Atti tipici di investigazione
La Polizia Giudiziaria, dopo aver acquisito la notizia di reato ed averla eventualmente comunicata al Pubblico Ministero a norma dell'art. 347 c.p.p., sino a quando costui non abbia assunto la direzione delle indagini compie di propria iniziativa gli atti di indagine preliminare che risultano necessari a norma dell'art. 55 comma 1 «per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale».
L'art. 348 commi 1 e 2 precisa che essa raccoglie «ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione del colpevole» mediante la ricerca tanto «delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti» quanto «delle cose e delle tracce pertinenti al reato». Provvede altresì alla conservazione delle tracce e dello stato dei luoghi.
A tal fine la Polizia Giudiziaria compie una «attività formale» d'indagine, consistente in atti specificamente regolati dalla legge, sia un'«attività informale», cioè non disciplinata specificamente, costituita da atti non implicanti l'esercizio di poteri autoritativi.
Nell'ambito delle attività del primo tipo, che la legge per lo più subordina all'urgenza o ad altri particolari presupposti e limita nel tempo, tenuto conto dei rapporti di diretta disponibilità della Polizia Giudiziaria (art. 109 Cost.), rappresentata nel corso delle indagini preliminari dal Pubblico Ministero, nonché delle più ampie garanzie di legalità offerte da quest'ultimo, si collocano i seguenti atti:
- Atti tipici di investigazione diretta:
- identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone;
- perquisizione (personale e locale);
- accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi, delle cose o delle persone.
- Atti tipici di investigazione indiretta:
- le sommarie informazioni assunte dall’indagato;
- le dichiarazioni spontanee rese dall’ indagato;
- le notizie e le indicazioni utili assunte dall’indagato;
- le sommarie informazioni delle persone informate sui fatti;
- le informazioni da persona imputata in un procedimento connesso.
L'identificazione di polizia giudiziaria
- Nessuno può sottrarsi alla «identificazione» da parte della Polizia Giudiziaria. Nell’ambito della loro specifica attività, gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria derivano dall’art. 349 c.p.p. il potere-dovere di procedere alla identificazione di persone in precise e ben determinate situazioni nello stesso articolo indicate.
Trattasi, infatti, di un «potere» in quanto ogni persona è tenuta ad ottemperare alla richiesta del Pubblico Ufficiale, ma, al tempo stesso, di un «dovere» in quanto la sopra citata norma considera necessario che la Polizia Giudiziaria stabilisca la identità del soggetto nei cui confronti vengono svolte le indagini (indagato) e dei soggetti che possono fornire informazioni sui fatti oggetto delle medesime (potenziali testimoni).
- Trattasi di un atto dovuto che ha inizio sul luogo e può avere un seguito anche in Ufficio. Per entrambe le categorie di soggetti del procedimento penale, l’identità personale:
- può essere acquisita mediante l’esibizione di documenti di identificazione (i cui estremi di validità andranno annotati) [1];
- oppure, qualora la persona non sia munita, dichiarerà a voce le proprie generalità (in tal caso, verrà definita sedicente).
- A differenza, però, della persona informata sui fatti, nei confronti dell’indagato la Polizia Giudiziaria:
- rivolge l’ammonizione circa le conseguenze cui si espone colui che si rifiuta di dare le proprie generalità[2] o le dà false;
- richiede, oltre le generalità, quant’altro possa valere ad identificarlo compiutamente: eventuale soprannome o pseudonimo, condizioni di vita, personali, familiari e sociali, condizioni economiche e lavorative, con particolare riferimento ad eventuali attività pubbliche, rapporti definiti e pendenti con la giustizia e così via (art. 21 disp. Att. c.p.p.);
- può procedere, ove occorra, anche eseguendo rilievi dattiloscopici, fotografici, antropometrici, nonché qualsiasi altro accertamento non tipizzato che lo sviluppo tecnico-scientifico dovesse prospettare come idoneo ai fini identificativi, ad esclusione di quei rilievi o di quelle ispezioni che possano incidere sulla libertà fisica e morale della persona, specialmente quando impongono un mancato riguardo al pudore ed alla dignità della persona medesima;
- rivolge l’invito, a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni.
Chi rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità, sul proprio stato o su altre qualità personali, commette il reato di cui all'art. 651 c.p.. Chi, anziché frapporre un rifiuto, fornisce generalità false commette i reati di cui agli artt. 495 e 496 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un Pubblico Ufficiale sulla identità o qualità proprie o di altri).
- Istituto dell'accompagnamento (art. 349 comma 4 c.p.p.)
Qualora, però, sia l’indagato che la persona informata sui fatti "rifiutano" di farsi identificare, oppure "forniscono generalità o documenti di identificazione in ordine ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità", vengono «accompagnati» (anche coattivamente) dalla Polizia Giudiziaria in Ufficio ed ivi "trattenuti" per il tempo strettamente necessario per l’identificazione (c.d. fermo per l’identificazione).
Un particolare "accompagnamento per l’identificazione" è quello che, in base all’Accordo di Schengen (Legge 30.9.1993, n. 358), può essere compiuto nei confronti della persona evasa oppure della persona colta nella flagranza di un grave reato (omicidio, storsione, stupro, traffico di stupefacenti o sostanze psicotrope, armi o esplosivi, immigrazione clandestina, ecc.) il cui atteggiamento sia continuato oltre la frontiera terrestre o marittima (c.d. inseguimento transfrontaliero) da parte di Ufficiali o Agenti di polizia giudiziaria appartenenti ad uno Stato aderente all’Accordo (vale a dire, per quel che direttamente interessa, appartenenti, in via principale, agli Stati italiani, francesi e austriaci). Per questa ipotesi, l’Accordo di Schengen prevede che, su richiesta deli Ufficiali o Agenti di polizia giudiziaria, quelli del Paese ove l’inseguimento si è concluso possono procedere al fermo e alla “perquisizione di sicurezza”[3] dell’inseguito al fine di verificarne la identità provvedendo poi, se ne ricorrono le condizioni e sempre su richieta, al relativo arresto.
Peraltro il potere dovere di identificazione può spettare agli Organi di polizia, sia per finalità di polizia giudiziaria che per “finalità di polizia di sicurezza” ovvero per coloro che, pur in mancanza della qualifica di pubblica sicurezza, si trovano ad operare nel campo della "polizia amministrativa", volta a far rispettare le prescrizioni ed i limiti imposti dalle leggi e dagli atti amministrativi.
Di tutte le operazioni compiute a norma dell’art. 349 c.p. è redatto Verbale. La documentazione è conservata in apposito fascicolo (fascicolo delle indagini) presso l’ufficio del P.M. La documentazione è posta a disposizione del P.M.; copia dell’atto è conservata presso gli Uffici di polizia.
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Carta d'identità digitale
[1] In base alle leggi di pubblica sicurezza, la «carta di identità» è considerata mezzo di identificazione ai fini di polizia (art. 288 del Reg. di esecuzione al T.U.L.P.S.), mentre tutti gli altri documenti sono definiti titoli equipollenti alla carta di identità (l’art. 292 del reg. T.U.-L.P.S. considera tali i documenti muniti di fotografia e rilasciati da un’Amministrazione dello Stato). Sono, pertanto, documenti validi per l’identificazione: i libretti ferroviari di cui sono muniti gli impiegati civili e militari dello Stato; le patenti di cui sono muniti i conducenti di veicoli; le tessere di riconoscimento postali; i libretti di porto d’armi; i passaporti per l’estero.
[2] Per “generalità” si intendono: nome, cognome, paternità, maternità, data e luogo di nascita (identità); residenza, domicilio, stato di coniugato, divorziato, di filiazione, o di parentela, attività lavorativa, cittadinanza (stato); professione, titoli di studio, professionali ed onorifici, situazione patrimoniale, rapporti con la giustizia (qualità personali).
[3] Rientra tra le perquisizioni previste dalle leggi speciali anche la c.d. perquisizione personale di sicurezza (con eventjuale successivo sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti) che le autorità di polizia di uno Stato aderente all’Accordo di Schengen (e quindi quelle italiane, francesi e austriache) possono compiere all’esito di un inseguimento tranfrontaliero conclusosi con il fermo per identificazione dell’inseguito (evaso o persona colta in flaqgranza per gravi di reati). Malgrado la denominazione, non si tratta di perquisizione a carattere preventivo, ma di perquisizione di polizia giudiziaria. Essa infatti viene compiuta dopo la commissione di un reato (evasione o altro reato commesso in flagranza).
Poteri di identificazione: modus operandi
Nell’ambito della attività di polizia, il personale delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera che procede all’identificazione, «invita» la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ed i soggetti in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione del fatto, a «dichiarare le proprie generalità». Trattasi di un atto dovuto che ha inizio sul luogo e può avere seguito anche in Ufficio.
Nell’ambito dell’attività di polizia in genere, le "necessità identificative" possono essere assolte, sia con la carta di identità, che con qualsiasi altro titolo equipollente.
- I primi e più semplici «controlli» consistono nel verificare se:
- la persona effigiata nella foto sia la stessa che presenta il documento;
- l’età, nonché i connotati e contrassegni salienti descritti in seconda pagina, corrispondono a quelli del soggetto che esibisce il documento;
- la firma apposta sul documento, sotto la fotografia, sia quella della persona da identificare;
- il documento non risulti rubato o smarrito, interrogando il numero presso l’apposito schedario del C.E.D.
- Qualora sia l’indagato che la persona informata sui fatti "rifiutano di farsi identificare", oppure "forniscono generalità o documenti di identificazione in ordine ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità", vengono «accompagnati» (anche coattivamente) dalla Polizia Giudiziaria in Ufficio ed ivi trattenuti per il tempo strettamente necessario per l’identificazione (c.d. fermo per l’identificazione).
- La persona accompagnata negli Uffici di polizia può esservi "trattenuta" per il tempo strettamente necessario per l’identificazione, e comunque "non oltre le 12 ore" (art. 349 comma 4 c.p.p.). oppure, previo avviso anche orale al Pubblico Ministero, "non oltre le 24 ore", nel caso che l’identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l’assistenza dell’Autorità consolare o di un interprete ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente[1].
Il “trattenimento“ è un atto che incide sulla libertà personale (art. 13 Cost.) ed esige, quindi, il controllo delll’Autorità Giudiziaria. Per evitare l’insorgere di spiacevoli contrasti tra il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria (oltre che presumibili questioni di legittimità costituzionale) è consiglabile, da un lato, che la Polizia Giudiziaria informi il Pubblico Ministero della possibile protrazione del trattenimento immediatamente dopo aver accompagnato la persona nei propri Uffici; dall’altro, che la Polizia Giudiziaria individui preventivamente, d’intesa con il Procuratore della Repubblica competente, i casi in cui la protrazione può, in via generale, considerarsi indispensabile (nel caso in cui occorre identificare uno straniero proveniente da Stato con il quale il nostro Paese non ha rapporti di cooperazione giudiziaria o di polizia - Accordo di Schengen).
- Fermi i poteri di controllo spettanti al Pubblico Ministero, va comunque ricordato che l’Ufficiale o l'Agente di polizia giudiziaria che "trattiene" le persone accompagnate "oltre il tempo necessario per l’identificazione" commette il reato di «Abuso di ufficio» (art. 323 c.p.). Conseguentemente, deve considerarsi giustificato, quale reazione ad atto arbitrario, il comportamento della persona accompagnata che oppone resistenza all’Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria che lo trattiene nel proprio Ufficio oltre il quel periodo di tempo (Cass. 39685/2002).
- Dell’ accompagnamento deve essere informato "immediatamente" il Pubblico Ministero competente, con precisazione dell’ora e dei motivi di tale iniziativa.
- Il Pubblico Ministero, che può, in caso non ritenga sussistenti i presupposti previsti dalla norma in esame, disporre l’immediato rilascio della persona accompagnato, dovrà successivamente essere notiziato anche del rilascio della stessa e dell’ora in cui è avvenuto.
- In ogni caso, ed anche prima dell’intervento del Magistrato, la Polizia Giudiziaria ha il potere dovere di rilasciare l’accompagnato, se il fine di identificazione è stato soddisfatto.
- Il fatto che venga informato il Pubblico Ministero non significa che questi sia l’unico a poter disporre per il rilascio, ma ha il solo scopo di attribuire un controllo all’A.G. sull’esercizio corretto della limitazione di libertà personale applicata alla polizia. Ed infatti il successivo comma 6 dell’art. 349 c.p.p. prevede che sia data comunicazione al Magistrato dell’avvenuto rilascio (e dell’ora): il che presuppone la facoltà per la Polizia Giudiziaria di disporre autonomamente il rilascio.
- Quando la “persona informata sui fatti” (=potenziale testimone) rifiuta di fornire le proprie generalità o le fornisce false, diventa essa stessa persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, per cui, pur mantenendo la funzione di potenziale testimone del primo reato verificatosi, assume la figura di “indagato” in ordine al suo illecito comportamento all’atto dell’identificazione, per cui può essere accompagnato in ufficio e sottoposto a rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici per la sua identificazione.
- L’atto può avere una sua autonomia, ma può anche essere il presupposto di altri atti; come ad esempio, della «ricezione di dichiarazioni spontanee dall’indagato» (artt. 350, comma 7 c.p.p.) ovvero «assunzione di sommarie informazioni dal potenziale testimone» (art. 351 c.p.p.).
[1] Art. 10, co. 2 D.L. 144/2005 conv. Legge 158/2005.
Il controllo di autenticità dei documenti
Il primo e più semplice "controllo" va effettuato per accertare se il documento esibito risulti denunciato rubato o smarrito da parte del titolare.
Tali notizie sono contenute in apposito «schedario elettronico», del "Centro Elaborazioni Dati" (C.E.D.) in uso alle Forze di Polizia, nel quale vengono inseriti i numeri identificativi dei documenti che vengono denunciati rubati o smarriti.
E’ sufficiente, pertanto, interrogare al terminale il numero del documento[1]. Tale accesso telematico consente di conoscere se lo stesso è stato rubato o smarrito e da chi, in che data e presso quale ufficio di polizia denunciato. In caso positivo, ovviamente, il possessore è illecito (se ne sarà appropriato direttamente o l’avrà acquisito da altri e vi avrà, quanto meno, cambiato la fotografia, in quanto utilizza un documento rubato o smarrito facendo proprie le generalità del titolare)
In "terza pagina", frapposto tra la fotografia e la pagina stessa, viene impresso un timbro a secco punzonato (ossia, che non lascia un segno con l’inchiostro, ma un rilievo, appunto, di punzonatura).
A tale proposito, è opportuno accertare che vi sia perfetta coincidenza tra la parte del timbro impresso sulla fotografia e la parte invece impressa sulla pagina; inoltre, che la dicitura del timbro a secco sia la stessa del timbro ad inchiostro esistente sulla parte sottostante della medesima pagina (Comune di _____________ ).
Per verificare se vi è stata sostituzione di foto si può anche controllare, utilizzando uno spillo, se esiste la necessaria corrispondenza tra le depressioni del timbro a secco originale (visibile sulla quarta pagina) e quelle esistenti sulla fotografia. Infine, poiché il falsificatore potrebbe aver completato la circonferenza dell’impronta usando un compasso, è opportuno riscontrare se esistono tracce di punta del suddetto strumento al centro della timbratura.
Oltre agli schedari ed archivi elettronici nazionali del CED possono essere effettuate ricerche presso gli archivi delle utenze telefoniche della TELECOM (contiene i nominativi e gli indirizzi di tutti gli intestatari di utenze telefoniche), dell’A.C.I., del P.R.A. e della Motorizzazione Civile (contengono i dati identificativi degli autoveicoli e dei loro proprietari), della Suprema Corte di Cassazione (raccoglie le sentenze civili e penali della Corte e le massime Ufficiali del Consiglio di Stato) e dell’Unione Camere di Commercio (contiene i dati e le informazioni, di natura pubblica, raccolti dalle Camere di Commercio, relativi a società e ditte), ricchi serbatoi di dati ed informazioni.
Possono essere effettuate ricerche presso i gli archivi cartacei presso l’Anagrafe al fine di consultare gli Atti dello Stato Civile (residenza e stato di famiglia, sia attuali che storici, morte, matrimonio), l’Ufficio Elettorale (elenco dei cittadini che godono dei diritti politici), l’Ufficio Carte di identità.
Altri informazioni di interesse possono essere assunte presso gli Enti che erogano servizi e forniture (Enel, Italgas, Aziende Municipalizzate o Private locali, ecc.) dai quali si possono spesso acquisirsi dati necessari per individuare la dimora di una persona che, come chiunque, non potrà far certo a meno di tali servizi di prima necessità (anche estendendo la ricerca al nome di familiari o di persone legate da vincoli affettivi, di amicizia o di colleganza).
► Inoltre, presso la Questura sono accessibili:
- l’archivio Carte di identità,
- l’archivio dei passaporti (es. per i cittadini stranieri),
- lo schedario foto segnaletico e dattiloscopico, ecc
Presso la Prefettura è ubicato l’ Ufficio Patenti, nei cui archivi sono accessibili i atti anagrafici e le fotografie di tutti i titolari di patenti di guida rilasciate nella provincia. Nel Tribunale, il Casellario Giudiziario che contiene le notizie riguardo alle condanne passate in giudicato dei cittadini nati nel circondario, il Registro Generale Penale per i carichi pendenti raccoglie le indicazioni in ordine ai procedimenti in corso, mentre il Registro delle Imprese ed il Registro della Stampa sono consultabili per i dati relativi alle imprese ed alle testate giornalistiche registrate.
Ricordiamo, infine, il Catasto Edilizio Urbano e Terreni ove sono conservate le piante catastali, rispettivamente degli immobili urbani e rurali, la Conservatoria dei Registri Immobiliari, nel cui archivio possono essere attinte notizie utili in ordine alla proprietà degli immobili, gli Albi Professionali, gli Uffici di Collocamento, gli Uffici Finanziari (Uffici Tecnici Erariali, Uffici delle entrate, Intendenze di Finanza, ecc.).
L’elencazione di cui sopra, che non ha certamente la pretesa di avere carattere esaustivo, fornisce, tuttavia, un’idea sull’ampia gamma di mezzi conoscitivi di indagine, tramite i quali l’investigatore può trarre evidenti benefici di carattere informativo da aggiungere a quanto contenuto nei propri "Archivi cartacei" che, è bene ricordarlo e sottolinearlo, anche nell’era della telematica rappresentano una miniera ricca e facilmente attingibile di notizie.
