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Rifiuti prodotti dalle navi e residui del carico

La tutela dell’ambiente marino si sostanza, principalmente, nella lotta al fenomeno dell'inquinamento del mare, dovuto ad una molteplicità di cause, tra cui gli scarichi di oli combustibili provenienti dalle raffinerie o dai lavaggi delle petroliere e le perdite accidentali di idrocarburi che complessivamente incidono, sull'ecosistema marino, in misura inferiore rispetto ai quotidiani sversamenti volontari dei predetti lavaggi di cisterne, o degli scarichi delle acque nere o di sentina. A tali fattori occorre aggiungere l'incidenza degli scarichi di rifiuti civili, agricoli ed industriali.

L'analisi della disciplina posta a tutela dell'ambiente marino non può non riguardare anche la normativa in materia di rifiuti, che chiaramente attiene anche alla tutela ed all'igiene dei litorali e dei porti. Le attività portuali, oltre a risultare dinamicamente collegate ad aspetti di natura economica, sociale, storica e culturale, comportano inevitabili relazioni con l’ambiente, sia costiero che marino. Una gestione incontrollata di tali attività, soprattutto se inserite in aree fortemente antropizzate, potrebbe provocare pericolose ripercussioni sull’ambiente naturale, un continuo aumento del consumo di risorse e dei costi per gestire l’ambiente, una maggiore produzione di rifiuti e una conseguente perdita del valore del porto. Ciò risulta tanto più vero per i porti inseriti in aree di particolare interesse naturalistico o in contesti di particolare vulnerabilità come quello del bacino del mediterraneo.

Il Corpo delle Capitanerie – Guardia Costiera colloca la materia ambientale al centro dell’ordinario spiegarsi dei compiti istituzionali. Tali delicate attribuzioni, risultano ulteriormente consolidatesi, alla luce del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”[1] [1], ed in particolare, dagli articoli 135 e 195, che individuano competenze di natura specialistica del Corpo, nella gestione, rispettivamente, dell’attività di prevenzione ed accertamento dei reati ed illeciti in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e nella repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti. La vigilanza sulle aree di reperimento e monitoraggio della filiera dei rifiuti in ambito terrestre, marino e portuale era costituita, in passato dal D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (c.d. decreto Ronchi), il quale aveva recepito tre direttive della CEE (la 91/156 sui rifiuti; la 91/689 sui rifiuti pericolosi e la 94/62 sugli imballaggi), ed aveva abrogato quasi tutta la normativa precedente, rappresentando una svolta fondamentale nella regolamentazione dei rifiuti. Tale decreto, infatti, si ispirava all'idea che l'inquinamento da rifiuti doveva essere fronteggiato non con interventi da collocarsi a valle dei processi di consumo, attraverso il ricorso allo smaltimento in discarica, ma riducendo la quantità' complessiva dei rifiuti prodotti, e favorendo tecnologie di gestione degli stessi orientate al recupero, al riutilizzo e al riciclo. Il testo legislativo ha mostrato delle molteplici carenze normative, che avevano portato all'emanazione nel ’97 del D. Lgs. n. 389 (cd. Rochi - bis) e nel ’98 della Legge n. 426 (cd. Ronchi - ter), finché è intervenuto il sopra citato Testo Unico dell'Ambiente a riordinare integralmente anche tale materia (la Parte IV tratta  la gestine dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati). La nuova legge, in conformità con quanto stabilito dalla normativa comunitaria, accorpa infatti tutte le disposizioni emanate successivamente al decreto Ronchi, e riorganizza la disciplina dei consorzi di raccolta attraverso l'introduzione di istituti finalizzati ad assicurare la massima concorrenzialità nella gestione del sistema e consentire di costituire nuovi consorzi.La finalità del decreto sono indicate nell’art. 2 comma 1 nella promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzarsi attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionaòe delle risorse naturali.

L’art. 232 comma 2 del Testo Unico ambientale (D.L.vo 152/2006) richiama, quale disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui del carico, il D.L.vo 24 giugno 2003 n. 182 (in Gazz. Uff., 22 luglio, n. 168) “Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico”. il quale ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva CE 59/2000, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico, finalizzata ad assicurare alle navi che approdano nei diversi porti dell'Unione Europea adeguati sistemi ove poter conferire non solo i rifiuti inevitabilmente prodotti a bordo della nave, ma anche i residui del carico che altrimenti verrebbero eliminati attraverso sversamenti volontari nelle acque marine.  E’ composto di 16 articoli e 4 allegati, che definiscono in modo puntuale l’ambito di applicazione e le modalità operative di gestione dei rifiuti navali e dei porti:

  • Allegato 1: Prescrizioni relative al piano di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico;
  • Allegato 2: Informazioni sul sistema di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico da fornire agli utenti del porto;
  • Allegato 3: Modulo di dichiarazione contenente le informazioni da notificare prima dell'entrata nel porto;
  • Allegato 4: Criteri per la determinazione della tariffa di cui agli articoli 8 e 10.

Scopo del decreto legislativo è dunque quello di “ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli «impianti portuali di raccolta» per i suddetti rifiuti e residui” (art. 1).Una nave, infatti, durante il suo esercizio impatta in maniera significativa sull’ambiente: basti pensare alle operazioni di routine come quella di smaltimento dei rifiuti prodotti a bordo. Lo stesso dicasi per le attività condotte nei porti, che generano rifiuti anche di natura pericolosa. Tali impianti vengono definiti dall'art. 2, comma 1, lett. e) come strutture, che possono essere fisse, galleggianti o mobili all'interno del porto dove, prima del loro avvio al recupero o allo smaltimento, possono essere conferiti i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico.

Esso si applica (art. 2) a tutte le navi, comprese le unità da diporto ed i pescherecci facenti scalo o operanti in un porto dello Stato, indipendentemente dalla bandiera. Si applica inoltre ai porti dello Stato ove fanno scalo dette navi. Sono invece escluse le navi militari da guerra ed ausiliarie o altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali ai fini non commerciali, ma è previsto che, con decreto ministeriale, siano stabilite le misure necessarie ad assicurare che le navi militari da guerra ed ausiliarie e le navi delle forze di polizia ad ordinamento civile conferiscano rifiuti ed i residui del carico in conformità alla normativa vigente in materia, tenuto conto delle specifiche prescrizioni tecniche previste per dette navi e delle caratteristiche di ogni unità. Ed infatti, con D.M. 19 marzo 2008, recante “Misure necessarie per il conferimento da parte delle navi militari da guerra e ausiliarie dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 del decreto legislativo 24 giuno 2003, n. 182”, sono state stabilite le misure necessarie per il conferimento, da parte delle navi militari da guerra e ausiliarie dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali.

Occorre sottolineare che già dalle predette previsioni relative agli obiettivi della norma, ed alla definizione degli impianti di raccolta, emerge chiaramente come il decreto legislativo 182/2003 si occupi della gestioni dei rifiuti del sistema "nave-porto", e non del servizio di pulizia, raccolta rifiuti e disinquinamento del porto. Per ciò che attiene a tale servizio, viene in evidenza, oltre alla disciplina generale sui rifiuti sopra esaminata, il decreto del Ministero dei Trasporti del 14/11/1994, il quale ha individuato vari servizi portuali di interesse generale (servizi di illuminazione, idrici, informatici, telematici), tra cui, per l'appunto, i servizi di pulizia, raccolta dei rifiuti e disinquinamento del porto. In base a tale provvedimento la pulizia di tutti gli spazi terrestri non coperti situati entro l'ambito portuale, compresi quelli utilizzati da soggetti terzi, imprese o utenti portuali viene affidata ad imprese competenti a seguito di gara pubblica indetta dall'Autorità Portuale o, dove non istituita, dall'Autorità Marittima. Il predetto decreto ministeriale in precedenza regolava anche l'attività di pulizia e raccolta di rifiuti provenienti dalle navi in sosta nel porto, che ora invece ha trovato una disciplina ad hoc con il D.Lgs 182/03.

Pertanto, per i rifiuti della nave ed i residui del carico, si applica il Decreto 182/03, e le relative norme concernenti il conferimento, l'obbligo di notifica ed il regime tariffario, mentre per i rifiuti derivanti dalla pulizia degli specchi acquei e terrestri la principale fonte giuridica di riferimento è il nuovo Testo Unico sull'Ambiente, per la parte relativa alla disciplina dei rifiuti (prima regolata dal D.Lgs 22/97), oltre alla L. 84/94 (riordino della legislazione in materia portuale) ed al predetto D.M. 14/11/94.

Particolare importanza riveste, inoltre, la Marpol 73/78, ossia la Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento dalle navi. Tale convenzione fu elaborata per rispondere alla necessità di controllare e limitare il rilascio accidentale e deliberato in mare di idrocarburi ed altre sostanze pericolose, fra cui i rifiuti (ad essi è dedicato l’Annesso V).

 


[1] [1] Tale Decreto, emanato in attuazione della Legge 308/2004 “delega ambientale” che a sua volta è stato oggetto di interventi correttivi, l’ultimo dei quali effettuato con il D. Lgs. 29/06/2010, n. 128. e recante “norme in materia ambientale”, dedica la parte IV alle “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” (articoli 177 – 266) ed ha abrogato una serie di provvedimenti precedenti tra cui il Decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, cosiddetto Decreto Ronchi, che fino alla data di entrata in vigore del D.lgs. 152/06 ha rappresentato la legge quadro di riferimento in materia di rifiuti. La gerarchia di gestione dei rifiuti è disciplinata dall’art. 179 del D.Lgs. 152/06 “Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti” che stabilisce quali misure prioritarie la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti seguite da misure dirette quali il recupero dei rifiuti mediante riciclo, il reimpiego, il riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, nonché all’uso di rifiuti come fonte di energia.

Il Decreto quindi persegue la linea già definita dal Decreto “Ronchi”, ovvero la priorità della prevenzione e della riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, a cui seguono solo successivamente il recupero (di materia e di energia) e quindi, come fase residuale dell’intera gestione, lo smaltimento (messa in discarica ed incenerimento).

Classificazione dei rifiuti portuali

I rifiuti portuali sono classificati in:

  • Rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico che la Convenzione MARPOL 73/78 raggruppa nei seguenti cinque Allegati:
  1. petrolio in tutte le sue forme (Allegato I) ed in particolare il petrolio greggio, l’olio combustibile, le morchie, i residui d’idrocarburi e i prodotti raffinati (diversi dai prodotti petrolchimici che sono soggetti alle disposizioni dell’Allegato II della Marpol) e comprende le sostanze elencate nell’Appendice I della Marpol. Fanno parte dell’Allegato I: i rifiuti oleosi (scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati; scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati; scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e lubrificazione; olio sintetico per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabile; altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione; oli di sentina della navigazione; altri oli di sentina della navigazione; oli prodotti dalla separazione olio acqua), i fanghi (fanghi di prodotti di separazione olio/acqua), le acque di lavaggio cisterne e residui di carico, i residui oleosi di macchina (acque di sentina, morchie, ecc.).
  2. sostanze liquide nocive trasportate da navi chimichiere comprendenti i residui provenienti dal lavaggio delle cisterne (Allegato II). Le sostanze liquide vengono suddivise nelle seguenti categorie: Categoria A, Categoria B, Categoria C e Categoria D (Allegato II, norma 3) e sono classificate secondo quanto indicato nell’Appendice I del medesimo Allegato.
  3. imballaggi, contenitori, contenitori-cisterna, vagoni-cisterna stradali e ferroviari che sono già stati usati per il trasporto di sostanze nocive trasportate non alla rinfusa che potrebbero originare residui di carico (Allegato III).
  4. acque nere (Allegato IV).
  5. rifiuti normalmente prodotti dall’esigenza di vita dell’equipaggio di bordo (Allegato V) quali:

     - plastica;

     - materiale di imballaggio, tessuti;

     - prodotti cartacei, stracci, metalli, bottiglie, terracotta;

     - rifiuti alimentari;

     - cenere proveniente da inceneritore.

  • Rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale, quali:
  1. rifiuti indifferenziati;
  2. i rifiuti oggetto di raccolta differenziata.
  • Rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali.

Nell’Allegato 1 è riportato un elenco esemplificativo e non esaustivo, dei principali codici CER relativi alle tre macro-categorie di rifiuti portuali sopra elencate.

Allegato 1

Elenco dei possibili rifiuti prodotti dalle navi

(Elenco non esaustivo)

Allegato 1bis

 

Elenco dei possibili rifiuti prodotti dalle navi

(Elenco non esaustivo)

Allegato 1 ter

 

Elenco dei possibili rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale

(Elenco non esaustivo)

Allegato 1 quater

 

Elenco dei possibili rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comunie degli specchi acquei portuali

(Elenco non esaustivo)

I piani di raccolta e di gestione dei rifiuti

Per «gestione dei rifiuti» si intende l'insieme delle politiche volte a gestire l'intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro sorte finale. Per ciascun porto è elaborato un «piano di raccolta e di gestione dei rifiuti». Il piano è valutato e approvato dallo Stato membro interessato. Si procede ad una nuova approvazione almeno ogni tre anni.

