivi, è quella subita dal feto morto nell'utero, il quale ha il canale digerente ancora sterile ed è immerso nel liquido amniotico, a membrane integre.
Negli stadi iniziali il liquido imbeve l'epidermide, che rigonfia, si solleva in pieghe e in bolle e si distacca in larghi lembi, mettendo a nudo i tessuti sottostanti, che appaiono di colore rosso-roseo, umidi e viscidi. I feti macerati, rimasti nell'utero da una a tre settimane e più, mostrano l’accentuazione dei fenomeni di macerazione cutanea, gli organi e i tessuti fortemente imbibiti e infiltrati di sierosità ematica (feto sanguinolento).
Il cervello è ridotto a una massa poltigliosa; le cavità celomatiche sono piene di liquido tinto in rosso pallido; i polmoni e il fegato sono molli e friabili. Nel feto avviene il riassorbimento della parte liquida; in un secondo tempo, sui tessuti disseccati si possono formare precipitazioni calcaree trasformando il feto in litopedio, calcificatosi per la lunga ritenzione nell'utero.
La macerazione, nel cadavere annegato, si rende evidente nell'epidermide, specie dove questa è spessa e callosa (palmo delle mani e pianta dei piedi) la quale, già dopo qualche ora di permanenza in acqua, rigonfia, rammollisce, diviene bianca, viscida e grinzosa. Dopo vari giorni di sommersione il rivestimento cutaneo comincia a distaccarsi a modo di guanto o di calza.
La mummificazione consiste in un processo di essiccamento dei tessuti del cadavere, i quali, in determinate condizioni ambientali, subiscono una rapidissima disidratazione e si prosciugano assumendo aspetto e consistenza coriacei. Questo fatto priva i tessuti cadaverici dell'acqua necessaria allo sviluppo dei germi della putrefazione, che viene perciò inibita (Vedi figura).
Le condizioni naturali che favoriscono la mummificazione sono, in primo luogo, la temperatura elevata e la buona ventilazione dell'ambiente, che rendono secca l'aria e agevolano in tal modo l'evaporazione e la sottrazione dei liquidi dal cadavere. La mummificazione avviene anche in ambienti freschi, purché molto asciutti e ventilati, ad esempio, nel buio delle caverne e dei sotterranei. Si conoscono località (cimiteri, chiostri, chiese, cripte, ecc.) nelle quali i cadaveri vanno incontro alla mummificazione in modo quasi costante.
Le condizioni individuali sono altrettanto importanti, poiché la mummificazione avviene più facilmente nei cadaveri di persone magre, denutrite, morte per cachessia, per profuse emorragie o in stato di disidratazione.
Tranne le mummificazioni molto rapide, avvenute dopo alcune settimane, o dopo 2-3 mesi, il processo si completa generalmente entro un anno e tale si mantiene per decenni o per secoli.
È nota la mummificazione cui può andare incontro il feto morto entro l'utero in presenza di scarso liquido amniotico, così detto feto papiraceo, i cui tessuti assumono aspetto pergamenaceo.
La saponificazione, come dice il nome, consiste nella formazione dei saponi ad opera di batteri che producono enzimi (lecitinasi) capaci di scindere i grassi del cadavere, trasformandoli in adipocera.
L' adipocera è costituita in parte da acidi grassi liberi (oleico, palmitico, stearico) e in parte da saponi insolubili (acidi grassi del cadavere si combinano coi sali di calcio, di sodio e di magnesio presenti nell'acqua o nel terriccio).
Secondo ipotesi recenti non si avrebbe la saponificazione vera e propria dei tessuti, bensì avverrebbe l'idrolisi dei trigliceridi (in massima parte di acido palmitico) con trasformazione degli acidi grassi insaturi in acidi saturi e in altri composti oleici (ossiacidi, idrossiacidi, ecc.). L'adipocera si presenta come una sostanza biancastra, untuosa, viscida, più o meno consistente, di odore rancido simile a quello del formaggio alterato.
La corificazione, cioè la trasformazione in cuoio, è un fenomeno che si osserva nei cadaveri chiusi ermeticamente in casse foderate con rivestimento metallico di zinco o di piombo. In queste condizioni si ha un notevole rallentamento dei processi putrefattivi (dovuto probabilmente all'azione chimica di composti metallici) e si verifica una singolare modificazione della cute, la quale si prosciuga alquanto ma senza essiccarsi, mantiene elasticità e morbidezza e assume l'aspetto gialliccio del cuoio di concia recente. La cute corificata, si retrae e si modella sul cadavere, si infossa a barca sull'addome e pone in evidenza le salienze dello scheletro.
I visceri, preservati dalla putrefazione e protetti dall'involucro corificato, sono asciutti, ridotti di volume e di consistenza pastosa.
Il processo di corificazione, già palese dopo un anno di permanenza nella cassa metallica, si completa nel corso del secondo anno di morte. A processo ultimato, residua sul fondo della cassa un liquame bruno e torbido.
Mummificazione: processo di essiccamento dei tessuti del cadavere
Il personale del Corpo delle Capitanerie di porto - a seguito della segnalazione della presenza di un cadavere in prossimità del lido o di una spiaggia - può imbattersi in un'attività di indagine rivolta alla sua "identificazione" e alla sua "ispezione".
Un'apposita disposizione di attuazione del Codice di rito (art. 116 - Indagini sulla morte di una persona per la quale sorge sospetto di reato) prevede, in generale, che spetta al Pubblico Ministero competente procedere alla identificazione e alla ispezione del cadavere oltre all'accertamento delle cause della morte. Così come al medesimo compete anche ordinarne la rimozione e darne nulla-osta per la sepoltura. Trattandosi di persona sconosciuta, ordina che il cadavere sia esposto nel luogo pubblico a ciò designato e, occorrendo sia fotografato.
Ciò non vuol dire, tuttavia, che la Polizia Giudiziaria (ad esempio, il personale del Corpo delle Capitanerie nel caso in cui ne abbia avuto per prima notizia) non possa svolgere, a iniziativa o su delega, attività di indagine rivolta alla identificazione e alla ispezione di un cadavere oltre che all'accertamento delle cause della morte.
La Polizia Giudiziaria può infatti procedere "a iniziativa" al compimento di rilievi e ispezioni sul cadavere quando sussistono i «presupposti» che legittimano l'accertamento urgente (art. 354 commi 2 e 3 c.p.p.).
Su delega del P.M. e quando questi non ritiene di intervenire la Polizia Giudiziaria può poi procedere a "rimuovere il cadavere". Quando non ricorrono i presupposti dell'accertamento urgente (art. 354 c.p.p.) oppure manca l'autorizzazione del P.M., la Polizia Giudiziaria non può autonomammente procedere alla rimozione del cadavere.
Tra i rilievi che la Polizia Giudiziaria autonomamente o su delega può compiere sul cadavere non rientra «l'autopsia». Questa rientrando tra gli "accertamenti tecnici non ripetibili" (art. 360 c.p.p.) può essere compiuta solo dal P.M. e non è delegabile alla Polizia Giudiziaria in quanto incompatibile con l'attività di polizia giudiziaria.
Rinvenimento di cadavere