[1] Ad esempio, il numero della carta di identità e quello del passaporto vengono stampigliati su moduli in bianco presso l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, i quali vengono consegnati alle Prefetture per la successiva distribuzione ai Comuni (carte d’identità) ed al Ministero degli Esteri per la successiva distribuzione alle Questure (passaporti).
Il controllo di identificazione degli stranieri
Per quanto riguarda i «cittadini stranieri», a norma dell’art. 144 del T.U.L.P.S. (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) l’Autorità di P.S. la facoltà di invitare, in ogni tempo, lo straniero ad esibire i documenti di identificazione di cui è provvisto e a dare contezza di sé; qualora vi sia motivo della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici.
La identificazione può avvenire normalmente mediante l’esibizione di un "documento di riconoscimento" rilasciato dallo Stato di appartenenza dell’interessato, come ad esempio:
- il passaporto, indispensabile per poter entrare nel territorio dello Sato italiano;
- la patente di guida, anch’essa necessaria per chi dovesse accedere alle nostre frontiere alla guida di un veicolo;
- la carta di identità;
- la carta di soggiorno.
Mentre per i "cittadini comunitari" la patente di guida ed il passaporto sono conformi ai modelli europei fissati dalla normativa comunitaria, quindi, facilmente intellegibili e valutabili in sede di controllo, gli "stranieri extracomunitari" sono dotati di documenti tra loro diversi a seconda dello Stato di appartenenza, scritti in lingue e caratteri alfabetici diversificati e difficilmente traducibili.
Risulta così difficile, anche per il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, viste le proporzioni sempre più rilevanti del fenomeno dell’arrivo, sulle coste dell’Italia meridionale, di migliaia di persone provenienti, per lo più, da Paesi dell’Africa maghrebina, dell’area balcanica (Europa centro-orientale) e del Medio Oriente, giudicare l’autenticità del documento di riconoscimento mostrato dallo straniero e, di conseguenza, acquisire la sua veridicità.
Al fine di una migliore valutazione di siffatti documenti, possono essere interpellati l’Ufficio Stranieri della Questura o, più direttamente, l’Ambasciata o il Consolato in Italia dello Stato di provenienza dello straniero e, quindi, di emissione del documento.
Va ricordato, comunque, che molti stranieri, residenti da anni nel nostro Paese, possono essere muniti di "carta di identità italiana" (che non ha, ovviamente, validità per l’espatrio) o, anche di "patente di guida italiana".
Il cittadino straniero extracomunitario, oltre al "passaporto" di cui deve comunque essere munito perché solo con questo gli è consentito l’ingresso in Italia (salvo i casi di clandestini che hanno successivamente sanato la loro posizione in virtù di particolareggiate e limitate disposizioni di legge, come quelle sul ricongiungimento familiare e regolarizzazione per offerta di lavoro), deve essere munito del «permesso di soggiorno»[1] che, ai sensi dell’art. 4 della Legge 28 febbraio 1990, n. 39 (c.d. Legge MARTELLI), va richiesto entro otto giorni dalla data di ingresso ed ha diversa durata a seconda del titolo per cui viene rilasciato (non superiore a tre mesi per motivi di turismo, a due anni per motivi di lavoro, di studio e di cura, illimitata qualora coniugato con cittadino italiano da più di tre anni risiedendo nel territorio italiano).
In base al successivo art. 6, lo straniero in possesso del permesso di soggiorno ha diritto all’iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza e, successivamente, al rilascio della "carta di identità italiana", di validità limitata al territorio nazionale ed alla durata del permesso di soggiorno medesimo.
In virtù del comma 4 dell’art. 4 comma 4, Legge n. 39/90, il "permesso di soggiorno" deve essere esibito ad ogni richiesta degli Ufficiali ed Agenti di pubblica sicurezza.
Eventuali inosservanze dello straniero ai suddetti obblighi devono essere segnalate all’Ufficio Stranieri della Questura per le opportune determinazioni in ordine alla eventuale espulsione ai sensi dell’art, 7 comma 2, Legge n. 39/90.
[1] Il permesso di soggiorno è costituito da un foglio sul quale sono trascritte le generalità complete ed i dati riguardanti lo straniero (nome, cognome, luogo e data di nascita, nazionalità, residenza all’estero, recapito in Italia, data d’ingresso, data e motivo del visto, motivo e scadenza del soggiorno, data del rilascio) e sul quale è apposta una fotografia del titolare.
Permesso di soggiorno
I cittadini "extracomunitari" che entrano regolarmente in Italia e desiderano soggiornare sul nostro territorio, devono in primo luogo richiedere il "permesso di soggiorno", cioè il documento con cui lo Stato italiano concede il diritto di soggiornare nel nostro Paese.
Per richiedere questo documento, è necessario presentarsi al Questore della Provincia in cui si intende risiedere, entro otto giorni dall' ingresso in Italia. Sono esenti da questo obbligo i frontalieri, i diplomatici, i funzionari di organismi internazionali e i militari della Nato.
A partire dall’11 dicembre 2006, inoltre, è in vigore una nuova procedura per il rilascio e il rinnovo del permesso e della carta di soggiorno, che assegna agli "Uffici postali", anziché le Questure, il compito di ricevere le istanze per alcune tipologie di permesso.
Una volta in possesso dei requisiti richiesti, di sufficienti mezzi di sussistenza e di un alloggio, e se non ci sono ragioni contrarie di ordine pubblico o sanitario, il permesso viene rilasciato entro un termine ordinatorio di venti giorni, che decorrono dalla data in cui è stata presentata l'istanza.
- Quando si richiede l'autorizzazione a soggiornare in Italia, è possibile usufruire di diversi tipi di permesso di soggiorno che variano a seconda dello durata e dei motivi per cui sono richiesti:
- Permesso di soggiorno per lavoro
- Permesso di soggiorno di breve durata
- Permesso di soggiorno di lunga durata
- Permesso di soggiorno per motivi religiosi
La durata del permesso di soggiorno, ad "eccezione" di quello per motivi di lavoro, coincide con la durata prevista per il visto d'ingresso rilasciato dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane presenti nei Paesi di appartenenza.
Al momento del ritiro del permesso, chi intende soggiornare per più di trenta giorni dovrà dimostrare di avere adempiuto agli obblighi in materia sanitaria, iscrivendosi al Servizio Sanitario Nazionale o stipulando una polizza assicurativa.
Una volta ottenuto, il permesso di soggiorno potrà essere revocato solo se verranno a mancare i requisiti previsti. Nel caso le Autorità preposte non abbiano concesso il permesso di soggiorno, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento si può presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) competente per territorio.
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La carta di soggiorno
I «cittadini stranieri» che risiedono regolarmente in Italia da almeno sei anni possono richiedere il rilascio della "carta di soggiorno", che vale come documento di identificazione personale e autorizza il suo possessore a soggiornare sul territorio italiano per un periodo di tempo indeterminato.
- I requisiti richiesti per ottenerla sono:
- risiedere in Italia da almeno sei anni;
- possedere un permesso di soggiorno che può sia suscettibile di rinnovi senza soluzione di continuità;
- percepire un reddito sufficiente al proprio mantenimento pari al minimo sociale (se si desidera richiedere la carta anche per i propri familiari, occorre dimostrare che tale reddito sia sufficiente per l'intera famiglia);
- non avere procedimenti penali in corso, non essere stato condannato, anche in via non definitiva, per i reati previsti dall'art. 381 del Codice di Procedura Penale e non essere in giudizio per uno dei reati previsti dall'art. 380 del c.p.p.
La carta è soggetta a "vidimazione" su richiesta dell'interessato entro dieci anni dal rilascio. Deve perciò essere rinnovata su iniziativa del suo titolare. Come documento di identità, la validità è per soli "cinque anni" dalla data del rilascio o del rinnovo.
Con questa carta, si può entrare e uscire dall'Italia senza obbligo del visto, svolgere ogni attività lecita che non sia espressamente riservata ai soli cittadini italiani, accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione e partecipare alla vita pubblica (anche se non consente di votare).
Se si possiedono i requisiti previsti la Questura rilascia la carta di soggiorno. Nell'eventualità di un rigetto della domanda, si hanno sessanta giorni di tempo dalla notifica per presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
La carta può essere richiesta anche per il proprio coniuge e i figli minori. In questo caso, occorre dimostrare di avere un reddito sufficiente e un alloggio idoneo. Inoltre, è necessario presentare i certificati rilasciati dal Paese d'origine che attestino il grado di parentela dei propri familiari, tradotti e legalizzati dall'Autorità Consolare Competente.
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Violazioni connesse
Consistendo l’identificazione in un potere, come tale contrapposto ad una situazione di soggezione da parte della persona nei cui confronti è stato esercitato il potere di identificazione, il nostro ordinamento penale prevede delle "specifiche sanzioni" per chi ne ostacola il libero e legittimo esercizio.
Infatti l’art. 651 c.p. punisce, quale reato contravvenzionale (arresto fino ad 1 mese o ammenda di € 206) chi, richiesto da un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato o su altre qualità personali.
In primo luogo, quindi, occorre una "esplicita richiesta" del Pubblico Ufficiale che sta esercitando la propria funzione. Non è sindacabile la necessità o la fondatezza della richiesta del Pubblico Ufficiale, in quanto questi può chiedere a chiunque le generalità purché sia nell’esercizio delle proprie funzioni (Sent. Corte di Cassazione 28 aprile 1995). Tale limite, dell’esercizio delle pubbliche funzioni, significa, pertanto, che siffatto potere deve essere esercitato non in maniera "indiscriminata", ma deve risultare una necessità o un’opportunità connessa al libero e completo svolgimento della funzione medesima.
Il "rifiuto" configura comunque il reato in questione, anche se, poco dopo, il soggetto fornisca spontaneamente le proprie generalità. Non costituisce reato, invece, il non fornire dati non espressamente richiesti dal Pubblico Ufficiale.
Chi, al contrario, "dichiara generalità mendaci", trattandosi di condotta bel più grave rispetto alla precedente, in quanto tende ad indurre in errore il Pubblico Ufficiale che le riceve, incidendo sulla fede pubblica, risponde del delitto previsto dall’art. 496 c.p., punito con la reclusione fino ad 1 anno o con la multa fino a 516 €.
Anche in tale ipotesi criminosa occorre che il Pubblico Ufficiale sia nell’esercizio delle proprie funzioni (o del proprio servizio) ed abbia "esplicitamente interrogato" la persona sulla sua identità, il suo stato e le sue qualità personali.
La pena è della reclusione fino a 3 (tre) anni, quando le dichiarazioni o le attestazioni al siano destinate ad essere ricevute in un atto (art. 495 c.p.).
- Per atto , ad esempio, vanno intesi, in relazione all’attività di polizia, il Verbale che documenta un’attività di polizia giudiziaria (….di identificazione, ….di perquisizione, ….di sequestro, e così via); il Verbale di contestazione di violazione a norme amministrative, al Codice della Strada, ecc.
Oltre che per l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 651 c.p., anche per le due figure di delitto sopra menzionate non è consentito l’arresto nella flagranza di reato ed è competente il Tribunale monocratico.
La Cassazione con Sent. N. 6864 del 9 aprile 1993 stabiliva che il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al Pubblico Ufficiale integrava gli estremi del reato di cui all’art. 221 del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S in relazione all’art. 294[1] dello stesso Regolamento e non il reato di cui all’art. 651 c.p.
Il D.lgs. 13.7.1994, n. 480 ha introdotto l’art. 221 bis che punisce la violazione di cui all’art. 221 con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 154 € a 1.032 €.
[1] Art. 294 T.U.L.P.S. – La carta di identità od i titoli equipollenti devono essere esibiti ad ogni richiesta degli Ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza.
L'identificazione di polizia amministrativa
Nel campo della «polizia amministrativa», volta a far rispettare le prescrizioni ed i limiti imposti dalle leggi e dagli atti amministrativi (polizia tributaria, sanitaria, urbanistica, stradale, ambientale, demaniale, dei porti e della navigazione), il «potere di identificazione», per coloro che sono in possesso della qualifica di “Ufficiale ed Agente di P.S.”, deriva dalla generale disposizione dell’art. 294 del Regolamento di esecuzione al T.U.L.P.S., quando viene esplicato al fine di esercitare la attribuzione, prevista dall’art. 1 del T.U. medesimo, consistente nel curare l’osservanza delle leggi e dei regolamenti dello Stato nonché delle ordinanze dell’Autorità.
- Per coloro che, pur in mancanza della qualifica di pubblica sicurezza, si trovano ad operare nel campo della “polizia amministrativa”, occorre fare riferimento alla normativa generale in materia, costituita dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689, recante modifiche al sistema penale, meglio nota come “Legge sulla depenalizzazione”.
In tale testo normativo manca, in realtà, una precisa disposizione che abiliti all’esercizio del “potere di identificazione” nel corso dello svolgimento dell’attività disciplinata.
Se ne desume, però, la necessità e, quindi, l’implicita previsione, quando agli artt. 13 e 14 vengono regolati gli atti di accertamento e la contestazione e notificazione, tutte azioni amministrative che non possono prescindere da una previa o contestuale identificazione dei soggetti interessati.
L'identificazione di polizia di sicurezza
- IL potere dovere di identificazione può spettare agli Organi di polizia, sia per finalità di polizia giudiziaria che per “finalità di polizia di sicurezza”.
L’esigenza primaria volta a garantire agli Organi deputati alla tutela della pubblica sicurezza una efficiente azione di prevenzione fornisce agli stessi uno strumento operativo determinante che consiste nel potere-dovere di identificare le "persone pericolose" e "sospette"[1] o quelle, comunque, delle quali ritengano opportuno conoscere la identità per l’espletamento dei propri compiti istituzionali.
In questi casi, l’attività di controllo e identificazione prescinde dalla commissione di un reato e non è attività di polizia giudiziaria, ma di “polizia di sicurezza” (art. 11 Decreto Legge 21 marzo 1978, n. 59 convertito con modificazioni nella Legge 18 maggio 1978, n. 191[2] ed art. 4 T.U.L.P.S.)
- Anche per l’identificazione di polizia di sicurezza è previsto l’accompagnamento in Ufficio di chi si rifiuta di fornire le proprie generalità, ovvero fa dichiarazioni o esibisce un documento d’identità in ordine ai quali sussistono sufficienti indizi che fanno ritenere la falsità.
Anche di tale accompagnamento e del successivo rilascio va dato «avviso» al Procuratore della Repubblica, il quale può disporre l’immediato rilascio. In questa previsione normativa la durata massima del trattenimento in ufficio (c.d. fermo o accompagnamento per l’identificazione di p.s.) è fissata in 24 ore.
L’istituto del “fermo per identificazione”, di cui all’art. 11 D.L. n. 59/78, è strutturato in modo analogo all’accompagnamento negli uffici di polizia previsto dall’art. 349 del c.p.p.
Trattandosi di istituto concernente l’attività della polizia di sicurezza, l’istituto del fermo per identificazione appena illustrato non ha cessato di avere vigore neppure dopo l’introduzione dell’art. 349 del codice di procedura penale.
- Si applica l’art. 349 quando deve essere identificato l’indagato o il potenziale testimone di un reato.
- Si applica l’art. 11 del D.L. 59/78 in tutti gli altri casi in cui gli organi di polizia procedono all’identificazione di persone e ricorrono le condizioni per effettuare il loro accompagnamento ai fini identificativi.
L’art. 11 del D.L. 21/3/78, n. 59 recita: “gli Ufficiali e gli Agenti di polizia possono accompagnare nei propri uffici chiunque, richiestone, rifiuta di dichiarare le proprie generalità ed ivi trattenerlo per il tempo strettamente necessario al solo fine dell’identificazione o comunque non oltre le 24 ore“.
La disposizione si applica anche «...quando ricorrono sufficienti indizi per ritenere la falsità delle dichiarazioni della persona richiesta sulla propria identità personale o dei documenti d’identità da essa esibiti». Dell’accompagnamento e dell’ora in cui è stato compiuto è data immediata notizia al Procuratore della repubblica, il quale, se riconosce che non ricorrono le condizioni di cui ai commi precedenti ordina il rilascio della persona accompagnata.
Al Procuratore della Repubblica è data altresì immediata notizia del rilascio della persona accompagnata e dell’ora in cui è avvenuto.
Alla identificazione della persona può procedersi, ove occorra, anche eseguendo rilievi dattiloscopici, fotografici, antropometrici, nonché qualsiasi altro accertamento non tipizzato che lo sviluppo tecnico-scientifico dovesse prospettare come idoneo ai fini identificativi, ad esclusione di quei rilievi che possano incidere sulla libertà fisica e morale, specialmente quando impongano un mancato riguardo al pudore ed alla dignità della persona medesima. Se gli accertamenti di cui trattasi comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell’interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, dal Pubblico Ministero. [3]
Di tutte le operazioni compiute a norma dell’art. 11 del D.L. 59/78 è redatto Verbale. La documentazione è conservata in apposito fascicolo (fascicolo delle indagini) presso l’ufficio del P.M. La documentazione è posta a disposizione del P.M.; copia dell’atto è conservata presso gli Uffici di polizia.
[1] Per persone pericolose devono intendersi ad esempio: i pericolosi sociali, gli oziosi ed i vagabondi abituali; i mendicanti, gli intossicati, i malati di mente. Per persone sospette, invece, quelle che, con la loro condotta, diano luogo a giudizio sfavorevole circa la regolarità della loro vita di relazione, in particolare coloro che fuori del loro Comune, destando sospetti con la loro condotta, si rifiutano o non possono dare contezza di sé, alla richiesta di Ufficiali ed Agenti di P.S., mediante l’esibizione di una carta d’identità o documento equipollente.
[2] Le disposizioni previste da codice ricalcano, in maniera quasi letterale, l’art.11 D.L. 21.3.1978 n.59, convertito con modificazioni nella Legge 18 maggio 1978 n.191, rispetto al quale prevede la riduzione da 24 a 12 ore del termine massimo per il quale la persona può essere trattenuta. Trattandosi di leggi che regolano la stessa materia, il predetto D.L. n.59/78 dovrebbe pertanto ritenersi abrogato a far tempo dall’entrata in vigore del nuovo codice.