Il Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali ha come obiettivo principale quello di fornire una dettagliata descrizione del servizio relativo dell’intero «ciclo di gestione» rifiuti, e coinvolge quindi la raccolta, la differenziazione, il trasporto, il trattamento (reiciclaggio o smaltimento) e anche il riutilizzo dei materiali di scarto, nel tentativo di evitare che vi siano dispersioni in mare di detti rifiuti, prevenendo così l’inquinamento dell’ambiente marino.Nel Piano è inoltre riportata una breve descrizione o un semplice elenco della normativa presa in riferimento per l’elaborazione. A titolo esemplificativo e non esaustivo, le norme internazionali, europee ed italiane, sono:

• Direttiva 91/156/CEE;

• Direttiva 91/689/CEE;

• Direttiva 94/62/CE;

• Direttiva 2000/59/CE;

• D.Lgs. n. 152/2006;

• D.Lgs. n. 182/2003.

Numerosi Protocolli, Convenzioni e Accordi sono stati siglati fra Stati per tutelare i mari e, nello specifico della «gestione dei rifiuti» prodotti dalle navi, è stata adottata in particolare la Direttiva 2000/59/CE che regolamenta anche i residui di carico delle stesse e si propone di perseguire due obiettivi: la semplificazione e la migliore efficacia della Convenzione MARPOL 73/78, ponendosi anche come collegamento fra la stessa e la normativa di riferimento in materia di rifiuti  rappresentata dalla Direttiva 95/21/CE[1] [1].

La Direttiva 2000/59/CE, in aggiunta alle prescrizioni previste a livello internazionale, prevede delle disposizioni più restrittive (anche se il suo ambito territoriale di applicazione è limitato alle navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri a prescindere dalla loro bandiera) ed inoltre definisce, in termini univoci, che, a prescindere dalla definizione data a livello internazionale, anche i residui del carico (e le acque reflue) sono da considerarsi rifiuti ed essi, pertanto, ricadono nell’ambito di competenza della normativa in materia (per esempio per ciò che riguarda le regole sulla loro circolazione, i procedimenti autorizzatori, ecc.). In realtà anche la Convenzione MARPOL 73/78 prevede la realizzazione, “al più presto”, di impianti di raccolta per residui di idrocarburi e per ricevere e trattare la zavorra inquinata e le acque di pulitura delle cisterne delle petroliere, acque di scarico e i rifiuti (definiti nell’Allegato V), ma solo nella Direttiva 2000/59/CE si prevedono misure specifiche da realizzare a scadenze predeterminate.

Un’altra peculiarità della Direttiva è che, rispetto ai tempi lunghi rimessi al potere discrezionale delle parti sottoscriventi la Convenzione, adotta disposizioni più stringenti che incidono non solo, come si è detto, sulla circolazione, trattamento e recupero dei rifiuti prodotti da navi, ma soprattutto su:

  1. l’organizzazione e sulla tipologia degli impianti portuali di raccolta, attraverso appositi piani;
  2. il procedimento di notifica preventiva, posta a carico del comandante della nave per il conferimento dei rifiuti agli impianti portuali;
  3. il regime dei controlli;
  4. le “misure di accompagnamento”, con elencazioni dettagliate degli obblighi strumentali, intestati alle autorità competenti;
  5. la previsione di un sistema sanzionatorio, da definire secondo i principi generali comunitari.

Con questa Direttiva si è creato un sistema di prescrizioni che mira a raggiungere un elevato grado di tutela attraverso regole di incentivazione (giuridiche, tecniche e finanziarie) sul conferimento agli impianti portuali, riducendo così gli scarichi in mare dei rifiuti e dei residui di carico, provenienti da tutti i tipi di navi, sia che si tratti di scarichi leciti, ma soprattutto illeciti.

E’ importante rilevare che, nonostante il carattere di “linea guida” della Direttiva in oggetto, la stessa prevede già un meccanismo coercitivo che si sostanzia in ispezioni da parte dell’autorità competente nel sito portuale, il cui esito negativo può dar luogo al divieto di lasciare il porto, al quale si possono aggiungere sanzioni economiche specifiche previste dal singolo Stato membro.

In conclusione l’Unione Europea ha adottato un approccio incisivo per la protezione del mare da scarichi di rifiuti e residui provenienti da navi, attraverso un meccanismo di regole, non solo repressive, ma anche incentivanti, che rendono più agevole e più conveniente, per i Comandanti delle navi, conferire rifiuti e residui ai porti piuttosto che scaricare in mare, sia quando rischiano una pena per fatto illecito, sia quando lo scarico sarebbe consentito dalle Convenzioni internazionali e le relative leggi nazionali di ratifica.

In Italia la «gestione dei rifiuti» è regolamentata dal D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, “Norme in materia ambientale” come modificato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, dove, nella Parte IV, vengono descritti tutti gli obblighi e vincoli previsti per il settore rifiuti. Lo stesso decreto prevede l’abrogazione di numerose norme fra cui il D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997, che per anni ha rappresentato il principale testo di legge del settore.

I rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico sono regolamentati da un apposito decreto legislativo e precisamente dal D.Lgs. n. 182/2003 con il quale è stata recepita la citata Direttiva Comunitaria n° 2000/59/CE. Le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 182/2003 sono state confermate dal D.Lgs. n. 152/2006 nell’art 232.

Il D.Lgs. n. 182/2003 si applica a tutte le navi, compresi i pescherecci e le imbarcazioni da diporto (a prescindere dalla loro bandiera) che fanno scalo o operano in un porto dello Stato ed ai porti dello Stato ove fanno scalo le suddette navi. Il Decreto Legislativo n. 182 non si applica alle navi militari da guerra ed ausiliarie o di altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali.

Rispetto alla Direttiva 2000/59/CE, il decreto legislativo 182/03, amplia il concetto di gestione dei rifiuti, introducendo, a fianco alla previsione di impianti portuali, la fornitura di servizi per la raccolta e gestione dei rifiuti, adeguati alla classificazione del porto e al traffico di navi che scalano il medesimo porto.

In attuazione delle citate disposizioni sopranazionali, con D.Lgs. del 24 giugno 2003 n. 182, sono state emanate norme di dettaglio la cui applicazione è demandata alle Autorità marittime e alle regioni.

La disciplina prevista nel D. Lgs. 182/2003 si applica a tutte le navi di qualsiasi tipo (inclusi aliscafi, aircraft (2 NOTA), sommergibili e galleggianti), compresi i pescherecci e le unità da diporto, a prescindere dalla loro bandiera, ai porti dello Stato ove fanno scalo o operano le predette unità, ad esclusione delle navi militari da guerra ed ausiliarie o di altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali" (art. 3). Obiettivo del decreto è quello di ridurre gli scarichi in mare, in particolare  quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti ndalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti e residui.


[1] [1] In ambito comunitario la norma di riferimento in materia di rifiuti è rappresentata dalla Direttiva 91/156/CEE , la quale, fra l’altro, prevede che:

  • gli Stati membri adottino le misure appropriate per promuovere:
  1. in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti;
  2. in secondo luogo, il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, o l’uso di rifiuti come fonte di energia;
  • gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente;
  • le imprese o gli stabilimenti che provvedono al trattamento, allo stoccaggio o al deposito di rifiuti per conto di terzi debbano ottenere dall’autorità competente un’apposita autorizzazione;
  • conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia sostenuto dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad un’impresa, dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto generatore di rifiuti.

[2] [1] veicoli a cuscino d'aria

Campo di appicazione ed esclusioni

Il Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali - adeguato ad ogni singola realtà portuale - contiene tutte le “informazioni” [1] [1] richieste dalla Direttiva 2000/59/CE e relative ad un Piano per la raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico, e, in aggiunta, prende in considerazione anche le altre tipologie di rifiuti normalmente raccolti in un porto. L’obiettivo che si intende perseguire con l’elaborazione di un Piano di gestione sostenibile dei rifiuti portuali è di predisporre una gestione unitaria ed integrata di tutti questi rifiuti, in grado di assicurare alti livelli di protezione per la salute e la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente.

► Esso si applica ai rifiuti:

  • prodotti dalle navi, siano esse soggette a notifica (navi destinate al trasporto di merci o di passeggeri, o unità da diporto omologate per oltre 12 passeggeri) o non soggette a notifica (pescherecci e unità da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri), a prescindere dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano presso il porto (ormeggiate in porto ovvero stazionanti in rada), fra cui:
  1. rifiuti derivanti dalle attività di bordo, compresi i rifiuti alimentari provenienti da Paesi extra-UE;
  2. oli esauriti e residui oleosi;
  3. rifiuti speciali pericolosi e non;
  4. acque nere.
  • genericamente prodotti nell’area portuale
  • derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

Sono esclusi dal campo di applicazione del Piano i rifiuti provenienti da:

  • navi militari da guerra ed ausiliarie
  • altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali e fini non commerciali
  • attività svolte all’interno delle aree in concessione a soggetti privati

Peraltro, per quanto attiene alle "navi militari" da guerra ed ausiliarie e le navi «in servizio governativo» delle forze di polizia ad ordinamento civile, con decreto ministeriale, D.M. 19 marzo 2008, recante “Misure necessarie per il conferimento da parte delle navi militari da guerra e ausiliarie dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 del decreto legislativo 24 giuno 2003, n. 182”, sono state stabilite le misure necessarie per il conferimento dei rifiuti e dei residui del carico negli appositi impianti portuali, in conformità alla normativa vigente in materia, tenuto conto delle specifiche prescrizioni tecniche previste per dette navi e delle caratteristiche di ogni unità.

Quanto alle modalità di gestione degli impianti portuali di raccolta previsti dal D. Lgs. 182/2003, è stabilito che l’Autorità portuale, previa consultazione delle parti interessate e, in particolare, degli enti locali, dell’Ufficio di sanità marittima e degli operatori dello scalo o dei loro rappresentanti, elabori un «piano di raccolta dei rifiuti» prodotti dalle navi e dei residui del carico, il quale va poi approvato dalla regione che provvede ad integrarlo con il piano regionale di gestione rifiuti. Il riferimento è effettuato, dall’articolo, al D.L.vo 22/1997 ma, come già osservato riguardo ad altri richiami alla previgente normativa, stante la sostanziale continuità tra le diverse disposizioni, deve intendersi ora riferito all’articolo 196 del D.L.vo 152/2006.

In attuazione del piano, è prevista, con onere a carico del gestore del servizio, la realizzazione di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto (laddove adottata ovvero in relazione al traffico registrato nell'ultimo triennio), al fine di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (articolo 4).

La capacità degli impianti portuali di raccolta realizzati, siano essi strutture fisse, mobili o galleggianti, è commisurata alla tipologia ed al quantitativo di rifiuti prodotti da navi e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica e delle dimensioni del porto, della tipologia delle navi che vi fanno scalo e deve essere conforme a quanto previsto nel piano di raccolta e piano di gestione dei rifiuti disciplinati dall'art. 5 del D. Lgs. 182/03, nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1. Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. n. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”).E’ opportuno rilevare che, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 81/1994, il soggetto pubblico o privato che intenda realizzare un impianto fisso di raccolta deve preventivamente ottenere il rilascio di una «concessione demaniale» da parte dell’Autorità portuale, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita. Tale autorizzazione tuttavia non è da sola sufficiente ai fini dell’espletamento delle attività di raccolta rifiuti: è altresì necessario, infatti, l’ottenimento dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione competente per territorio, la cui validità è di 5 anni (cfr. artt. 208 e ss. D.Lgs. n. 152/2006).

 


[1] [1] Per definire le tipologie e le quantità dei rifiuti portuali è necessario preliminarmente acquisire le seguenti informazioni:

  • per i rifiuti prodotti dalle navi si deve stabilire quali sono le tipologie di navi e di traffici marittimi usuali nel porto.

Le tipologie di navi che normalmente scalano in un porto possono dividersi in:

  1. navi mercantili, navi passeggeri,
  2. pescherecci ed imbarcazioni da diporto.

Le prime hanno una produzione di rifiuti varia, comprendente i residui oleosi liquidi o fangosi, i rifiuti assimilabili agli urbani prodotti dall’equipaggio e dall’attività di bordo, e i residui del carico o associati al carico trasportato.

Le navi passeggeri invece hanno una produzione rilevante di rifiuti urbani/assimilabili, mentre pescherecci e imbarcazioni da diporto hanno una produzione limitata di tutte le tipologie di rifiuti.

Per valutare i traffici marittimi devono essere considerati:

  1. il movimento di navi;
  2. il movimento di merci.

Questi dati possono essere reperiti presso le locali Autorità Marittime e/o Autorità Portuali.

  • Per i rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale è necessario definire:
  1. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio;
  2. la presenza e dislocazione di aree in concessione;
  3. la presenza di stazioni marittime passeggeri;
  4. la presenza e dislocazione di attività commerciali, produttive e di servizi.

Per i rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali dovranno  essere chiaramente delimitate:

  1. le superfici degli specchi acquei da sottoporre al servizio di pulizia;
  2. il perimetro e l’area portuale entro cui deve essere svolto il servizio di spazzamento.

