La Polizia Giudiziaria deve svolgere le proprie indagini sotto la direzione del Pubblico Ministero, ma può agire anche di propria iniziativa nei casi in cui ciò sia necessario.
Poiché è al P.M che compete la direzione delle indagini è evidente che egli deve essere tempestivamente informato delle «notizie di reato» acquisite dalla polizia giudiziaria.
Le indagini sono strumentali alle determinazioni inerenti all'esercizio o meno dell'azione penale (art. 326 c.p.p.), e, come, tali richiedono che il Pubblico Ministero o la Polizia Giudiziaria abbia ricevuto una notizia di reato (o come si suole dire la notizia criminis) "generica" o "specifica", a seconda che il reato sia stato commesso da una o più persone non identificate o identificate.
L'acquisizione di una notizia di reato, sia pur generica, da parte del Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria è indispensabile perché tali organi possano iniziare le indagini preliminari.
L’aspetto dell’acquisizione della Notizia di reato (=N.d.R) corrisponde al compito di informarsi (=prendere notizia dei reati) e non è esclusivo della Polizia Giudiziaria poiché anche il Pubblico Ministero può prendere notizia dei reati. La notizia di reato può essere “ricevuta” o “acquisita di iniziativa”.
Nel primo caso la Polizia Giudiziaria può pervenire a conoscenza di una notizia di reato "ricevendola" da altri attraverso atti tipici o qualificati, cioé espressamemte disciplinati dal Codice di rito a tale scopo: si parla, in tal caso, di «notizia nominata» =qualificata).
Nel secondo caso, l’acquisisce di iniziativa: ciò accade non solo quando la Polizia Giudiziaria constata direttamente il reato (ad esempio, coglie taluno mentre lo sta commettendo: flagranza di reato), ma anche quando perviene a conoscenza del reato attraverso vie che non sono quelle espressamente disciplinate dal Codice: si parla, allora, di notizia di reato «innominata» o atipica (=non qualificata), cioé non disciplinata dalla legge che si contrappone alle notizie di reato qualificate e proprio a causa della sua natura può assumere forme e contenuto vari
La N.d.R. non può considerarsi acquisita se si è ancora alla ricerca della informazione o si sta svolgendo un’attività di verifica o di controllo su una informazione generica; comme accade quando si sorveglia una determinata zona della costa perché in Capitaneria è giunta voce che colà si commerciano, in tempo di fermo biologico, clandestinamente prodotti ittici.
In questi casi, la Polizia Giudiziaria svolge un ruolo variamente attivo, poiché il veicolo e la fonte dell’informazione appresa non sono qualificati e quindi, a seconda della loro natura, esigono un complesso di verifiche e di indagini prima di assurgere a notizia di reato in senso tecnico.
La notizia di reato deve ritenersi acquisita quando si siano appresi gli elementi essenziali di un fatto costituente reato anche quando non se ne conosce l'autore.
ll Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria non hanno solo il dovere di prendere notizia dei reati di propria iniziativa, ma anche quello di "ricevere" le notizie di reato a essi presentate o trasmesse. Gli articoli 331 - 334 disciplinano, nel titolo II del libro V, la «notizia di reato»:
Mentre nel titolo III, con gli articoli 336-344, sono regolate le «condizioni di procedibilità»:
Si tratta - a parte l'autorizzazione a procedere - di quelle che vengono tradizionalmente definite «fonti qualificate di notizie di reato» (c.d. nominate) in quanto espressamente previste e disciplinate dalla legge processuale.
La denuncia ed il referto hanno una semplice funzione informativa; la querela, la richiesta e l'autorizzazione a procedere condizionano, con riferimento ai reati per i quali sono previste, la procedibilità e cioé il compimento degli atti dell'indagine preliminare, costituendone un presupposto essenziale.
In tema di attività di informazione, si contrappongono alle notizie qualificate di reato, le «notizie non qualificate di reato» (c.d. innominate).
Esse impongono alla Polizia Giudiziaria un ruolo variamente attivo che si sviluppa in una serie di verifiche e di investigazioni preventive finalizzate, tutte , a dare connotazioni di vera e propria notizia di reato a informazioni originariamente imprecise e sommarie o comunque inutilizzabili nel procedimento penale.
E’ l’atto (la dichiarazione) con il quale il Pubblico Ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio o un privato, anche diverso dall’offeso dal reato, ovvero un Ufficiale di polizia giudiziaria, informa il Procuratore della Repubblica, o un Ufficiale di polizia giudiziaria (art. 357 c.p.), di un fatto che possa costituire reato perseguibile d’ufficio (artt. 331 – 333 c.p.p. e art. 1236 Cod.nav.).