[3] A norma dell’art. 10, comma 4 quater, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, n. 155 per l’identificazione di pubblica sicurezza si osservano le stesse disposizioni dell’art. 349. 2 bis c.p.p.
Le perquisizioni
- La "perquisizione" è un atto tipico di investigazione mediante il quale gli Ufficiali di polizia giudiziaria o in casi eccezionali[1], gli Agenti di polizia giudiziaria (art. 113 disp. att. c.p.p.), ricorrendo «situazioni di urgenza» (ad esempio: perquisizione a seguito di flagranza di reato), procedono alla ricerca materiale di un evaso, di un condannato o di una persona da arrestare, fermare o catturare per gravi reati, ovvero alla ricerca del corpo del reato o di cose pertinenti al reato nei luoghi ove fondatamente le ritengono occultate o sulla persona di colui che fondatamente ritengono che le occulti.
Si prescinde, ovviamente dalle situazioni di urgenza e da qualsiasi riferimento alla gravità del reato per cui si procede quando gli Ufficiali di polizia giudiziaria compiono perquisizioni personali o locali su delega del Pubblico Ministero.
In caso di successo, alla perquisizione fa seguito altro atto (di sequestro, di ispezione, di fermo, di arresto, di misura custodiale o carcerazione).
La perquisizione è uno "strumento investigativo", usualmente attivato nel corso delle indagini di polizia giudiziaria e quasi mai in fasi processuali e, a seconda dell’oggetto, si distinguono in:
- personali
- locali
- domiciliari
Peraltro, la Polizia Giudiziaria può procedere a perquisizione anche in taluni casi espressamente previsti da "leggi speciali" che, a seconda della finalità, si possono distinguere in:
- perquisizioni aventi finalità preventiva
- perquisizioni aventi finalità di polizia giudiziaria.
[1] Possono procedere a perquisizione gli Agenti di polizia giudiziaria quando ricorrono situazioni di necessità e urgenza che rendono impossibile un intervento tempestivo dell’Autorità Giudiziaria o di un Ufficiale di polizia giudiziaria, come ad esempio: perquisizione a seguito di flagranza di reato.
Perquisizione personale
- Consiste nella ricerca sul corpo di una persona o sugli oggetti che essa indossa (vestiario) o porta con sé (borse, valige), del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato che si sospettano ivi occultate.
Per intenderci, il «corpo del reato» è il complesso dei mezzi attraverso i quali il fatto criminoso viene compiuto o delle cose che rappresentano il prezzo, il prodotto o il profitto dell’illecito; «cose pertinenti al reato» sono strumenti o i mezzi legati, anche in via indiretta, alla fattispecie criminosa, che consentono di rilevare dati utili per la ricostruzione e l’accertamento dei fatti relativi al compimento di un illecito e informazioni sull’autore delle stesso.
Nella perquisizione personale la ricerca è generalmente manuale ma può essere effettuata anche con "mezzi meccanici".
- Ad esempio, rientrano tra le perquisizioni personal1, quelle eseguite mediante «strumentazione medica» (esplorazione vaginale, rettoscopia, esame radiologico) al fine di accertare se sono stati ingoiati oggetti preziosi o sostanze stupefacenti confezionate.
In questi casi, trattandosi di atti particolarmente delicati che sottopongono il soggetto a forme di trattamento (=esplorazione) sanitario, la Polizia Giudiziaria è legittimata a procedervi avvalendosi di personale medico con funzione di «Ausiliare» e comunque previa delega del Pubblico Ministero.
Tali atti possono essere compiuti anche senza il consenso del soggetto sottoposto a perquisizione: vista la urgente necessità terapeutica, sono infatti giustificati con la necessità di preservare il soggetto perquisito dal rischio di morte che egli corre trasportando nel proprio corpo oggetti e sostanze che possono provocargli gravi lesioni e gravi forme di intossicazione o infezione.
► Il presupposto per potere procedere a perquisizione personale è costituito:
- dal «fondato motivo» di ritenere che sulla persona si trovino occultate il corpo dei reato o cose pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse;
- la Polizia Giudiziaria deve contemporaneamente trovarsi ad agire in una delle situazioni di “urgenza presunta” rappresentate dalla:
- flagranza di reato[1]
- ricerca di un evaso
- necessità di procedere al fermo di una persona indiziata di delitto oppure alla esecuzione di una ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione.
In questo ultimo caso, può peraltro procedersi a perquisizione solo se:
- l’ordinanza o l’ordine riguarda uno dei delitti per i quali l’arresto in flagranza è obbligatorio (art. 380 c.p.p.) oppure, nell’ipotesi di fermo di indiziato di delitto, il provvedimento deve essere adottato per uno dei delitti indicati all’art. 384 c.p.p.;
- sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto motivato di perquisizione da parte del Pubblico Ministero.
I presupposti delle perquisizioni sono l’esistenza di fondati motivi e di situazioni di particolare urgenza (=pericolo nel ritardo). Quanto ai fondati motivi, essi devono consistere in elementi oggettivi e non solo in semplici sospetti o vaghe congetture.
- Ad esempio, non può procedersi a perquisizione sulla base di una denuncia anonima o una notizia confidenziale da parte del pescatore che ci denuncia un illecito sulla pesca e cioè di atti che non possono essere usati processualmente, ma solo per svolgere indagini di carattere preventivo che non arrecano pregiudizio ai diritti del cittadino.
Quanto al pericolo del ritardo, esso è presunto nei casi di flagranza o quasi flagranza e di evasione.
- Ad esempio, va invece adeguatamente motivato ed esposto nel verbale di perquisizione nelle altre ipotesi (come la possibilità di fuga del ricercato, la probabilità che il corpo del reato venga rimosso, la probabilità di inquinamento delle prove).
La sussitenza dei presupposti del pericolo del ritardo e dei fondati motivi deve essere valutata con particolare attenzione dalla Polizia Giudiziaria.
La perquisizioni è infatti un “atto irripetibile” e come tale può incidere irreversibilmente sulle scelte processuali del Pubblico Ministero, in particolar modo quando questi è divenuto il dominus (ha già assunto la direzione) delle indagini preliminari.
Perquisizione effettuate in assenza dei suindicatii presupposti di legge, comportano a carico del personale operante, provvedimenti disciplinari e penali:
- perquisizione personale arbitraria o illegittima (art. 609 c.p.);
- violenza privata (art. 110 c.p.);
- violazione di domicilio commessa da un Pubblico Ufficiale (art. 615 c.p.)
La perquisizione effettuata in assenza di presupposti di legge è nulla e l’eventuale sequestro eseguito all’esito della stessa è inutilizzabile salvo si tratti di sequestro di cosa costituente corpo di reato o pertinenze al reato (Cass. Sez. Un. 5021/96)
- Ad esempio, se il personale della motovedetta della Guardia Costiera opera nel mare territoriale una perquisizione su un motopesca in mancanza di fondati motivi, ma rinviene materiali espoldenti illegalmente detenuti a bordo, il Pubblico Ministero non può convalidare la perquisizione e il sequestro e può anche provvedere che venga instaurato a carico del personale operante un procedimento disciplinare (art. 16 e ss. att.) o penale (artt. 110 e 615 c.p.). Le materie esplodenti così rinvenute rimangono però in stato di “fermo reale” fino alla emissione di un valido sequestro e rapresenta comunque un elemento di prova a carico del titolare del motopesca che illegalmente le deteneva.
Ne consegue che i risultati di una perquisizione effettuata in assenza dei presupposti di legge (fondati motivi e pericolo di ritardo) possono comunque essere utilizzati indipendentemente dalle censure disciplinarri o penali nei confronti del personale operante (Cass. 29550/06 e Cass. 3626/06).
► Nel «procedimento davanti al Giudice di Pace», la Polizia Giudiziaria, se autorizzata dal Pubblico Ministero, può procedere alla perquisizione anche fuori delle situazioni di urgenza (art. 13 D.lgs., 28.8.200, n. 274).
[1]Stato di chi viene colto nell’atto di commettere il reato (=flagranza)o subito dopo il reato inseguito ed è sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che il soggetto ha commesso il fatto immediatamente prima (=quasi flagranza).
Perquisizione personale: modus operandi
► Modalità esecutiva:
- Se si ricerca una cosa determinata, l’Ufficiale di polizia giudiziaria prima di procedere alla perquisizione, può (ma non deve) invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede a perquisizione, salvo che si ritenga utile farlo per la completezza delle indagini (art. 248, comma 1).
- La perquisizione personale può essere iniziata anche in tempo di notte (e cioè, prima delle ore 7 e dopo le ore 20)
- Tutte le perquisizioni, in quanto atti che «invadono l’altrui sfera giuridica», intaccando la persona o il patrimonio o il domicilio, sono assoggettate a particolari forme di garanzia: l’interessato è "avvisato" della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia (non necessariamente avvocato), purché questa sia prontamente reperibile e idonea (=idonea a essere «testimone ad atti del procedimento»: art. 120 c.p.p.).
E’ opportuno che la Polizia Giudiziaria renda effettivo l’esercizio di tale diritto se non vi è pericolo nel ritardo o se questo non comporta un serio intralcio all’espletamento della perquisizione.
L’inizio della perquisizione può essere, in tali casi, momentaneamente sospeso per consentire l’intervento della persona di fiducia prontamente reperibile. Analoga prassi va eseguita nell’ipotesi in cui la persona da perquisire vuole farsi assistere da un difensore.
- La perquisizione è eseguita nel rispetto della dignità (è quindi opportuno procedere separatamente alla perquisizione di più persone) e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto (art. 349 comma 2). Vi procede (o la esegue materialmente) persona dello stesso sesso di quella che vi è sottoposta salvi casi di impossibilità o di urgenza assoluta o quelli in cui la perquisizione è fatta eseguire da persona esercente la professione sanitaria (art. 79 att.).
- Le cose rinvenute a seguito di perquisizione sono sottoposte a «sequeatro» e custodite secondo quanto prescrivono gli articoli 259 e 260 c.p.p.
Quando la perquisizione è disposta dall’Autorità giudiziaria (G.I.P. o P.M.) con “decreto motivato“ (art. 247 c.p.p.) questo deve obbligatoriamente indicare:
- la fattispecie criminosa commessa, specificandone gli elementi di tempo e azione;
- la norma penale che si ritiene violata (e non soltanto il titolo di reato).
Il decreto di perquisizione ha forma scritta e, la copia va preventivamente consegnata al perquisendo.
Non sono qualificabili come perquisizioni e possono perciò essere eseguite con modalità informali:
- la esibizione del contenuto di tasche, borse, valigie, quando la richiesta della Polizia Giudiziaria non è equiparabile a un ordine;
- la palpazione sommaria delle vesti di una persona (=verificare la presenza di armi odo oggetti atti a offendere) che la Polizia Giudiziaria effettua, dopo l’arresto o il fermo, al principale fine di tutelare la propria incolumità.
► Garanzie difensive:
- Il difensore ha “facoltà” di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato (art. 356 c.p.p.). Della facoltà di farsi assistere, la stessa Polizia Giudiziaria deve dare notizia all’indagato se presente (art. 114 att.). La presenza del difensore non è però necessaria e, in difetto di nomina, alla Polizia Giudiziaria non è disposto di designare un difensore di ufficio.
- Se l’indagato vuole farsi assistere da un difensore è opportuno che la Polizia Giudiziaria renda effettivo tale diritto se non vi è pericolo nel ritardo o se questo non comporta un serio intralcio all’espletamento dell’atto (Cass. 27372/06). L’inizio della perquisizione può essere, in tali casi, momentaneamente sospeso per consentire l’intervento del difensore.
► Documentazione e trasmissione:
- L’atto di perquisizione è documentato mediante Verbale (la redazione deve essere contestuale al compimento dell’atto, salvo che non ricorrano insuperabili circostanze che la impediscano e che vanno indicate specificamente), che è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le 48 ore dal compimento delle operazioni (previa conservazione di copia) al P.M. del luogo dove la perquisizione è stata eseguita.
Il Pubblico Ministero convalida la perquisizione nelle 48 ore successive quando accerta che ne ricorrevano i presupposti (art. 252 comma 4).
La documentazione relativa alla perquisizione è autonomamente posta a disposizione anche del P.M. competente in relazione al procedimento se diverso da quello del luogo ove la perquisizione è stata eseguita.
La documentazione è conservata nel fascicolo delle indagini presso l’ufficio del P.M. e copia di esso è conservata presso gli uffici di polizia (art. 115 att.).
- I dati della perquisizione vanno inserite nel «CED-SDI».
- Le cose rinvenute a seguito di perquisizione sono sottoposte a "sequestro".
I verbali delle perquisizioni compiute dalla P.G., trattandosi di “atti non ripetibili”, vengono inseriti nel fascicolo del dibattimento e attraverso la lettura di questo sono utilizzabili ai fini del giudizio (art. 511 c.p.p.
Vi sono "responsabilità disciplinari" e "penali" in caso di perquisizioni arbitrarie o illegittime (perquisizioni arbitrarie - 609 c.p.; violenza privata - 610 c.p.; violazione di domicilio - 614-615 c.p.).
- Ad esempio, nella flagranza di un reato, è corretto che alla perquisizione personale proceda immediatamente l’ Ufficiale o Agente di PG che ha effettuato l’arresto e che effettua la perquisizione per evitare la commissione di altri reati (accertare la presenza di armi) o per la ricerca del corpo del reato o di cose a questo pertinenti (recupero refurtiva); in caso di arresto per spaccio di stupefacenti, appare corretta l’immediata perquisizione personale, da parte degli Ufficiali operanti, sia del presunto spacciatore che dell’acquirente. Così come sarebbe corretta la perquisizione tempestivamente operata nel locale (anche unità mercantile) in cui lo spacciatore si fosse rifugiato o dove fosse stato raggiunto dai militari operanti che lo inseguivano. Sarebbe di certo correttamente operata anche una perquisizione nel domicilio dello spacciatore arrestato se questi, nella immediatezza e sul luogo del fatto, avesse dichiarato di detenervi altro stupefacente e/o vi fosse pericolo che il ritardo nella perquisizione domiciliare consentirebbe a eventuali correi di distruggere o appropriarsi della sostanza.
Perquisizione locale
- E’ finalizzata alla ricerca del corpo del reato o di cose pertinenti al reato ovvero di un evaso o di un soggetto da ridurre in vinculis (arresto, fermo, misura custodiale o carcerazione) per reati di particolari gravità: cose o soggetti che si ha «fondato motivo» di ritenere che si trovino occultati nel luogo determinato da perquisire.
Si può parlare di «perquisizione locale» solo quando il luogo perquisito è nella disponibilità (assoluta o relativa) di taluno, al contrario, si è fuori dall’ambito delle perquisizioni per i luoghi aperti (campi, strade, locali abbandonati).
Ipotesi specifica di perquisizione locale è la c.d. perquisizione domiciliare, che riguarda solo le perquisizioni compiute in una abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti ad essa (luoghi destinati ad uso domestico o destinati al suo servizio o completamento).
- La perquisizione locale non è consentita in certi luoghi come ad esempio, nelle sedi diplomatiche, negli uffici dei difensori.
- La perquisizione di autoveicoli o di altri mezzi di trasporto è assimilabile alla perquisizione locale. In alcuni casi, quando essa riguarda mezzi di trasporto chiusi, adibiti ad abitazione e idonei allo svolgimento della vita domestica (roulottes, campers, panfili privati, navi da pesca, ecc.) la perquisizione costituisce perquisizione domiciliare.
► Il presupposto per potere procedere a perquisizione locale è costituito:
- dal «fondato motivo» di ritenere che in un determinato luogo si trovi il condannato, l'imputato, la persona sottoposta alle indagini o l'evaso oppure si trovino occultate il corpo dei reato o cose pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse;
- la Polizia Giudiziaria deve contemporaneamente trovarsi ad agire in una delle situazioni di “urgenza presunta” rappresentate dalla:
- flagranza di reato[1]
- ricerca di un evaso
- necessità di procedere al fermo di una persona indiziata di delitto oppure alla esecuzione di una ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione.
In questo ultimo caso, può peraltro procedersi a perquisizione solo se:
- l’ordinanza o l’ordine riguarda uno dei delitti per i quali l’arresto in flagranza è obbligatorio (art. 380 c.p.p.) oppure, nell’ipotesi di fermo di indiziato di delitto, il provvedimento deve essere adottato per uno dei delitti indicati all’art. 384 c.p.p.;
- sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto motivato di perquisizione da parte del Pubblico Ministero.
I presupposti delle perquisizioni locali sono l’esistenza di fondati motivi e di situazioni di particolare urgenza (=pericolo nel ritardo).
Quanto ai fondati motivi, essi devono consistere in elementi oggettivi e non solo in semplici sospetti o vaghe congetture.
- Ad esempio, non può procedersi a perquisizione sulla base di una denuncia anonima o una notizia confidenziale da parte del pescatore che ci denuncia un illecito sulla pesca e cioè di atti che non possono essere usati processualmente, ma solo per svolgere indagini di carattere preventivo che non arrecano pregiudizio ai diritti del cittadino.
Quanto al pericolo del ritardo, esso è presunto nei casi di flagranza o quasi flagranza e di evasione.
- Ad esempio, va invece adeguatamente motivato ed esposto nel verbale di perquisizione nelle altre ipotesi (come la possibilità di fuga del ricercato, la probabilità che il corpo del reato venga rimosso, la probabilità di inquinamento delle prove).
La sussitenza dei presupposti del pericolo del ritardo e dei fondati motivi deve essere valutata con particolare attenzione dalla Polizia Giudiziaria.
La perquisizioni è infatti un “atto irripetibile” e come tale può incidere irreversibilmente sulle scelte processuali del Pubblico Ministero, in particolar modo quando questi è divenuto il dominus (ha già assunto la direzione) delle indagini preliminari.
Perquisizione effettuate in assenza dei suindicatii presupposti di legge, comportano a carico del personale operante, provvedimenti disciplinari e penali:
- perquisizione personale arbitraria o illegittima (art. 609 c.p.);
- violenza privata (art. 610 c.p.);
- violazione di domicilio commessa da un Pubblico Ufficiale (artt. 614-615 c.p.)