Queste informazioni preliminari saranno utilizzate per determinare l’origine dei diversi rifiuti portuali e dovranno essere associate ai dati relativi ai loro quantitativi, recuperati tramite la consultazione dei Moduli di notifica per i rifiuti prodotti dalle navi, dei MUD e dei soggetti concessionari del servizio di raccolta per le altre due tipologie di rifiuti.

 

Obblighi di notifica e di conferimento: valutazione dei dati contenuti nelle notifiche trasmesse all’Autorità Marittima o Portuale

In base a quanto stabilito all’art. 6 del D.Lgs. n. 182/2003, il Comandante di una nave mercantile, senza discriminazine di bandiera, diretta verso un porto italiano deve provvedere a trasmettere, all’Autorità competente nel porto (Autorità portuali o, laddove non istituite, le Autorità marittime), il «modulo di notifica». Sfuggono alla regola le navi militari da guerra ed ausiliarie o altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali, i pescherecci, le unità da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri e le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari. Anche i mezzi che svolgono attività di raccolta e di trasporto di rifiuti nell’ambito e per conto del proprio impianto portuale di raccolta e che ne costituiscono parte integrante non sono tenuti a comunicare la predetta notifica.

Nella notifica vanno riportate le quantità e la tipologia di rifiuti e residui trasportati, indicando quanti di questi debbono essere conferiti o trattenuti a bordo, oltre alla percentuale della capacità massima di stoccaggio possibile consentita della nave.

Per compiere un esame dei dati sui rifiuti contenuti nelle notifiche si possono verificare:

  1. il numero di notifiche rispetto al numero di arrivi attestati nell’apposito registro dell’Autorità competente nel porto per l’arco di tempo esaminato o disponibile;
  2. le modalità di rilevazione delle notifiche e di informatizzazione delle stesse presso l’Autorità Marittima e/o Portuale;
  3. il quantitativo dei rifiuti indicati, la percentuale dei campi compilati, non compilati o compilati male sul totale delle notifiche esaminate;
  4. le congruenze tra le capacità di stoccaggio e le quantità conferite o che verranno conferite nel porto successivo.

In merito alle acque di sentina e ai rifiuti da cucina e mensa, si sottolinea che sembra consuetudine per le navi scaricare questi rifiuti direttamente in mare in conformità con le procedure sancite dalla Convenzione MARPOL 73/78.

Gli obblighi di notifica della situazione relativa ai rifiuti a bordo da smaltire, di cui trattano le disposizioni generali in materia di rifiuti, sono imposti, entro i limiti temporali rigorosi, al Comandante della nave diretta verso un porto situato nel territorio nazionale mediante compilazione di «apposito modulo» da consegnarsi all’Autorità marittima competente.

Il modello dovrà essere trasmesso all’Autorità marittima comtetente almeno 24 ore prima dell'arrivo nel porto di scalo, se detto porto è noto. Qualora il porto di scalo venga conosciuto a meno di 24 ore dall'arrivo, la predetta notificazione va effettuata non appena il porto di scalo è noto. Se la durata del viaggio è inferiore a 24 ore, tale notificazione va effettuata prima della partenza dal porto di scalo precedente. A notifica avvenuta, l'Autorità marittima trasmette i dati all'Autorità portuale, laddove istituita, al gestore dell'impianto di raccolta, all'ufficio di sanità marittima ed agli uffici veterinari.

Non sono sottoposti al predetto obbligo di notifica i pescherecci e le unità da diporto, omologate per un massimo di 12 passeggeri, dovendosi intendere però tale limite non comprensivo del numero dei componenti l'equipaggio.

Ricevuta la notifica, l'Autorità Marittima trasmette a sua volta i dati all'Autorità portuale, laddove istituita, al gestore dell'impianto di raccolta, agli uffici di Sanità Marittima ed agli Uffici Veterinari di porto. Le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari possono fornire le informazioni di cui sopra cumulativamente all'Autorità Marittima dello scalo di conferimento dei rifiuti.

Valutazione dei dati provenienti dai MUD – Modelli Unici di Dichiarazione ambientale

Il MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) deve essere obbligatoriamente compilato da chiunque effettua a titolo professionale o svolge attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, ovvero svolge operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi ed i consorzi istituiti con le finalità di recuperare particolari tipologie di rifiuti (rif. art. 189, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006).

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006 i produttori di rifiuti non pericolosi (industria, commercio, artigianato e servizi) non hanno più l’obbligo di presentare il MUD (art. 189) e pertanto non sarà più possibile quantificare tali rifiuti con questa modalità; è comunque consigliabile ricercare alcuni dati storici sui rifiuti portuali non pericolosi analizzando i MUD relativi agli anni precedenti il 2005.

I dati derivanti dai MUD, riferiti a periodi di un anno, anche se acquisiti in modo indiretto, permettono di:

  1. valutare le tipologie e i quantitativi di rifiuti dichiarati dalle aziende concessionarie del servizio di raccolta dei rifiuti portuali;
  2. compiere una prima caratterizzazione della produzione di rifiuti provenienti da attività commerciali, produttive e di servizi presenti nell’area portuale.

Valutazione dei dati reperiti presso i soggetti concessionari dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali

E’ possibile reperire numerose informazioni sui rifiuti portuali anche consultando i differenti soggetti concessionari dei servizi di raccolta. I dati andrebbero distinti considerando:

  1. la provenienza dei rifiuti;
  2. le differenti tipologie raccolte, compiendo anche una distinzione fra i rifiuti urbani o ad essi assimilati e/o assimilabili, e i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi;
  3. i relativi quantitativi;
  4. le modalità di raccolta.

Nel caso in cui siano disponibili solo dati parziali sarà necessario compiere, in collaborazione con le ditte medesime, una stima dei quantitativi di rifiuti portuali mediamente raccolti basandosi sul numero di conferimenti effettuati presso gli impianti portuali, sul numero e dislocazione dei cassonetti presenti nell’area, sulla frequenza media di svuotamento annuale e sul quantitativo medio di rifiuti raccolti (kg) con ogni svuotamento, le principali tipologie di rifiuti raccolte, non sottovalutando le variabilità stagionali in porti soggetti a flussi turistici di passeggeri.

In ogni caso è buona prassi che, in fase di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali, l’Autorità competente nel porto preveda che i soggetti incaricati comunichino periodicamente informazioni dettagliate circa la provenienza, quantità e tipologie dei rifiuti portuali raccolti.

Un esempio di come organizzare i dati raccolti relativi a questi rifiuti è riportato nella Tabella seguente:

Schema tipo per il riepilogo delle informazioni raccolte presso le ditte concessionarie
dei servizi di raccolta

Procedure di raccolta dei rifiuti portuali

Le modalità con cui vengono raccolti i rifiuti portuali sono differenti a seconda della loro provenienza. Sono descritte di seguito le procedure adottate per:

  • il ritiro dei rifiuti provenienti da navi soggette a notifica
  • il conferimento dei rifiuti provenienti da navi non soggette a notifica
  • il ritiro dei rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale
  • la raccolta dei rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

 

Modalità di conferimento dei rifiuti prodotto dalla nave e dei residui del carico

L’art. 7 comma 1 del D.Lgs. n. 182/2003 stabilisce le modalità di conferimento dei rifiuti prodotti dalla nave e quelle di conferimento dei residui del carico (articolo 10).

Il comandante della nave, ogniqualvolta lascia il porto di approdo, conferisce i rifiuti prodotti dalla nave all'impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto, salvo il caso di navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari. Tuttavia, la nave può proseguire verso il successivo porto di scalo senza avere adempiuto in deroga a tale prescrizione previa autorizzazione dell'Autorità marittima, che avvalendosi dell'Autorità sanitaria marittima e del chimico del porto, ove presenti, abbia accertato che la stessa nave abbia una capacità di stoccaggio sufficiente per i rifiuti già prodotti ed accumulati e per quelli che saranno prodotti fino al momento dell'arrivo presso il successivo porto di conferimento. Il conferimento dei rifiuti e dei residui ad un impianto di raccolta deve avvenire in conformità alle disposizioni della Convenzione Marpol 73/78.

L'Autorità competente, qualora ritenga che nel porto di conferimento previsto non siano disponibili impianti adeguati o nel caso in cui detto porto non sia conosciuto e sussista il rischio che i rifiuti vengano scaricati in mare, richiede alla nave di conferire i rifiuti prodotti prima di lasciare il porto.

Dunque la predetta deroga è subordinata dalla legge all'attività di controllo dell'Autorità Marittima, che è l'organo deputato ad effettuare i controlli in materia di Port State Control (PSC).

Ai rifiuti sanitari ed ai rifiuti alimentari prodotti a bordo di mezzi di trasporto che effettuano tragitti internazionali si applicano le disposizioni vigenti in materia. Per quanto riguarda i residui del carico (art. 10) il comandante della nave che fa scalo nel porto li conferisce ad un impianto di raccolta in base alle disposizioni della convenzione Marpol 73/78 e dei relativi allegati I, II, II, IV e V (riguardanti le merci inquinanti, le sostanze liquide nocive, le sostanze dannose, le acque reflue e quelle di sentina, ed i rifiuti associati al carico);  tali residui saranno avviati in via prioritaria al riciclaggio ed al recupero nel rispetto della normativa vigente.

Per assicurare il rispetto delle norme sopra descritte, l’art. 11 prevede che l'Autorità marittima esegua delle ispezioni. Nella scelta delle navi da ispezionare, l'Autorità marittima si interessa in particolare:

  • della nave che non ha adempiuto agli obblighi di notifica di cui all'articolo 6;
  • della nave per la quale le informazioni fornite dal comandante, ai sensi dell'articolo 6, possano far ritenere l'inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 10.

L’attività di accertamento consiste nella valutazione del «modulo di notifica» e della capacità di stoccaggio dei rifiuti a bordo in funzione degli spazi disponibili, della durata del viaggio nonché delle possibilità di successivo conferimento.

Qualora l'Autorità marittima accerti la violazione degli articoli 7 e 10, essa provvede affinché la nave non lasci il porto fino al conferimento dei rifiuti e dei residui del carico all'impianto di raccolta, in misura tale da ottemperare ai citati articoli. Nell’ipotesi in cui la nave contravvenga al divieto di lasciare il porto, l'Autorità marittima informa immediatamente l'Autorità marittima del successivo porto di scalo.

Il ritiro dei rifiuti provenienti da navi soggette a notifica

I Comandanti delle navi dirette verso un porto situato nel territorio italiano o di un altro Stato Membro della Comunità Europea devono comunicare e trasmettere all’Autorità competente nel porto di scalo tutte le «informazioni» inerenti i rifiuti prodotti dalla nave e dai residui del carico mediante la compilazione del «modulo di notifica» (Allegato). Tale modello, debitamente compilato in ogni sua parte può essere inviato anche a cura dell’Agenzia marittima della nave.

La tempistica dell’invio della notifica da parte del Comandante della nave è la seguente:

  1. almeno 24 ore prima dell’arrivo della nave presso il porto, se il porto è noto;
  2. non appena il porto di scalo è noto, qualora conosciuto a meno di 24 ore dall’arrivo;
  3. prima della partenza della nave dal porto di scalo precedente, in caso di durata del viaggio inferiore a 24 ore.

Il servizio di raccolta dei rifiuti può essere organizzato per erogare le prestazioni in modo continuativo (ad esempio dalle 8.00 h alle 24.00 (16 h) o 24 h su 24 h) in base alle esigenze del porto e alla regolamentazione locale; inoltre è possibile definire delle modalità operative per organizzare il servizio anche su chiamata ossia in seguito a necessità esplicitamente comunicate dal Comandante della nave. Il personale operativo deve essere in numero sufficiente ed adeguatamente formato per garantire l’efficacia del servizio.

Le fasi operative per la raccolta dei rifiuti distinti per tipologia, provenienti dalle navi soggette a notifica

►Rifiuti prodotti dalle attività di bordo

I rifiuti prodotti dalle attività di bordo (assimilabili agli urbani, alimentari e altri non speciali e non pericolosi) devono essere, differenziati per tipologia dal personale di bordo, per permettere un corretto conferimento. Compiute le fasi di accertamento preliminare del quantitativo e della tipologia, il ritiro dei rifiuti può avvenire, da parte del personale addetto al servizio, via terra o via mare a seconda se la nave si trova in all’ormeggio o in rada:

  1. navi all’ormeggio in banchina: mediante autocarro equipaggiato o altro mezzo. Il personale di bordo della nave richiedente provvede a scaricare i rifiuti, il personale addetto si reca sotto bordo e procede al ritiro dei sacchetti e/o dei contenitori.
  2. le navi in rada: mediante motobarca opportunamente equipaggiata. Le manovre di avvicinamento, di ormeggio e di disormeggio della nave dalla quale deve essere effettuato il ritiro dei rifiuti devono essere effettuate in osservanza delle norme di prevenzione degli abbordi in mare, a cura e sotto la responsabilità dei comandanti e con modalità con essi concordate. Il trasbordo dei rifiuti viene effettuato dal personale di bordo e dagli addetti al servizio e deve avvenire in condizioni meteomarine favorevoli.

