Il nostro Paese, posto al centro del Mediterraneo, ha nel mare una risorsa insostituibile. Nell'ultimo secolo, purtroppo, questo patrimonio senza pari, che lamenta però una debolezza congenita, e cioè l'essere costituito da un bacino semichiuso con cadenze secolari per il ricambio delle acque, è stato aggredito dall'inquinamento, dalla speculazione edilizia e dalla crescita esponenziale delle attività economiche e industriali. I danni sono stati così pesanti per le condizioni qualitative delle nostre acque che, negli ultimi anni, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si è dovuto impegnare in una decisa politica di salvaguardia, protezione e rivalorizzazione del mare e delle coste. Tra le varie iniziative, grande rilevanza ha avuto quella che ha portato alla istituzione delle «Aree Marine Protette» (A.M.P.) nazionali.
Giungere ad una definizione giuridicamente valida di «Aree marine protette», che rispecchi i reali intendimenti ed orientamenti del legislatore susseguitisi negli anni, non è stato semplice laddove l’intrecciarsi delle diverse leggi ha creato un’inevitabile confusione e sulla cui interpretazione non poche sono state le incertezze. Inequivocabilmente l’articolo 25 e ss. della Legge 31 dicembre 1979 n. 82 e Legge 6 dicembre 1991 n. 394[1] [1]individua i parchi e le riserve naturali marine in quei particolari ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica ed economica. In esse cultura e natura si intrecciano e si fondono in equilibri diversi e affascinanti, in un rapporto indissolubile con i contributi culturali provenienti da tutte le sponde del Mediterraneo. L’articolo 2 della Legge 394/91, si preoccupa, invece, di far rientrare tale definizione nell’ambito di una classificazione piuttosto ampia per il settore. Tuttavia, riferendosi all’ambiente marino, risalta la definizione che è propria della legge 979/82 più volte menzionata, distinguendo le fattispecie di luogo di che trattasi non solo dai parchi nazionali e regionali, ma anche dalle aree protette statali e regionali, in quanto i parametri istitutivi e di regolamentazione risultano essere piuttosto differenti sino ad apparire in alcune circostanze, assai remoti. L’iter istitutivo di una riserva marina naturale protetta continua ad essere regolamentato dall’articolo 26 della Legge 979/82, sebbene, con la Legge 426/98, sia stata soppressa la “Consulta per la difesa del mare”, trasferendone i relativi compiti alla III^ Divisione della Direzione per la difesa del Mare del Ministero dell’Ambiente, coadiuvata da una “Segreteria Tecnica per le Aree Marine Protette”; quest’ultima composta da personale altamente specializzato. Analizzando attentamente tutta la problematica normativa, è possibile intuire, tra l’altro, come il tutto trovi la sua “conditio sine qua non” di esistenza nel fondamentale principio costituzionale espresso dall’art. 9 della Carta Costituzionale, proprio perché: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutelando il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Le aree marine protette sono costituite, pertanto,da tratti di mare, costieri e non, in cui le attività umane sono parzialmente o totalmente limitate. Nelle riserve marine è assolutamente vietato: abbandonare rifiuti sulle spiagge, effettuare la pesca subacquea. Le seguenti attività sono soggette a regolamentazione variabile: pesca sportiva, pesca professionale, immersione subacquea, ingresso con mezzi di trasporto inquinanti (imbarcazioni a motore, moto, automobili). La tipologia di queste aree varia in base ai vincoli di protezione e ogni attività può essere regolamentata in funzione delle finalità per la cui realizzazione la riserva è stata istituita. Sono comunque vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area, come la pesca, l’esportazione di minerali e reperti archeologici., la navigazione a motore, la discarica di rifiuti, ecc. La vigilanza e la gestione delle riserve è affidata alle Capitanerie di porto competenti, ma la gestione può anche essere delegata a enti pubblici, istituzioni scientifiche che associazioni riconosciute con apposita convenzione stipulata dal Ministro dell’ambiente.