La perquisizione effettuata in assenza di presupposti di legge è nulla e l’eventuale sequestro eseguito all’esito della stessa è inutilizzabile salvo si tratti di sequestro di cosa costituente corpo di reato o pertinenze al reato (Cass. Sez. Un. 5021/96)
- Ad esempio, se il personale della motovedetta della Guardia Costiera opera nel mare territoriale una perquisizione su un motopesca in mancanza di fondati motivi, ma rinviene materiali espoldenti illegalmente detenuti a bordo, il Pubblico Ministero non può convalidare la perquisizione e il sequestro e può anche provvedere che venga instaurato a carico del personale operante un procedimento disciplinare (art. 16 e ss. att.) o penale (artt. 110 e 615 c.p.). Le materie esplodenti così rinvenute rimangono però in stato di “fermo reale” fino alla emissione di un valido sequestro e rapresenta comunque un elemento di prova a carico del titolare del motopesca che illegalmente le deteneva.
Ne consegue che i risultati di una perquisizione effettuata in assenza dei presupposti di legge (fondati motivi e pericolo di ritardo) possono comunque essere utilizzati indipendentemente dalle censure disciplinarri o penali nei confronti del personale operante (Cass. 29550/06 e Cass. 3626/06).
► Nel «procedimento davanti al Giudice di Pace», la Polizia Giudiziaria, se autorizzata dal Pubblico Ministero, può procedere alla perquisizione anche fuori delle situazioni di urgenza (art. 13 D.lgs., 28.8.200, n. 274).
[1] Stato di chi viene colto nell’atto di commettere il reato (=flagranza)o subito dopo il reato inseguito ed è sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che il soggetto ha commesso il fatto immediatamente prima (=quasi flagranza)
Perquisizione locale: modus operandi
► Modalità di esecuzione:
- Se si ricerca una cosa determinata, l’Ufficiale di polizia giudiziaria o in casi eccezionali, gli Agenti di p.g. (all’art. 113 disp.att. c.p.p.), prima di procedere alla perquisizione, può (ma non deve) invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede a perquisizione, salvo che si ritenga utile farlo per la completezza delle indagini (art. 248, comma 1).
- Può essere iniziata anche "in tempo di notte" salvo che non si tratti di perquisizione domiciliare. In tal caso non può essere iniziata prima delle ore 7 e dopo le ore 20. Fuori di tali limiti temporali può essere eseguita solo quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito.
- La perquisizione su "delega" dell’Autorità giudiziaria in un’abitazione o nei luoghi chiusi ad essa adiacenti, può essere effettuata esclusivamente da Ufficiali di polizia giudiziaria (e NON anche dagli Agenti di p.g.) tra le ore 7 e le ore 20. I suddetti limiti temporali possono essere "derogati" con ordine scritto del Magistrato oppure di propria iniziativa dalla Polizia Giudiziaria quando il ritardo nell’esecuzione della perquisizione potrebbe pregiudicarne l’esito.
- I limiti temporali sono derogabili:
- nei casi urgenti: la deroga, per le perquisizioni nel domicilio, deve essere contenuta nel decreto motivato di perquisizione (art. 251 c.p.p.);
- nella flagranza di reato ed evasione: quando il ritardo nella esecuzione di una perquisizione domiciliare potrebbe pregiudicarne l’esito (art. 352 c.p.p.);
- in caso di reati di maggiore gravità: quando è previsto l’arresto obbligatorio o il fermo di polizia giudiziaria (art. 38 c.p.p.) e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono l’emissione di un tempestivo decreto di perquisizione (art. 352 c.p.p.).
- Tutte le perquisizioni, in quanto atti che «invadono l’altrui sfera giuridica», intaccando la persona o il patrimonio o il domicilio, sono assoggettate a particolari forme di garanzia.
L’interessato (che può essere l’indagato o chi ha comunque l’attuale disponibilità del luogo) è "avvisato della facoltà" di farsi rappresentare o assistere da idonea persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea (idonea a essere «testimone ad atti del procedimento»: art. 120 c.p.p.).
- Quando manca l’interessato, l’avviso suindicato è rivolto ad un congiunto, un coabitante o un collaboratore ovvero, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci (art. 250 comma 2). Quando mancano le persone suindicate si procederà comunque alla perquisizione dando atto nel Verbale della situazione e degli atti (esempio forzatura di porta) necessariamente compiuti per introdursi nel luogo e per poi assicurarlo. L’Ufficiale di polizia giudiziaria può ordinare, enunciando nel Verbale i motivi, che taluno, presente o sopraggiunto nel corso della perquisizione, non si allontani dal luogo prima che le operazioni siano concluse. Chi trasgredisce all’ordine è trattenuto o ricondotto coattivamente su posto (art. 250 comma 3) e può rispondere del reato di cui all’art. 650 c.p.
- La Polizia Giudiziaria può anche procedere a "perquisizione personale" delle persone presenti o sopraggiunte quando ha fondato motivo di ritenere che su di esse si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato (art., 250 comma 3 c.p.p.).
- Le cose rinvenute a seguito di perquisizione locale sono sottoposte a «sequeatro» e custodite secondo quanto prescrivono gli articoli 259 e 260 c.p.p.
► Garanzie difensive:
- Il difensore ha facoltà di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato, trattandosi normalmente di c.d. “atto a sorpresa”, della facoltà di farsi assistere, la stessa Polizia Giudiziaria deve dare notizia all’indagato se presente (art. 114 att.).
► Documentazione e trasmissione:
- L’atto di perquisizione locale è documentata mediante Verbale (la redazione deve essere contestuale al compimento dell’atto, salvo che non ricorrano insuperabili circostanze che la impediscano e che vanno indicate specificamente), che è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le 48 ore dal compimento delle operazioni al P.M. del luogo dove la perquisizione è stata eseguita. La documentazione relativa alla perquisizione è autonomamente posta a disposizione anche del P.M. competente in relazione al procedimento se diverso da quello del luogo ove la perquisizione è stata eseguita.
- I dati della perquisizione vanno inserite nel «CED-SDI».
- La documentazione è conservata nel fascicolo delle indagini presso l’Ufficio del P.M. e copia di esso è conservata presso gli Uffici di polizia (art. 115 att.). Le cose rinvenute a seguito di perquisizione sono sottoposte a sequestro. I verbali delle perquisizioni compiute dalla P.G., trattandosi di “atti non ripetibili”, vengono inseriti nel fascicolo del dibattimento e attraverso la lettura di questo sono utilizzabili ai fini del giudizio (art. 511 c.p.p.
- Il verbale delle operazioni compiute è consegnato all'interessato o, se questi manca, a una delle persone intrevenute (congiunto, coabitante, collaboratore oppure, in mancanza, portiere o chi ne fa le veci).
- Il Pubblico Ministero convalida la perquisizione nelle 48 ore successive quando accerta che ne ricorrevano i presupposti (art. 252 comma 4).
La perquisizione locale non può essere compiuta per iniziativa estemporanea del singolo Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria. Vi sono "responsabilità disciplinari" e "penali" in caso di perquisizioni arbitrarie o illegittime (perquisizioni arbitrarie - 609 c.p.; violenza privata - 610 c.p.; violazione di domicilio - 614-615 c.p.).
La violazione degli altrui domicilio e l’eventuale danneggiamento dei beni saranno giustificati dall’accertamento della circostanza che chi ha operato lo ha fatto nell’adempimento di un dovere di istituto (art. 51 c.p.). Chi ha operato va dunque esente da pena e non è tenuto neppure al risarcimento dei danni. Può aggiungersi che, ove tali danni non siano dovuti a condotta censurabile sotto il profilo della prudenza, perizia, osservanza di norme, ma risultino obiettivamente giustificati da uno stato di necessità, i terzi danneggiati avranno diritto solo ad un’equa indennità (art. 2045 cod. civ.), dovuta se del caso, non al personale intervenuto ma dalla sua Amministrazione di appartenenza.
Le perquisizioni nelle leggi speciali
- La Polizia Giudiziaria può procedere a perquisizione anche in taluni casi espressamente previsti da "leggi speciali" che, a seconda della finalità, si possono distinguere in:
- perquisizioni aventi finalità preventiva
- perquisizioni aventi finalità di polizia giudiziaria
Le prime possono essere compiute tanto da "Ufficiali" che da "Agenti" di polizia giudiziaria, e il cui scopo non è tanto l’acquisizione della notizia di reato, quanto l’espletamento di una attività di pubblica sicurezza. Più analiticamente, mentre la «funzione giudiziaria» è volta a finalità repressive, intervenendo dopo la commissione di un fatto costituente reato allo scopo di individuare l’autore e di impedirne l’aggravamento, la funzione di «pubblica sicurezza» ha carattere preventivo e si estrinseca in un’attività di vigilanza diretta ad impedire il verificarsi di fatti dannosi o pericolosi. Particolarmente rilievo in questo senso hanno le perquisizioni relative all’accertamento degli illeciti depenalizzati.
Di contro, le seconde, interessano direttamente il procedimento penale, in quanto portano all’accertamento della notizia di reato. Tali sono quelle previste dall’art. 225 att..
La prima ipotesi (in materia di armi) è contenuta nell’art. 41 Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), concernente le perquisizioni, esclusivamente locali, ed il conseguente sequestro, effettuate, anche fuori della flagranza o di evasione, da Ufficiali che da Agenti di polizia giudiziaria, che abbiano notizia (pure se anonima), «anche per indizio», dell’esistenza in qualsiasi locale o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni e materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque illecitamente detenute.
La seconda ipotesi è individuata dall’art. 4 Legge 22 maggio 1975, n. 152 , sull’ordine pubblico, come modificata dalla Legge 19 marzo 1990, n. 53, recante nuove norme sulla prevenzione della delinquenza mafiosa (non espressamente richiamata dall’art. 225 att.) concernente le perquisizioni realizzate «sul posto», nel corso di operazioni di polizia, da Ufficiali e Agenti di P.G.
In particolare, a norma del suddetto articolo, in casi eccezionali di necessità e urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell’Autorità giudiziaria[1], la Polizia giudiziaria (U.P.G. e A.P.G.) può procedere, oltre che alla identificazione, all’immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, nei confronti di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo, non appaiono giustificabili. In tale circostanza la perquisizione può estendersi al mezzo di trasporto (unità mercantile) utilizzato dalle persone predette per giungere sul posto.
- Ad esempio, richiedere l’autorizzazione telefonica al magistrato competente renderebbe vana la perquisizione alla quale è invece urgente (il ritardo ne comprometterebbe l’esito) e necessario (indispensabile) procedere, in vista del raggiungimento dello scopo dell’atto. Si pensi al fondato motivo, da parte del personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, di ritenere che a bordo di una nave da pesca si trovi materiale esplodente che potrebbe essere utilizzato per l’esercizio della pesca ove non si procedesse alla perquisizione.
Alle perquisizioni fino a qua esaminate, può essere assimilata quella compiuta per il “Contrasto della immigrazione clandestina” (art. 12 comma 7, Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ).
La disciplina appena esposta si applica, per espresso richiamo dell’art. 4 L. 152/75, anche alle perquisizioni eseguite dai militari delle FF.AA. (a disposizione dei Prefetti), nell’ambito di operazioni di sicurezza e controllo del territorio, per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e, in particolare, all’accertamento dell’eventuale possesso di armi, esplosivi al fine specifico di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità delle popolazioni, la sicurezza dei luoghi o delle infrastrutture.
I presupposti delle operazioni di polizia in corso e della particolare necessità o urgenza accomunano la tipica perquisizione sul posto alle perquisizioni per la “prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti”.
E’ la perquisizione, sia personale che locale, che gli U.P.G. (e Non anche l’Agente) possono compiere per ricercare "sostanze stupefacenti o psicotrope" ai sensi delle disposizioni contenute all’art. 103 T.U. approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 .
[1] Si riferisce ad ipotesi in cui il tempo occorrente per richiedere e ottenere il decreto di perquisizione dell’A.G. renderebbe vana la perquisizione alla quale è invece urgente (= il ritardo ne comprometterebbe l’esito) e necessario (=indispensabile) procedere, in vista del raggiungimento dello scopo dell’atto.
Perquisizione locale in materia di armi (art. 41 T.U.L.P.S.)
Tale ipotesi (in materia di armi) è contenuta nell’art. 41 R.D. 18.6.1931, n. 773 (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza), concernente le perquisizioni, "esclusivamente locali" ed il conseguente sequestro, effettuate di iniziativa estemporanea, anche fuori della flagranza o di evasione, da Ufficiali che da Agenti di polizia giudiziaria, che abbiano notizia (pure se anonima), «anche per indizio», dell’esistenza in qualsiasi locale (pubblico o privato o in qualsiasi abitazione), di armi, munizioni e materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque illecitamente detenute.
A differenza delle perquisizioni previste dal Codice di rito (artt. 352-356), la perquisizione in esame è solo locale (anche domiciliare ed estendibile al mezzo di trasporto) e non anche personale.
- Per la sua intrinseca e inderogabile urgenza (dovuta al pericolo per la sicurezza pubblica discendente dalla illegale detenzione di armi) è effettuata oltre che dagli Ufficiali anche dagli Agenti polizia giudiziaria e sulla base di elementi di prova più generici. Per questa ragione, si ritiene solitamente che, a legittimarla, possa essere anche una notizia anonima o confidenziale.
► Garanzie difensive:
Si applicano le garanzie previste per le perquisizioni locali disciplinate dal codice (artt. 352 e 356 c.p.p.).
- Il difensore ha “facoltà” di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato (art. 356 c.p.p.). Della facoltà di farsi assistere, la stessa Polizia Giudiziaria deve dare notizia all’indagato se presente (art. 114 att.). La presenza del difensore non è però necessaria e, in difetto di nomina, alla Polizia Giudiziaria non è disposto di designare un difensore di ufficio.
- Se la persona vuole farsi assistere da un difensore è opportuno che la Polizia Giudiziaria renda effettivo tale diritto se non vi è pericolo nel ritardo o se questo non comporta un serio intralcio all’espletamento dell’atto (Cass. 27372/06). L’inizio della perquisizione può essere, in tali casi, momentaneamente sospeso per consentire l’intervento del difensore.
► Documentazione e trasmissione:
- Il verbale della perquisizione è trasmeso all’ufficio del Pubblico Ministero non oltre le 48 ore; il P.M. procede, nelle 48 ore successive, alla convalida della perquisizione (e dell’eventuale sequestro).
- I dati della perquisizione vanno inseriti nel CED-SDI.
Perquisizione sul posto
- Tale ipotesi è individuata dall’art. 4 Legge 22 maggio 1975, n. 152 , come modificata dalla Legge 19 marzo 1990, n. 53, recante nuove norme sulla prevenzione della delinquenza mafiosa (non espressamente richiamata dall’art. 225 att.) e concerne le perquisizioni realizzate «sul posto», nel corso di "operazioni di polizia", da Ufficiali e Agenti di polizia giudiziaria.
In particolare, a norma del suddetto articolo, in casi eccezionali di necessità e urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell’Autorità giudiziaria , la Polizia giudiziaria (U.P.G. e A.P.G.) può procedere, oltre che alla identificazione, all’immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, nei confronti di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo, non appaiono giustificabili.
► Presupposti per poter procedere alla perquisizione sul posto:
- sia in corso una operazione di polizia (=operazione a vasto raggio od operatzione ordinaria svolta da pattuglie), e non si tratti, perciò, di iniziativa occasionale (estemporanea) del singolo Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria;
- ricorrano casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consente un tempestivo intervento del Pubblico Ministero;
- Ad esempio, richiedere l’autorizzazione telefonica al magistrato competente renderebbe vana la perquisizione alla quale è invece urgente (il ritardo ne comprometterebbe l’esito) e necessario (indispensabile) procedere, in vista del raggiungimento dello scopo dell’atto. Si pensi al fondato motivo, da parte del personale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera, di ritenere che a bordo di una nave da pesca si trovi materiale esplodente che potrebbe essere utilizzato per l’illecito esercizio della pesca ove non si procedesse alla perquisizione.
- la perquisizione sia rivolta all'accertamento dell'eventuale possesso di armi, materie esplodenti e strumenti di effrazione.
► Modalità esecutie:
- è eseguita su persona, il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di tempo e di luogo, non appare giustificabile;
- Si pensi, ad esempio a chi con atteggiamento sospetto si avvicina a stazioni marittime oppure d una nave ormeggiata in porto o a stazioni ferroviarie, con involucri sospetti....
- si può estendere al mezzo (= nave, unità da diporto) usato dalla persona per giungere sul posto;
- può essere eseguita (o proseguita), se la persona da perquisire vi consente, in Ufficio di polizia (per evidenti esigense di riservatezza).
► Garanzie difensive:
- il difensore ha facoltà di assistervi senza diritto di essere preventivamente avvisato; se l’indagato vuole farsi assistere da un difensore è opportuno che la Polizia Giudiziaria renda effettivo tale diritto se non vi è pericolo nel ritardo o se questo non comporta un serio intralcio all’espletamento dell’atto.
► Documentazione e trasmissione:
- La perquisizione sul posto è documentata mediante Verbale che viene consegnato in copia all’interessato e trasmesso, entro 48 ore, al Pubblico Ministero per la convalida (art. 13 Cost.);
- se la perquisizione è stata estesa al mezzo di trasporto e per essa è stato redatto un autonomo Verbale, di questo non è prevista la consegna all’interessato.
- I dati della perquisizione vanno inserite nel CED-SDI.
La disciplina appena esposta si applica, per espresso richiamo dell’art. 4 L. 152/75, anche alle perquisizioni eseguite dai "militari delle FF.AA." (a disposizione dei Prefetti), nell’ambito di operazioni di sicurezza e controllo del territorio, per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e, in particolare, all’accertamento dell’eventuale possesso di armi, esplosivi al fine specifico di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità delle popolazioni, la sicurezza dei luoghi o delle infrastrutture.
Perquisizione per la prevenzione e repressione del traffico di stupefacenti
- I presupposti delle operazioni di polizia in corso e della particolare necessità o urgenza accomunano la tipica perquisizione sul posto alle perquisizioni per la “prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti”.
E’ la perquisizione, sia "personale che locale", che gli Ufficiali di polizia giudiziaria (e NON anche l’Agente) possono compiere per ricercare sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi delle disposizioni contenute all’art. 103 T.U. approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 .