Ultimate le operazioni di ritiro, sia via terra che via mare:

  1. viene fatto sottoscrivere dal Comandante della nave beneficiaria del servizio (o da un delegato) il “Buono di prestazione”;
  2. i mezzi nautici rientrano nel porto (nel caso di ritiro via mare);
  3. i rifiuti vengono trasportati presso l’apposito impianto portuale di raccolta o presso i centri di trattamento e/o smaltimento, opportunamente individuati ed autorizzati. Per i rifiuti assimilabili agli urbani e speciali non pericolosi, qualora non differenziati, sarà necessario compiere un’opportuna selezione e cernita allo scopo di separare le diverse tipologie di rifiuti, di assicurare il controllo e l’eliminazione di eventuali frazioni non compatibili di diversa classificazione e, successivamente, di avviare al corretto recupero i materiali recuperati e allo smaltimento gli altri residui;
  4. i rifiuti alimentari putrescibili non recuperabili dovranno essere trasportati in giornata presso gli impianti di smaltimento autorizzati; per le altre tipologie di rifiuti è possibile prevedere lo stoccaggio presso l’area di messa in riserva presente nell’impianto portuale di raccolta, con successivo periodico conferimento ai più vicini centri di trattamento e/o smaltimento autorizzati.

► I rifiuti alimentari provenienti dai Paesi Extra U.E. collocati in appositi contenitori, devono essere smaltiti in impianti di incenerimento o in discarica previa sterilizzazione da effettuarsi secondo le modalità tecniche indicate nell’art. 4 comma 3 del Decreto del Ministero della Sanità del 22 maggio 2001; ai sensi dello stesso Decreto la vigilanza relativa all’attività di sbarco e raggruppamento di detti rifiuti e l’attività di sterilizzazione, all’interno del sedime portuale, è esercitata dagli Uffici di Sanità Marittima ed Aerea e dagli Uffici Veterinari di Porto.

► Oli esauriti e residui oleosi

Il servizio di raccolta degli oli esauriti e di altri residui oleosi si svolge utilizzando un autocarro con cisterna scarrabile o gli altri appositi mezzi nautici qualora la nave sia in rada. Le cisterne/contenitori/serbatoi devono essere provvisti di sistemi di chiusura e di dispostivi atti ad effettuare, in condizioni di sicurezza, le operazioni di riempimento, travaso e svuotamento. Tali sistemi devono essere dotati di dispositivi di antitraboccamento o di tubazioni di troppo pieno, devono inoltre prevedere indicatori di livello e sfiati captati ed abbattuti da un idoneo sistema di abbattimento. Le manichette e i raccordi dei tubi devono essere mantenuti in perfetta efficienza per evitare dispersioni nell’ambiente.

I liquidi possono essere pompati direttamente dal bordo della nave o dalla ditta concessionaria, sia che la nave sia in rada o all’ormeggio:

  1. se i liquidi sono pompati direttamente dal bordo della nave, gli operatori della ditta devono prendere in consegna la manichetta o le manichette e collocarla/e al bocchettone della cisterna. Una volta che la cisterna si è riempita, gli operatori addetti al controllo del livello del liquido nella cisterna fanno interrompere le operazioni di pompaggio a bordo della nave, riconsegnano la/e manichetta/e e chiudono il bocchettone della cisterna;
  2. se i liquidi sono pompati dai mezzi della ditta concessionaria, l’intervento viene eseguito dall’operatore con l’utilizzo di una motopompa con manichetta/e per aspirare i rifiuti liquidi dalla nave. L’operatore dovrà stendere la/e manichetta/e fino al punto di raccolta della nave e collegarla/e al bocchettone della cisterna, accendere la motopompa, controllare le operazioni di carico e una volta riempita la cisterna spegnere la motopompa e togliere la/e manichetta/e dal bocchettone.

Ultimate le operazioni di ritiro:

  1. viene fatto sottoscrivere dal Comandante della nave beneficiaria del servizio (o da un delegato) il “Buono di prestazione”;
  2. al riempimento della cisterna il personale addetto al servizio si recherà presso un apposito Centro Autorizzato per lo scarico dei rifiuti liquidi.

► Rifiuti speciali pericolosi e non

I rifiuti speciali, pericolosi e non, dovranno essere conferiti in appositi contenitori e opportunamente identificati in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente, evitando la miscelazione perché espressamente vietata. Compiute le fasi di accertamento preliminare del quantitativo e della tipologia, il ritiro dei rifiuti si svolge utilizzando un autocarro autorizzato con idoneo cassone.

Ultimate le operazioni di ritiro:

  1. viene fatto sottoscrivere dal Comandante della nave beneficiaria del servizio (o da un delegato) il “Buono di prestazione” (Allegato);
  2. i rifiuti vengono trasportati presso l’apposito impianto portuale di raccolta o presso i centri di trattamento e/o smaltimento autorizzati. Per i rifiuti speciali non pericolosi, qualora non differenziati, sarà necessario compiere un’opportuna selezione e cernita allo scopo di separare le diverse tipologie di rifiuti, di assicurare il controllo e l’eliminazione di eventuali frazioni non compatibili di diversa classificazione e, successivamente, di avviare al corretto recupero i materiali recuperati e allo smaltimento gli altri residui;
  3. i rifiuti potranno essere stoccati presso l’area di messa in riserva per rifiuti pericolosi o non pericolosi presente nell’impianto portuale di raccolta, con successivo periodico conferimento ai più vicini centri di trattamento e/o smaltimento autorizzati.

Fra i rifiuti speciali, pericolosi e non, possono rientrare anche i rifiuti sanitari il cui conferimento deve avvenire in sacchetti distinti; in caso di rifiuti a rischio infettivo gli stessi dovranno essere conferiti in appositi contenitori. La normativa di riferimento per i rifiuti sanitari è il Decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 15 luglio 2003 “Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179”.

► Acque nere

Il servizio si svolge utilizzando un autocarro con cisterna scarrabile o gli altri appositi mezzi nautici qualora la nave sia in rada. I liquidi possono essere pompati direttamente dal bordo della nave o dalla ditta concessionaria (Vedi fasi operative Oli esauriti e residui oleosi) Al riempimento della cisterna il personale addetto al servizio si recherà presso un apposito impianto di depurazione per lo scarico dei rifiuti.

► Utilizzo di mezzi nautici e terrestri

Il ritiro dei rifiuti dalle navi soggette a notifica si attua attraverso l’utilizzo di mezzi nautici e terrestri. La prevalenza del ritiro dei rifiuti con mezzi nautici rispetto a quelli terrestri può trovare la sua ragione in base alle caratteristiche geografiche dell’area portuale, ai luoghi di ancoraggio delle navi che stazionano nel porto e al posizionamento delle banchine. Ad esempio nel caso di navi in rada la ditta dovrà provvedere al ritiro in loco dei rifiuti utilizzando mezzi nautici.

I possibili mezzi nautici e terrestri utili per il ritiro dei rifiuti sono di seguito elencati.

• Mezzi Nautici

  1. rimorchiatori di potenza variabile;
  2. motobarche abilitate al trasporto di merci pericolose;
  3. battelli ecologici polivalenti;
  4. bettoline per il trasporto di prodotti petroliferi;
  5. bettoline per il trasporto di rifiuti solidi;
  6. motobarche e/o bettoline per il ritiro giornaliero di rifiuti costituiti da frazioni organiche putrescibili e rifiuti solidi assimilati ed assimilabili;
  7. bettoline per ritiro delle acque di sentina.

• Mezzi terrestri

  1. autocarri scarrabili di portata;
  2. autocarri scarrabili con gru ragno;
  3. autocisterne;
  4. macchine operatrici con braccio a ragno/benna;
  5. compattatori ecologici;
  6. contenitori ecologici e/o cassoni scarrabili stagni e non;
  7. pressa-rifiuti;
  8. mezzi per il ritiro giornaliero di rifiuti costituiti da frazioni organiche putrescibili e rifiuti solidi assimilati ed assimilabili;
  9. mezzi di varia capacità e tipologia a seconda delle differenti tipologie di rifiuto da raccogliere e trasportare.

I mezzi nautici devono risultare conformi alle specifiche prescrizioni stabilite dalla vigente normativa ed essere abilitati allo svolgimento del relativo servizio, con particolare riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi e all’indicazione della relativa classe. Ogni mezzo nautico è sottoposto a revisione e controllo periodico dal Registro Italiano Navale (RINa) per il rinnovo dell’abilitazione alla navigazione e dall’Autorità competente nel porto per la sicurezza.

I mezzi terrestri sono sottoposti ad autorizzazione e le ditte che effettuano il trasporto di rifiuti, pericolosi o non, devono essere in possesso dell’iscrizione all’Albo Nazionale gestori ambientali (in ottemperanza all’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006) e alle revisioni periodiche previste dalla legislazione in materia di trasporti (revisione annuale presso la MCTC – Motorizzazione Civile e Trasporti in Concessione).

Modulo di Notifica: Fac-Simile

 

Modulo di dichiarazione contenente le informazioni da notificare prima dell’entrata nel porto, come previsto nell’Allegato 3 del D.Lgs. n. 182/2003

L’art. 6 del decreto stabilisce infatti che il comandante deve notificare all’Autorità Marittima riportandoli sul citato modulo i seguenti dati:

  1. nome della nave, indicativo radio, numero IMO;
  2. stato di bandiera;
  3. ora presunta di arrivo (ETA);
  4. ora presunta di partenza (ETD);
  5. precedente e successivo porto di scalo;
  6. ultimo porto di scalo in cui sono stati conferiti i rifiuti prodotti dalla nave;
  7. la dicitura “intendete conferire tutti/alcuni/nessuno dei vostri rifiuti in impianti portuali di raccolta
  8. tipo e quantitativo di rifiuti e residui da conferire o trattenuti a bordo e percentuale della di stoccaggio della nave;

Nel caso in cui si intende scaricare tutti i rifiuti, bisogna compilare la seconda colonna come occorre. Se si intende scaricare alcuni rifiuti o nessun rifiuto, bisogna completare tutte le colonne.

            (1) Può trattarsi di stime

            (*) Contrassegnare la casella appropriata

 

           Note:

Tali informazioni possono essere usate per i controlli degli Stati di approdo e per altri scopi connessi con le ispezioni.

Il presente modulo deve essere compilato in ogni sua parte, salvo nel caso previsto all’art. 6, comma 3 del D.Lgs. n. 182/2003.

Io sottoscritto ………………………………… dichiaro che le suddette informazioni sono corrette e che a bordo vi è una capacità dedicata sufficiente per stoccare tutti i rifiuti prodotti tra il momento della notifica ed il successivo porto in cui saranno conferiti rifiuti.

           Data ………………………….

           Ora ……………………………..                                                  Firma 

                                                                                            …………………………..

 

Buono di Prestazione: Fac-Simile

 

Schema tipo di un “Buono di prestazione “

Il conferimento dei rifiuti provenienti da navi non soggette a notifica

I Comandanti delle navi non soggette a notifica (pescherecci e unità da diporto fino a 12 passeggeri), dovranno provvedere ad organizzarsi autonomamente per consegnare i rifiuti prodotti. I rifiuti derivanti dalle normali attività di bordo, non pericolosi, potranno essere conferiti presso appositi cassonetti dislocati nell’area e/o presso gli impianti portuali di raccolta, in cui saranno presenti anche opportuni cassonetti dedicati alla raccolta delle frazioni differenziate (carta, plastica, vetro, metalli, ecc.). I rifiuti speciali, pericolosi e non, e gli oli esauriti e residui oleosi dovranno essere obbligatoriamente conferiti presso gli impianti di raccolta portuali negli orari stabiliti dall’Autorità competente nel porto, previa concertazione con gli operatori interessati.

Diversamente, per le acque nere, dovrà essere predisposto un idoneo servizio per il loro prelievo, utilizzando un autocarro con cisterna scarrabile. I liquidi possono essere pompati direttamente dal bordo delle imbarcazioni o dalla ditta concessionaria (Vedi fasi operative Oli esauriti e residui oleosi descritte per il ritiro dei rifiuti provenienti da navi soggette a notifica).

Al riempimento della cisterna il personale addetto al servizio si recherà presso un apposito impianto di depurazione per lo scarico dei rifiuti. I conferimenti presso gli appositi impianti di raccolta avverranno in determinati orari di apertura e alla presenza di un responsabile appositamente individuato dal soggetto concessionario del servizio, che avrà l’incarico di verificare, e registrare la provenienza dei conferimenti e rilasciare il buono di conferimento.

La raccolta dei rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale

I rifiuti indifferenziati devono essere raccolti mediante appositi involucri protettivi in modo da evitare qualsiasi dispersione o cattivi odori e conferiti, a cura del produttore, presso i cassonetti predisposti. Per le frazioni di rifiuti recuperabili deve essere vietata la possibilità di conferimento presso i cassonetti destinati al rifiuto indifferenziato.

Il servizio dovrà essere assicurato tutti i giorni lavorativi e dovranno essere predisposte misure particolari in caso di festività infrasettimanali o festività multiple.

