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Forme di manifestazione del reato

Il reato può presentarsi in "forme diverse". La più semplice è (e, si potrebbe dire, prototipica) costituita dalla consumazione da parte di un singolo autore: in questo caso il soggetto realizza da solo e compiutamente la fattispecie incriminatrice (ad esempio, cagiona la morte di un uomo), in assenza di cause dei giustificazione e con la colpevolezza necessaria a fondare la responsabilità. Il reato può tuttavia manifestarsi in forme diverse che attengono:

  1. alla sua gravità, per la presenza di circostanze attenuanti o aggravanti, che, attribuendo rilevanza ad elementi diversi od ulteriori rispetto a quelli costitutivi, incidono sul livello (quantitativo) della responsabilità,
  • Così, ad esempio, l'omicidio può essere commesso in risposta ad una provocazione: ricorre in tal caso l'attenuante dell'art. 62, n. 2 c.p.; o per motivi futili: ricorre in tal caso l'aggravante dell'art. 61 n. 1 c.p. 
  1. al grado della sua realizzazione, quando la condotta del reo non abbia realizzatocompiutamente la fattispecie incriminatrice di parte speciale, ma si sia risolta infatti chedeterminano il pericolo di tale realizzazione, e cioè nel tentativo di commettere il reato.
  • Si pensi ad esempio, a Tizio che spara a Caio per ucciderlo, ma Caio resta solo ferito. 
  1. il numero delle persone intervenute nella commissione del reato, quando il soggetto non abbia agito da solo, ma in concorso di persone, e cioè avvalendosi del contributo di altri soggetti.
  • Ad esempio, Tizio fornisce a Caio l'arma per uccidere Sempronio: Tizio e Caio concorrono nell'omicidio.

 

 

In riferimento a queste forme di manifestazione si distingue perciò il reato:

  1. reato semplice dal reato circostanziato;
  2. reato consumato dal reato (rectius: delitto) tentato;
  3. reato monosoggettivo dal concorso di persone nel reato.

 

Reato circostanziato

Il Codice penale utilizza con frequenza l'espressione «circostanza» riferendola indiscriminatamente alle circostanze aggravanti o attenuanti ed alle circostanze di esclusione della pena (art. 59 comma 1 c.p.).

In senso tecnico, il termine «circostanza» è riservato invece alle sole "circostanze aggravanti o attenuanti", che possono essere definite come gli elementi accidentali o accessori del reato, i quali, senza influire sulla sua esistenza giuridica, modificano l'entità della pena, in termini quantitativi ovvero anche qualitativi (comportando, cioè, il passaggio da una specie di pena ad un'altra: ad esempio, art. 703 commi 1 e 2 c.p.).

Le circostanze in quanto "elementi accessori" del reato, a differenza degli elementi essenziali (oggettivo e soggettivo), non sono indispensabili per l'esistenza del reato (che di per sè, nella sua struttura, è perfetto), ma si limitano ad incidere sulla sua gravità. La loro presenza trasforma il reato da «semplice» in «circostanziato», determinando una modificazione della pena, generandone un aggravamento e/o una riduzione.

 

 

Tali circostanze hanno la funzione di ridurre il divario tra l’astrattezza della norma di reato e la varietà delle situazioni in cui la condotta incriminata viene posta in essere.
La loro principale funzione è quella di “
adeguare la pena al caso concreto“ attribuendo rilevanza a fattori e situazioni, diversi dagli elementi essenziali, la cui presenza accresce o diminuisce il disvalore sociale del fatto e giustifica quindi un aggravamento o una attenuazione della sanzione prevista per il reato semplice (non circostanziato).

  • Ad esempio, un furto resta sempre tale, sia che si riferisca ad un'ingente somma o a pochi spiccioli, che sia commesso per donare ai poveri o per finanziare un sequestro di persona. Resta tale sia che determini un danno patrimoniale di speciale tenuità (come il furto di una mela) sia che preveda una rilevante organizzazione e cagioni ingenti danni (come il furto nel caveau di una nave). 

Per adeguare la sanzione penale all’effettiva gravità del fatto, interviene allora la previsione delle circostanze: che saranno «attenuanti», nel caso in cui il furto è stato commesso per finalità umanitarie o quando trattasi del furto di una mela (rispettivamente quelle degli artt. 62 nn.1 e 4 c.p.) e, «aggravanti», allorché il furto è stato commesso per acquisire l’arma o per il furto nel caveau.

Da qui una prima distinzione delle circostanze a seconda che importino un aumento o una diminuzione (di regola fino a un terzo) della pena prevista per il reato:

  1. aggravanti (art. 61 c.p. - determinano una minore gravità del reato comportando una diminuzione della pena);
  2. attenuanti (art. 62 c.p. - determinano una maggiore gravità del reato e, conseguentemente, un aumento della pena).

