Pubblicata su Attività di polizia marittima e giudiziaria (http://www.nonnodondolo.it)

Home > Poteri di identificazione: modus operandi

Poteri di identificazione: modus operandi

Nell’ambito della attività di polizia, il personale delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera che procede all’identificazione, «invita» la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ed i soggetti in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione del fatto, a «dichiarare le proprie generalità». Trattasi di un atto dovuto che ha inizio sul luogo e può avere seguito anche in Ufficio.
Nell’ambito dell’attività di polizia in genere, le "necessità identificative" possono essere assolte, sia con la
carta di identità, che con qualsiasi altro titolo equipollente.

  • I primi e più semplici «controlli» consistono nel verificare se:
  1. la persona effigiata nella foto sia la stessa che presenta il documento;
  2. l’età, nonché i connotati e contrassegni salienti descritti in seconda pagina, corrispondono a quelli del soggetto che esibisce il documento;
  3. la firma apposta sul documento, sotto la fotografia, sia quella della persona da identificare;
  4. il documento non risulti rubato o smarrito, interrogando il numero presso l’apposito schedario del C.E.D.
  • Qualora sia l’indagato che la persona informata sui fatti "rifiutano di farsi identificare", oppure "forniscono generalità o documenti di identificazione in ordine ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità", vengono «accompagnati» (anche coattivamente) dalla Polizia Giudiziaria in Ufficio ed ivi trattenuti per il tempo strettamente necessario per l’identificazione (c.d. fermo per l’identificazione).
  • La persona accompagnata negli Uffici di polizia può esservi "trattenuta" per il tempo strettamente necessario per l’identificazione, e comunque "non oltre le 12 ore" (art. 349 comma 4 c.p.p.). oppure, previo avviso anche orale al Pubblico Ministero, "non oltre le 24 ore", nel caso che l’identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l’assistenza dell’Autorità consolare o di un interprete ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente[1].
    Il “
    trattenimento“ è un atto che incide sulla libertà personale (art. 13 Cost.) ed esige, quindi, il controllo delll’Autorità Giudiziaria. Per evitare l’insorgere di spiacevoli contrasti tra il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria (oltre che presumibili questioni di legittimità costituzionale) è consiglabile, da un lato, che la Polizia Giudiziaria informi il Pubblico Ministero della possibile protrazione del trattenimento immediatamente dopo aver accompagnato la persona nei propri Uffici; dall’altro, che la Polizia Giudiziaria individui preventivamente, d’intesa con il Procuratore della Repubblica competente, i casi in cui la protrazione può, in via generale, considerarsi indispensabile (nel caso in cui occorre identificare uno straniero proveniente da Stato con il quale il nostro Paese non ha rapporti di cooperazione giudiziaria o di polizia - Accordo di Schengen).
  • Fermi i poteri di controllo spettanti al Pubblico Ministero, va comunque ricordato che l’Ufficiale o l'Agente di polizia giudiziaria che "trattiene" le persone accompagnate "oltre il tempo necessario per l’identificazione" commette il reato di «Abuso di ufficio» (art. 323 c.p.). Conseguentemente, deve considerarsi giustificato, quale reazione ad atto arbitrario, il comportamento della persona accompagnata che oppone resistenza all’Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria che lo trattiene nel proprio Ufficio oltre il quel periodo di tempo (Cass. 39685/2002). 
  • Dell’ accompagnamento deve essere informato "immediatamente" il Pubblico Ministero competente, con precisazione dell’ora e dei motivi di tale iniziativa.
  • Il Pubblico Ministero, che può, in caso non ritenga sussistenti i presupposti previsti dalla norma in esame, disporre l’immediato rilascio della persona accompagnato, dovrà successivamente essere notiziato anche del rilascio della stessa e dell’ora in cui è avvenuto.
  • In ogni caso, ed anche prima dell’intervento del Magistrato, la Polizia Giudiziaria ha il potere dovere di rilasciare l’accompagnato, se il fine di identificazione è stato soddisfatto.
  • Il fatto che venga informato il Pubblico Ministero non significa che questi sia l’unico a poter disporre per il rilascio, ma ha il solo scopo di attribuire un controllo all’A.G. sull’esercizio corretto della limitazione di libertà personale applicata alla polizia. Ed infatti il successivo comma 6 dell’art. 349 c.p.p. prevede che sia data comunicazione al Magistrato dell’avvenuto rilascio (e dell’ora): il che presuppone la facoltà per la Polizia Giudiziaria di disporre autonomamente il rilascio.
  • Quando la “persona informata sui fatti” (=potenziale testimone) rifiuta di fornire le proprie generalità o le fornisce false, diventa essa stessa persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, per cui, pur mantenendo la funzione di potenziale testimone del primo reato verificatosi, assume la figura di “indagato” in ordine al suo illecito comportamento all’atto dell’identificazione, per cui può essere accompagnato in ufficio e sottoposto a rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici per la sua identificazione.
  • L’atto può avere una sua autonomia, ma può anche essere il presupposto di altri atti; come ad esempio, della «ricezione di dichiarazioni spontanee dall’indagato» (artt. 350, comma 7 c.p.p.) ovvero «assunzione di sommarie informazioni dal potenziale testimone» (art. 351 c.p.p.).