► Presupposti:
Presupposti per procedere alla perquisizione è che:
- sia in corso una "operazione di polizia" e non si tratti, perciò, di iniziativa estemporanea del singolo Ufficiale di polizia giudiziaria;
- deve sussistere il "fondato motivo" di ritenere che, mediante la perquisizione, possano rivenirsi sostanze stupefacenti o psicotrope
- ricorrano motivi di particolare necessità e urgenza tali da non consentire neppure di richiedere l’autorizzazione telefonica alla perquisizione al Magistrato competente.
► Modalità di esecuzione:
- L'Ufficiale di polizia giudiziaria, prima di procedere alla perquisizione, può (ma non deve) invitare a consegnare la droga. Se la droga è presentata, non si procede a perquisizione, salvo che si ritenga utile farlo per la completezza delle indagini (art. 248, comma 1).
- Può essere iniziata anche "in tempo di notte" salvo che non si tratti di perquisizione da effettuiare preso il domicilio. In tal caso non può essere iniziata prima delle ore 7 e dopo le ore 20. Fuori di tali limiti temporali può essere eseguita solo quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito.
- La perquisizione su "delega" dell’Autorità giudiziaria in un’abitazione o nei luoghi chiusi ad essa adiacenti, può essere effettuata esclusivamente da Ufficiali di polizia giudiziaria tra le ore 7 e le ore 20. I suddetti limiti temporali possono essere "derogati" con ordine scritto del Magistrato oppure di propria iniziativa dalla Polizia Giudiziaria quando il ritardo nell’esecuzione della perquisizione potrebbe pregiudicarne l’esito.
- La perquisizione, in quanto atto che «invade l’altrui sfera giuridica», intaccando la persona o il patrimonio o il domicilio, è assoggettata a particolari forme di garanzia. L’interessato (che può essere l’indagato o chi ha comunque l’attuale disponibilità del luogo) è "avvisato della facoltà" di farsi rappresentare o assistere da idonea persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea (idonea a essere «testimone ad atti del procedimento»: art. 120 c.p.p.). Quando manca l’interessato, l’avviso suindicato è rivolto ad un congiunto, un coabitante o un collaboratore ovvero, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci (art. 250 comma 2). Quando mancano le persone suindicate si procederà comunque alla perquisizione dando atto nel Verbale della situazione e degli atti (esempio forzatura di porta) necessariamente compiuti per introdursi nel luogo e per poi assicurarlo. L’Ufficiale di polizia giudiziaria può ordinare, enunciando nel Verbale i motivi, che taluno, presente o sopraggiunto nel corso della perquisizione, non si allontani dal luogo prima che le operazioni siano concluse. Chi trasgredisce all’ordine è trattenuto o ricondotto coattivamente su posto (art. 250 comma 3) e può rispondere del reato di cui all’art. 650 c.p.
- L'Uffiiciale di polizia giudiziaria può anche procedere a "perquisizione personale" delle persone presenti o sopraggiunte quando ha fondato motivo di ritenere che su di esse si trovino occultate sostanze stupefacenti o psicotrope (art., 250 comma 3 c.p.p.).
- Possono prevedere, se autorizzate dal Pubblico Ministero del luogo ove la perquisizione deve essere eseguita, anche "esami radiologici".
- La droga rinvenuta a seguito di perquisizione è sottoposta a «sequestro» e custodita secondo quanto prescrivono gli articoli 259 e 260 c.p.p. (si pensi al rinvenimento di ovuli contenenti stupefacenti da fare poi espellere con adeguate terapie).
- Al fine di prevenire e reprimere il traffico di stupefacenti, l’art. 99 D.P.R. 309/90 prevede la possibilità di procedere alla «perquisizione e cattura di navi». La nave italiana da guerra o in servizio di polizia (della Marina e dell’Aeronautica Militare, di una delle cinque Forze di Poliza interforze), che nel mare territoriale o in alto mare, incontra una nave nazionale (anche unità da diporto) può fermarla, sottoporla a vistita e perquisizione del carico, catturarla e condurla in un porto dello Stato o nel porto estero più vicino. Tali attività possono essere compiute quando sussiste il «sospetto» che la nave sia adibita al trasporto di stupefacenti.
- Il sospetto sussiste anche quando la nave"viaggia con fari spenti", non risponde alle segnalazioni o pendola prolungatamente lungo lo stesso tratto di mare.
- Le perquisizioni personali degli occupanti della nave e quelle delle cabine seguono la disciplina del Codice di rito.
- I poteri di fermo, visita, perquisizione e cattura possono essere esercitati anche su aeromobili e navi non nazionali che si trovano in acque territoriali o entro i limiti previsti dalle norme internazionali. L’art. 5 D.P.R. 309/90 (Controllo e vigilanza) – Legge 22 dicembre 1975, n. 685, n. 3 stabilisce che per l’esercizio del controllo e della vigilanza il Ministero della Sanità si avvale normalmente dei nuclei specializzati dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, della Guardia di Finanza, della Forza Armata dei Carabinieri e, nei casi urgenti, di qualsiasi Ufficiale e Agente della forza pubblica.
- Per quanto riguarda il «controllo sulle navi» e sugli aeromobili l’azione è coordinata con le Capitanerie di Porto o con i comandi di aeroporto.
► Garanzie difensive:
- Il difensore ha facoltà di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato, trattandosi normalmente di c.d. “atto a sorpresa”, della facoltà di farsi assistere, l'Ufficiale di polizia giudiziaria deve dare notizia all’interessato se presente (art. 114 att.).
► Documentazione e trasmissione:
- La perquisizione (e l'eventuale sequestro) è documentata mediante Verbale che viene consegnato in copia all’interessato e trasmesso, senza ritardo e comunque entro 48 ore, al Pubblico Ministero per la convalida.
- I dati della perquisizione vanno inserite nel CED-SDI.
Perquisizione per il contrasto della immigrazione clandestina
- La perquisizione compiuta per il “contrasto della immigrazione clandestina” (art. 12 comma 7 Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ), è la "perquisizione locale", ivi compresa quella domiciliare, che gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria che operano nelle province di confine e nelle acque territoriali, possono compiere per prevenire e reprimere condotte dirette a violare le norme sull’ingresso e la permanenza di stranieri nel territorio dello Stato.
► Presupposti:
- Sia in corso una "operazione di polizia" strumentale al contrasto dell'immigrazione clandestina (non deve trattarsi, perciò, di iniziativa estemporanea del singolo Ufficiale di polizia giudiziaria) disposta nell’ambito delle direttive impartite dal Ministro dell’Interno per il controllo delle frontiere e la vigilanza marittima o terrestre (art. 11 comma 3 D.lgs. 286/98)
- sussista il fondato motivo, deducibile anche da specifiche circostanze di tempo o di luogo, di ritenere che mezzi di trasporto e cose trasportate possano essere utilizzati per la commissione di reati collegati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
► Modalità esecutive:
- Valgono le disposizioni delle perquisizioni tipiche locali e, in specie quelle che, quando il ritardo può pregiudicarne l’esito, consentono la perquisizione sui mezzi di trasporto adibiti ad abitazione (c.d. perquisizioni nel domicilio) anche in tempo di notte (prima delle ore sette e dopo le ore venti)
► Garanzie difensive:
- Si applicano le garanzie previste per le perquisizioni personali e locali disciplinate dal Codice (artt. 352 e 356 c.p.p.)
► Documentazione e trasmissione:
- Le operazioni di perquisizione (e di eventuale sequestro) sono documentate mediante Verbale.
- La legge non precisa se l’Ufficiale di polizia giudiziaria debba procedere alla consegna di copia del verbale all’interessato. Il verbale deve contenere tra l’altro, la indicazione dei presupposti richiesti per la esecuzione dell’atto.
- Della perquisizione è data notizia, senza ritardo e comunque entro 48 ore, al Procuratore della Repubblica del luogo ove la perquisizione è avvenuta che, ricorrendone i presupposti, la convalida entro le successive 48 ore.
- I dati della perquisizione vanno inserite nel CED-SDI.
Accertamenti urgenti
- Complesso di atti tipici ed atipici, che, con finalità investigative ed assicurative[1], gli Ufficiali di polizia giudiziaria compiono quando il Pubblico Ministero non può intervenire tempestivamente o prima che lo stesso non abbia assunto la direzione delle indagini, e sussiste il pericolo (=timore) che, prima di tale intervento, siano soggetti a modificazione lo stato delle persone, dei luoghi, delle cose pertinenti al reato oltre che le tracce di questo.
- Si pensi, ad esempio, al reato di violazione di sigilli (art. 249 c.p) di un manufatto sottoposto a precedente provvedimento di sequestro penale.
Nel procedimento davanti al "Giudice di Pace", la Polizia Giudiziaria, se autorizzata da Pubblico Ministero, può procedere agli accertamenti urgenti anche fuori delle situazioni di urgenza (art. 13 D.lgs. n. 274/2000).
Per la esecuzione materiale degli accertamenti, gli Ufficiali di polizia giudiziaria possono avvalersi dell’ausilio degli Agenti, ma debbono essere presenti durante le oprerazioni relative.
La Polizia Giudiziaria può avvalersi di «ausiliari» quando deve eseguire accertamenti, rilievi (fotografici, segnaletici, descrittivi) e operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche (art. 348 comma 4 c.p.p.)
- Gli accertamenti urgenti presuppongono il compimento di una "attività generica di conservazione" che la Polizia Giudiziaria svolge, non appena acquisita la notizia di reato per la ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché per la conservazione di esse e dello stato dei luoghi (c.d. fermo reale). L’attività generica di conservazione è contestuale o precedente rispetto agli accertamenti urgenti e consiste, in particolare, nel curare che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del Pubblico Ministero (art. 354 comma 1).
- Ad esempio, quando un Ufficiale di polizia giudiziaria, giunge sul luogo del fatto, in casi di urgenza deve dare disposizioni per isolarlo, evitare anche involontariamente modificazioni, osservarlo e descriverlo. Deve fare molta attenzione a non toccare direttamente gli oggetti e non disperdere le tracce rilevabili. In ciò consiste l’attività generica di conservazione.
► Modalità di esecuzione:
Una volta compiuta l’attività di conservazione, l’Ufficiale e l’Agente di polizia giudiziaria (nei soli casi previsti dall’art. 113 att. c.p.p.), possono procedere, di propria iniziativa, agli accertamenti urgenti (rilievi, ispezioni di luoghi e di cose, sequestri) se l’intervento del P.M. non può essere tempestivo o prima che lo stesso non abbia assunto la direzione delle indagini, e se il ritardo rende probabile la alterazione, la modificazione o la distruzione dell’oggetto di indagine.
- Può pensarsi, ad esempio, al caso del rilevamento di impronte plantari o di pneumatico lasciate sulla spiaggia a seguito di furto di sabbia (artt. 52 e 1162 cod. nav. e 624 c.p.), che andrebbero disperse a seguito del sopraggiungere dell’alta marea o della pioggia.
Se del caso sequestrano (art. 354, comma 2 c.p.p.) il corpo del reato e le cose a questo pertinenti. [2]
Se gli accertamenti comportano il prelievo di "materiale biologico" (capelli, unghie, sangue, saliva, urina, ecc.), e manca il consenso dell’interessato, la Polizia Giudiziaria procede al «prelievo coattivo» nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, dal Pubblico Ministero (art. 349, 2 bis)[3]
► Garanzie difensive:
Il difensore ha facoltà di assistere senza diritto di essere preventivamente avvisato, trattandosi normalmente di c.d. “atto a sorpresa”, della facoltà di farsi assistere, la stessa Polizia Giudiziaria deve dare notizia all’indagato se presente (art. 114 att.).
La presenza del difensore non è necessaria e, in difetto di nomina, alla Polizia Giuidiziaria non è imposto di designare un difensore di ufficio. Se l’indagato vuole farsi assistere da un difensore, è opportuno, che la Polizia Giudiziaria renda effettivo tale diritto se non vi è pericolo (=timore) nel ritardo o se questo non comporta un serio intralcio all’espletamento dell’atto. L’inizio dell’accertamento può essere, in tali casi, temporaneamente sospeso per consentire l’intervento del difensore.
► Documentazione e trasmissione:
L’attività svolta è documentata mediante "Verbale integrale" (art. 357 comma 2, lett. e) il quale viene redatto contestualmente o immediatamente dopo.
Nel caso in cui abbia proceduto a sequestro, la Polizia Giudiziaria enuncia nel relativo Verbale il motivo del provvedimento e ne consegna copia alla persona alla quale le cose sono state sequestrate (art. 355 c.p.p).
La documentazione è posta a disposizione del Pubblico Ministero (art. 357 comma 4 c.p.p.), previa conservazione di una copia, e se non è intervenuto sequestro (art. 355 comma 1 c.p.p.), va trasmessa senza ritardo.
- Quando si tratta, ad esempio, di reato perseguibile a querela (art. 15 lettera e Legge n. 963/65 e succ. modif.), la documentazione relativa agli accertamenti urgenti svolti (filmati, rilievi fotografici, schizzi, planimetrie, ecc.) va trasmessa solo se il Pubblico Minuistero ne fa richiesta (art. 112 att. c.p.p.)
La documentazione è conservata nel fascicolo delle indagini presso l’ufficio del Pubblico Ministero. Copia di essa è conservata presso gli Uffici di poliiza (art. 115 att. c.p.p.)
I dati dell’accertamento urgente vanno inseriti nel CED-SDI.
Nella maggior parte dei casi l’accertamento urgente è un atto “non ripetibile” (cioè per sua natura non rinnovabile), e, come tale, ha una utilizzabilità piena fuori del dibattimento e anche nel dibattimento.
Nella vasta categoria degli "accertamenti urgenti" rientrano:
- sequestri [4] ;
- ispezioni di luoghi e cose (c.d. sopralluogo);
- ispezioni per la prevenzione e repressione di delitti di criminalità organizzata;
- ispezioni per la prevenzione e repressione del traffico di stupefacenti;
- ispezioni personali;
- rilievi, le operazioni tecniche e altri tipi di accertamento.
Nelle indagini dirette riveste altresì grande importanza il «sopralluogo» cioè quel complesso di operazioni, dirette ad individuare, raccogliere e fissare tutti gli elementi utili alla ricostruzione dell’evento e alla identificazione del colpevole.
[1] Gli accertamenti urgenti hanno caratteristiche varie, e possono avere sia finalità investigative (ad esempio, le ispezione dei luoghi) sia finalità assicurative (ad esempio, il sequestro del corpo di reato); possono consistere in atti tipici (come le ispezioni dei luoghi o delle cose, ovvero il sequestro del corpo del reato o delle cose a questo pertinenti) ovvero atipici (come i rilievi e le operazioni tecniche sullo stato dei luoghi delle cose o delle persone: il rilevamento di impronte, la estrazione di una scheggia dal corpo di un ferito, il prelevamento di sabbia dal demanio marittimo, ecc.).
[2] Il sequestro è previsto obbligatoriamente per gli immobili in cui sono stati rinvenuti armi da sparo, esplosivi o ordigni esplosivi o incendiari, a norma dell’art. 3 della legge 8 agosto 1977, n. 533 sull’ordine pubblico.
[3] Art. 349, 2 bis: inserito dall’art. 10, comma 1, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, n. 155.
[4]Si tratta di atti tipici disciplinati dagli articoli artt. 354, 355, 365, 253 e segg. c.p.p.
Accertamenti urgenti: modus operandi
► Modalità operative (modus operandi)
- Quando la Polizia Giudiziaria giunge sul luogo del fatto deve dare disposizioni per isolarlo, evitarne anche involontariamente modificazioni, osservarlo e descriverlo. Deve fare molta attenzione a non toccare direttamente gli oggetti e a non disperdere le tracce rilevabili. In ciò consiste quella che si è definita “attività generica di conservazione”;
- una volta compiuta l’attività di conservazione, si procederà agli "accertamenti urgenti" (rilievi, ispezioni non personali…) solo se l’intervento del Pubblico Ministero può avvenire in un momento tanto successivo da rendere probabile la alterazione, la modificazione o la distruzione dell’oggetto di indagine.
- Può farsi, ad esempio, il caso del rilevamento di tracce di sangue lasciate sulla spiaggia, luogo facilmente accessibile o non protetto rispetto a modificazioni dipendenti dalle condizioni meteorologiche.
- quando procede ad ispezioni dei luoghi, la Polizia Giudiziaria può ordinare, enunciando nel Verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le ispezioni siano concluse;
- quando il Pubblico Ministero non interviene, autorizza la Polizia Giudiziaria a rimuovere un cadavere ed a procedere ai rilievi che lo concernono; tali rilievi possono essere compiuti dalla Polizia Giudiziaria anche di iniziativa (ad esempio, perché si teme la sparizione delle tracce del reato per fenomeni di putrefazione);
- l’esistenza dei "presupposti" per l’accertamento urgente (pericolo di dispersione, alterazione o modificazione delle tracce, luoghi e cose) deve essere motivata e risultare dal Verbale;
- la Polizia Giudiziaria può compiere "rilievi esteriori" sulla persona. Non può però compiere ispezioni personali. Consegue da ciò che la Polizia Giudiziaria può accertare segni o tracce utili (macchie tatuaggi, ecchimosi); rilevare l’età apparente di una persona; rilevare il colore, l’odore, lo stato di conservazione, le mutilazioni, la sede, l’atteggiamento, le lesioni,le macchie, l’abbigliamento, i connotati salienti.
Non rientrano invece nei rilievi puramente esteriori e, pertanto non possono essere compiuti dalla Polizia Giudiziaria ad esempio, i rilievi che devono essere compiuti su parti del corpo non esposte normalmente alla vista altrui, specialmente nel caso in cui ciò può imporre un mancato riguardo all’intimità o al pudore della persona.