Al momento in Italia esistono 30 riserve marine (compreso il Santuario[2] [1] dei mammiferi marini) istituite da decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. A tali aree occorre aggiungere 2 parchi nazionali (l'Arcipelago Toscano e l'Arcipelago di La Maddalena) che presentano perimetrazioni a mare. Altre sono in programma e oggi vengono definite "Aree di reperimento".
Le aree marine protette sono generalmente divise in "settori" a diverso grado di tutela. Troviamo infatti una «zona A» destinata a riserva integrale, una «zona B» a riserva generale ed una «zona C» a riserva parziale.
L’obbligo di provvedere all’approntamento di strumenti di tutela più incisivi per i siti marini di particolare pregio è sancito anche nelle Convenzioni internazionali alle quali ha aderito lo Stato italiano, come la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982 e la Convenzione internazionale sulla biodiversità di Rio de Janeiro del 5 giugno 1992. Così l’art. 194 della Convenzione di Montego Bay impone agli Stati aderenti di adottare misure di salvaguardia e di prevenzione di «ecosistemi rari o delicati» e di qualsiasi altra forma di vita marina in pericolo di estinzione.
[1] [1] La definizione normativa di «riserva marina» di cui all’art. 25 comma 1, Legge 979/82 è analoga alla definizione di «area marina protetta» che è stata eleborata nel diritto internazionale.
[2] [1] Il Santuario dei Cetacei, si estende in un’area protetta di vaste dimensioni, ben 87.500 chilometri quadrati, la maggior parte dei quali in acque internazionali, e ha come limiti Punta Escampobariu (43°20'00''N ; 004°50'30''E) in Francia, Capo Falcone (40°58'00'' N ; 008°12'00''E) e Capo Ferro (41°09'18'' N ; 009°31'00'' E) nella Sardegna Occidentale e Fosso Chiarone (42°21'24'' N ; 011°31'00'' E) in Toscana. Il Santuario dei Cetacei comprende numerose "Aree Marine Protette", inoltre è delimitato da ben 5 grandi Aree Protette Terrestri: 4 Parchi Nazionali ed un Parco Regionale. Il Parco Nazionale delle Cinque Terre in Liguria, il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, il Parco Regionale della Maremma Toscana, Parco Nazionale dell'Arcipelago della Maddalena ed il Parco Nazionale dell'Asinara. Essi possono essere considerati non solo i limiti geografici ma parte integrante del Santuario stesso, poichè l'area di tutela spesso si estende anche al mare.
Le zone di particolare valore naturalistico da destinare ad Aree Marine Protette, le cosiddette aree di reperimento, sono individuate dalla legge 31 dicembre 1982 n. 979 (sulla difesa del mare) e dalla legge 6 dicembre 1991 n. 394 e successive modificazioni e integrazioni (legge quadro sulle aree protette) che dettano anche le procedure per l'istituzione delle stesse aree marine.
Le Aree Marine Protette sono istituite con apposito provvedimento che prevede la determinazione delle aree marittime e di demanio marittimo costituenti la superficie delle aree stesse; le finalità di carattere scientifico, culturale, economico ed educativo per la cui realizzazione è istituita l'area protetta; i programmi di studio e di ricerca scientifica nonché di valorizzazione da attuarsi nell'ambito dell'area; la regolamentazione dell'Area Marina Protetta con la specificazione delle attività oggetto di divieto o di particolari limitazioni o autorizzazioni.
Le riserve marine protette oltre ad aver ricevuto un inquadramento giuridico dalle Leggi 979/ 82 e 394/91, hanno contemporaneamente acquisito quell’indispensabile linfa a che vengano alla luce e successivamente siano portate avanti attraverso permanenti e adeguate risorse umane, economiche ed amministrative. Con il dettato sulle disposizioni per la difesa del mare, furono individuate ben 20 aree di reperimento. Successivamente talune furono portate a 46 con la Legge 394/91, quale “Legge quadro sulle aree protette”; tuttavia, allo stato attuale, le riserve marine effettivamente istituite sono 30 (compreso il Santuario dei mammiferi marini).