 

 


[1] Art. 10, co. 2 D.L. 144/2005 conv. Legge 158/2005.

 

Il controllo di autenticità dei documenti

Il primo e più semplice "controllo" va effettuato per accertare se il documento esibito risulti denunciato rubato o smarrito da parte del titolare.

Tali notizie sono contenute in apposito «schedario elettronico», del "Centro Elaborazioni Dati" (C.E.D.) in uso alle Forze di Polizia, nel quale vengono inseriti i numeri identificativi dei documenti che vengono denunciati rubati o smarriti.
E’ sufficiente, pertanto, interrogare al terminale il numero del documento[1]. Tale accesso telematico consente di conoscere se lo stesso è stato rubato o smarrito e da chi, in che data e presso quale ufficio di polizia denunciato. In caso positivo, ovviamente, il possessore è illecito (se ne sarà appropriato direttamente o l’avrà acquisito da altri e vi avrà, quanto meno, cambiato la fotografia, in quanto utilizza un documento rubato o smarrito facendo proprie le generalità del titolare)

 

In "terza pagina", frapposto tra la fotografia e la pagina stessa, viene impresso un timbro a secco punzonato (ossia, che non lascia un segno con l’inchiostro, ma un rilievo, appunto, di punzonatura).
A tale proposito, è opportuno accertare che vi sia perfetta coincidenza tra la parte del timbro impresso sulla fotografia e la parte invece impressa sulla pagina; inoltre, che la dicitura del timbro a secco sia la stessa del timbro ad inchiostro esistente sulla parte sottostante della medesima pagina (Comune di _____________ ).
Per verificare se vi è stata sostituzione di foto si può anche controllare, utilizzando uno spillo, se esiste la necessaria corrispondenza tra le depressioni del timbro a secco originale (visibile sulla quarta pagina) e quelle esistenti sulla fotografia. Infine, poiché il falsificatore potrebbe aver completato la circonferenza dell’impronta usando un compasso, è opportuno riscontrare se esistono tracce di punta del suddetto strumento al centro della timbratura.

Oltre agli schedari ed archivi elettronici nazionali del CED possono essere effettuate ricerche presso gli archivi delle utenze telefoniche della TELECOM (contiene i nominativi e gli indirizzi di tutti gli intestatari di utenze telefoniche), dell’A.C.I., del P.R.A. e della Motorizzazione Civile (contengono i dati identificativi degli autoveicoli e dei loro proprietari), della Suprema Corte di Cassazione (raccoglie le sentenze civili e penali della Corte e le massime Ufficiali del Consiglio di Stato) e dell’Unione Camere di Commercio (contiene i dati e le informazioni, di natura pubblica, raccolti dalle Camere di Commercio, relativi a società e ditte), ricchi serbatoi di dati ed informazioni.

Possono essere effettuate ricerche presso i gli archivi cartacei presso l’Anagrafe al fine di consultare gli Atti dello Stato Civile (residenza e stato di famiglia, sia attuali che storici, morte, matrimonio), l’Ufficio Elettorale (elenco dei cittadini che godono dei diritti politici), l’Ufficio Carte di identità.

Altri informazioni di interesse possono essere assunte presso gli Enti che erogano servizi e forniture (Enel, Italgas, Aziende Municipalizzate o Private locali, ecc.) dai quali si possono spesso acquisirsi dati necessari per individuare la dimora di una persona che, come chiunque, non potrà far certo a meno di tali servizi di prima necessità (anche estendendo la ricerca al nome di familiari o di persone legate da vincoli affettivi, di amicizia o di colleganza).