- Si pensi, in via di esempio, alla ipotesi in cui il primo intervento sulla spiaggia, dove è stato rilevata la presenza di un cadavere, avvenga ad opera di personale del Corpo delle Capitanerie di Porto (NODM). Richiamato quanto osservato sul punto, in via generale, spetterà ad esempio al personale del Corpo delle Capitanerie di porto intervenuto, procedere sia all’attività generica di conservazione che agli accertamenti e rilievi necessari anche avvalendosi di ausiliari. E’ ovvio, peraltro, che il successivo intervento di Ufficiali di polizia giudiziaria a "competenza generale" (Polizia di Stato, Carabinieri, ecc.) consentirà al personale del Corpo delle Capitanerie di porto di limitare la propria attività a quella direttamente ed immediatamente connessa ai propri compiti di istituto. Il personale del Corpo delle Capitanerie di porto dovrà trasmettere al Pubblico Ministero l’informativa sul fatto reato e la documentazione sulle attività svolte.Opererà anche per il personale del Corpo, l’art. 113 att. che consente anche ai semplici Agenti di polizia giudiziaria di compiere gli accertamenti urgenti in casi di particolare necessità e urgenza.
- I dati delle ispezioni vanno inserite nel CED-SDI.
I rilievi e altri accertamenti
Oltre che in sequestri ed ispezioni (di luoghi e cose), gli accertamenti urgenti previsti dall’art. 354 commi 2 e 3 c.p.p., possono consistere
- in rilievi
- operazioni tecniche ed altri tipi di accertamento
In tema di accertamenti è utile fare qualche precisazione terminologica, relativamente ai rapporti con i c.d. rilievi. Essi non hanno natura di perizia e mirano a riprodurre su documenti ed a fissare stabilmente aspetti di realtà – esaminati in modo diretto – rilevanti ai fini delle indagini: riguardano la constatazione e raccolta di dati materiali pertinenti al reato e consistono dunque in una attività di semplice «rilevamento» e «conservazione».
Possono essere effettuati con tutti i mezzi a disposizione della scienza e della tecnica, oltre che con la osservazione diretta.
Si distinguono «rilievi descrittivi», «rilievi dattiloscopici» (rilevamento delle impronte digitali), «rilievi antropometrici» (rilevamento delle misure corporee), «rilievi fotografici». I rilievi sono spesso finalizzati all’accertamento dell’identità di un soggetto (rilievi segnaletici).
- Ad esempio, fra gli accertamenti urgenti si rammentano i rilievi fotografici di arenili interessati da operazioni di prelievo abusivo di sabbia; di occupazioni abusive di suolo demaniale marittimo; e i rilievi aeromobili (telerilevamenti) di presenza di prodotto inquinante in mare.
Per il compimento dei rilievi ci si può avvalere dell’operato degli «ausiliari» di polizia giudiziaria, ex art. 348 c.p.p.
Le ispezioni
- Consistono in una attività volta alla ricerca diretta (=osservazione, constatazione e rilevazione) e, in caso positivo, alla consequenziale acquisizione di “tracce di reato” ed degli altri effetti materiali che il reato ha lasciato su persone, luoghi e cose.
Le ispezioni sono effettuate soprattutto durante le indagini preliminari, ad opera della Polizia giudiziaria (art. 354 co. 3 con la esclusione per essa della sola ispezione personale) e dal P.M., ma talvolta avvengono anche nel corso del dibattimento ad opera del Giudice.
I controlli e le ispezioni che possono riguardare sia i mezzi di trasporto che i bagagli e gli effetti personali, si sostanziano in un’attività di osservazione e percezione diretta, che può essere eseguita tanto da Ufficiali che da Agenti di polizia giudiziaria e che posono progredire (=sconfinare) in vere e proprie perquisizioni (eseguite solo dagli Ufficiali di polizia giudiziaria), quando sia necessario in conseguenza dei risultati cui ha indotto l’originario intervento investigativo.
► A seconda dell’oggetto, si distinguono:
- ispezione personale, quando la ricerca delle tracce e degli altri effetti materiali che il reato abbia lasciato (ad esempio, lesioni) è effettuata direttamente su una persona. Questa, a tutela della sua personalità, anche quando non è indagata, ha facoltà di farsi assistere da idonea persona di sua fiducia.
L’atto non può essere compiuto dalla Polizia Giudiziaria (il divieto vale anche nell’ipotesi di attività delegata), incidendo necessariamente sulla dignità e sul pudore di chi vi è sottoposto, sicché, a miglior loro garanzia, è riservato alla A.G., che, può, peraltro, delegare un medico (ad esempio, per rilevare lesioni personali o malattie, prelivo di sangue e urina, ecc,).
Sulle persone, la Polizia Giudiziaria può peraltro compiere consensualmente o anche coattivamente - ricorrendo i consueti presupposti della necessità e dell’urgenza - accertamenti e rilievi esteriori diversi dalla ispezione personale (poiché il cadavere non è considerato persona, su di esso possono essere eseguiti anche atti di ispezione purché sussistano i presupposti che legittimano l’accertamento urgente).
- Per «rilievi esteriori», si intendono tutte le attività di osservazione e descrizione che, per un verso, non comportano restrizioni fisico-morali alla libertà del soggetto e, per un altro, non si attuano attraverso medodi invasivi della sfera corporale del soggetto stesso.
- Rientrano, ad esempio, tra i rilievi esteriori l’accurata descrizione, da parte della Polizia Giudiziaria, di una persona o di parti del suo corpo; l’accertamento sulla persona di segni o tracce utili (macchie, tatuaggi, segni di lotta, ecchimosi, escoriazioni, voglie, ecc.); il rilievo dell’età apparente, i connotati salienti, il colore, l’odore, lo stato di conservazione, l’altezza, le mutilazioni e l’atteggiamento di una persona. Tra i rilievi esteriori infine possono farsi rientrare anche il rilevamento di impronte, l’applicazione di procedure per l’accertamento di residui da sparo (mediante stubs).
Non rientrano fra i rilievi esteriori (e pertanto non possono essere compiuti dalla Polizia Giudiziaria) i rilievi che devono essere compiuti su parti del corpo, che non essendo esposte normalmente alla vista altrui, determinano un mancato riguardo all’intimità o al pudore della persona. In questi casi si è in presenza di rilievi invasivi o di rilievi che incidono sulla libertà morale.
- Rientrano, ad esempio, tra i rilievi vietati alla Polizia Giudiziaria gli accertamenti medici invasivi e cioè quelli che richiedono la somministrazione di sostanze oppure la introduzione di sonde o di altri strumenti nel corpo della persona sottoposti all’esame (prelievo di materiale biologico, di acido desossi ribonucleico (D.N.A.).
Tali rilievi invasivi possono essere effettuati solo dall’Autorità Giudiziaria e la loro effettuazione può avvenire coattivamente, ossia anche in mancanza del consenso dell’interessato esclusivamente nei casi e nei modi previsti dlla legge (Corte Cost. 238/96).
- Per limitare i negativi effetti determinati dall’assenza di una normativa organica sui prelievi coattivi di materiale biologico, il legislatore ha dettato ultimamente (artt. 349. comma 2 e 354. comma 3 e art. 10. comma 4 quater D.L. 27.7.2003, n. 144 conv. nella Legge 31 luglio 2005, n. 155 ) previsioni urgenti che legittimano alcuni di tali prelievi (anche coattivi) e, segnatamente, quelli di capelli e saliva, nei confronti di persone sospette o indagate nel corso di accertamenti diretti alla sua identificazione.
Al prelievo coattivo la Polizia Giudiziaria può procedere solo previa autorizzazione del Pubblico Ministero, che deve essere data per iscritto oppure anche oralmente con successiva conferma scritta.
- ispezione locale, quando la ricerca è effettuata nel domicilio o anche in altri luoghi;
- ispezione reale, quando è eseguita su una cosa (ad esempio, la ricerca di impronte sulla carrozzeria di un’autovettura);
In tutti i tipi di ispezione, il "difensore" ha sempre e comunque il diritto di assistere all’atto. Ha diritto al "preavviso" per le ispezioni disposte dal Giudice e, tranne i casi di assoluta urgenza, per quelle compiute dal P.M. o, per sua delega, da un Ufficiale di polizia giudiziaria. Non ha, quindi, diritto al preavviso per tutte le ispezioni compiute «di iniziativa» dalla Polizia Giudiziaria, tutte legittimate solo da quella urgenza.
L’ispezione è documentata mediante Verbale. Il Verbale è consegnato all’interessato e inviato al PM entro 48 ore.
- La Polizia Giudiziaria non può procedere né di iniziativa né su delega ad ispezioni negli uffici dei difensori (art. 103).
Casi speciali di ispezioni
La Polizia Giudiziaria può procedere a ispezioni anche in taluni casi espressamente previsti da leggi speciali che, a seconda della finalità, si possono distinguere in:
- ispezioni per la prevenzione e repressione del traffico di stupefacenti (art. 103 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 )
Hanno per oggetto mezzi di trasporto, bagagli ed effetti personali, che può essere effettuata in ogni luogo da Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria quando si ha il fondato motivo di ritenere che, mediante la ispezione, possano rinvenirsi sostanze stupefacenti o psicotrope. E’ necessario che sia in corso un’operazione di polizia e non si tratti perciò di iniziativa estemporanea del singolo Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria. Valgono le stesse modalità esecutive previste dal codice di rito per le ispezioni di polizia giudiziaria.
- ispezioni per il contrasto della immigrazione clandestina (art. 12, comma 7 Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 )
Rientarno tra le ispezioni locali, ivi compresa quella domiciliare, che Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria possono compiere per prevenire o reprimere condotte dirette a violare le norme sull’ingresso e la permanenza di stranieri nel territorio di confine e nelle acque territoriali.
E’ necessario che sia in corso un’operazione di polizia (non deve trattarsi perciò di iniziativa estemporanea del singolo Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria) strumentale al contrasto dell’immigrazione clandestina e disposta nell’ambito delle direttive date dal Ministro dell’Interno per il controllo delle frontire e vigilanza marittima e terrestre (art. 11 comma 3 D.lgs. 286/1998) e sussista il fondato motivo, deducibile anche da specifiche circostanze di tempo o di luogo, di ritenere che mezzi di trasporto o cose trasportate possano essere utilizzati per la commissione di reati collegati al favoreggiamento della immigrazione. Valgono le stesse modalità esecutive previste dal codice di rito per le ispezioni di polizia giudiziaria.
Il sopralluogo
Nelle "indagini dirette" riveste grande importanza il «sopralluogo» cioè quel complesso di operazioni, dirette ad individuare, raccogliere e fissare tutti gli elementi utili alla ricostruzione dell’evento e alla identificazione del colpevole.
Il sopralluogo è di competenza del Pubblico Ministero, ma l’Ufficiale di polizia giudiziaria collaborato dall’Agente qualora ritenga che possano alterarsi, disperdersi o modificarsi, le cose, le tracce ed i luoghi o qualora il Pubblico Ministero non possa intervenire tempestivamente, provvede ad effettuarlo personalmente, preavvisando il magistrato e facendo specifico cenno nel Verbale dei motivi per cui ha provveduto ad eseguire il sopralluogo ed effettuare l’eventuale sequestro del corpo del reato o di cose ad esso pertinenti.
- Appena giunto sul posto, l’Ufficiale di polizia giudiziaria (collaborato dall’Agente di polizia giudiziaria) :
- curerà che lo stato dei luoghi e delle cose da lui trovato, non venga mutato da alcuno;
- provvederà a piantonare e isolare la località, facendo allontanare tutte le persone estranee, per evitare danno alla conservazione delle tracce e alla posizione delle cose.
L’Ufficiale di polizia giudiziaria, per isolare, potrà avvalersi della «banda di plastica», a righe bianche e rosse (riportante ad esempio, la scritta Guardia Costiera) o di quanto altro possa essere utile.
Il "Verbale di sopralluogo" è diviso in 5 parti, lo scopo è di dare una chiara rappresentazione dell’ambiente dove si svolse il fatto e di permetterne l’esatta ricostruzione anche a distanza di tempo.
- La prima parte comprende le indicazioni di carattere generale comuni a qualsiasi verbale:
- data e ora di inizio;
- generalità, il grado e la qualifica dell’Ufficiale di polizia giudiziaria che dirige le operazioni ed i suoi collaboratori;
- indicazione del Comando di appartenenza;
- indicazione del luogo ove viene effettuato;
- generalità delle persone che hanno denunciato il fatto, ovvero come si è venuti a conoscenza del fatto. Si deve evitare qualsiasi giudizio personale (esempio, .... «il sopralluogo è stato effettuato perché è stato commesso un omicidio, un furto, ecc.», ma in particolare, perché è stato rinvenuto un cadavere, scoperta una effrazione, ecc.: la dimenticanza di uno dei predetti elementi porterebbe alla nullità dell’atto).
- La seconda parte riguarda la descrizione vera e propria, la parte più importante del verbale ai fini della riproduzione dell’ambiente in cui l’evento si è verificato.
Si procede dal generale al particolare, da destra a sinistra, dall’avanti all’indietro, dal basso verso l’alto. Questa parte dovrà essere redatta in modo da permettere a chi ne prenda visione, pur senza essere stato sul posto, di avere una rappresentazione esatta dell’ambiente e del suo contenuto; consentire in ogni tempo la ricostruzione e rievocazione delle condizioni ambientali proprie al momento in cui si effettuò il sopralluogo.
- La terza parte rappresenta l’utile complemento della parte seconda, in quanto si elencano tutti i rilievi (topografici, plastici, planimetrici, fotografici, allegati al verbale) che sono stati compiuti senza modificare il contenuto d’ambiente.
- La quarta parte comprende gli stessi argomenti della parte terza, con la differenza, però, che in questa si elencano tutti i rilievi effettuati dopo la modifica delle condizioni di ambiente, per ciò che di anormale possa essere stato riscontrato in conseguenza di tale modificazione.
Di norma, tale modifica è autorizzata dal Pubblico Ministero. Talvolta però, l’Ufficiale di polizia giudiziaria, per motivi di urgenza, può essere costretto a modificare le condizioni dell’ambiente di propria iniziativa.
- La quinta parte contiene l’elencazione degli oggetti repertati. Per «repertamento», si indica quella attività diretta a cercare, individuare, fissare, descrivere, prelevare e conservare qualsiasi cosa tipo oggetti, materiali, tracce, macchie, che risultino o si ritengano in connessione con il reato oggetto delle indagini: personale specializzato è preposto al prelevamento e alla conservazione degli oggetti.
Accertamenti tecnici
A differenza degli "accertamenti urgenti" che consistono in un’attività di tipo ispettivo, gli «accertamenti tecnici» (art. 348, commi 1 e 4 c.p.p.) sono invece atti assimilabili alle “perizie”, e sono disposti o compiuti per acquisire dati e valutazioni sui fatti, situazioni o materie che richiedono particolari conoscenze scientifiche e tecniche.
- Ad esempio, fra gli accertamenti tecnici rientrano quelli volti a stabilire se si è in presenza di un falso documentale o di monete (lampada di Wood) ovvero quelli volti a stabilire, in caso di inquinamento in ambito portuale, le responsabilità dei comandanti di navi, attraverso la comparazione tra un campione di sostanza inquinante rilevato in prossimità al punto di stazionamento di una motocisterna ed il conseguente prelievo di un campione effettuato all’interno della cassa sloop della stessa unità ad opera del servizio chimico del porto o funzionario dell’ASL[1]
La Polizia Giudiziaria non vi può ricorrere quando il compimento di tali atti atipici incide in modo irreversibile sulle scelte del Pubblico Ministero. L’accertamento tecnico è perciò "vietato" alla Polizia Giudiziaria nei casi in cui sia un “accertamento tecnico non ripetibile”.
- E’ accertamento tecnico non ripetibile, ad esempio, quello che stabilisce se una certa sostanza, di quantità troppo modesta per poter essere campionata, è o meno stupefacente e l’accertamento comporta naturalmente la distruzione del reperto (Narcotest). In questo caso la polizia giudiziaria non può procedere ad accertamento tecnico.
Quanto alla sua documentazione, ne può essere fatta una semplice “annotazione”. L’atto, previa conservazione di una sua copia, è posto a disposizione del Pubblico Ministero e da questi inserito nel fascicolo delle indagini.
Ha piena utilizzabilità fuori del dibattimento, ma non ha alcuna utilizzabilità diretta nel dibattimento anche se può fornire al Pubblico Ministero lo spunto affinché venga disposta una perizia, per porre domane al perito o ai consulenti tecnici delle parti private, per porre domande o contestare a chi a compiuto l’accertamento tecnico gli esiti dello stesso.
► Agli "accertamenti tecnici" può procedersi anche nel corso di "attività di polizia amministrativa", quando cioè, non esiste ancora una notizia di reato (=notizia i reato in senso tecnico) e non esiste ancora un indagato.
- Può pensarsi ad esempio al caso in cui la polizia amministrativa (Servizio NODM) precede al prelievo di campioni presso uno scarico industriale e, attraverso le analisi, accerta poi la realizzazione di un illecito penale (inquinamento)
Si applicano le garanzie della difesa previste dal Codice (art. 360) quando gli accertamenti modificano in modo irreversibile la situazione preesistente.
► Peraltro, con riguardo ai «prelievi dei campioni» (art. 223 att.) può dirsi:
- delle operazioni di prelievo non va dato avviso all'interessato il quale non ha dirtiio di essere assistito da un difensore. Il diritto all'assistenza difensiva sorgerebbe invece se, al momemento del prelievo, l'interessato avesse già assunto la "qualità di indagato" e il prelievo fosse perciò "un'attività di polizia giudiziaria" e non di polizia amministrativa. In tale ipotesi, infatti, il prelievo equivarebbe a un «accertamento urgente/ispezione» che impone le "garanzie difensive" previste dall'art. 354 e 356 c.p.p. se l'atto è compiuto dalla Polizia Giudiziaria a iniziativa (con diritto del difensore di assistere senza avviso) o dall'art. 354 se l'atto è compiuto dal Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria su delega del P.M. (con diritto del difensore di assistere previo avviso ferma la possibilità che l'avviso sia omesso o dato con particolari modalità quando vi è pericolo di alterazione delle tracce di reato);
- previo "avviso tempestivo" dato anche oralmente, l'interessato o persona di sua fiducia hanno facoltà di presenziare (anche con l'assistenza di un consulente tecnico) alla analisi sui campioni prelevati purché si tratti di analisi delle quali non è prevista (o possibile) la "revisione". Quando è prevista (o possibile) la loro revisione, questa è richiesta dall'interessato e ad essa possono presenziare sia l'interessato che il suo difensore (di fiducia o di ufficio) eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico. Chi presenzia alle analisi o alla loro revisione può formulare richieste, osservazioni, riserve e proporre specifiche indagini (art. 230);
- verbali delle analisi o della revisione delle stesse sono trasmessi al P.M. quando gli viene riferita la notizia di reato (art. 347).;
- se sono state osservate le disposizioni indicate al n. 2, i verbali delle analisi o di revisione delle stesse che "non sono ripetibili" sono raccolti nel «fascicolo per il dibattimento» (art. 341). Se si tratta di analisi o di revisioni "ripetibili", la loro documentazione è invece inserita nel «fascicolo del P.M.» (art. 433).