I rifiuti oggetto di raccolta differenziata sono, a titolo esemplificativo:

  1. rifiuti organici putrescibili ad alto tenore di umidità;
  2. residui di potatura e sfalcio d’erba provenienti dalla manutenzione di aree verdi;
  3. vetro;
  4. lattine;
  5. carta e cartone;
  6. plastica;
  7. materiali metallici;
  8. legno;
  9. pile;
  10. farmaci;
  11. apparecchiature elettriche ed elettroniche;
  12. rifiuti ingombranti;
  13. altri rifiuti riciclabili.

Il produttore dovrà provvedere alla preventiva selezione dei suddetti materiali alla fonte ed al successivo conferimento nell’apposito contenitore in base alle frazioni per cui lo stesso è destinato. Nel caso in cui i quantitativi e la pezzatura di detti rifiuti superino le capacità dei contenitori e per i rifiuti pericolosi (batterie esauste, prodotti tossici e/o infiammabili), possono essere previsti conferimenti su chiamata concordati con il soggetto concessionario del servizio.

Modalità particolari saranno invece adottate per i rifiuti costituiti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che, in conformità a quanto previsto dal D.Lgs. n. 152/2005, dovranno essere consegnati ad un rivenditore contestualmente all’acquisto di un bene di tipologia equivalente; nel caso in cui non avvenga l’acquisto contestuale di un bene equivalente potranno essere conferiti, previo accordo, al soggetto concessionario del servizio.

La raccolta dei rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

I rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali possono essere, in via ordinaria, raccolti da un unico soggetto concessionario del servizio di raccolta.

Le aree portuali comuni sottoposte a pulizia e spazzamento sono:

  1. le strade, le piazze ed i marciapiedi, classificati come aree demaniali marittime ai sensi del Codice di Navigazione, di uso comune non date in concessione;
  2. le scogliere e le banchine lungo l’ambito marittimo cittadino non date in concessione;
  3. le zone di collegamento tra la città e il porto, ubicate in area demaniale marittima.

Chi effettua operazioni di carico e scarico di merci o altri materiali non deve rilasciare rifiuti di qualsiasi genere sull’area di uso comune e dovrà provvedere, ad operazioni ultimate, alla pulizia dell’area stessa.

La pulizia degli specchi acquei potrà essere periodica o avvenire “su chiamata” e si svolgerà con l’ausilio di appositi mezzi nautici in grado di recuperare i rifiuti galleggianti. Date le usuali caratteristiche dei rifiuti raccolti dagli specchi acquei (es. legno, polistirolo, plastiche) è possibile prevedere una loro differenziazione, con successivo avvio a recupero.

Gli impianti portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi

In un porto, in via ordinaria ed anche in conformità all’art. 4 del D.Lgs. n. 182/2003, devono essere presenti impianti e servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico opportunamente dimensionati e gestiti in relazione alla classificazione dello scalo stesso, dei servizi presenti nel portoe alle tipologie e frequenze dei traffici marittimi, al fine di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili.

L’impianto portuale di raccolta è definito come una qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile collocata all’interno del porto dove possono essere conferiti i rifiuti della nave ed i residui del carico prima che vengano avviati al recupero o allo smaltimento.

Ogni porto è dotato di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi[1] [1] e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto[2] [1] .

In generale possono prevedersi tre differenti tipi di impianti:

  1. per un porto di grandi dimensioni, ossia interessato da frequenti ed importanti traffici merci e passeggeri, potrà prevedersi la predisposizione di specifici impianti definiti “basi operative”;
  2. per un porto di medie dimensioni, ad esempio, interessato principalmente dall’approdo di pescherecci e imbarcazioni da diporto, gli impianti potranno assumere le caratteristiche di “aree attrezzate”;
  3. per i porti di piccole dimensioni o interessati da un esiguo numero di imbarcazioni in approdo è comunque necessario prevedere una dotazione minima per la raccolta dei rifiuti pericolosi: l’Isola nel porto ne rappresenta un esempio.

Il dimensionamento, la collocazione e le caratteristiche basilari di tali impianti, siano essi fissi, mobili o galleggianti, deve essere commisurata alla tipologia ed al quantitativo di rifiuti prodotti da navi e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica, delle dimensioni del porto e della tipologia delle navi che vi fanno scalo, e deve essere conforme a quanto previsto nel «piano di raccolta» e «piano di gestione» dei rifiuti disciplinati dall'art. 5 del D. Lgs. 182/03. nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1. Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. n. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”)

Non si esclude che un porto possa dotarsi di più tipologie di impianti contemporaneamente, in relazione alle proprie esigenze, indipendentemente dalle classi di dimensioni individuate in precedenza. Gli impianti dovranno essere strutturati in modo tale da assicurare un rapido conferimento dei rifiuti, evitando ingiustificati ritardi ai soggetti conferitori e garantendo, nel contempo, i necessari standard di sicurezza per l’ambiente e la salute dell’uomo, comprese le conformità previste dalle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi, anche con l’ausilio delle migliori tecnologie disponibili.

Oltre alla presenza di detti impianti, nel porto dovranno essere dislocati appositi contenitori atti a raccogliere sia i rifiuti differenziati che quelli indifferenziati che non possono essere conferiti presso tali installazioni.

Nel «Piano di raccolta» vanno descritte le caratteristiche tecniche e gestionali di tali impianti, come ad esempio:

  1. le tipologie e la localizzazione degli stessi all’interno dell’area portuale, comprese le indicazioni sulle dimensioni e la struttura, allegando se possibile una semplice descrizione a tre dimensioni; è consigliabile definire anche quali aree nel porto non sono idonee ad ospitare impianti di questo tipo;
  2. le tipologie di rifiuti che possono essere raccolti ed eventuali specifiche modalità di conferimento per particolari categorie, nonché il dettaglio delle attrezzature e dei procedimenti di pretrattamento eventualmente adottati nel porto;
  3. le capacità massime, giornaliere ed annuali, relative ad ogni tipologia di rifiuto;
  4. le modalità di presidio, con l’indicazione degli orari di apertura e chiusura, la disponibilità della persona responsabile a rilasciare chiarimenti in merito alle modalità di conferimento, la possibilità di apertura su chiamata, ecc.;
  5. eventuali altre informazioni necessarie a descrivere l’idonea operatività.

 


[1] [1] I rifiuti, comprese le acque reflue e i residui diversi dai residui del carico, ivi comprese le acque di sentina, prodotti a bordo di una nave e che rientrano nell'ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della Marpol 73/78, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l'attuazione dell'allegato V della Marpol 73/78)

[2] [1]I resti  di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo della nave nella stiva o in cisterne e che permane al termine delle operazioni di scarico o di pulizia, ivi comprese le acque di lavaggio (slop) e le acque di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui; tali resti comprendono eccedenze di carico-scarico e fuoriuscite).

Caratteristiche tecniche della base operativa per la raccolta dei rifiuti nei porti di grandi dimensioni

Per il buon funzionamento del servizio di gestione dei rifiuti in un porto interessato da un notevole flusso di navi, si può ipotizzare di realizzare, in ambito portuale, una base operativa, ossia un edificio munito di:

  1. una centrale di comunicazione uffici e locali amministrativi;
  2. locali per i dipendenti (spogliatoi, bagni, mensa ecc.);
  3. un’area per il ricovero mezzi ed eventuale officina;
  4. un’area destinata al conferimento e pre-trattamento dei rifiuti pericolosi;
  5. un’area destinata al conferimento e pre-trattamento dei rifiuti non pericolosi.
  6. un’area dedicata per la messa in riserva18 dei rifiuti pericolosi;
  7. un’area dedicata per la messa in riserva dei rifiuti non pericolosi.

Tutte le aree dovranno essere ben delimitate e distinte, mentre nel caso sia predisposta un’area destinata ai rifiuti infiammabili dovranno essere prese tutte le adeguate precauzioni previste dalla normativa antincendio.

Le aree destinate al conferimento e pre-trattamento dei rifiuti pericolosi e non, sono necessarie per una eventuale selezione e cernita nel caso in cui i rifiuti non siano conferiti correttamente differenziati; la superficie dovrà essere impermeabile e dotata di sistemi di raccolta per i reflui che potrebbero fuoriuscire dagli automezzi o derivare dai rifiuti. In queste aree dovrà essere installata apposita cartellonistica esterna per la segnalazione dell’impianto. Dovrà inoltre essere esposto il regolamento dell’impianto in cui saranno indicate: le modalità di conferimento dei rifiuti, gli orari di accesso, gli obblighi e i divieti di chi conferisce, le sanzioni applicabili, i riferimenti del gestore dell’area, le modalità di segnalazione delle inadeguatezze riscontate dagli utenti e un numero telefonico a cui poter comunicare eventuali situazioni di emergenza.

Il settore della messa in riserva deve essere organizzato in aree distinte a seconda della categoria di rifiuto in deposito ed adeguatamente contrassegnate da tabelle ben visibili, per dimensioni e collocazione, in cui siano presenti le seguenti informazioni:

  1. le norme per il comportamento, per la manipolazione dei rifiuti e per il contenimento dei rischi per la salute dell’uomo e per l’ambiente;
  2. i relativi codici CER, lo stato fisico e la pericolosità dei rifiuti stoccati.

I contenitori o serbatoi fissi o mobili utilizzati per lo stoccaggio devono possedere adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico-fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità del rifiuto e devono essere provvisti di sistema di chiusura, di accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento, travaso e svuotamento.

L’area destinata alla messa in riserva dei rifiuti pericolosi può essere organizzata anche in scaffalature con più livelli in altezza dove è possibile movimentare i rifiuti con muletti o altro mezzo di trasporto idoneo. In ogni singola scaffalatura devono essere stoccati rifiuti compatibili della medesima categoria; se questi si presentano allo stato liquido o contengono liquidi che possono fuoriuscire, le scaffalature devono essere dotate di apposito bacino di contenimento in modo da poter recuperare eventuali sversamenti. L’utilizzo delle scaffalature deve comunque garantire la sistemazione del rifiuto in totale sicurezza e l’accessibilità agli stessi per verificare eventuali perdite.

Per definire i volumi necessari per la messa in riserva è possibile ipotizzare, indicativamente, il rapporto tra i volumi di rifiuti pericolosi da conferire sulla volumetria disponibile pari a: 1 mc (rifiuti): 6 mc (spazio). Per dimensionare invece l’area di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi il rapporto è pari circa ad 1 mc (rifiuto): 3 mc (spazio necessario). Tali rapporti potranno essere in ogni caso ottimizzati adottando le migliori tecnologie disponibili.

Il trasporto di rifiuti non pericolosi dall’area destinata al conferimento alla zona per la messa in riserva avverrà tramite cassoni scarrabili opportunamente identificati.

La base operativa dovrà essere localizzata in un’area logisticamente idonea per l’espletamento del servizio e sarà costituita da un fabbricato di estensione variabile, ma la cui superficie sia tale da consentire una movimentazione dei rifiuti e delle attrezzature in ingresso ed in uscita in sicurezza.

Per i rifiuti costituiti da prodotti alimentari per l’approvvigionamento dell’equipaggio e dei passeggeri e i loro residui sbarcati da mezzi di trasporto commerciali, nazionali ed esteri, provenienti da Paesi extra-UE (così come definiti dal Decreto del Ministero della Sanità del 22 maggio 2001) e che devono essere smaltiti in impianti di incenerimento (o in discarica previa sterilizzazione) potrebbe rendersi utile, in seguito alla valutazione delle reali necessità, la realizzazione di un impianto di sterilizzazione presso la base operativa; per lo stesso dovrà essere predisposta un’area di conferimento dedicata.

Caratteristiche tecniche dell’area attrezzata per la raccolta dei rifiuti nei porti di medie dimensioni

Per il servizio di raccolta dei rifiuti nei porti di medie dimensioni si dovranno realizzare una o più aree attrezzate, a seconda delle caratteristiche del porto; infatti può riscontrarsi la necessità di predisporre distinte aree attrezzate da destinare alle navi soggette a notifica, alla flotta pescherecci e/o ai diportisti (ad esempio nel caso in cui il porto turistico sia completamente separato dal resto del porto).

Le aree attrezzate dovranno assicurare la raccolta dei seguenti rifiuti sia pericolosi che non pericolosi; tra i rifiuti pericolosi si ricordano:

  1. oli esauriti, per un massimo stoccabile di 10 ton e un totale annuo di 100 ton (quattro contenitori);
  2. filtri dell’olio usati, assorbenti, materiale filtrante, stracci ed indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose, per un massimo stoccabile di 5 ton e un totale annuo di 20 ton (un contenitori);
  3. batterie al piombo, per un massimo stoccabile di 10 ton e un totale annuo di 100 ton.

Per l’area si dovrà stabilire il quantitativo giornaliero massimo stoccabile, che usualmente, è pari a circa 25 ton.

I rifiuti pericolosi liquidi conferiti presso l’area attrezzata saranno stoccati in serbatoi idonei a contenere sostanze liquide pericolose ed in particolare dovranno essere muniti di:

  1. sfiati di capacità residua del 10%, che devono essere captatati ed inviati ad idonei sistemi di abbattimento;
  2. dispositivi di anti-traboccamento o da tubazione di troppo pieno;
  3. indicatori di allarme o di livello;
  4. idonei dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento travaso e svuotamento;
  5. un bacino di contenimento di capacità pari al contenitore stesso oppure, nel caso di un bacino per più serbatoi, di capacità pari ad almeno il 30% del volume dei serbatoi; in ogni caso la capacità del bacino di contenimento non dovrà essere inferiore al volume del serbatoio di maggiore capacità, aumentato del 10%;
  6. cartelli mobili adeguatamente posizionati per indicare le tipologie di rifiuti stoccati.