Il Pubblico Ufficiale non deve appartenere alla Polizia Giudiziaria: per quest’ultimo, infatti, l’obbligo di riferire la notizia di reato è disciplinato dall’art. 347 c.p.p.
Se la notizia è appresa fuori dell’esercizio e non a causa delle funzioni svolte, si applicano le norme sulla denuncia di privati (art. 333 c.p.). Essa non conferisce al soggetto nessuna potestà di esperire atti di polizia giudiziaria (ad esempio, identificazione, perquisizione, sequestro, arresto).
La presentazione e trasmissione della denuncia (rigorosamente in forma scritta) deve essere fatta dal Pubblico Ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio direttamente al P.M. o a un Ufficiale di Polizia giudiziaria (e non anche ad un Agente di P.G.).
Non esiste un termine perentorio per la denuncia al P.M. o a un U.P.G. da parte del Pubblico Ufficiale: la sua presentazione o trasmissione va effettuata, pertanto, senza ritardo o comunque senza frapporre indugi ingiustificabili.
L’omissione o il ritardo nella presentazione della denuncia sono sanzionati dagli artt. 361, comma 1, 362 e 363 c.p.
La denuncia da parte di Pubblici Ufficiali o incaricati di un pubblico servizio deve necessariamente contenere:
Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
Quando la denuncia è facoltativa non è previsto alcun termine per la sua presentazione mentre, nei casi di denuncia obbligatoria, apposite disposizioni stabiliscono il termine entro il quale essa deve essere fatta
La denuncia può essere presentata per iscritto e deve essere sottoscritta, oppure oralmente, ed in tal caso viene raccolta in un "processo verbale" dall’Autorità che la riceve.
La denuncia costituisce notizia criminis anche se non venga indicato l’autore del fatto.
Per la denuncia da parte dei privati non è previsto un contenuto formale tipico e il denunciante può limitarsi alla semplice esposizione del fatto.
[1] Chiunque rinvenga un’arma o parte di essa è tenuto ad effettuarne immediatamente il deposito presso l’Autorità locale di Pubblica Sicurezza o, in mancanza, al più vicino comando dei carabinieri (art. 20 co. 5 L.110/1975)
[2] Art. 59, n. 2 c.p.p. (Subordinazione della polizia giudiziaria) - L’Ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria (NODM, NOIP e NOE) è responsabile verso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dove ha sede il servizio dell’attività di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente
Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
CAPITANERIA DI PORTO GUARDIA COSTIERA
______________________
Oggetto: Attestazione di ricezione o presentazione di denuncia (art. 107/D.lgs. 271/89).
Il giorno ___________________ alle ore ______________ il sottoscritto Ufficiale di P.G. attesta che il Sig. ______________________________ nato a _______________________ il ____________ residente in via _________________ tel. _________________ ha sporto/ha presentato in questi Uffici denuncia relativa a ____________________________________ avvenuto/a ________________________________ in _________________ il __________________.
Si rilascia a richiesta dell’interessato per gli usi consentiti dalla legge[1].
Firma dell’Ufficiale di P.G.
_____________________
[1] E’ opportuno limitarsi al rilascio della semplice attestazione allorché la copia del verbale di denuncia contenga notizie che devono rimanere segrete.
E’ la dichiarazione con cui l’esercente una professione sanitaria (art. 99 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, T.U. delle Leggi sanitarie) porta la commissione di un reato perseguibile d'ufficio, del quale abbia avuto notizia in occasione della prestazione della sua opera, a conoscenza del Pubblico Ministero o della Polizia Giudiziaria
Come la denuncia dei soggetti pubblici, il referto deve presentare forma scritta ed è obbligatorio per coloro che abbiano prestato assistenza (o opera) in casi che possono configurare un delitto perseguibile di ufficio (art. 334 c.p.p.) e può essere redatto anche "cumulativamente" da più sanitari e per più assistiti (referto cumulativo).
Il referto può essere, a scelta, presentato dall’obbligato al Procuratore della Repubblica, oppure ad un Ufficiale di P.G. del luogo dell’intervento o a quello più vicino alla propria sede.
In ordine al termine, l’obbligo deve essere adempiuto entro 48 ore dalla prestazione professionale ovvero immediatamente quando vi sia pericolo nel ritardo (come accade quando il paziente corre pericolo di vita) al Pubblico Ministero o ad un Ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui l'assistenza è stata prestata o, in mancanza, all'Ufficiale di polizia giudiziaria più vicino (art. 334 c.p.p.).