L’iter istitutivo prevede, infatti, che nell’ambito di dette aree, il Ministero dell’Ambiente, coadiuvato dalla Direzione generale per la protezione della natura (ex Servizio Difesa Mare) e dalla Segreteria tecnica per le Aree Marine Protette, avvalendosi inoltre di istituti scientifici, laboratori e centri di ricerca, effettui dapprima uno studio che porti ad una dettagliata ed approfondita conoscenza dell’ambiente naturale d’interesse. In un secondo momento, gli esperti della Segreteria tecnica avviano l’istruttoria istitutiva, fermo restando l’acquisizione di essenziali pareri tecnico – economici da parte di enti e comunità locali; talvolta risulta rilevante supportarli con sopralluoghi specificatamente mirati agli scopi da perseguire. Ultimate queste fasi, si provvede ulteriormente all’acquisizione dei pareri della Regione e degli enti locali interessati dall’istituenda area marina protetta al fine di ottenere un concreto ed armonico consenso locale. Non ultima, infine, risulta l’acquisizione del parere della Conferenza Unificata in merito allo schema di Decreto Ministeriale. Ultimata anche quest’ultima fase, il Ministro dell’Ambiente, sentito il Ministro dell’Economia, procede all’effettiva istituzione dell’area marina protetta, autorizzando anche il finanziamento per far fronte alle prime spese attinenti e necessarie all’istituzione, secondo quanto previsto dalle Leggi 394/91 e 93/01. Importante aspetto dell’iter è poi la suddivisione in zone diverse in relazione alle caratteristiche ambientali, in quanto esiste la necessità improcrastinabile di assegnare un differente regime di tutela tenendo conto delle diverse attività presenti.
Le 30 Aree Marine Protette istituite al 31 dicembre 2010 sono le seguenti:
A tali aree occorre aggiungere 2 parchi nazionali (l'Arcipelago Toscano e l'Arcipelago di La Maddalena) che presentano perimetrazioni a mare.
Parco nazionale - Arcipelago di La Maddalena Spiaggia di "Cala Andreani" Isola di Caprera
Tali zone sono identificate con A, B e C.
I diversi divieti vengono di volta in volta individuati dal decreto istitutivo, tenendo conto delle realtà locali, con il quale si provvede a stabilire i limiti e le modalità di segnalamento marittimo.
La gestione delle Aree Marine Protette è affidata, con specifico provvedimento, ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziate tra loro. L'ente delegato nella gestione dell'Area Marina Protetta è affiancato da una Commissione che formula proposte e suggerimenti per tutto quanto attiene al funzionamento dell'area medesima. In particolare, esprime il proprio parere sul regolamento di esecuzione del decreto istitutivo e l'organizzazione dell'area protetta oltre che sulle previsioni delle spese relative alla gestione.
La Commissione è nominata con decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha la seguente composizione:
Parco Nazionale - Arcipelago di La Maddalena Spiaggia di "Cala Andreani" Isola di Caprera
Di norma l'Area Marina Protetta viene suddivisa in tre distinte zone a diverso grado di tutela che, pur non prevedendo un limite assoluto alle tradizionali attività legate al mare (prime fra tutte la pesca e il turismo), ne regolano lo svolgimento in base alle diverse necessità di conservazione. Esse si distinguono in:
La zona di riserva integrale (A) è quella in cui sono generalmente vietate le attività che possano arrecare danno o disturbo all'ambiente marino. Essa garantisce la tutela della biodiversità e il ripopolamento delle specie animali e vegetali, e pertanto prescrive, quasi sempre, il divieto di balneazione e di navigazione, escluse solo le attività di ricerca scientifica.
Al confine con la zona di protezione integrale si trova quella di riserva generale (B) che coniuga la conservazione dei valori ambientali con la fruizione compatibile dell'ambiente marino. In essa, in genere, sono consentite la balneazione, le visite guidate anche subacquee, la navigazione (a remi, a vela o a velocità ridotta), l'ormeggio e l'ancoraggio in zone limitate individuate dall'ente gestore. Le attività di pesca consentite si limitano generalmente alle attività professionali esercitate dai residenti, mentre la pesca sportiva, quando permessa, è regolamentata rigidamente. La pesca subacquea è rigorosamente vietata.