► Inoltre, presso la Questura sono accessibili:

  1. l’archivio Carte di identità,
  2. l’archivio dei passaporti (es. per i cittadini stranieri),
  3. lo schedario foto segnaletico e dattiloscopico, ecc

Presso la Prefettura è ubicato l’ Ufficio Patenti, nei cui archivi sono accessibili i atti anagrafici e le fotografie di tutti i titolari di patenti di guida rilasciate nella provincia. Nel Tribunale, il Casellario Giudiziario che contiene le notizie riguardo alle condanne passate in giudicato dei cittadini nati nel circondario, il Registro Generale Penale per i carichi pendenti raccoglie le indicazioni in ordine ai procedimenti in corso, mentre il Registro delle Imprese ed il Registro della Stampa sono consultabili per i dati relativi alle imprese ed alle testate giornalistiche registrate.
Ricordiamo, infine, il Catasto Edilizio Urbano e Terreni ove sono conservate le piante catastali, rispettivamente degli immobili urbani e rurali, la Conservatoria dei Registri Immobiliari, nel cui archivio possono essere attinte notizie utili in ordine alla proprietà degli immobili, gli Albi Professionali, gli Uffici di Collocamento, gli Uffici Finanziari (Uffici Tecnici Erariali, Uffici delle entrate, Intendenze di Finanza, ecc.).

L’elencazione di cui sopra, che non ha certamente la pretesa di avere carattere esaustivo, fornisce, tuttavia, un’idea sull’ampia gamma di mezzi conoscitivi di indagine, tramite i quali l’investigatore può trarre evidenti benefici di carattere informativo da aggiungere a quanto contenuto nei propri "Archivi cartacei" che, è bene ricordarlo e sottolinearlo, anche nell’era della telematica rappresentano una miniera ricca e facilmente attingibile di notizie.

 


[1] Ad esempio, il numero della carta di identità e quello del passaporto vengono stampigliati su moduli in bianco presso l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, i quali vengono consegnati alle Prefetture per la successiva distribuzione ai Comuni (carte d’identità) ed al Ministero degli Esteri per la successiva distribuzione alle Questure (passaporti).

 

 

Il controllo di identificazione degli stranieri

Per quanto riguarda i «cittadini stranieri», a norma dell’art. 144 del T.U.L.P.S. (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) l’Autorità di P.S. la facoltà di invitare, in ogni tempo, lo straniero ad esibire i documenti di identificazione di cui è provvisto e a dare contezza di sé; qualora vi sia motivo della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici.

La identificazione può avvenire normalmente mediante l’esibizione di un "documento di riconoscimento" rilasciato dallo Stato di appartenenza dell’interessato, come ad esempio:

  1. il passaporto, indispensabile per poter entrare nel territorio dello Sato italiano;
  2. la patente di guida, anch’essa necessaria per chi dovesse accedere alle nostre frontiere alla guida di un veicolo;
  3. la carta di identità;
  4. la carta di soggiorno.

Mentre per i "cittadini comunitari" la patente di guida ed il passaporto sono conformi ai modelli europei fissati dalla normativa comunitaria, quindi, facilmente intellegibili e valutabili in sede di controllo, gli "stranieri extracomunitari" sono dotati di documenti tra loro diversi a seconda dello Stato di appartenenza, scritti in lingue e caratteri alfabetici diversificati e difficilmente traducibili.

Risulta così difficile, anche per il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, viste le proporzioni sempre più rilevanti del fenomeno dell’arrivo, sulle coste dell’Italia meridionale, di migliaia di persone provenienti, per lo più, da Paesi dell’Africa maghrebina, dell’area balcanica (Europa centro-orientale) e del Medio Oriente, giudicare l’autenticità del documento di riconoscimento mostrato dallo straniero e, di conseguenza, acquisire la sua veridicità.
Al fine di una migliore valutazione di siffatti documenti, possono essere interpellati l’Ufficio Stranieri della Questura o, più direttamente, l’Ambasciata o il Consolato in Italia dello Stato di provenienza dello straniero e, quindi, di emissione del documento.
Va ricordato, comunque, che molti stranieri, residenti da anni nel nostro Paese, possono essere muniti di "carta di identità italiana" (che non ha, ovviamente, validità per l’espatrio) o, anche di "patente di guida italiana".