L’omissione del referto da parte di chi vi è obbligato configura la fattispecie delittuosa di cui all’art. 365 c.p..
La presentazione del referto è un obbligo penalmente sanzionato per gli esercenti una professione sanitaria, salvo il caso in cui il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale (art. 365 comma 2 c.p.). In tal caso, sull’esigenza dell’azione penale prevale il diritto dell’assistito (qui in re illicita versatur) alla cura della propria salute. In questa ipotesi è lecito opporre il segreto professionale sanitario[1] e gli esercenti la professione sanitaria hanno non l'obbligo, ma la facoltà di presentare referto.
L’obbligo del referto non sussiste per i reati punibili a querela e in particolare per il delitto di «lesioni colpose» (art. 590 c.p.), salvo che non si tratti di lesioni gravi o gravissime o di malattie professionali, i cui termini di guarigione superano i 40 giorni, conseguenti a fatti commessi con violazione delle norme per la “prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro”. Secondo alcuni, l’esonero dall’obbligo di referto non opera per i medici che non sono liberi professionisti o privati, ma che esercitano una pubblica funzione o sono incaricati di un pubblico servizio (medici ospedalieri, medici degli istituti penitenziari, medici convenzionati con enti pubblici, medici delle strutture pubbliche in genere). Per costoro vige sempre l’obbligo di denuncia previsto dall’art. 361 e 362 c.p. per i pubblici Ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio.
► Il referto deve indicare:
[1] Secondo la dottrina minoritaria, l’esonero dall’obbligo di referto non opera per i medici che non sono liberi professionisti o privati, ma che esercitano una pubblica funzione o sono incaricati di un servizio pubblico (come ad esempio, medici ospedalieri, medici degli istituti penitenziari, medici convenzionati con enti pubblici, medici delle strutture pubbliche in genere). Per costoro vige sempre l’obbligo di denuncia previsto dall’art. 361 e 362 c.p. per i pubblici Ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio.
La categoria delle «notizie innominate» di reato (atipiche o non qualificate), cioè non disciplinate dalla legge, è costituita dagli atti o fatti più vari, quali ad esempio:
Quando riferisce al P.M. la notizia confidenziale, la Polizia Giudiziaria può omettere il nominativo della fonte.
Rientrano nella categoria delle notizie di reato non qualificate, ad esempio, le segnalazioni informali (o di natura atipica) quali le segnalazioni via radio provenienti da unità di superficie o velivolo relativa alla presenza in mare di sostanze inquinanti; esposti anonimi corredati di documenti fotografici relativi ad opere abusive insistenti sul suolo demaniale marittimo; reclami di marittimi attinenti condizioni di bordo pregiudizievoli per la sicurezza della navigazione oppure per la salvaguardia della vita umana in mare, solitamente manifestati per vie brevi e, il più delle volte, in occasione del frenetico disbrigo delle pratiche di sbarco del marittimo interessato.
Al fine di rendere più agevole la ricostruzione delle modalità di accertamento e degli adempimenti svolti in occasione di fatti penalmente rilevanti e dei contatti intercorsi con la competente Autorità Giudiziaria, è consigliata la predisposizione, presso gli Uffici marittimi, di un “Registro delle notizie di reato” cronologico ed alfabetico, nel quale dovranno essere annotati i seguenti dati:
Di regola il Pubblico Ministero esercita l'azione penale d'ufficio, non appena abbia acquisito, in ordine al reato oggetto di notizia, elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio.
Peraltro in alcuni casi eccezionali l'esercizio dell'azione penale è subordinato all'integrazione di una cosiddetta «condizione di procedibilità», cioè di un atto o un fatto in mancanza del quale, anche se la notizia di reato appare fondata, il Pubblico Ministero non può esercitare l'azione penale e neppure iniziare le indagini.
Il Codice di rito disciplina quattro «condizioni di procedibilità»:
Normalmente l’azione penale è esercitata dall’ufficio del Pubblico Ministero; vi sono, però, taluni casi in cui la legge subordina l’esercizio dell’azione penale alla manifestazione di volontà della persona offesa o di altro soggetto.
Tali manifestazioni di volontà, in quanto condizionanti l’azione penale, prendono il nome di «condizioni di procedibilità» di procedibilità.