 

Oltre che in aggravanti e attenuanti (che, cioè, come si è detto, comportano un aumento o una diminuzione della pena prevista per il reato semplice) le circostanze possono distinguersi in:

  1. oggettive  e soggettive
  2. comuni  e speciali
  3. ad effetto comune  o ad effetto speciale

Quando il reato è circostanziato, la pena si applica tenendo conto dei criteri di calcolo e di valutazione espressamente indicati negli artt. 59-60, 63-69 c.p. Le circostanze attenuanti, se esistenti, sono sempre valutate a favore dell’autore del reato anche se egli ne ignorava l’esistenza ed anche se le riteneva insussistenti; quelle aggravanti, sono valutate a carico dell’autore del reato solo quando egli ne conosceva l’esistenza o la ignorava per colpa (art. 59 c.p.).

  • Ad esempio, se un ladro ruba, senza saperlo, un quadro di grande valore non si applica allo stesso l'art. 61 n. 7 c.p. Di contro se sottrae il quadro credendolo di grande valore e che, in realtà è una pessima imitazione dell'originale, al ladro si applica l'attenuante dell'art. 62 n. 4 c.p.

Le osservazioni svolte a proposito delle circostanze del reato, sono importanti anche al fine di determinare la pena in funzione della competenza del Giudice o del Pubblico Ministero (art. 4 e 51 c.p.) ovvero la pena per procedere all’arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto (artt. 379, 278 c.p.p.).
Quando il reato è circostanziato, la pena si applica tenendo conto di specifici criteri di calcolo e di valutazione. E’ di particolare importanza il potere, attribuito al Giudice, di procedere al «
giudizio di comparazione» fra le circostanze aggravanti ed attenuanti. Si mettono sulla bilancia (art. 113 c.p.) le aggravanti da una parte e le attenuanti dall'altra e se ne pesa la rispettiva rilevanza. Se il giudizio è di “equivalenza”, la pena viene stabilita come se si trattasse di reato semplice. Se è di “prevalenza”, delle aggravanti o delle attenuanti, il calcolo va fatto tenendo conto delle circostanze ritenute prevalenti (le altre vengono praticamente cancellate).

Peraltro il legislatore è incline ad escludere il giudizio di comparazione per i reati di maggiore gravità e in particolare per i reati terroristici e per quelli relativi ad organizzazioni di tipo mafioso e nelle ipotesi di reati a grave allarme sociale come l'omicidio nei confronti di un congiunto (genitore, fratello o sorella).

     
 

Circostanze aggravanti

Sono elementi di fatto o situazioni che possono accompagnare l'azione o l'omissione illecita prevista come reato che il legislatore ha preso in considerazione come motivo di «inasprimento» della pena (aumento della pena o applicazione di una pena di specie diversa e più grave).
Si distinguono in circostanze «
aggravanti comuni» e «aggravanti specifiche o speciali», a seconda che si tratti di circostanze applicabili, in linea di principio, a qualsiasi reato (artt. 61 e 62 c.p.), ovvero riferibili a un singolo reato o gruppi di reati (artt. 576, 577 e 625 c.p.).

L’articolo 61 c.p. “circostanze aggravanti comuni” prevede 11 aggravanti e sono:

  1. aver agito per motivi abietti o futili: è abietto il motivo turpe, ignobile, che rivela nell’agente un tale grado di perversità, da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità. Il motivo è futile allorché sussista una notevole sproporzione tra il movente e l’azione delittuosa. Tale circostanza non è compatibile con l’attenuante della provocazione e con il vizio parziale di mente;
  2. aver commesso il reato per eseguirne un altro o occultarne un altro ovvero conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato: ha natura soggettiva e si giustifica sulla base della maggiore pericolosità evidenziata dal soggetto agente;
  3. avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento: è la tipica ipotesi di colpa cosciente o con previsione;
  4. avere adoperato sevizie o l’aver agito con crudeltà verso le persone: sulla base di quanto disposto dalla giurisprudenza, per sevizie si intendono le inflizioni corporali non necessarie alla realizzazione del reato mentre per crudeltà si intendono le inflizioni morali che oltrepassano il limite del normale sentimento di umanità e che appaiono superflue rispetto ai mezzi necessari per l’esecuzione del reato;
  5. aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolarne la pubblica o privata difesa: ha natura oggettiva e presuppone che la consapevolezza da parte del soggetto agente, della situazione di vulnerabilità in cui versa il soggetto passivo;
  6. aver il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di carcerazione, spedito per un precedente reato: ha natura soggettivo ed è generalmente meglio conosciuta con il termine di latitanza e la giustificazione dell’esistenza della circostanza deve essere ricercata nella accentuata volontà di ribellione da parte del reo che si manifesta nel fatto di commettere un nuovo reato dopo essersi sottratto al potere coercitivo dello Stato;
  7. avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero dei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità; la circostanza ha natura oggettiva.
  8. aver aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso: si tratta di una condotta autonoma rispetto a quella che dà vita al reato. Occorre che ci sia la volontà del reo di aggravare l’evento;
  9. aver commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto: ha natura soggettiva e per la sussistenza della circostanza è necessario che la qualifica abbia in qualche modo agevolato l’esecuzione del reato. L’aggravante non può trovare applicazione se il reato non è doloso. Si applica solo se la effettivamente conosciuta e voluta;
  10. aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio: la circostanza ha natura oggettiva e prevede una tutela per determinati soggetti e ciò in considerazione dello speciale ruolo rivestito;
  11. aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazione di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità: ha natura soggettiva e consiste nel fatto di aver commesso un reato abusando della fiducia del soggetto passivo. Ai fini dell’applicazione della circostanza, la relazione deve ritenersi presunta e non va di volta in volta provata.