Di norma la zona di riserva generale è racchiusa da una zona di riserva parziale (C) che si può considerare una fascia tampone tra le zone di maggiore pregio naturalistico e i settori esterni all'Area Marina Protetta. Qui, oltre a quanto già consentito nelle altre zone, sono permesse e regolamentate dall'organismo di gestione tutte le attività di fruizione del mare di modesto impatto ambientale, quali la navigazione delle imbarcazioni a motore (nel più dei casi a velocità ridotta), l'ormeggio, l'ancoraggio e la pesca sportiva.
Occorre precisare che limiti e divieti nelle diverse zone sono esattamente definiti e individuati dai decreti istitutivi e dai regolamenti delle Aree Marine Protette, che tengono conto delle peculiarità, caratteristiche e necessità di ciascuna.
Parco Nazionale - Arcipelago di La Maddalena Spiaggia "Il Costone" Isola di La Maddalena
E’ evidente come le riserve naturali marine - aree di particolare valore naturalistico - richiedano un costante controllo ed un’intensa attività di prevenzione e repressione, adeguatamente supportate da una gestione responsabile che soddisfi appieno, coniugando in maniera equilibrata, sia le aspettative degli utenti del mare che quelle dell’ambiente da tutelare. A tal riguardo, le Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, assolvono essenziali compiti di polizia amministrativa, nella sua accezione più ampia, conferiti non solo dalla legge istitutiva ma anche dal Codice di Procedura Penale e dal Codice della Navigazione. L’art. 19 della legge quadro sulle aree protette, infatti, sancisce che per l’eventuale gestione delle aree marine protette, il Ministero dell’Ambiente si avvale proprio delle competenti Capitanerie di Porto. Tenuto conto, altresì, che per ogni riserva marina la legge prevede una commissione di riserva, nominata con decreto ministeriale, di cui fa parte il Comandante della Capitaneria di Porto interessata, ben si comprende come l’Autorità Marittima sia rappresentativa tanto degli aspetti inerenti la salvaguardia ambientale quanto di quelli legati al traffico marittimo, alle attività di pesca, al diporto ed in genere a quanto connesso con le realtà esistenti in loco. La Commissione di riserva ha un duplice compito ovvero, di affiancare la Capitaneria e l’Ente gestore nella gestione dell’area protetta, formulando proposte e suggerimenti per tutto quanto attiene al funzionamento della riserva stessa, e di fornire il proprio parere in merito alla proposta del regolamento di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione della riserva, ivi comprese le previsioni relative alle spese di gestione, formulata dalla Capitaneria o dall’ente. Chiaramente, il regolamento sarà sottoposto ad approvazione da parte del Ministro, sentito il parere della Direzione Genarale per la protezione della natura (ex Servizio Difesa Mare) – Segreteria Tecnica per le aree marine protette.
Il Capo del Compartimento ai sensi dell’articolo 59 del Reg. Cod. Nav., in veste di Capo del Circondario, può emanare delle "ordinanze" (atti amministrativi aventi forza di legge) ai fini della disciplina organizzativa e gestionale della riserva protetta. Nel periodo che intercorre tra la pubblicazione del decreto istitutivo sulla Gazzetta Ufficiale e l’individuazione dell’Ente gestore, tale provvedimento assume indubbiamente un elevato carattere normativo poiché permette di delineare, seppur temporaneamente, una forma di tutela che comunque risulta essere utile anche se probabilmente incompleta o apparentemente superficiale.
Lo strumento che consente al Corpo di intraprendere azioni repressive qualora venissero accertati degli illeciti amministrativi e penali, è costituito dall’art. 30 (Sanzioni) della legge 979/82 e della legge 394/91.
Per le violazioni amministrative è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 103 € ad un massimo di 2.582 €, mentre per quelle penali la pena pecuniaria o detentiva variano a seconda della tipologia di reato commesso.
Parco Nazionale - Arcipelago di La Maddalena Spiaggia "Il Costone" Isola di La Maddalena
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[1] http://www.nonnodondolo.it/../1/edit%2322