In particolare, la «querela» (art. 336 e segg. c.p.p.) è la dichiarazione facoltativa, raccolta in un atto o resa oralmente, con la quale la persona offesa da un reato, la cui perseguibilità la legge appunto subordina a querela, o un altro soggetto agente nell'interesse di costei ex artt. 120 e 121 c.p.p. (es. legale rappresentante) manifesta la volontà che il Pubblico Ministero proceda in ordine al reato stesso.
La «richiesta di punizione» assume rilevanza nei soli casi in cui la legge penale subordina la punibilità del reato alla volontà dell’offeso (reati procedibili a querela).
La legge esige una siffatta condizione di procedibilità talora in considerazione della tenuità del reato, la quale induce il legislatore a ritenere che la repressione penale debba attivarsi per esso solo se la persona offesa lo richiede, tal'altra, ad esempio quando si tratti di reati contro l'onore o contro la libertà sessuale, per consentire all'offeso di decidere se al pregiudizio arrecatogli dal reato convenga aggiungere quello che potrebbe derivargli dallo strepitus fori, cioè dalla risonanza data al reato stesso dal processo.
In ordine alle formalità di presentazione, la dichiarazione di querela può essere proposta «per iscritto» (in carta non bollata, purché con firma autenticata a norma dell'art. 39 disp. att. c.p.p., quindi eventualmente dal difensore nominato nell'atto stesso oppure spedita per raccomandata) o anche «oralmente» alla Polizia Giudiziaria[1] o anche al Pubblico Ministero.
L'Autorità che riceve la querela "attesta" la data e il luogo della ricezione, identifica la persona che la presenta (e che, se la presentazione è orale, deve sottoscrivere il Verbale di ricezione), e trasmette il tutto al Pubblico Ministero (art. 337 c.p.p.).
Per esigenza di certezza in ordine alla provenienza dell’atto, va sempre identificato dal Pubblico Ufficiale il soggetto che propone, rinuncia, rimette o accetta la remissione di querela. Il soggetto legittimato a proporla è la persona offesa o legale rappresentante dell’ente o associazione. Se la persona offesa è un minore degli anni 14 o inferma di mente, la querela è presentata dall’esercente la potestà dei genitori, dal tutore ovvero da un curatore speciale all’uopo nominato dal Giudice su richiesta del P.M. (art.121 c.p. e 338)
In ordine al termine, il diritto di querela va proposto, entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato[2], altrimenti è priva di effetti.
Il termine è di 6 mesi quando si tratta di «delitti contro la libertà sessuale»[3] (violenza sessuale) o «atti sessuali con minorenne».
► Il diritto di querela si estingue per:
- decadenza per decorso del termine;
- morte dell’offeso;
- remissione.
In quanto disponibile, la querela può essere «rimessa» dopo la sua presentazione (art. 380) ovvero essere oggetto di rinuncia prima della sua presentazione (art. 339).
Nel caso di reati perseguibili a querela di parte, in mancanza della querela, che può sopravvenire (entro tre mesi), possono essere compiuti solo atti di indagine preliminari necessari per assicurare le fonti di prova (art. 346 c.p.p.).
La «remissione» è la dichiarazione (scritta o orale) con la quale la persona offesa dal reato (= querelante) o chi la rappresenta propone la revoca della querela precedentemente proposta. Per essere efficace (e produrre la estinzione del reato), la remissione deve essere «accettata dal querelato». Poiché la persona querelata (= autore del reato) ha interesse, se innocente, a dimostrare, attraverso il processo, la sua completa estraneità al fatto-reato che le è stato addebitato nella querela, la remissione di questa non produce effetto se il querelato la ha «tacitamente od espressamente ricusata»: vale a dire se alla remissione non è seguita la sua accettazione.
Le spese del procedimento sono a carico al querelato, salvo che nell’atto di remissione sia stato diversamente convenuto (art. 13 Legge 25.6.1999, n. 205)
Anche per la querela non è richiesta l’adozione di alcuna formula sacramentale purché in essa risulti con sufficienza chiarezza la volontà del querelante.
► La querela, pertanto, deve indicare:
Diversa dalla remissione di querela è la «rinuncia preventiva a proporre querela». Questa può essere espressa (art. 339 c.p.p) o tacita (art. 124 c.p.) e comporta in radice la estinzione del diritto di proporla successivamente, ma la rinuncia non comporta l'estinzione del diritto di risarcimento dei danni.
La rinuncia espressa a proporre la querela può essere fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale con dichiarazione scritta rilasciata all'interessato a ad un suo rappresentante oppure con dichiarazione orale verbalizzata da un Ufficiale di polizia giudiziaria o da un notaio e "sottoscritta dal dichiarante". La rinuncia è inefficace se è priva di questa sottoscrizione. Essa può essere accompagnata dalla rinuncia all'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno (art. 339 c.p.p.).