L’area attrezzata potrà essere anche munita di appositi contenitori per la raccolta dei rifiuti differenziati (umido/organici, vetro, lattine, carta e cartone, plastica, umido, ecc.) ed indifferenziati, predisponendo per i cassonetti dell’umido una raccolta frequente.

L’area attrezzata dovrà soddisfare i seguenti requisiti:

  1. essere ubicata in un’area logisticamente idonea per consentire agli utenti di conferire agevolmente i rifiuti;
  2. avere una dimensione adeguata per la movimentazione dei mezzi;
  3. essere delimitata da un pannello grigliato e montata su una base di cemento armato di altezza di almeno 80 cm per impedire l’entrata di acqua di dilavamento; il fondo deve essere costituito da bitume;
  4. all’interno dell’area saranno ubicati i bacini di contenimento nei quali verranno posti dei serbatoi di capacità adeguata a seconda della tipologia di rifiuto; i bacini di contenimento chiusi nella parte superiore da un grigliato metallico;
  5. l’area dovrebbe essere adeguatamente coperta e l’acqua piovana opportunamente convogliata.

La copertura dell’area attrezzata potrà essere costituita a falde in laminato metallico, con una superficie piana maggiore del basamento per meglio garantire l’allontanamento dell’acqua piovana.

Si dovrà inoltre prevedere l’installazione di apposita cartellonistica esterna per la segnalazione dell’impianto. Dovrà inoltre essere esposto il regolamento dell’impianto in cui saranno indicate:

  1. le modalità di conferimento dei rifiuti,
  2. gli orari di accesso all’area,
  3. gli obblighi e i divieti di chi conferisce,
  4. le sanzioni applicabili,
  5. i riferimenti del gestore dell’area,
  6. le modalità di segnalazione delle inadeguatezze riscontate dagli utenti,
  7. un numero telefonico a cui poter comunicare eventuali situazioni di emergenza.

Nel caso di un porto turistico gestito in concessione, al fine di garantire la corretta gestione dei rifiuti raccolti, l’Autorità Marittima o Portuale potrebbe prevedere di richiedere al concessionario:

  1. copia del contratto con l’erogatore del servizio autorizzato per la gestione dei rifiuti provenienti dalle imbarcazioni da diporto;
  2. il progetto descrittivo dell’organizzazione preposta alla gestione dei rifiuti;
  3. la statistica annuale dei rifiuti raccolti suddivisi per tipologia.

Isole nel Porto: caratteristiche tecniche e la dotazione minima necessaria nei porti di piccole dimensioni

Sono aree attrezzate per la raccolta dei rifiuti portuali pericolosi, realizzate con il contributo del Consorzio Obbligatorio per gli Oli Usati (COOU) e del Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste (COBAT).

In un porto di piccole dimensioni ed interessato da ridotti traffici navali è in ogni caso necessario assicurare la raccolta dei rifiuti pericolosi prodotti dalle navi in approdo e l’Isola nel porto può rappresentare in questi casi la soluzione ottimale. Le «Isole nel porto» consistono in apposite strutture metalliche coperte (le cui caratteristiche tecniche sono riportate in dettaglio nell’Allegato 1), all’interno delle quali sono collocati differenti contenitori per la raccolta di oli usati, batterie al piombo esauste, filtri dell’olio usati ed eventualmente lattine di olio.

Con lo stesso termine “L’isola nel Porto” ci si riferisce al progetto promosso dal Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) e dal Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste (COBAT), finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della dispersione in mare degli oli lubrificanti usati e delle batterie esauste e sui relativi danni ambientali generati dal fenomeno del “fai da te”. Infatti la nautica costituisce, insieme all’agricoltura e al fai da te nell’autotrazione, uno dei segmenti critici della raccolta di olio lubrificante usato e di batterie al piombo esauste. L’iniziativa è rivolta in particolar modo all’utenza costituita da piccole unità per le quali, essendo relativamente contenuti i volumi di rifiuto prodotti, può risultare relativamente “semplice” liberarsene scaricando gli oli e gettando le batterie direttamente in mare.

Le Isole nel porto costituiscono una struttura funzionale dedicata agli utenti dei porti; che collocate in punti strategici agevolano il conferimento di oli lubrificanti usati, filtri dell’olio e batterie esauste che se raccolti con cura e riutilizzati, forniscono un importante contributo alla bilancia dei pagamenti del nostro Paese, consentendo di risparmiare sulle importazioni sia di piombo che di petrolio. Con l’ultima isola inaugurata nel porto di Venezia, salgono a 59 le isole ecologiche installate in 31 porti italiani e attualmente sono in trattativa numerosi altri porti di interesse sia commerciale che turistico (ad es. Pesaro, Siracusa, Formia (LT), Rimini, Bari).

In conformità del D.Lgs. n. 182/2003 per giungere all’installazione delle isole ecologiche, fornite in comodato d’uso gratuito, ed al successivo avvio del servizio, i due Consorzi richiedono che vengano ad essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. l’Autorità Marittima - o dove istituita l’Autorità Portuale – preveda nel Piano di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dai residui del carico, previa intesa con la Regione competente nel territorio, la collocazione dell’Isola;
  2. venga individuato il soggetto gestore dell’Isola, il quale provvederà anche a tutti i necessari adempimenti previsti per legge.

I risultati finora ottenuti con questa iniziativa sono decisamente positivi: nelle 59 isole ecologiche, sono già state recuperate circa 550 tonnellate di olio lubrificante usato e oltre 4000 tonnellate di batterie esauste.

Altra interessante iniziativa intrapresa dal COOU, assieme al COBAT e al Gruppo Italia Navigando S.p.A., è rappresentata dal progetto “Porti turistici”, tramite cui è stato siglato un protocollo d’intesa per l’attivazione di un servizio di raccolta gratuita dei rifiuti costituiti da oli lubrificanti usati e batterie al piombo esauste anche attraverso l’installazione di appositi centri nei porti turistici. Con questo accordo, i tre soggetti si impegnano alla gestione dei punti di conferimento dei rifiuti pericolosi derivanti dall’attività di diporto, le già collaudate “Isole nel porto”. Anche in questo caso, se il porto turistico è gestito in concessione, l’Autorità Marittima o Portuale potrebbe prevedere di richiedere al concessionario:

  1. la copia del contratto con l’erogatore del servizio autorizzato per la gestione dei rifiuti provenienti dalle unità da diporto;
  2. il progetto descrittivo dell’organizzazione preposta alla gestione dei rifiuti;
  3. la statistica annuale dei rifiuti raccolti suddivisi per tipologia.

Isola nel porto

Prospetto di un’ Isola nel porto - Allegato 1

L’Isola nel porto è costituita da un gazebo zincato a caldo e verniciato generalmente in azzurro e a base esagonale. Sul basamento esagonale in lamiera è posizionata una pavimentazione in ferro grigliato calpestabile.
La cavità tra basamento e pavimentazione costituisce un bacino per la raccolta di quantità di olio usato. Ai sei spigoli del basamento sono collegati sei pali per la tenuta del tetto realizzato in lamiera. La struttura è inoltre chiusa da 6 pannelli in grigliato zincato a caldo e verniciato a tutta altezza, di cui due apribili.

All’interno dell’isola sono posti n° 4 contenitori di colore azzurro:

  • serbatoio per la raccolta dell’olio usato;
  • contenitore in PVC per la raccolta delle batterie al piombo esauste;
  • fusto per la raccolta i filtri olio usati;
  • fusto per la raccolta delle lattine di olio;
  • grigliato pedonale.

L’ingombro massimo è di 3 m x 3 m x h. 3.2 m circa e il peso a vuoto stimato è di 850 kg.

SEZIONE DI ISOLA NEL PORTO                                   PIANTA DI ISOLA NEL PORTO

Prospetto di un’usuale Isola nel porto - Caratteristiche tecniche dell’Isola nel porto

Autorizzazioni per la realizzazione degli impianti portuali di raccolta in Italia

Fatta salva la disciplina in materia di concessione di beni demaniali e di servizi esplicitati con mezzi navali in regime di concessione, gli impianti portuali di raccolta sono autorizzati ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006. Tale disposizione non si applica se gli stessi sono considerati depositi temporanei ossia, come definiti nell’art. 183, comma 1, lettera m) del citato decreto, un raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm) né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm);
  • i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:
  1. con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
  2. quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i 10 metri cubi. In ogni caso allorché il quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
  3. limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;
  • i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:
  1. con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
  2. quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i 20 metri cubi. In ogni caso allorché il quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi l’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
  3. limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;
  • il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
  • devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi.

Nel rispetto al sopramenzionato D.Lgs. n. 152/2006 (art. 208) i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda di autorizzazione alla Regione competente nel territorio; anche in questo caso tali disposizioni non si applicano ai depositi temporanei.

L’affidamento dei lavori per la realizzazione degli impianti portuali di raccolta avviene mediante gara ad evidenza pubblica in conformità alla legislazione nazionale e comunitaria vigente.

Competenze per la realizzazione di opere marittime in Italia

Gli impianti portuali di raccolta, se consistono in strutture fisse, ossia inamovibili, sono considerati «opere marittime» e per la loro realizzazione si dovranno considerare le differenti competenze che possono essere presenti in una realtà portuale.

In Italia attualmente l’ordinamento e le attività portuali sono disciplinate con la Legge n. 84 del 28 gennaio 1994 “Riordino della legislazione in materia portuale”; la stessa abroga in parte, ma non del tutto, il Regio Decreto n. 713 del 26 settembre 1904 (che approva il regolamento per la esecuzione della legge sui porti, spiagge e fari) che costituisce ancora il riferimento per l’originaria specifica e nozione di opere portuali e marittime in genere. Già prima dell’emanazione della Legge n. 84/1994, con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 8 del 15 gennaio 1972 “Trasferimento alle Regioni a Statuto Ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici” e il Decreto del Presidente delle Repubblica n. 616 del 24 luglio 197 “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382” erano state trasferite alle Regioni le competenze per le opere marittime relative ai porti della seconda categoria dalla seconda classe in poi e quelle relative agli approdi turistici e le aree del demanio marittimo di interesse turistico-balneare (art. 59 del DPR n. 616/197).

La Legge n. 84/1994 ha dato una prima risposta all’esigenza di razionalizzazione e di ammodernamento istituzionale ed operativo dell’ordinamento portuale, istituendo nei principali porti nazionali le Autorità Portuali, enti di diritto pubblico dotati di autonomia organizzativa, finanziaria e decisionale, alle quali sono state affidate, tra le altre, le funzioni di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere portuali. La medesima legge ha introdotto una nuova classificazione dei porti marittimi nazionali (a modifica della classificazione adottata dal RD n. 713/1904), basata su nuovi criteri riguardanti:

  • il bacino di utenza esistente e potenziale, l’entità e la qualità del traffico, la capacità operativa degli scali, il livello di efficienza dei servizi di collegamento con l’entroterra; in particolare i porti marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:
  1. categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;
  2. categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;
  3. categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;
  4. categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

Con la Legge n. 30 del 27 febbraio 1998 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l’incremento dell’occupazione”, che ha in parte modificato la Legge n. 84/1994, si specifica che i porti sede di Autorità Portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II.

I porti, o le specifiche aree portuali di cui alla categoria II, classi I, II e III, hanno le seguenti funzioni:

a) commerciale;

b) industriale e petrolifera;

c) di servizio passeggeri;

d) peschereccia;

e) turistica e da diporto.

A distanza di oltre dieci anni dall’emanazione, la nuova normativa non è ancora a regime per la mancata emissione del Decreto Ministeriale con cui dovranno essere individuati i porti o le specifiche aree portuali appartenenti alla categoria I.

La riorganizzazione sopradescritta prevede che siano di competenza regionale le funzioni amministrative concernenti le opere marittime relative ai porti di categoria II, classi II e III, mentre spetta allo Stato l’onere per la realizzazione delle opere nei porti di categoria I e per le opere di grande infrastrutturazione nei porti appartenenti alla categoria II, classi I e II. Infine spetta alle Regioni interessate l’onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di categoria II, classe III.

Con il Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59” è stata confermata la precedente normativa sulla ripartizione delle competenze, prevedendo il conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative relative:

  1. all’estimo navale;
  2. alla disciplina della navigazione interna;
  3. alla programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale ed interregionale delle opere edilizie a servizio dell’attività portuale;
  4. al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia;
  5. all’attività di escavazione dei fondali dei porti in cui non è istituita l’Autorità Portuale.