Il cittadino straniero extracomunitario, oltre al "passaporto" di cui deve comunque essere munito perché solo con questo gli è consentito l’ingresso in Italia (salvo i casi di clandestini che hanno successivamente sanato la loro posizione in virtù di particolareggiate e limitate disposizioni di legge, come quelle sul ricongiungimento familiare e regolarizzazione per offerta di lavoro), deve essere munito del «permesso di soggiorno»[1] che, ai sensi dell’art. 4 della Legge 28 febbraio 1990, n. 39 (c.d. Legge MARTELLI), va richiesto entro otto giorni dalla data di ingresso ed ha diversa durata a seconda del titolo per cui viene rilasciato (non superiore a tre mesi per motivi di turismo, a due anni per motivi di lavoro, di studio e di cura, illimitata qualora coniugato con cittadino italiano da più di tre anni risiedendo nel territorio italiano).
In base al successivo art. 6, lo straniero in possesso del permesso di soggiorno ha diritto all’iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza e, successivamente, al rilascio della "carta di identità italiana", di validità limitata al territorio nazionale ed alla durata del permesso di soggiorno medesimo.
In virtù del comma 4 dell’art. 4 comma 4, Legge n. 39/90, il "permesso di soggiorno" deve essere esibito ad ogni richiesta degli Ufficiali ed Agenti di pubblica sicurezza.
Eventuali inosservanze dello straniero ai suddetti obblighi devono essere segnalate all’Ufficio Stranieri della Questura per le opportune determinazioni in ordine alla eventuale espulsione ai sensi dell’art, 7 comma 2, Legge n. 39/90.

 

 


[1] Il permesso di soggiorno è costituito da un foglio sul quale sono trascritte le generalità complete ed i dati riguardanti lo straniero (nome, cognome, luogo e data di nascita, nazionalità, residenza all’estero, recapito in Italia, data d’ingresso, data e motivo del visto, motivo e scadenza del soggiorno, data del rilascio) e sul quale è apposta una fotografia del titolare.
 

Permesso di soggiorno

I cittadini "extracomunitari" che entrano regolarmente in Italia e desiderano soggiornare sul nostro territorio, devono in primo luogo richiedere il "permesso di soggiorno", cioè il documento con cui lo Stato italiano concede il diritto di soggiornare nel nostro Paese.
Per richiedere questo documento, è necessario presentarsi al Questore della Provincia in cui si intende risiedere, entro otto giorni dall' ingresso in Italia. Sono esenti da questo obbligo i frontalieri, i diplomatici, i funzionari di organismi internazionali e i militari della Nato.
A partire dall’11 dicembre 2006, inoltre, è in vigore una nuova procedura per il rilascio e il rinnovo del permesso e della carta di soggiorno, che assegna agli "Uffici postali", anziché le Questure, il compito di ricevere le istanze per alcune tipologie di permesso.
Una volta in possesso dei requisiti richiesti, di sufficienti mezzi di sussistenza e di un alloggio, e se non ci sono ragioni contrarie di ordine pubblico o sanitario, il permesso viene rilasciato entro un termine ordinatorio di venti giorni, che decorrono dalla data in cui è stata presentata l'istanza.

  • Quando si richiede l'autorizzazione a soggiornare in Italia, è possibile usufruire di diversi tipi di permesso di soggiorno che variano a seconda dello durata e dei motivi per cui sono richiesti:
  1. Permesso di soggiorno per lavoro
  2. Permesso di soggiorno di breve durata
  3. Permesso di soggiorno di lunga durata
  4. Permesso di soggiorno per motivi religiosi

La durata del permesso di soggiorno, ad "eccezione" di quello per motivi di lavoro, coincide con la durata prevista per il visto d'ingresso rilasciato dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane presenti nei Paesi di appartenenza.
Al momento del ritiro del permesso, chi intende soggiornare per più di trenta giorni dovrà dimostrare di avere adempiuto agli obblighi in materia sanitaria, iscrivendosi al Servizio Sanitario Nazionale o stipulando una polizza assicurativa.
Una volta ottenuto, il permesso di soggiorno potrà essere revocato solo se verranno a mancare i requisiti previsti. Nel caso le Autorità preposte non abbiano concesso il permesso di soggiorno, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento si può presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) competente per territorio.

 

 

 

 

La carta di soggiorno

I «cittadini stranieri» che risiedono regolarmente in Italia da almeno sei anni  possono richiedere il rilascio della "carta di soggiorno", che vale come documento di identificazione personale e autorizza il suo possessore a soggiornare sul territorio italiano per un periodo di tempo indeterminato.

  • I requisiti richiesti per ottenerla sono:
  1. risiedere in Italia da almeno sei anni;
  2. possedere un permesso di soggiorno che può sia suscettibile di rinnovi senza soluzione di continuità;
  3. percepire un reddito sufficiente al proprio mantenimento pari al minimo sociale (se si desidera richiedere la carta anche per i propri familiari, occorre dimostrare che tale reddito sia sufficiente per l'intera famiglia);
  4. non avere procedimenti penali in corso, non essere stato condannato, anche in via non definitiva, per i reati previsti dall'art. 381 del Codice di Procedura Penale e non essere in giudizio per uno dei reati previsti dall'art. 380 del c.p.p.

