Tutto ciò che è vero può essere alterato, vale a dire falsificato, per ingannare una o più persone determinate ovvero per ingannare un numero indeterminato di persone (= il Pubblico).
La falsificazione finalizzata ad ingannare una o più persone determinate può dar luogo al reato di "truffa" (o a reati simili); la falsità finalizzata ad ingannare il Pubblico Ufficiale da luogo, invece, ai delitti contro la fede pubblica dettagliatamente elencati nel titolo VII del libro II del codice.
I delitti contro la fede pubblica sono perciò i delitti di «falso» e cioè i delitti mediante i quali, alterando il vero, si mette in pericolo:
Si tratta, dunque, di “reati di pericolo” perché le condotte di falsificazione sono punite non in quanto ingannano la pubblica fede (= fiducia), ma in quanto sono idonee a farlo. Questa idoneità va esclusa quando si tratta di «falso grossolano».
Il falso grossolano è quello che può essere accertato da «chiunque…» ed a prima vista. In questi casi, il falso non è punibile perché si tratta di reato impossibile per inidoneità dell'azione (art. 49 comma 2 c.p.).
In base a tale definizione, non sono mai grossolani, perciò, il falso che poteva essere accertato solo da un esperto oppure quello che ha ingannato, comunque, la vittima predestinata.
Il codice ripartisce i delitti contro la fede pubblica in quattro Capi, a seconda dell’oggetto materiale della falsità:
Oggetto di tali reati sono i «documenti pubblici o privati» di cui si vuole tutelare la genuinità e veridicità in quanto mezzi di prova.
Pertanto, la società moderna ha necessità di documentare in maniera sicura e durevole le situazioni che hanno rilievo giuridico e deve perciò tutelarsi, anche mediante la previsione di sanzioni penali, da condotte idonee a mettere in pericolo tale esigenza di certezza.
Per questo motivo, protegge la genuinità e la veridicità degli atti che documentano situazioni e rapporti economicamente o giuridicamente rilevanti.
La genuinità e la veridicità vengono tutelate punendo chi causa la:
- falsità materiale degli atti (artt. 476-477-482 c.p.);
- falsità ideologica (artt. 478-479-480 c.p.).
In questi casi si è di fronte ad un «falso materiale». La falsità, infatti, incide sulla esistenza materiale dell’atto (che non proviene da colui che apparentemente sembra essere l’autore) oppure sulla sua materia che è alterata mediante aggiunte e cancellature. Si dice anche che l’atto, in queste ipotesi, è alterato nella sua «genuinità».
La falsità materiale può assumere due forme:
Si è invece in presenza di un «falso ideologico» quando non viene intaccata la genuinità dell’atto, ma la sua «veridicità»: ossia il suo tenore, il suo contenuto.
Si ha in tutti i casi in cui il documento, né contraffatto né alterato, contiene dichiarazioni menzognere: chi redige l’atto attesta cosa diversa da quel che è stato detto od è realmente accaduto e, nella sostanza redige un atto il cui contenuto non corrisponde a verità.
Affinché i reati in questione si realizzino è necessario:
Dagli esempi appena fatti emerge che i documenti tutelati possono essere di diverso tipo e provenienza. Semplificando al massimo, può dirsi che la principale distinzione è quella fra «documenti pubblici» e «scritture private».
Sono "documenti pubblici" quelli che provengono da un Pubblico Ufficiale o incaricato di un pubblico servizio (artt. 357 e 358 c.p.) e che sono redatti dall’uno o dall’altro di tali soggetti quando è nell’esercizio delle sue funzioni e delle sue attribuzioni.
Sono "scritture private" (o documenti privati) tutti quei documenti provenienti da soggetti sprovvisti della qualifica di Pubblico Ufficiale o di incaricato di servizio oppure redatti da costoro, ma al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni o attribuzioni.
Quando la falsità riguarda un documento pubblico, il reato assume naturalmente maggiore gravità, a seconda del tipo di documento (certificazioni e autorizzazioni amministrative, atti pubblici o copie autentiche di atti pubblici o privati, gli attestati)[1], e del fatto che l’autore sia o meno un pubblico o un privato.
Quando invece alle scritture private, per la falsificazione di talune di esse, il codice penale prevede una pena analoga a quella prevista per gli atti pubblici falsificati dal privato.
Le scritture private prese in considerazione sono il testamento olografo e i titoli di credito (cambiali, assegni, vaglia postali e telegrafici). I reati che le riguardano sono perseguibili a querela.