Nei porti di categoria II, classi I, II e III, con esclusione di quelli aventi le funzioni turistiche e da diporto, l’ambito e l’assetto complessivo del porto, comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal "Piano Regolatore Portuale" che individua inoltre le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate. Le previsioni del Piano Regolatore Portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti. Nei porti nei quali è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dal Comitato portuale, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Nei porti di categoria II nei quali non è istituita l’Autorità Portuale, il Piano Regolatore è adottato dall’Autorità Marittima, previa intesa con il Comune o i Comuni interessati. Il Piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il Piano Regolatore relativo a tutti i porti di categoria II, esaurite le procedure di consultazione, è sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale ed è quindi approvato dalla Regione competente.

I contenitori per la raccolta dei rifiuti dislocati nell’area portuale

I rifiuti portuali che non vengono conferiti presso gli impianti di raccolta dovranno essere raccolti tramite appositi «contenitori/cassonetti» dislocati nell’area portuale.

La collocazione dei contenitori nell’area portuale avverrà considerando:

  1. le categorie di produttori presenti nell’area portuale;
  2. le categorie di rifiuti che in via ordinaria devono essere conferiti;
  3. le principali tipologie di raccolte differenziate da attivare.

In una stessa area possono essere collocati più cassonetti in funzione della richiesta del servizio e delle condizioni oggettive dei luoghi. Per le frazioni organiche putrescibili costituite da residui provenienti da mense pubbliche e private, punti di ristorazione ed esercizi commerciali, dovranno adottarsi delle misure aggiuntive in quanto devono essere conferite in contenitori situati in piazzole o altre aree appositamente individuate presso le mense, i centri di ristorazione ed in genere presso le utenze collettive.

Nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, nel collocare i cassonetti deve essere mantenuta una distanza di 5 metri in orizzontale rispetto a finestre ubicate a piano terra o in seminterrati, e ingressi di attività commerciali (bar, supermercati, tavole calde, ristoranti, ecc.). I contenitori dovranno essere posti in luoghi in cui si possano eseguire le operazioni di svuotamento, movimentazione e lavaggio degli stessi; per consentire tali operazioni da parte dei mezzi del soggetto concessionario del servizio, gli spazi immediatamente adiacenti ai cassonetti dovranno essere lasciati liberi dall’utenza automobilistica, come anche previsto dall’art. 158 del Codice della Strada, e gli stessi non dovranno costituire intralcio alla circolazione veicolare e pedonale (art. 25 del Codice della Strada).

L’area occupata dai contenitori deve essere delimitata da apposita segnaletica orizzontale di colore giallo e, se necessario, devono essere installate protezioni di ancoraggio e di fermo.

I contenitori dovranno essere idonei a proteggere i rifiuti dagli agenti atmosferici e dagli animali; i cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti organici putrescibili dovranno disporre di chiusura ermetica non solo per impedire il rovistamento da parte di animali, ma anche per evitare la fuoriuscita di esalazioni maleodoranti o di eventuali liquidi formatisi.

La capacità dei cassonetti sarà variabile in relazione al tipo di rifiuto raccolto, all’utenza portuale che ne usufruirà, considerando i relativi indici di produzione, alle dimensioni della rete stradale e alle caratteristiche dei mezzi che li devono movimentare. Sui contenitori dovranno essere chiaramente indicate le tipologie di rifiuti che in essi possono essere inseriti e le modalità di conferimento.

I contenitori dovranno essere sottoposti a manutenzione, pulizia e disinfezione periodica.

Infine, per garantire il mantenimento della pulizia delle aree portuali comuni, dovranno essere dislocati appositi contenitori portarifiuti, dedicati esclusivamente a contenere i rifiuti minuti prodotti occasionalmente dagli utenti delle aree sopra indicate; in essi non potranno essere conferite altre tipologie di rifiuti.

I compiti dei soggetti concessionari dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali

Il soggetto pubblico o privato che intende realizzare un impianto fisso di raccolta, deve dapprima ottenere il rilascio di una «concessione demaniale» dall’ Autorità Portuale ai sensi dell’art. 18 della Legge 84/94, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita, collocandosi tale struttura nell’ambito portuale così come individuato dal “Piano regolatore portuale”. Di contro, le incombenze amministrative dell’atto concessorio ricadranno sull’Autorità Marittima, che esplica la sua funzione amministrativa attraverso il Capo del Compartimento Marittimo o Direttore marittimo, fermo restando che per il rilascio delle concessioni di durata superiore ai 15 anni la competenza ricade sul Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nel rispetto al D.Lgs. n. 152/2006 (art. 208) i soggetti che intendono realizzare e gestire impianti di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda di "autorizzazione" alla Regione competente nel territorio; anche in questo caso tali disposizioni non si applicano ai depositi temporanei. L’affidamento dei lavori per la realizzazione degli impianti portuali di raccolta avviene mediante gara ad evidenza pubblica in conformità alla legislazione nazionale e comunitaria vigente. Sulla base dell’esperienza italiana, la gestione delle varie tipologie di rifiuti portuali è svolta da soggetti concessionari differenti selezionati tramite gara ad evidenza pubblica.

Sulla base dell’esperienza italiana, la gestione delle varie tipologie di rifiuti portuali è svolta da soggetti concessionari differenti selezionati tramite gara ad evidenza pubblica.

  • Per i rifiuti prodotti dalle navi, il soggetto incaricato del servizio deve:
  1. assicurare che raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento avvengano in condizioni di massima sicurezza e comunque nei termini e con le modalità previsti dalla normativa vigente; in particolare si dovrà verificare che i rifiuti vengano consegnati ad impianti dedicati, appositamente autorizzati;
  2. provvedere alla gestione dei cassonetti e degli impianti portuali di raccolta;
  3. provvedere agli adempimenti relativi alla vigente normativa sui rifiuti;
  4. documentare il conferimento presso gli impianti rilasciando al soggetto conferitore di rifiuti il “Buono di prestazione”;
  5. comunicare periodicamente all’Autorità competente nel porto i quantitativi di rifiuti raccolti, recuperati, smaltiti, la loro provenienza e destinazione e altre informazioni che possano essere utili per valutare l’andamento della produzione degli stessi;
  6. distribuire, ai potenziali utenti del servizio, materiale informativo sull’organizzazione del servizio di raccolta rifiuti in ambito portuale, completo di una «scheda per la segnalazione delle inadeguatezze» (Allegato).
  • Per i rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale, il soggetto concessionario dovrà:
  1. assicurare che raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento avvengano in conformità alla normativa vigente;
  2. provvedere agli adempimenti amministrativi richiesti dalla legge;
  3. comunicare periodicamente all’Autorità competente nel porto i quantitativi di rifiuti raccolti, recuperati, smaltiti, la loro provenienza e destinazione e altre informazioni che possano essere utili per valutare l’andamento della produzione degli stessi;
  4. predisporre opportune campagne informative rivolte all’utenza portuale per potenziare la raccolta differenziata, in particolare dei rifiuti pericolosi.
  • Il servizio di raccolta dei rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali potrà essere affidato ad un ulteriore soggetto concessionario che dovrà:
  1. eseguire la pulizia e lo spazzamento delle suddette aree;
  2. provvedere all’installazione di apposita segnaletica con pannelli integrativi, fissi e verticali, come descritti dal Codice della Strada;
  3. assicurare la pulizia, il diserbamento e la potatura periodica delle aree verdi comuni, nonché alla conseguente asportazione e smaltimento dei rifiuti così prodotti;
  4. fornire altri servizi su richiesta da parte dell’Autorità competente nel porto, da valutarsi di volta in volta, previo pagamento laddove eseguiti, come ad esempio può accadere per servizi “su chiamata”, da attivare in occasione di specifiche emergenze;
  5. garantire il servizio di pulizia degli specchi acquei portuali soprattutto nei periodi dell’anno in cui si riscontra una maggiore presenza di rifiuti galleggianti (es. in corrispondenza di elevati flussi di merci o di passeggeri nel porto);
  6. prevedere la raccolta differenziata delle frazioni di rifiuti raccolte e recuperabili provenienti dagli specchi acquei;
  7. comunicare periodicamente all’Autorità competente nel porto i quantitativi di rifiuti raccolti, recuperati, smaltiti, la loro destinazione e altre informazioni che possano essere utili per valutare l’andamento della produzione degli stessi.

Si sottolinea che in ambito nazionale, nei porti in cui non è istituita l’Autorità Portuale, per queste specifiche tipologie di rifiuti, si riscontrano modalità di gestione e di affidamento del servizio molto diversificate, calibrate sulla specificità della realtà locale.

Modalità di affidamento dei servizi di raccolta

Le Autorità Portuali e/o Autorità Marittime hanno la competenza in materia di rifiuti provenienti dalle navi e le stesse possono disciplinare il settore con atti di regolamentazione ed organizzazione, sia stabilendo i capitolati per le imprese erogatrici dei servizi, sia emanando apposite Ordinanze regolanti facoltà, diritti ed obblighi degli utenti e dei prestatori dei servizi.

Per i porti in cui è istituita l’Autorità Portuale, l’art. 6 della L. n. 84/1994 prevede che siano affidati in concessione dall’Autorità Portuale stessa mediante gara pubblica, i seguenti servizi di interesse generale da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale (individuati con il D.M. del 14.11.199430):

  1. la pulizia, raccolta dei rifiuti e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi;
  2. la pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali.

Per i rifiuti provenienti dalle navi e residui del carico, l’affidamento del servizio di raccolta deve avvenire mediante gara ad evidenza pubblica in conformità alla legislazione nazionale e comunitaria vigente, come riferito all’art. 4, comma 5 del D. Lgs. n. 182/2003. In considerazione del fatto che la concessione del servizio di ritiro rifiuti dalle navi rientra pienamente nella categoria delle concessioni di servizio, non è applicabile a tale istituto la normativa sugli appalti di servizio ed in particolare le disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 157 del 17 marzo 1995, “Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”.

E’ stato riconosciuto dalla giurisprudenza nazionale e dalla Commissione Europea che, pur non richiedendosi l’applicazione del D.Lgs. n. 157/95, il ricorso all’istituto concessorio non rende libera la scelta del soggetto a cui affidare la concessione, restando la scelta dell’erogatore assoggettata ai principi generali del Trattato U.E. costitutivo, nonché ai principi generali che governano la materia dei contratti pubblici (par condicio dei concorrenti, pubblicità dei bandi, trasparenza delle procedure, segretezze delle offerte economiche).

Tenuto conto di quanto sopra, la procedura selettiva di affidamento non necessariamente deve prevedere tutti gli adempimenti di cui al D. Lgs. n. 157/95, ma è sufficiente che siano pienamente soddisfatti i principi di parità di trattamento, di trasparenza, di non discriminazione, di proporzionalità.

Si stabiliscono pertanto le seguenti linee guida per la procedura selettiva:

  1. massima divulgazione dell’Avviso di gara il cui estratto andrà pubblicato su almeno due quotidiani a diffusione nazionale;
  2. possibilità ampia di partecipazione a livello comunitario senza discriminazione di nazionalità;
  3. individuazione preventiva dei requisiti che i candidati devono soddisfare durante la fase selettiva;
  4. scelta del candidato in base a criteri obiettivi, nel rispetto delle regole e dei requisiti inizialmente stabiliti.

Per la definizione dei requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria dei partecipanti dovrà ovviamente tenersi conto del principio di proporzionalità, evitando di fissare requisiti professionali o finanziari sproporzionati rispetto all’oggetto della concessione. Ad ogni modo potranno partecipare alla gara le imprese provviste del certificato di iscrizione all’Albo Nazionale Gestori ambientali (art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006).

L’impresa concorrente dovrà dimostrare con idonea documentazione, di disporre, all’atto della partecipazione della gara, di tutti i mezzi d’opera ad attrezzature necessarie per lo svolgimento dei servizi.

Per garantire idonea capacità finanziaria sarà richiesto un capitale sociale minimo e un patrimonio netto di importo adeguato e ciò in base al bilancio dell’ultimo anno o a successiva documentazione legale, oltre ad una referenza bancaria di solvibilità e a fideiussioni il cui importo sarà stabilito nel bando di gara.

Per assicurare che i candidati abbiano un’esperienza qualificata nel settore, quale requisito tecnico per lo svolgimento ottimale del servizio, sarà legittimamente inseribile la clausola che limiti l’ammissione ai soli concorrenti che abbiano svolto servizi identici a quelli oggetto della concessione nei tre anni precedenti (in conformità alla Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 919 del 15 febbraio 2002) e che abbiano realizzato nel triennio precedente un fatturato, per ciascun esercizio finanziario, pari alla metà dell’importo presunto del servizio.

Completeranno il quadro i requisiti di moralità e di onorabilità e ciò secondo le consuete verifiche dei casellari giudiziali, della certificazione antimafia e dell’assenza di procedure concorsuali.

L’aggiudicazione del servizio sarà poi effettuata a favore dell’”offerta economicamente più vantaggiosa” (in linea con l’art. 23, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 157/95 in materia di appalti di servizi) da valutare sulla base di specifici parametri (ad es. ribasso sulla tariffa posta a base di gara, possesso di certificazione di qualità ISO 9001, ISO 14001 o EMAS, proposta tecnicooperativa migliorativa per l’espletamento del servizio, anni di esperienza per prestazioni identiche) attribuendo a ciascuno di essi un punteggio proporzionale all’importanza attribuita ad ogni parametro.