La carta è soggetta a "vidimazione" su richiesta dell'interessato entro dieci anni dal rilascio. Deve perciò essere rinnovata su iniziativa del suo titolare. Come documento di identità, la validità è per soli "cinque anni" dalla data del rilascio o del rinnovo.
Con questa carta, si può entrare e uscire dall'Italia senza obbligo del visto, svolgere ogni attività lecita che non sia espressamente riservata ai soli cittadini italiani, accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione e partecipare alla vita pubblica (anche se non consente di votare).

Se si possiedono i requisiti previsti la Questura rilascia la carta di soggiorno. Nell'eventualità di un rigetto della domanda, si hanno sessanta giorni di tempo dalla notifica per presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. 
La carta può essere richiesta anche per il proprio coniuge e i figli minori. In questo caso, occorre dimostrare di avere un reddito sufficiente e un alloggio idoneo. Inoltre, è necessario presentare i certificati rilasciati dal Paese d'origine che attestino il grado di parentela dei propri familiari, tradotti e legalizzati dall'Autorità Consolare Competente.

 

 

 

 

Violazioni connesse

Consistendo l’identificazione in un potere, come tale contrapposto ad una situazione di soggezione da parte della persona nei cui confronti è stato esercitato il potere di identificazione, il nostro ordinamento penale prevede delle "specifiche sanzioni" per chi ne ostacola il libero e legittimo esercizio.

Infatti l’art. 651 c.p. punisce, quale reato contravvenzionale (arresto fino ad 1 mese o ammenda di € 206) chi, richiesto da un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato o su altre qualità personali.
In primo luogo, quindi, occorre una "esplicita richiesta" del Pubblico Ufficiale che sta esercitando la propria funzione. Non è sindacabile la necessità o la fondatezza della richiesta del Pubblico Ufficiale, in quanto questi può chiedere a chiunque le generalità purché sia nell’esercizio delle proprie funzioni (Sent. Corte di Cassazione 28 aprile 1995). Tale limite, dell’esercizio delle pubbliche funzioni, significa, pertanto, che siffatto potere deve essere esercitato non in maniera "indiscriminata", ma deve risultare una necessità o un’opportunità connessa al libero e completo svolgimento della funzione medesima.

Il "rifiuto" configura comunque il reato in questione, anche se, poco dopo, il soggetto fornisca spontaneamente le proprie generalità. Non costituisce reato, invece, il non fornire dati non espressamente richiesti dal Pubblico Ufficiale.

Chi, al contrario, "dichiara generalità mendaci", trattandosi di condotta bel più grave rispetto alla precedente, in quanto tende ad indurre in errore il Pubblico Ufficiale che le riceve, incidendo sulla fede pubblica, risponde del delitto previsto dall’art. 496 c.p., punito con la reclusione fino ad 1 anno o con la multa fino a 516 €.
Anche in tale ipotesi criminosa occorre che il Pubblico Ufficiale sia nell’esercizio delle proprie funzioni (o del proprio servizio) ed abbia "esplicitamente interrogato"  la persona sulla sua identità, il suo stato e le sue qualità personali.
La pena è della reclusione fino a 3 (tre) anni,
quando le dichiarazioni o le attestazioni al siano destinate ad essere ricevute in un atto (art. 495 c.p.).

  • Per atto , ad esempio, vanno intesi, in relazione all’attività di polizia, il Verbale che documenta un’attività di polizia giudiziaria (….di identificazione, ….di perquisizione, ….di sequestro, e così via); il Verbale di contestazione di violazione a norme amministrative, al Codice della Strada, ecc.

Oltre che per l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 651 c.p., anche per le due figure di delitto sopra menzionate non è consentito l’arresto nella flagranza di reato ed è competente il Tribunale monocratico.

La Cassazione con Sent. N. 6864 del 9 aprile 1993 stabiliva che il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al Pubblico Ufficiale integrava gli estremi del reato di cui all’art. 221 del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S in relazione all’art. 294[1] dello stesso Regolamento e non il reato di cui all’art. 651 c.p.
Il D.lgs. 13.7.1994, n. 480 ha introdotto l’art. 221 bis che punisce la violazione di cui all’art. 221 con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 154 € a 1.032 €.

 

 


[1] Art. 294 T.U.L.P.S. – La carta di identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli Ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza.

 

©2013/2014 Nonno Dondolo  |  Leggi attentamente il disclaimer   |  Privacy

Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

Contatore sito


URL di origine: http://www.nonnodondolo.it/content/poteri-identificazione-modus-operandi