[1] Eccezionalmente, in caso di flagranza di delitto che impone o consente l’arresto (artt. 380 co. 3 e 381 co. 3), la querela può essere proposta (anche con dichiarazione orale) a un Agente di P.G. (anziché a un Pubblico Ufficiale) presente nel luogo. Della dichiarazione di querela va dato atto nel verbale di arresto.
[2] Costante è l’affermazione per cui per notizia del fatto che costituisce reato, ai fini della decorrenza del termine per proporre querela, deve intendersi la piena conoscenza di tutti gli elementi indispensabili per la valutazione dell’esistenza del reato, cioè la notizia completa, diretta, precisa e certa del reato stesso; pertanto uno stato soggettivo di sospetto e di dubbio in ordine alla sussistenza del reato non è sufficiente per far decorrere i termini per la presentazione della querela (Cass. 30.10.1982)
[3] Non di gruppo poiché, per questa, si procede d’ufficio
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Si rilascia a richiesta dell’interessato per gli usi consentiti dalla legge [1]
(Da apporre in calce all’atto di querela)
[1] E’ opportuno limitarsi al rilascio della semplice attestazione allorché la copia del verbale di querela contenga notizie che devono rimanere segrete.
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Il Verbale va trasmesso senza ritardo al Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario del luogo in cui il fatto è stato commesso.
Nella fase delle indagini preliminari, la rinuncia consente al P.M. di richiedere la «archiviazione» essendo venuta meno la «condizione di procedibilità».
Consiste nella domanda con la quale il privato, persona offesa, chiede che si proceda contro i responsabili di taluni "reati comuni" (non politici) commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero che, se fossero stati commessi nel territorio dello Stato sarebbero perseguibili di ufficio.
La mancanza dell’istanza di procedimento precluderebbe l’instaurarsi del procedimento penale: essa realizza, infatti, una «condizione di procedibilità».
Come la querela, l’istanza di procedimento può essere presentata al Pubblico Ministero o alla Polizia Giudiziaria o anche ad un Agente consolare all’estero, sempre entro tre mesi dalla ricezione della notizia del fatto-reato ed entro tre anni dalla presenza dell’autore a cui il fatto è addebitato sul territorio dello Stato.
Suo contenuto essenziale è la manifestazione di volontà punitiva in ordine ad un determinato fatto-reato, anche se sommariamente indicato.
La «richiesta di procedimento» (art. 342), come la querela e l’istanza, consiste anch’essa in una manifestazione di volontà punitiva, e si estende di diritto a tutti i responsabili.
E’ un atto (amministrativo e discrezionale) con cui un "Organo pubblico" (generalmente il Ministro di Giustizia e nell’ipotesi dell’art. 260 comma 1 e 2 c.p.m.p., il Ministro dal quale il militare dipende o il comandante del corpo), elimina, spinto da opportunità politiche, un ostacolo procedurale permettendo così il perseguimento di determinati reati commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero.
In ordine alla forma, la Pubblica Autorità (in genere il Ministro di Giustizia) redige richiesta scritta, fatta pervenire direttamente al Pubblico Ministero, e non anche ad un Ufficiale di P.G.
Tale richiesta deve essere sottoscritta personalmente da Ministro o da funzionario da lui delegato (Cass. 23.5.1994) e formulata, come la querela e l’istanza di procedimento, entro tre mesi dalla notizia del fatto costituente reato, a pena di inefficacia.
Non è consentita rinunzia, preventiva o successiva, in quanto la richiesta è «irrevocabile» (art. 120 c.p.).
La «autorizzazione a procedere» è la dichiarazione(atto amministrativo) discrezionale e irrevocabile con cui un Organo dello Stato estraneo all'Organizzazione giudiziaria, a richiesta del Pubblico Ministero, consente che nei confronti di una determinata persona o in rapporto ad un determinato reato l'Autorità giudiziaria proceda penalmente oppure compia taluni atti limitativi di libertà (in quest'ultimo caso si parla più specificamente di autorizzazione ad acta).
Organo competente a richiedere l’autorizzazione a procedere è il Pubblico Ministero: va richiesta entro 30 giorni dalla iscrizione della notizia criminis nell’apposito Registro.