I soggetti concessionari dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali non provenienti da navi potranno essere selezionati con le stesse modalità sopra descritte qualora il soggetto a cui fa capo il loro affidamento è l’Autorità Portuale o Marittima.

Si sottolinea che in ambito nazionale, nei porti in cui non è istituita l’Autorità Portuale, per queste specifiche tipologie di rifiuti, si riscontrano modalità di gestione e di affidamento del servizio molto diversificate, calibrate sulla specificità della realtà locale. Può, ad esempio, riscontrarsi che gli Enti Locali siano preposti alla manutenzione del porto: in questo caso gli stessi dovranno provvedere ad affidare i servizi di gestione di tali rifiuti tramite apposite gare, in conformità a quanto stabilito dall’art. 202 del D.Lgs. n. 152/2006.

Le ditte selezionate dovranno in ogni caso dimostrare di possedere idonei mezzi per svolgere questi servizi, come ad esempio imbarcazioni adatte al recupero di rifiuti galleggianti, automezzi per lo spazzamento e la disinfestazione stradale, automezzi per lo svuotamento dei cassonetti stradali, ecc.

Scheda di segnalazione inadeguatezze per impianti e servizi per il conferimento dei rifiuti

Fac-Simile

Quadro dei costi di gestione e regime tariffario

In seguito alla valutazione e pianificazione delle attività necessarie per una gestione completa dei rifiuti portuali dovranno essere stimati, il più fedelmente possibile, i costi di gestione sulla base delle voci successivamente individuate. E’ fondamentale valutare opportunamente tali importi per strutturare adeguatamente le tariffe a carico dell’utenza portuale che usufruirà dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali. Tali tariffe saranno modulate anche in base alle differenti tipologie di imbarcazioni che approdano in via ordinaria nel porto. Il piano dovrà contenere il dettaglio di come le stesse sono state calcolate ed i relativi importi.

► Costi di gestione

Considerate le modalità di organizzazione, un generico soggetto concessionario di uno dei servizi di raccolta dei rifiuti portuali, dovrà sostenere i seguenti costi di gestione:

  • COSTI PER LE STRUTTURE E ATTREZZATURE:
  1. installazione e manutenzione degli impianti portuali di raccolta (per il soggetto concessionario del servizio di raccolta dei rifiuti provenienti dalle navi);
  2. acquisto dei contenitori per la raccolta dei rifiuti portuali;
  • COSTI DIRETTI:
  1. ritiro, trattamento e smaltimento dei rifiuti portuali;
  2. logistica (gasolio automezzi, gasolio unità navali impiegate, acqua, ecc.);
  3. personale impiegato per il presidio/custodia degli impianti di raccolta e per il rilascio delle ricevute di conferimento ai singoli utenti;
  4. personale operativo per l’impiego dei mezzi terrestri/nautici;
  5. altri costi operativi derivanti dall’espletamento del sevizio (manutenzione e riparazione dei mezzi e dei contenitori, assicurazione mezzi, vigilanza, ecc.).
  • COSTI AMMINISTRATIVI:
  1. telefonia fissa e mobile;
  2. spese generali;
  3. consulenze;
  4. personale amministrativo


 

Regime tariffario per la raccolta dei rifiuti

  • Regime tariffario per la raccolta dei rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale e derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

In base all’art. 8 D.Lgs. n. 182/2003 i costi degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, quelli di investimento e quelli relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti stessi sono recuperati attraverso la riscossione di tariffe a carico delle navi che approdano nel porto; i criteri per la determinazione della tariffa sono esposti nell’Allegato IV del Decreto stesso, ed in particolare l’Autorità competente nel porto determina l’importo della tariffa prevedendo:

  1. una quota fissa, indipendente dall’effettivo utilizzo degli impianti portuali di raccolta, commisurata in modo da coprire almeno il 35% dei costi di investimento e quelli relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti. Detta tariffa può essere incorporata nei diritti portuali o costituire una tariffa standard distinta per i rifiuti, nonché essere differenziata in funzione della categoria, del tipo e della dimensione della nave;
  2. una quota correlata al quantitativo ed al tipo di rifiuti prodotti ed effettivamente conferiti dalla nave agli impianti portuali di raccolta, commisurata in modo da coprire la parte dei costi non coperta dalla quota di cui alla lettera a).

Per garantire l’equità e la trasparenza delle tariffe, il loro importo e i criteri sulla base dei quali sono state calcolate sono portati a conoscenza degli utenti del porto, come previsto all’art. 14 e nell’Allegato II del D.Lgs. n. 182/2003. Le tariffe possono essere ridotte se la gestione ambientale, la concezione, le attrezzature ed il funzionamento della nave sono tali che il Comandante della nave stessa può dimostrare che essa produce quantità ridotte di rifiuti. Possono essere previsti sconti o incentivi ad esempio per quelle unità che raccolgono i rifiuti abbandonati in mare o nei fondali, e raccolti occasionalmente con l’attività di pesca.

La tariffa per il conferimento dei residui del carico è richiesta esclusivamente per le navi che richiedono un apposito servizio. Si possono prevedere tariffe ridotte se la gestione ambientale, le attrezzature ed il funzionamento della nave sono tali da assicurare una produzione ridotta di questi rifiuti. Si potrà altresì prevedere un’ulteriore riduzione tariffaria qualora, in relazione all’incremento di traffico mercantile, aumentino le richieste di erogazione del servizio.

La tariffa per le unità da pesca e da diporto sarà costituita da una quota fissa, diversa per tipologia imbarcazione, obbligatoria, calcolata facendo riferimento ad un quantitativo standard; qualora l’unità conferisca quantitativi che superino la quantità standard o per particolari richieste di conferimento, si applicherà una maggiorazione per coprire le spese aggiuntive legate all’erogazione del servizio. Per le unità da diporto in transito potrebbe prevedersi il pagamento della tariffa solo nel caso in cui usufruiscano di un servizio erogato a titolo oneroso.

Per le navi in servizio di linea che effettuano scali frequenti e regolari il D.Lgs. n. 182/2003 prevede una deroga all’obbligo di conferimento prima dell’abbandono del porto. Per questa categoria di imbarcazioni è consigliabile applicare una tariffa base standard, ed una quota aggiuntiva in caso di richiesta di servizi particolari: tale strutturazione della tariffa dovrebbe incentivare il conferimento dei rifiuti presso il porto, scoraggiando lo scarico in mare degli stessi.

  • Regime tariffario per la raccolta dei rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale e derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali

Per i rifiuti genericamente prodotti nell’area portuale dovranno essere previste apposite tariffe a carico dell’utenza portuale. Il loro importo dovrà essere commisurato all’effettivo quantitativo di rifiuti conferiti dall’utenza prevedendo appositi sistemi di misurazione/pesatura.

Nel caso in cui non siano disponibili tali sistemi si potranno adottare opportuni criteri di calcolo, basati ad esempio sull’individuazione di tariffe al mq di superficie tassabile, diversificate in base alla categoria dei locali.

Per i rifiuti derivanti dalla pulizia delle aree comuni e degli specchi acquei portuali i costi di gestione potranno essere recuperati, ad esempio, tramite i canoni di concessione applicati ai concessionari di aree portuali.

Sistema informativo integrato ed iniziative per la tutela dell’ambiente marino

Anche in conformità a quanto previsto nell’Allegato II del D.Lgs. n. 182/2003, l’Autorità competente nel porto dovrà fornire al Comandante della nave, al gestore del servizio ed agli altri utenti del porto un «Documento Informativo» che, in generale, contenga:

  1. un breve accenno sulla fondamentale importanza della corretta differenziazione e conferimento dei rifiuti portuali;
  2. l’ubicazione degli impianti portuali di raccolta per ogni banchina di ormeggio con diagramma e cartina;
  3. l’ubicazione dei contenitori per la raccolta differenziata ed indifferenziata dei rifiuti portuali;
  4. l’elenco dei rifiuti portuali raccolti in via ordinaria;
  5. l’elenco dei gestori delle attività di raccolta dei rifiuti portuali;
  6. l’elenco dei punti di contatto, degli operatori e dei servizi offerti;
  7. la descrizione delle procedure per il conferimento;
  8. la descrizione delle tariffe e del sistema di tariffazione;
  9. le eventuali agevolazioni concesse per comportamenti “virtuosi”;
  10. le sanzioni applicabili;
  11. le procedure per la segnalazione delle inadeguatezze rilevate.

In merito alle procedure per la segnalazione delle inadeguatezze i Comandanti delle navi che usufruiscono degli impianti portuali e dei servizi di raccolta, avranno in particolare a disposizione delle «Schede di segnalazione inadeguatezze» tramite cui comunicare eventuali disservizi riscontrati (un esempio di scheda è riportato nell’Allegato 6).

Nel Piano vanno inoltre indicate le procedure relative alle consultazioni permanenti con gli utenti del porto, con i soggetti concessionari dei servizi e con le altre parti interessate.

L’Autorità competente nel porto deve infine descrivere nel Piano le iniziative che intende realizzare per promuovere l’informazione agli utenti del porto al fine di ridurre i rischi di inquinamento dei mari causati dallo scarico in mare dei rifiuti e per favorire forme corrette di raccolta e trasporto.

I controlli in materia di Port State Control (PSC)

Per quanto riguarda il controllo e l’autorizzazione all’espletamento delle operazioni di carico e scarico, trasporto, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali, l’ambito è regolato dal combinato disposto dall’art. 16 della legge 84/94 e dall’art. 28, comma 6, del D.Lgs 22/97; ne consegue, quindi, la subordinazione ad un atto autorizzativo da parte dell’Autorità Portuale o, laddove non istituita, dall’Autorità Marittima. Mentre nel primo caso le Capitanerie di Porto svolgono attività di controllo e di polizia sotto l’aspetto inerente la “sicurezza della navigazione”, ed in effetti tale compito è riconosciuto anche in seno alla legislazione portuale del 1994 più volte citata; nel secondo, invece, espletano anche funzioni amministrative vere e proprie attraverso, appunto, il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle operazioni commerciali che, come si è detto, ricomprendono il carico, lo scarico, il trasbordo, deposito e maneggio di merci, materiali e persone in genere svolte in ambito portuale.

L’attività di controllo sull’adempimento delle disposizioni in materia di conferimento di rifiuti è demandato all’Autorità marittima che lo attua mediante «ispezioni» da effettuare su navi individuate, in particolare, tra quelle non adempienti agli obblighi di notifica di cui all'articolo 6 o per le quali le informazioni fornite dal comandante possano far ritenere che siano rimaste inosservate le disposizioni in materia di conferimento dei rifiuti di cui agli articoli 7 e 10.

Le Capitanerie di Porto, ai sensi dell’art. 11, hanno il compito di verificare l’osservanza delle disposizioni relative alla fase del “conferimento”, dando attuazione al D.M. n. 305/03 relativo all’attività di controllo dello stato di approdo. L’attività di accertamento ha inizio con un’attenta valutazione del modulo di notifica e della capacità di stoccaggio dei rifiuti a bordo in funzione degli spazi disponibili, della durata del viaggio nonché delle possibilità di successivo conferimento. Ne consegue, quindi, che in un siffatto quadro operativo, il personale della Guardia Costiera, darà priorità ai casi in cui la notifica non sia stata resa, oppure, anche se resa, la stessa risulti palesemente incongrua. Inoltre, è da evidenziare come l’Autorità Marittima, in via del tutto cautelativa, possa non esonerare la nave dall’obbligo di conferire i rifiuti qualora il porto di destinazione sia sconosciuto o vi sia la certezza che il medesimo non sia adeguatamente attrezzato per il conferimento. In caso di accertata violazione, l’Autorità marittima deve provvedere affinché la nave non lasci il porto fino al conferimento dei rifiuti o dei residui del carico all’impianto di raccolta., in misura tale da ottemperare alle disposizioni violate o, qualora la nave abbia già lasciato il porto, ad informare la corrispondente Autorità del successivo porto di scalo, in modo tale che provveda con le stesse modalità. L’impianto sanzionatorio è contenuto nell’art. 13.

Pur essendo state escluse dall’obbligo di notifica i pescherecci e le unità da diporto rimane fondamentale il ruolo assegnato alle Capitanerie di Porto–Guardia Costiera  sull’attività di prevenzione, controllo e vigilanza sull’osservanza degli artt. 7 e 10 anche da parte di queste unità. Infatti, il comma 5 dell’art. 14, affida all’Autorità Marittima il compito di definire le procedure di controllo atte ad espletare l’attività cui prima si è fatto riferimento (si pensi al potere di regolamentazione esplicabile a mezzo ordinanza).

I compiti che vanno a delinearsi, quindi, si presentano piuttosto complessi e ricchi di particolari caratteri e problematiche tecnico–operative, ai quali si può ottemperare soltanto se si dispone di una grande responsabilità, dedizione e professionalità. Tutte prerogative che da sempre hanno contraddistinto e contraddistinguono gli uomini delle Capitanerie di Porto che si prodigano per la salvaguardia della vita umana in mare, per la sicurezza della navigazione e del personale marittimo e la protezione e salvaguardia dell’ambiente marino.

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