[1] Per quanto concerne le modalità da rispettare nell’operazione di campionamento per accertamenti di polizia giudiziaria è opportuno che i Comandi concordino preliminarmente con il Ministero gli adempimenti da osservare.
Le sommarie informazioni assunte dall’indagato
- L'indagato non è mai obbligato a rendere "dichiarazioni", giacché, nella libera scelta della sua strategia difensiva (art. 24 comma 2 Cost.), può preferire il silenzio (art. 64).
Le informazioni dell'indagato, così come quelle del potenziale testimone, hanno sempre carattere «sommario», in coerenza con la sommarietà di tutti gli atti delle indagini preliminari, se posta a raffronto con la teorica completezza degli atti di istruzione in sede giurisdizionale.
La Polizia Giudiziaria chiede all'indagato solo "sommarie informazioni", ma non procede ad interrogarlo, perché questo consiste nella contestazione di un reato e dei relativi elementi di accusa. L'interrogatorio è attività del Pubblico Ministero, peraltro da esso delegabile anche alla Polizia Giudiziaria (art. 370 comma 1, modif. dalla Legge 356/1992), e serve a valutare se iniziare l'azione penale di cui egli è titolare (art. 50 e 405).
- Le dichiarazioni dall'indagato alla Polizia Giudiziaria possono rivestire le seguenti forme:
- informazioni assunte dalla Polizia Giudiziaria;
- informazioni sollecitate (assunte) dalla Polizia Giudiziaria sul luogo o nell'immediatezza del fatto-reato, anche in assenza di difensore;
- informazioni ricevute (dichiarazioni spontaneamente rese).
In particolare, le «sommarie informazioni» (art. 350 c.p.p.) rientrano tra gli atti tipici di investigazione "indiretta" mediante il quale gli Ufficiali di polizia giudiziaria (e non anche gli Agenti) assumono, dalla persona sottoposta alle indagini, delle informazioni utili per le investigazioni (ricostruzione del fatto, individuazione del suo autore e ricerca delle fonti di prova). L’indagato non deve trovarsi però in stato di arresto o di fermo (indagato detenuto).
Prima di procedere, l’indagato deve essere invitato a nominare un difensore di fiducia (art. 350 commi 2 e 3) e a dichiarare o eleggere domicilio; in difetto, verrà designato un difensore di ufficio scelto fra gli elenchi a tal uopo predisposti dal “Consiglio dell’ordine forense” (art. 97 comma 3 c.p.p.).
- Il difensore nominato deve essere avvisato tempestivamente e deve presenziare al compimento dell’atto.
Prima di assumere le informazioni (c.d. interrogatorio di polizia), l’Ufficiale di polizia giudiziaria deve verificare l’identità personale dell’indagato.
A differenza "dell’interrogatorio delegato", l’assunzione delle sommarie informazioni dalla persona sottoposta alle indagini, non prevede la contestazione all’indagato del fatto che gli è attribuito e le indicazioni degli elementi di prova esistenti a suo carico né lo invitano ad esporre quanto ritiene utile alla propria difesa (art. 65 c.p.p.).
Prima che siano assunte le informazioni, l’indagato è avvisato, dandone atto nel Verbale, che ha la facoltà di non rispondere alle domande diverse da quelle miranti alla sua identificazione (art. 350, commi 1-4) e che, anche se non risponde, il procedimento seguirà comunque il suo corso.
L’atto è documentato mediante Verbale “riassuntivo complesso”. Generalmente viene compiuto durante il compimento delle operazioni, ma può essere compilato immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze che ne impediscono la documentazione contestuale.
La documentazione dell’atto è posta a disposizione del Pubblico Ministero ed a questi trasmessa, previa conservazione di una copia (art. 115 att.), non oltre il terzo giorno dal compimento dell’atto; verrà poi inserito nel fascicolo delle indagini.
Il verbale di sommarie informazioni ha piena utilizzabilità fuori del dibattimento, e un’utilizzabilità limitata nel dibattimento (solo per le contestazioni). Esso non verrà mai inserito nel fascicolo del dibattimento, a meno che l’atto non sia divenuto irripetibile per morte o infermità mentale dell’indagato: in questo caso è consentita la lettura dell’atto ex art. 512 c.p.p.
Modus operandi
- Solo gli Ufficiali di P.G.
- Presupposti (la cui esistenza va indicata nel Verbale):
- L’atto non può essere compiuto nei confronti dell’arrestato in flagranza o del fermato (l’indagato deve giungere in Ufficio libero);
- L’atto deve essere ritenuto utile ai fini delle investigazioni;
- L’indagato può essere convocato senza particolari formalità (ad esempio, contattandolo telefonicamente per comunicazioni urgenti e procedendo, prima dell’assunzione delle informazioni, agli avvisi obbligatori – al difensore, sulla facoltà di non rispondere….).
- La persona invitata a comparire ha l’obbligo di presentarsi pur se non può esserne disposto l’accompagnamento. Se non si presenta senza giustificato motivo, è responsabile del reato-contravvenzione di cui all’art. 650 c.p..
- Invito all’indagato, a nominare un difensore di fiducia e a dichiarare o eleggere domicilo (art. 161 c.p.p.).
- In difetto di nomina del difensore di fiducia, designazione di un difensore di ufficio da parte dell’Organo di Polizia procedente, con le modalità previste dall’art. 97 c.p.p. (=individuazione “automatica” a opera dell’ufficio centralizzato istituto presso il Consiglio dell’Ordine forense del capoluogo di ciascun distretto di Corte d’appello).
- Pur se ciò non gli è imposto a pena di nullità degli atti successivi, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può fornire all’indagato le informazioni sul diritto alla difesa tecnica di cui all’art. 369-bis c.p.p..
- L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può, a seguito della comunicazione prevista all’art. 369-bis c.p.p., informare l’indagato della obbligatorietà della difesa tecnica e, in caso di designazione del difensore di ufficio, fornirgliene indirizzo e recapito telefonico precisando che ha l’obbligo di retribuirlo salvo che si trovi nelle condizioni economiche – da elencare – per ottenere il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti.
- Il difensore di fiducia (o, in difetto di nomina, quello designato di ufficio) deve essere tempestivamente avvisato e presenziare all’atto.
- Se il difensore di fiducia nominato dall’indagato o quello di ufficio designato dall’Ufficiale di Polizia Giudiziaria non compare o non viene reperito, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può designare direttamente come sostituto altro difensore immediatamente reperibile (art. 97 c.p.p.) rivolgendosi, per l’individuazione, all’ufficio centralizzato istituto presso il Consiglio dell’Ordine forense.
- Prima di assumere le informazioni (c.d. interrogatorio sul merito), l’Ufficiale di polizia giudiziaria verifica la identità personale dell’indagato.
- L’Ufficiale di polizia giudiziaria invita l’indagato a dichiarare le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza, domicilo…ecc.) e le altre notizie che possono valere a identificarlo (come la paternità e lo stato – coniugato, celibe…ecc.) e le infornmazioni specificate nell’art. 21 att..
- La persona indagata viene "ammonita" delle conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità (art. 651 c.p.) o le dà false (artt. 495 e 496 c.p.).
- Esaurite tali formalità e sempre prima di assumere sommarie informazioni, l’Organo procedente avverte l’indagato, dandone atto nel verbale che:
- le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
- ha facoltà di non rispondere alle domande (salvo che con riferimento alle richieste concernenti la sua identita) sulla “responsabilità propria” (c. d. diritto al silenzio), ma, se anche non risponde, il procedimento seguirà il suo corso;
- se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la “responsabilità di altri”, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone (art. 197 e 197 bis c.p.p.) con conseguente perdita del suo diritto al silenzio e obbligo di rispondere secondo verità se non vuole incorrere in sanzioni penali che , generalmente, riguardano i delitti di:
- falsa testimonianza (art. 372 c.p.)
- favoreggiamento personale (art. 378 c.p.)
- false informazioni al Pubblico Ministero (art. 371 bis c.p.)
- false dichiarazioni al difensore (art. 371-ter c.p.)
- se l’indagato dichiara di voler rispondere sulla responsabilità di altri, l’Ufficiale di polizia giudiziaria può inserire le relative dichiarazioni nello stesso verbale oppure può concludere l’atto e assumere, in separato Verbale, le dichiarazioni del soggetto divenuto, per questa parte, un potenziale “testimone assistito”;
- Nel merito, a differenza dell’interrogatorio (art. 65 c.p.p.), l’assunzione di sommarie informazioni non prevede la contestazione all’indagato del fatto che gli è attribuito e le indicazioni degli elementi di prova esistenti a suo carico (con la ulteriore ed eventuale comunicazione delle fonti di prova).
- Nel procedimento davanti al «Giudice di Pace» (art. 13 D.lgs. 28/08/200,n. 274), la Polizia Giudiziaria se autorizzata dal Pubblcio Ministero, può procedere anche all’interrogatorio in senso tecnico (art. 65 c.p.p.). Peraltro nell’interrogatorio delegato dal P.M. alla Polizia Giudiziaria, la presenza del difensore è facoltativa.
- Neppure con il consenso dell’indagato, possono essere utilizzati metodi e tecniche (=ipnosi, siero della verità, narcoanalisi…) idonei a influire sulla sua libertà di autodeterminazione oppure ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti (art. 64 comma 2 c.p.p.).
- Documentazione e Trasmissione:
- La redazione del Verbale deve essere contestuale al compimento dell’atto, salvo che non ricorrano insuperabili circostanze che la impediscono e che vanno indicate specificamente (art. 357 comma 3 in relazione art. 373 comma 4 c.p.p.).
- L’atto è documentato mediante "Verbale integrale" o "Verbale riassuntivo complesso" (=con riproduzione fonografica) salvo che non si verifichi una contingente indisponibilità degli strumenti di riproduzione…, nel qual caso è documentato mediante Verbale riassuntivo semplice, che viene trasmesso entro il terzo giorno dal compimento dell’atto al P.M. competente per il deposito nella Segreteria
- Se sussistono gravi motivi, il deposito dell’atto può essere differio non oltre 30 giorni
- Il Verbale può essere corredato da documentazione audiovisiva quando si ritiene insufficiente la documentazione integrale o quella riassuntiva
- Copia del Verbale deve essere conservata presso l’Ufficio/Comando di polizia (art. 115 att.)
- Non è prevista consegna di copia del Verbale all’interessato
- La documentazione è conservata nel fascicolo delle indagini presso l’ufficio del P.M.
- Il Pubblico Ministero con apposito Decreto, anche su segnalazione della Polizia Giudiziaria e purché sussistano specifiche esigenze attinenti alle indagini, può informare l’indagato, che – se non vuole incorrere nelle sanzioni penali previste dall’art. 379 bis c.p. (Rivelazione di segreti inerenti a un procedoimento penale) – gli è fatto divieto di comunicare ad altri i fatti e le circostanze che hanno formato oggetto dell’atto. Il divieto conseguente alla segretazione disposta dal Pubblico Ministero non può avere durata superiore a 2 mesi
- I dati delle sommarie informazioni vanno inserite nel CED-SDI
- I Verbali delle sommarie informazioni hanno utilizzabilità fuori del dibattimento e anche nel dibattimento (=sia per le contestazioni o nei casi di irripetibilità sopravvenuta per forza maggiore)
- Alla Polizia Giudiziaria è fatto divieto di testimoniare sulle dichiarazioni assunte (art. 62 c.p.p.)
- Nel corso del Giudizio, la Polizia Giudiziaria può essere autorizzata a consultare, in aiuto alla memoria, la documentazione redatta (art. 499 comma 5 c.p.p.)
- Responsabilità disciplinari e penali in caso di:
- Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio – art. 326 c.p. (es . Pubblico Ufficiale che violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizi, o comunque abusando dell sue qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza…)
- Violenza privata - art. 610 c.p. (es Pubblico Ufficiale che con violenza e minaccia, costringe ad altri a fare, tollerare… qualche cosa…..)
- Sanzioni disciplinari - art. 16 att. (es. Ufficiali e Agenti di p.g che senza giustificato motivo omettono di riferire…..o comunque violano ogni altra disposizione di legge relativa all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria).
Le notizie e le indicazioni utili assunte dall’indagato
- Atto tipico di investigazione "indiretta", mediante il quale gli Ufficiali di polizia giudiziaria, nella immediatezza o sul luogo del fatto, assumono notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini, dalla persona indagata anche se arrestata o fermata e non può avvalersi dell’assisetenza tecnica di un difensore (art. 350, commi 5 e 6 c.p.p.).
L’atto è legittimamente compiuto anche senza la presenza del difensore: se compiuto senza l’assistenza del difensore, non può essere né documentato né utilizzato, poiché l’utilizzazione dell’atto stesso è solo investigativa.
Trattasi di dichiarazioni "sollecitate" dalla Polizia Giudiziaria (assunte) nella immediatezza cronologica del fatto, anche in luogo diverso dalla sua commissione (ad esempio in Ufficio), ovvero sul luogo del reato, anche se non nella immediatezza della sua consumazione.
Tali particolari circostanze di luogo o tempo legittimano l'assunzione dell'atto anche in mancanza del difensore ed anche nei confronti di indagati in vinculis.
Se il difensore è presente, si procede a redigere verbale, che è, utilizzabile anche in dibattimento, per le contestazioni al dichiarante. Se il difensore è assente (e quindi l'atto difetta delle garanzie difensive), non può essere redatto verbale, sicché a fortiori, mancando l'atto, le dichiarazioni non sono utilizzabili in dibattimento; tuttavia le notizie e le indicazioni utili acquisite sono utilizzabili ai fini dell'immediata prosecuzione delle indagini, ma non ad altri fini (ad esempio, per le ordinanze cautelari o il rinvio a giudizio).
- I dati delle sommarie informazioni assunte dall’indagato vanno inseriti nel CED-SDI.
Modus operandi
- Solo gli Ufficiali di P.G.
- Presupposti (la cui esistenza va indicata nel Verbale):
- L’atto può essere compiuto nella immediatezza o sul luogo del fatto
- Le notizie e le indicazioni possono essere fornite anche dall’indagato in stato di arresto o di fermo
- L’atto deve essere finalizzato ad acquisire notizie e indicazioni utili per la immediata prosecuzione delle indagini
- L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria, può legittimamente procedere al compimento dell’atto anche senza la presenza tecnica del difensore.
- Se l’indagato fa richiesta della difesa tecnica: è opportuno che l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria renda effettivo tale diritto. L’inizio dell’atto può essere, in tali casi, momentaneamente sospeso per consentire l’intervento del difensore
- Invito dell’Ufficiale di Polizia Giudiziaria all’indagato, a nominare un difensore di fiducia e a dichiarare o eleggere domicilo (art. 161 c.p.p.)
- Iin difetto di nomina del difensore di fiducia, designazione di un difensore di ufficio da parte dell’Ufficiale di Polizia Giudiziaria, con le modalità previste dall’art. 97 c.p.p. (=individiazione “automatica” a opera dell’ufficio centralizzato istituto presso il Consiglio dell’Ordine forense del capoluogo di ciascun distretto di Corte d’appello)
- Pur se ciò non gli è imposto a pena di nullità degli atti successivi, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può fornire all’indagato le informazioni sul diritto alla difesa tecnica di cui all’art. 369-bis c.p.p.
- L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può, a seguito della comunicazione prevista all’art. 369-bis c.p.p., informare l’indagato della obbligatorietà della difesa tecnica e, in caso di designazione del difensore di ufficio, fornirgliene indirizzo e recapito telefonico precisando che ha l’obbligo di retribuirlo salvo che si trovi nelle condizioni economiche – da elencare – per ottenere il patrocinio a spese dello Stato per i non abienti
- Il difensore di fiducia (o, in difetto di nomina, quello designato di ufficio) deve essere tempestivamente avvisato e presenziare all’atto
- Se il difensore di fiducia nominato dall’indagato o quello di ufficio designato dall’Ufficiale di Polizia Giudiziaria non compare o non viene reperito, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria può designare direttamente come sostituto altro difensore immediatamente reperibile (art. 97 c.p.p.) rivolgendosi, per l’individuazione, all’ufficio centralizzato istituto presso il Consiglio dell’Ordine forense
- Prima di assumere notizie e indicazioni utili, l’Ufficiale di polizia giudiziaria verifica la identità personale dell’indagato
- L’Ufficiale di polizia giudiziaria invita l’indagato a dichiarare le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza, domicilo…ecc.) e le altre notizie che possono valere a identificarlo (come la paternità e lo stato – coniugato, celibe…ecc.) e le infornmazioni specificate nell’art. 21 att.
- La persona indagata viene ammonita delle conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità (art. 651 c.p.) o le dà false (art. 496 c.p.)
- Esaurite tali formalità e sempre prima di assumere notizie e indicazioni utili, l’Ufficiale di polizia giudiziaria avverte l’indagato (ai sensi dell’art. 64 c.p.p. – Interrogatorio nel merito), dandone atto nel verbale che:
- Le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti
- Ha facoltà di non rispondere alle domande sulla responsabilità propria (c. d. diritto al silenzio), ma, se anche non risponde, il procedimento seguirà il suo corso
- L’indagato ha facoltà di non rispondere alle domande (salvo che con riferimento alle richieste concernenti la sua identita) sulla “responsabilità propria” (c. d. diritto al silenzio), ma, se anche non risponde, il procedimento seguirà il suo corso
- Se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la “responsabilità di altri”, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone (art. 197 e 197 bis c.p.p.) con conseguente perdita del suo diritto al silenzio e obbligo di rispondere secondo verità se non vuole incorrere in sanzioni penali che , generalmente, riguardano i delitti di:
- falsa testimonianza (art. 372 c.p.)
- favoreggiamento personale (art. 378 c.p.)