Se l’autorizzazione non viene concessa, non possono compiersi una serie di atti specificamente indicati nel comma 2 dell’art. 343 c.p.p.:
Tali atti sono, peraltro, consentiti se la persona è colta in flagranza di uno dei delitti indicati nell’art. 380 (per i quali l’arresto è obbligatorio)
Se l’autorizzazione è concessa, il procedimento penale prosegue e si conclude secondo le regole ordinarie (con sentenza di proscioglimento o di condanna).
L'art. 347, comma 1 c.p.p. radica l'obbligo di comunicare la notizia di reato in capo alla «Polizia Giudiziaria» e non al singolo Ufficiale od Agente di polizia giudiziaria che l'ha acquisita, dimostrando, in tal modo, di voler fare riferimento all'Ufficio e per esso al suo «Dirigente» e non alle singole persone che, in posizione subordinata rispetto al primo, lo compongono.
Ciò è reso chiaro anche dal fatto che per altre ipotesi, relative all'adempimento di particolari doveri, il Codice ha diversamente disposto, impegnando alla loro esecuzione il singolo Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria.
Un ulteriore argomento a sostegno della tesi qui prospettata, emerge dalla lettura dell'art. 389, comma 2 del Codice, che attribuisce al solo Ufficiale di polizia Giudiziaria il potere di liberazione della persona oggetto di misura precautelare, se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se le misure sono divenute inefficaci per il mancato rispetto dei termin i previsti dall'art. 386, comma 3 c.p.p.
La liberazione che può conseguire anche alla “valutazione” della insussistenza della notizia di reato compete, dunque, all'Ufficiale di polizia giudiziaria che ha la funzione di controllo e di prima deliberazione dell'attività di chi è gerarchicamente subordinato (art. 59 c.p.p.). Si tratta di una ulteriore applicazione del principio secondo il quale permane, anche nel nuovo Codice di rito, un rapporto diretto fra chi opera l'arresto in flagranza (e la flagranza costituisce il modo più immediato di acquisizione della notizia di reato) od il fermo e l'Ufficio cui appartiene.
D'altronde, il legislatore ha voluto espressamente evidenziare questo rapporto, prevedendo, con l'art. 120 att. c.p.p., che se l'arresto o il fermo è stato eseguito da Agenti di polizia giudiziaria, a questi incombe l'obbligo di darne immediata notizia all'Ufficiale di polizia giudiziaria competente ad adottare il provvedimento di liberazione previsto dall'art. 389, comma 2 del Codice.
Le indicazioni normative che depongono per l'attribuzione del potere di valutare la sussistenza della notizia di reato al Dirigente dell'Ufficio sono anche coerenti con ragioni d'ordine organizzativo e funzionale, poiché, altrimenti, l'attività dell'Ufficio o Comando si frantumerebbe, inevitabilmente, in una molteplicità di iniziative assunte estemporaneamente da questo o quel dipendente, anche all'insaputa di chi all'Ufficio è preposto, il quale invece, valutata la sussistenza della notizia di reato, oltre a riferirla al Pubblico Ministero, impartirà, prima dell'intervento di questi, le opportune disposizioni in merito all'attività di indagine ancora da svolgere.
Poiché il potere attribuito al Dirigente è quello di «valutare la sussistenza della noizia di reato» acquisita dai dipendenti Ufficiali od Agenti, in caso di giudizio positivo, il termine della comunicazione all'A.G. previsto dall'art. 347 c.p.p. decorre dalla «acquisizione» della notizia (art. 347, comma 4 c.p.p.) e non da quello in cui il Dirigente dell'Ufficio ne ha «valutato la sussistenza».
Ove la valutazione del Dirigente sia nel senso dell'insussistenza della notizia di reato, non avrà luogo la comunicazione - ex art. 347 c.p.p. - al Pubblico Ministero, ma il Dirigente ben potrà, negli opportuni casi, impartire le disposizioni per lo svolgimento di ulteriori attività volte ad approfondire il fatto in vista della possibile acquisizione degli elementi necessari a configurare la notizia di reato.
La notizia di reato deve ritenersi acquisita quando si siano appresi gli elementi essenziali di un fatto costituente reato anche quando non se ne conosce l'autore.
Costituisce il secondo aspetto della attività di informazione della Polizia Giudiziaria e consiste nell’obbligo di riferire la N.d.R. all’Autorità Giudiziaria.
La "valutazione" della sussistenza della notizia di reato spetta al Dirigente dell'Ufficio dal quale dipende chi l'ha acquisita autonomamente. E' da tale Dirigente, pertanto, e non dal singolo Ufficiale od Agente di Polizia Giudiziaria che deve provenire la «informativa» (=o comunicazione) al Pubblico Ministero.