[1] Gli atti pubblici sono documenti redatti dai Pubblici Ufficiali o dai pubblici impiegati incaricati di un pubblico servizio nell’esercizio delle loro funzioni o attribuzioni (ad esempio: i verbali della P.G., i contratti di arruolamento dei marittimi, i diplomi di studio, la cartella clinica redatta dal medico addetto all’ospedale, i certificati rilasciati dal medico di porto, l’atto di un notaio e l’autenticazione della firma redatta da un notaio, ecc.).
Le certificazioni amministrative sono documenti redatti da un Pubblico Ufficiale per attestare (confermare, comprovare, ribadire) l’esistenza di una determinata situazione o di un determinato fatto giuridico (ad esempio: la carta di identità, il passaporto, la targa dell’autovettura). Le certificazioni amministrative si distinguono dagli atti pubblici, in quanto questi ultimi vengono posti in essere per creare una nuova situazione giuridica; gli altri per dichiarare una situazione giuridica già esistente. Per esemplificare: il notaio che redige un atto di vendita (atto pubblico) crea una nuova situazione giuridica: la proprietà in capo a chi acquista. Il funzionario che rilascia una carta di identità (certificazione) attesta, invece, nel documento delle risultanze emergenti da altri atti in suo possesso.
Come prevede l’art. 476 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale (reato proprio) che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero.
La condotta consiste nel formare (creare qualcosa che prima non esisteva) in tutto o in parte un atto falso (equivale a contraffare); e nell’alterare (modificare qualcosa di preesistente) un atto vero.
Il reato si consuma con il verificarsi della contraffazione o della alterazione.
Si procede d’ufficio e la competenza è del "Tribunale monocratico". Il colpevole è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.
Se la falsità riguarda un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da 3 a 10 anni.
► Falsità materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
Come prevede l’art. 477 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffa o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro veridicità.
Appare chiaro che sono due le ipotesi delittuose e che di esse la seconda consiste nella "contraffazione" non dell’atto come tale, ma di alcuni suoi elementi, quali per esempio il visto, la vidimazione, la legalizzazione di firme, ecc. "Contraffazione" si deve intendere formazione di un atto ad imitazione di un atto vero.
Il colpevole è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni (Tribunale monocratico).
Come prevede l’art. 479 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Il colpevole è punito, ai sensi dell’art. 476 c.p., con la reclusione da 1 a 6 anni, oppure, se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso, con la reclusione d 3 a 10 anni.
► Falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
Come prevede l’art. 480 c.p., lo commette il Pubblico Ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Il colpevole è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni.
In tale categoria rientrano tutti quei comportamenti che sono idonei a "sorprendere la buona fede" delle Autorità, o di un numero indeterminato di persone, relativamente alla identità, allo stato o alle qualità di un individuo.
► Falsa attestazione o dichiarazione a un Pubblico Ufficiale sulla identità personale sulla identità o su qualità proprie o altrui (art. 495 c.p.)
Commette tale reato (art. 495 c.p.), chiunque dichiara o attesta falsamente al Pubblico Ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona ovvero chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico.
Oggetto specifico è la «tutela della fede pubblica» da condotte dirette ad alterare gli elementi di identificazione di una persona o le sue qualità di rilievo sociale.
La condotta consiste nel dichiarare o attestare falsamente ad un relativamente alla propria o altra persona:
Le dichiarazioni devono essere rese in "atto pubblico" (Verbale) ovvero devono essere inserite in atto pubblico. Il reato si consuma nel momento in cui le dichiarazioni vengono rese ed indipendentemente quindi dal fatto che siano state o meno riprodotte nell’atto pubblico (il reato quindi non viene meno anche se il dichiarante ritratta le sue dichiarazioni prima della conclusione dell’atto).
► False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.)
Commette tale reato (art. 496 c.p.), chiunque interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un Pubblico Ufficiale, o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio.
Occorre ai fini della punibilità che il Pubblico Ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio "abbia richiesto" – nell’esercizio delle funzioni o del servizio – al soggetto di fornire indicazioni sulla identità, sullo stato o sulle qualità della propria persona e dell’altrui persona; che il soggetto "abbia aderito all’invito" (se rifiuta: art. 651 c.p.) e "abbia fatto dichiarazioni mendaci"; che il soggetto fosse consapevole delle qualità del richiedente e della falsità delle proprie dichiarazioni.
Come si vede qui non si hanno dichiarazioni destinate ad essere riprodotte in un atto pubblico; perciò l’ipotesi in esame differisce da quella prevista dall’articolo precedente.
In tal caso si realizza un’ipotesi di concorso di reati, perché commessi in tempi diversi, sia pure con la stessa finalità, ma con diverse violazioni di norme giuridiche, delle quali una protegge la pubblica falsa documentazione e l’altra la pubblica fede personale.
Il colpevole è punito con la reclusione da 15 giorni a 1 oppure con la multa da 5 € a 516 €.