- false informazioni al Pubblico Ministero (art. 371 bis c.p.)
- false dichiarazioni al difensore (art. 371-ter c.p.)
- Se l’indagato dichiara di voler rispondere sulla responsabilità di altri, l’Ufficiale di polizia giudiziaria può inserire le relative dichiarazioni nello stesso verbale oppure può concludere l’atto e assumere, in separato Verbale, le dichiarazioni del soggetto divenuto, per questa parte, un potenziale “testimone assistito”
- Nel merito, a differenza dell’interrogatorio (art. 65 c.p.p.), l’assunzione di notizie e indicazioni utili non prevede la contestazione all’indagato del fatto che gli è attribuito e le indicazioni degli elementi di prova esistenti a suo carico (con la ulteriore ed eventuale comunicazione delle fonti di prova)
- Nel procedimento davanti al Giudice di Pace (art. 13 D.lgs. 28/08/200,n. 274), la Polizia Giudiziaria se autorizzata dal Pubblcio Ministero può procede anche all’interrogatorio in senso tecnico (art. 65 c.p.p.). Peraltro nell’interrogatorio delegato dal P.M. alla P.G., la presenza del difensore è facoltativa
- Neppure con il consenso dell’indagato, possono essere utilizzati metodi e tecniche (=ipnosi, siero della verità, narcoanalisi…) idonei a influire sulla sua libertà di autodeterminazione oppure ad alterare la capacità di ricordare e valutaere i fatti (art. 64 comma 2 c.p.p.)
- Non sono previste: l’atto è legittimamente compiuto anche senza la presenza del difensore. Il tenore letterale dell' art. 350 comma 5 non esclude che il difensore possa essre presente. Se il difensore presente e l'atto viene documentato (oltre che compiuto) a esso si applicano, in quanto compatibili, le indicazioni fornite dall'art. 350 commi 1 e 4 c.p.p.)
- Documentazione e Trasmissione:
- Se compiuto senza la presenza del difensore, l’atto non può essere né documentato né utilizzato processualmente. In questi casi, perciò, la utilizzazione dell’atto è solo investigativa
- Alla Polizia Giudiziaria è fatto divieto di testimoniare sulle dichiarazioni assunte (art. 62 c.p.p.). Il divieto non riguarda però anche il fatto storico dell'avvenuta dichiarazione (Cass. 11811/97).(Ad esempio, nell’ipotesi in cui il Personale del Corpo – ricevute indicazioni dall’autore del furto (art. 1148 Cod. nav.) – rinviene la refurtiva sulla nave, nell’alloggio del marittimo. Se richiesta, potrà spiegare di essersi portata in questo alloggio perché sollecitata dalle indicazioni dell’indagato. Queste indoicazioni non potranno allora avere in sé alcuna utilizzazione, ma potranno rifluire indirettamente sulle posizioni dell’indagato a seguito dell’esito della perquisizione)
- Anche se le notizie e le indicazioni non possono essere documentate mediante "Verbale" o "Annotazione", nulla impedisce che di esse e del loro contenuto si faccia menzione nella “Relazione di servizio” predisposta dall’Uffciale di polizia giudiziaria. Per questo motivo deve ritenersi che, nel corso del Giudizio, la Polizia Giudiziaria può essere autorizzata a consultare, in aiuto alla memoria, la documentazione redatta (art. 499 comma 5 c.p.p.)
- Può essere opportuno che i dati relativi all’Atto siano inserite nel CED-SDI
Le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato;
- Atto tipico di investigazione "indiretta", mediante il quale la Polizia Giudiziria raccolgie dichiarazioni sul fatto dalla persona indagata che si riduce a renderle in base a una propria «determinazione volitiva» non provocata da fattori esterni e, in particolare, da richieste provenienti dagli stessi Organi di indagine
Bisogna precisare che siano «spontanee» (e cioè non sollecitate da domane) quelle dichiarazioni che non sono precedute da alcuna "contestazione" e, per il loro carattere unilaterale, non costituiscono riposte a domande degli inquirenti.
Le dichiarazioni spontanee, a differenza delle dichiarazioni "assunte", possono essere rese in assenza del difensore ed anche, come le informazioni sollecitate sul luogo o sull'immediatezza del fatto-reato (art. 350 commi 5 e 6), dagli indagati in vinculis.
Il loro carattere di spontaneità induce il legislatore a configurarle come mezzo, liberamente scelto, di «autodifesa», sempre esperibile ex art. 24 comma 2 Cost..
Le dichiarazioni vengono documentate mediante Verbale, e, previa conservazione di una copia, è trasmesso senza ritardo al Pubblico Ministero e da questi conservato nel fascicolo delle indagini.
L’atto ha un’utilizzabilità piena fuori del dibattimento, ma un’utilizzabilità limitata ai soli fini della contestazione nel dibattimento (art. 503 comma 3 e 4), essendo frutto di libera iniziativa difensiva. Esso non passa nel fascicolo del dibattimento, salvi i casi di una sua sopravvenuta irripetibilità per morte o infermità mentale dell’indagato: in tal caso ne è consentita la lettura, ex art. 512 c.p.p.
Modus operandi
- Ufficiali ed Agenti di P.G.
- Presupposti (la cui esistenza va indicata nel Verbale):
- Le dichiarazioni spontanee possono essere rese anche dall’indagato in stato di arresto o di fermo
- Prima di raccogliere le dichiarazioni, l’Ufficiale di polizia giudiziaria verifica la identità personale dell’indagato
- La persona indagata viene ammonita delle conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità (art. 651 c.p.) o le dà false (art. 496 c.p.)
- L’Ufficiale di polizia giudiziaria invita l’indagato a dichiarare le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza, domicilo…ecc.) e le altre notizie che possono valere a identificarlo (come la paternità e lo stato – coniugato, celibe…ecc.) e le infornmazioni specificate nell’art. 21 att.
- Poiché le dichiarazioni spontanee prescindono, proprio perché tali, da ogno forma di sollecitazione o di domanda, la Polizia Giudiziaria non è tenuta a dare all’indagato gli avvisi di cui all’art. 64 c.p.p. (Interrogatorio nel merito)
- Non sono previste: l’atto è legittimamente compiuto anche senza la presenza del difensore
- Documentazione e Trasmissione:
- La redazione del Verbale deve essere contestuale al compimento dell’atto, salvo che non ricorrano insuperabili circostanze che la impediscono e che vanno indicate specificamente (art. 357 comma 3 in relazione art. 373 comma 4 c.p.p.)
- L’atto è documentato mediante Verbale integrale o riassuntivo complesso (=con riproduzione fonografica) salvo che non si verifichi una contingente indisponibilità degli strumenti di riproduzione…,nel qual caso è documentato mediante Verbale riassuntivo semplice, che viene trasmesso entro il terzo giorno dal compimento dell’atto al P.M. competente per il deposito nella Segreteria: se sussistono gravi motivi, il deposito dell’atto può essere differio non oltre 30 giorni
- Il Verbale può essere corredato da documentazione audiovisiva quando si ritiene insufficiente la documentazione integrale o quella riassuntiva
- Copia del Verbale deve essere conservata presso l’Ufficio/Comando di polizia (art. 115 att.)
- Non è prevista consegna di copia del Verbale all’interessato
- La documentazione è conservata nel fascicolo delle indagini presso l’ufficio del P.M.
- Il Pubblico Ministero con apposito Decreto, anche su segnalazione della Polizia Giudiziaria e purché sussistano specifiche esigenze attinenti alle indagini, può informare l’indagato, che – se non vuole incorrere nelle sanzioni penali previste dall’art. 379 bis c.p. (Rivelazione di segreti inerenti a un procedoimento penale) – gli è fatto divieto di comunicare ad altri i fatti e le circostanze che hanno formato oggetto dell’atto. Il divieto conseguente alla segretazione disposta dal Pubblico Ministero non può avere durata superiore a 2 mesi
- I dati delle sommarie informazioni vanno inserite nel CED-SDI
- I Verbali delle dichiarazioni spontanee (anche se rese senza la presenza del difensore) hanno utilizzabilità fuori del dibattimento e anche nel dibattimento (=sia per le contestazioni o nei casi di irripetibilità sopravvenuta per forza maggiore)
- Alla Polizia Giudiziaria è fatto divieto di testimoniare sulle dichiarazioni assunte (art. 62 c.p.p.)
- Nel corso del Giudizio, la Polizia Giudiziaria può essere autorizzata a consultare, in aiuto alla memoria, la documentazione redatta (art. 499 comma 5 c.p.p.)
- Responsabilità disciplinari e penali in caso di:
- Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio – art. 326 c.p. (es . Pubblico Ufficiale che violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizi, o comunque abusando dell sue qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza…)
- Violenza privata - art. 610 c.p. (es Pubblico Ufficiale che con violenza e minaccia, costringe ad altri a fare, tollerare… qualche cosa…..)
- Sanzioni disciplinari - art. 16 att. (es. Ufficiali e Agenti di p.g che senza giustificato motivo omettono di riferire…..o comunque violano ogni altra disposizione di legge relativa all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria).
Le sommarie informazioni delle persone informate sui fatti
Le persone c.d. informate sono i testimoni potenziali (cioè diventeranno testimoni al momento dell'escussione in dibattimento), che sono e persone non inquisite, ma in grado di riferire circostanze utili ai fini della ricostruzione del fatto e dell'individuazione del colpevole.
Tali persone rendono sommarie informazioni in fase investigativa e testimonianza in sede di incidente probatorio (art. 392) o di dibattimento (art. 468). Le relative dichiarazioni avvengono sempre in assenza di difensore, poiché provengono da soggetti non inquisiti.
Qui non rileva la differenza tra dichiarazioni spontanee (ricevute) e dichiarazioni assunte (provocate). Il regime è, pertanto, sempre identico in riferimento alla forma di documentazione e alla valenza probatoria dell'atto.
In ordine alla forma, deve essere sempre redatto verbale (e non già sommariamente annotazione), giacchè l'atto ha sempre potenzialità probatoria.
L’art. 351 c.p.p. disciplina le altre sommarie informazioni utili ai fini delle indagini che la Polizia Giudiziaria (Ufficiali ed Agenti) può ricevere (anche rivolgendo domande) dalla persona offesa, dalla persona danneggiata dal reato e da qualunque persona informata sui fatti per cui si procede (c.d. potenziale testimone) indicazioni e notizie utili ai fini delle indagini.
La persona è ha l’obbligo di rispondere secondo verità circa le proprie generalità. Tale obbligo è sancito nell’art. 651 che punisce come contravvenzione il rifiuto di dare al indicazioni sulla propria identità e su altre qualità personali e nell’art. 495 c.p. che punisce come delitto le false dichiarazioni sulla identità e su qualità personali proprie o altrui.
Le persone sentite a norma dell’art. 351 c.p.p. hanno l’obbligo di rispondere (riferire ciò che sanno interno ai fatti sui quali vengono sentite) La loro reticenza e la loro falsità non sono punite in se stesse salvo il fatto che, nelle concrete circostanze, possa configurarsi come reato di favoreggiamento art. 378 c.p.) o di rifiuto di ufficio (art. 652 c.p.) o di calunnia (art. 368 c.p.).
Sono tuttavia previste delle disposizioni che introducono per taluni soggetti delle eccezioni all’obbligo di rendere informazioni (il segreto).
- Ad esempio non possono essere obbligati a deporre:
- i prossimi congiunti dell’indagato (art. 307 c.p.) [1] salvo che abbiano presentato denuncia, querela;
- i soggetti che devono attenersi al segreto professionale (art. 200 c.p.), come ad esempio, i medici, gli avvocati;
- i pubblici Ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio su ciò che è oggetto di segreto d’ufficio (art. 201) o in caso di fatti coperti dal segreto di Stato (art. 202 c.p.).
L’atto è documentato mediante Annotazione salvo che la Polizia Giudiziaria non ritenga di procedere a verbalizzazione.
L’atto è documentato mediante Verbale quando le informazioni sono assunte da persone informate sui fatti nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto (artt. 357 comma 2 e 373 comma 5).
Previa conservazione di una copia, è trasmesso senza ritardo al Pubblico Ministero e da questi conservato nel fascicolo delle indagini.
Ha un’utilizzabilità piena prima del giudizio se contiene atti irripetibili: dichiarazioni ad irripetibilità originaria (esempio, teste moribondo) e quelle ad irripetibilità sopravvenuta (es. teste successivamente ucciso); e ha utilizzabilità del giudizio dopo le contestazioni nell’ipotesi di dichiarazioni che il testimone ha reso alla Polizia Giudiziaria nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto (art. 500 comma 4); ha utilizzabilità limitata (per effetto delle contestazioni) in giudizio negli altri casi (art. 500 comma 3).
[1] Sono prossimi congiunti: gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, fratelli, sorelle, gli affini nello stesso grado (genero, nuora, suoceri, cognati salvo che sia morto il coniuge e non vi sia prole), gli zii e i nipoti, chi è legato all’indagato da vincoli di adozione, chi conviva come coniuge con l’indagato, il coniuge separato dell’indagato.
Modus operandi
L’art. 351 c.p.p. disciplina le altre sommarie informazioni utili ai fini delle indagini che la Polizia Giudiziaria (U.P.G. e Agenti) può ricevere (anche rivolgendo domande) dalla persona offesa, dalla persona danneggiata dal reato e da qualunque persona informata sui fatti per cui si procede (c.d. potenziale testimone) indicazioni e notizie utili ai fini delle indagini.
Non ne deve essere dato avviso al difensore dell’indagato e l’intervento del difensore non è consentito.
La persona ha l’obbligo di rispondere secondo verità circa le proprie generalità. Tale obbligo è sancito nell’art. 651 che punisce come contravvenzione il rifiuto di dare al indicazioni sulla propria identità e su altre qualità personali e nell’art. 496 c.p. che punisce come delitto le false dichiarazioni sulla identità e su qualità personali proprie o altrui.
Le persone sentite a norma dell’art. 351 c.p.p. hanno l’obbligo di rispondere (riferire ciò che sanno interno ai fatti sui quali vengono sentite) La loro reticenza e la loro falsità non sono punite in se stesse salvo il fatto che, nelle concrete circostanze, possa configurarsi come reato di favoreggiamento art. 378 c.p.) o di rifiuto di ufficio (art. 652 c.p.) o di calunnia (art. 368 c.p.).
Sono tuttavia previste delle disposizioni che introducono per taluni soggetti delle eccezioni all’obbligo di rendere informazioni (il segreto). Ad esempio non possono essere obbligati a deporre:
- i prossimi congiunti[1] dell’indagato (art. 307 c.p.) salvo che abbiano presentato denuncia, querela;
- i soggetti che devono attenersi al segreto professionale (art. 200 c.p.), come ad esempio, i medici, gli avvocati;
- i pubblici Ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio su ciò che è oggetto di segreto d’ufficio (art. 201) o in caso di fatti coperti dal segreto di Stato (art. 202 c.p.).
- Documentazione e trasmissione
L’atto è documentato mediante Annotazione salvo che la Polizia Giudiziaria non ritenga di proceder a verbalizzazione.
L’atto è documentato mediante Verbale quando le informazioni sono assunte da persone informate sui fatti nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto (artt. 357 comma 2 e 373 comma 5).
Previa conservazione di una copia, è trasmesso senza ritardo al Pubblico Ministero e da questi conservato nel fascicolo delle indagini.
Ha un’utilizzabilità piena prima del giudizio; e ha utilizzabilità del giudizio dopo le contestazioni nell’ipotesi di dichiarazioni che il testimone ha reso alla Polizia Giudiziaria nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto (art. 500 comma 4); ha utilizzabilità limitata (per effetto delle contestazioni) in giudizio negli altri casi (art. 500 comma 3)..
- I dati delle sommarie informazioni assunte dai potenziali testimoni vanno inseriti nel CED-SDI.
[1] Sono prossimi congiunti: gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado (genero, nuora, suoceri, cognati salvo che sia morto il coniuge e non vi sia prole), gli zii e i nipoti, chi è legato all’indagato da vincoli di adozione, chi conviva come coniuge con l’indagato, il coniuge separato dell’indagato.
Le informazioni da persona imputata in un procedimento connesso
- E’ l’atto di investigazione "indiretta" mediante il quale gli Ufficiali di polizia giudiziaria (e non anche gli Agenti) ricevono indicazioni e notizie utili alle indagini dalle persone imputate di un reato collegato o in un procedimento connesso, nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente.
La persona è invitata dalla Polizia Giudiziaria ed ha l’obbligo di presentarsi, ma non può essere disposto il suo accompagnamento coattivo.
Prima che abbia inizio l’atto, la persona è avvisata della facoltà di non rispondere. La persona è assistita da un difensore di fiducia o di ufficio, il quale deve essere tempestivamente avvisato e che ha facoltà, ma non l’obbligo, di assistere all’atto.
L’atto è documentato mediante "verbale riassuntivo complesso" durante il suo compimento, o immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze che ne impediscono la documentazione contestuale.
La documentazione dell’atto è posta a disposizione del Pubblico Ministero ed a questi trasmessa, previa conservazione di una copia, non oltre il terzo giorno dal suo compimento. Il Pubblico Ministero provvede poi ad inserirla nel fascicolo delle indagini.
Il verbale è dotato di una utilizzabilità piena fuori del dibattimento, e di una utilizzabilità limitata nel dibattimento, in quanto non passa nel fascicolo del dibattimento, a meno che sia sopravvenuta una irripetibilità dell’atto per morte o infermità mentale della persona che ha reso le dichiarazioni: in questo caso ne sarà consentita la lettura ex art. 512 c.p.p.
Sulle dichiarazioni rese dalla persona imputata in un procedimento connesso o di un reato collegato è però sempre consentita la testimonianza indiretta dell’Ufficiale di polizia giudiziaria che ha redatto il verbale.
Questo specifico atto di investigazione indiretta assume una particolare importanza in quei procedimenti, soprattutto in materia di criminalità organizzata, nei quali assumono un’importanza fondamentale le informazioni portate dai c.d. “pentiti” (o collaboratori di giustizia), che sono coloro che rendono affermazioni e spiegazioni sui fatti che sono attribuibili ai componenti dell’associazione criminosa cui essi stessi appartengono.
- I dati delle informazioni da persona imputata in un procedimento connesso vanno inseriti nel CED-SDI.