Dal momento dell'acquisizione della notizia di reato "prende vita il procedimento penale" e prendono vita le funzioni di polizia giudiziaria (artt. 247-357 c.p.p.). Da quel momento decorre poi il termine entro il quale la Polizia Giudiziaria deve dare comunicazione al Pubblcio Ministero della notizia di reato acquisita e assolvere così al «compito di informare»: secondo e distinto aspetto della attività in esame.
L’obbligo di informativa al Pubblico Ministero da parte della Polizia Giudiziaria sussiste soltanto per i reati perseguibili di ufficio; negli altri casi, tale obbligo vige soltanto qualora la Polizia Giudiziaria compia attività di investigazione in mancanza di condizione di procedibilità (art. 346 c.p.p.). In tal caso, riferisce al Pubblico Ministero, senza ritardo, in merito alla circostanza, fin dall’inizio dell’attività d’indagine (art. 112 norme att.)..
La Polizia Giudiziaria deve effettuare la comunicazione della notizia di reato al Pubblico Ministero entro i termini previsti dall’art. 347 c.p.p (come modificato dal D.L. 8.6.1992, n. 306, convertito in Legge 7.8.1992, n. 356)., vale a dire:
Con l’introduzione di tale regime differenziato, relativo ai tempi entro cui effettuare la comunicazione di reato, si è teso soddisfare due esigenze:
L'attività di informazione si sostanzia quindi nell'acquisire la notizia di reato, secondo le forme dell'apprensione diretta o della ricezione (art. 330 c.p.p.) e nel riferirla, con ritmi accelerati, ancorché variamente stabiliti, al Pubblico ministero (art. 347 c.p.p.).
Ove la notizia di reato non venga riferita o venga riferita con ritardo ricorrono responsabilità penali (artt. 361, comma 2 e 363 c.p.p. - Omessa denuncia di reato aggravata) e disciplinari (art. 16 att. c.p.p.).
La «informativa di reato», corrispondente all'antico rapporto di denuncia della Polizia Giudiziaria previsto da Codice abrogato, consiste nella segnalazione, preliminare ed immediata, di una notizia di reato dalla Polizia Giudiziaria al Pubblico Ministero (art. 347 c.p.p.).
I generici Pubblici Ufficiali sporgono denuncia (art. 331 c.p.p.), senza alcuna esigenza di provvisoria informativa, anche perché essi non sono legittimati al successivo compimento di atti di indagine, riservati, invece, alla Polizia Giudiziaria.
La comunicazione (o informativa) della notizia di reato è, anzitutto, uno “strumento conoscitivo”: essa consente al P.M. di apprendere i dati necessari per la iscrizione della notizia di reato nel «Registro» (momento da cui decorrono, di conseguenza, i termini delle indagini) e di essere posto in condizione di orientare le indagini verso quel fatto-reato fornitogli dalla Polizia Giudiziaria.
La informativa, oltre ad avere tempi rigorosi di trasmissione, deve essere dotata di un contenuto dettagliato e vincolante dei fatti.
La segnalazione deve enunciare in ordine logico e cronologico i fatti, avendo cura di indicare:
La necessità di riferire anche tale elemento trova la sua ragione d’essere nell’esigenza di controllare che la comunicazione sia stata inoltrata nei termini previsti dalla legge.
E’ importante rilevare come la Polizia Giudiziaria abbia l’obbligo di inoltrare la comunicazione della notizia di reato anche nell’ipotesi in cui, acquisita la notizia, non è pervenuta all’individuazione dell’autore del reato (notizia di resto a carico di ignoti).
La documentazione delle attività compiute deve essere sempre allegata all’informativa scritta quando questa segue senza ritardo, l’informativa che è stata data immediatamente in forma orale per ragioni di urgenza, ovvero, perché si tratta di uno dei delitti di particolare allarme sociale.
Alla Polizia Giudiziaria competono poteri di approfondimento della notizia di reato, di conseguenza non vi è un ingiustificabile ritardo tutte le volte in cui la informativa stessa è stata preceduta da accertamenti di polizia giudiziaria volti ad approfondire la notizia di reato stessa.
Quindi, nel caso di indagini lunghe e laboriose è opportuno darne avviso all’Autorità Giudiziaria per poi comunicare, alla stessa, l’esito e la relativa notizia di reato al termine di tutti gli accertamenti effettuati, con riserva di eventuali successive comunicazioni ed integrazioni.
La forma è sempre scritta per l'informativa, ma la pre-informativa quando sussistono ragioni di urgenza, può essere in forma orale (Cassazione, Sez. II, 6.3.1990 imp. Frigione) o telefonica ed essere consegnata su supporto magnetico o trasmessa per via telematica (art. 108bis disp. att. c.p.p.): in ogni caso, deve seguirei, poi, seguire la comunicazione scritta (art. 347, comma 3 c.p.p.), corredata dalla documentazione delle attività compiute.
L'unica eccezione alla immediatezza dell'obbligo è costituito per la Polizia Giudiziaria della mera facoltà di riferire la notizia, quando questa sia relativa a reato la cui punibilità sia sottoposta a «condizione di procedibilità» (es. reato procedibile a querela) non ancora verificatasi, sempre che per tale fatto non siano stati compiuti atti di indagine; se questi, invece, sono stati compiuti, anche qui scatta l'obbligo di riferire la notizia, anche se non quello di trasmettere gli atti (art. 112 att. c.p.p., modif. da L. 356/1992, e art. 346 c.p.p.).
L’art. 107 bis delle disposizioni di attuazione e coordinamento del Codice di rito, introdotto dalla Legge 479/99 (c.d. Legge Carotti) stabilisce che le "denuncie a carico di ignoti" sono trasmesse all’Ufficio di Procura competente da parte degli Organi di polizia, unitamente agli eventuali atti di indagine svolti per la identificazione degli autori del reato, con «elenchi mensili».
In tal modo si evita la trasmissione continua agli uffici di Procura di un ingente numero di notizie di reato prive di concreta rilevanza per l’attività del Pubblkico Ministero consentendo anche una più razionale organizzazione degli Uffici delle forze di polizia che possono centralizzare la raccolta di siffatte notizie e inviarle secondo tempi e modalità predeterminati.
Il comma 4 dell’art. 415 c.p.p. semplifica l’attività delle Procure e degli Uffici del Giudice per le indagini preliminari (GIP) consentendo al P.M. di richiedere al GIP di disporre la «archiviazione» dei procedimenti contro ignoti, trasmessi dalla P.G. con elenchi mensili di cui all’art. 107 bis, cumulativamente per ciascun elenco.
Per effetto della nuova normativa, il P.M. formulerà un’unica richiesta di archiviazione e il GIP emetterà un unico decreto di archiviazione in relazione a tutte le N.d.R. contenute in ciascun elenco mensile.
Rimangono ferme le facoltà del P.M. e del GIP, rispettivamente, di "escludere" dalla richiesta di archiviazione quelle notizie di reatro, ritenute "meritevoli di approfondimento" e di non adottare il provvedimento di archiviazione in quei casi in cui la richiesta dell’organo dell’accusa non appare condivisibile.
Quando la notizia crimnis trasmessa dalla Polizia Giudiziaria possiede le caratteristiche della notizia di reato, il Pubblico Ministero provvede a iscriverla nell’apposito “Registro delle notizie di reato”[1]: tale iscrizione fa decorrere il termine per le indagini preliminari.
Il Pubblico Ministero. iscrive nel Registro di cui all’art. 335 c.p.p. solo quelle informative che costituiscono effettivamente notizia di reato e impongono di conseguenza sia le indagini preliminari sia la loro chiusura con un provvedimento di archiviazione o con l’esercizio dell’azione penale.
Ciò significa che, anche quando la Polizia Giudiziaria ha ritenuto sussistere una notizia di reato e ne ha riferito al Pubblico Ministero, quest’ultimo resta "arbitro di valutare" se la informativa ha davvero rilevanza penale o sia una “pseudo-notizia di reato”.
Solo in caso di valutazione positiva, il Pubblico Ministero, la iscrive nel Registro delle notizie di reato. In caso contrario, iscrive la informativa nel “Registro degli atti non costituenti reato” (mod. 45), esistente presso ogni Procura della Repubblica, trasmettendo poi direttamente gli atti all’archivio senza richiedere su di essa al G.I.P. un formale provvedimento di archiviazione (c.d. potere di cestinazione o di archiviazione diretta).
Trattandosi infatti di una pseudo-notizia di reato il procedimento penale non ha motivo di iniziare e non vi è necessità neppure di un controllo del G.I.P. nelle forme del provvedimento di archiviazione.
[1] Si tratta, a seconda dei casi, del “Registro delle notizie di reato contro noti” (mod. 21 e mod. 22) e del “Registro delle notizie di reato contro ignoti” (mod. 44).