A norma dell’art. 1 DL. 625/79, è prevista un ulteriore aggravante comune per tutti i reati dolosi ovvero quella di "aver commesso il fatto per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico"

► Esemplificando:

  • Agisce, ad esempio, per futili motivi chi uccide per un sorpasso stradale; adopera sevizie chi tortura la vittima del sequestro; è commesso per eseguire un altro reato, il furto di un natante che dovrà essere utilizzato per un traffico illecito si stupefacenti; commette il reato per occultarne un altro chi, dopo aver ucciso, nasconde il cadavere; è aggravato l'omicidio del testimone se il rapinatore lo commette per impedire che il testimone possa riconoscerlo (il rapinatore vuole infatti assicurarsi l'impunità del reato di rapina) ed infine viene danneggiata l'auto di un Pubblico Ufficiale o Ufficiale e Agente di polizia giudiziaria perché questi non prosegua le indagini su un certo reato: il danneggiamento è aggravato perché commesso a causa dell'adempimento delle funzioni esercitate dal Pubblico Ufficiale (art. 61 n. 10).

Possono indicarsi quali esempi di circostanze aggravanti specifiche quelle previste per i delitti contro la vita (aver agito contro il coniuge, i familiari, con premeditazione, ecc.) e la incolumità (aver agito con armi, aver cagionato lesioni gravi o gravissime...) ecc.

  • Tipici esempi di circostanze speciali sono quelli previsti dall'art. 625 c.p. per il reato di furto (furto in abitazione, scippo con destrezza, borseggio, ecc.) o dagli artt. 576 e 577 c.p. per il reato di omicidio (contro il genitore o il figlio; con premeditazione; contro il coniuge; con l'uso di veleni, ecc.) ovvero per il reato di incendio (art. 423 c.p.) che è aggravato se commesso su edifici pubblici o destinati ad uso abitazione, su boschi, su navi o altri edifici natanti o aeromobili, ecc. (art. 425 c.p.)

    

Circostanze attenuanti

Sono elementi di fatto non essenziali per la configurazione del reato e dei quali il Giudice può tenere conto per diminuire la pena o per irrogare una pena di specie meno grave.

La legge prevede tre specie di attenuanti e cioè quelle «comuni» di cui all'art. 62 c.p.; quelle «generiche» di cui all'art. 62 bis c.p. e quelle «speciali», previste cioè per singole figure di reato.

L'articolo 62 c.p. “circostanze attenuanti comuni” prevede 6 attenuanti e sono:

  1. aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale: ha nauta soggettiva e il movente deve essere apprezzabile alla stregua degli atteggiamenti etico - sociali prevalenti;
  2. aver agito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui: ha natura soggettiva ed è meglio conosciuta come attenuante della provocazione. La circostanza è caratterizzata dall’esistenza del carattere soggettivo (stato d’ira) e da quello oggettivo (fatto ingiusto ovvero contrario alle norme dell’Ordinamento e dall’insieme delle regole sociali vigenti nel contesto sociale di riferimento);
  3. aver agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza: ha natura soggettiva. La circostanza risente dell’influsso esercitato da determinate concezioni psicologiche dell’epoca positivistica;
  4. aver, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’aver agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità: ha natura oggettiva ed è stata in parte modificata dalla L. 19/1990;
  5. essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa: ha natura oggettiva. La circostanza prevede due elementi: uno materiale (inserimento dell’azione dell’offeso nella serie delle cause che determinano l’evento) e uno psichico (volontà di concorrere alla produzione dell’evento medesimo);
  6. aver, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato: ha natura soggettiva e prevede due diverse ipotesi accomunate dalla circostanza del ravvedimento del reo successivamente alla commissione del reato e comunque prima dell’inizio del giudizio.

Costituiscono le circostanze generiche quelle che il Giudice indipendentemente dalle attenuanti previste nell'art. 62, può prendere in considerazione qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. 

  • Può farsi rientrare fra le circostanze «attenuanti comuni» anche la diminuente della minore età (art. 98 c.p.)
     

     

Circostanze attenuanti generiche

La legge n. 288/1944 ha introdotto l’art. 62 bis c.p. che, nel 2005 è stato sostituito dalla L. 251 (meglio conosciuta come Legge Cirielli) con la attuale disposizione.

Il primo comma di detto articolo, stabilisce che “il Giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell’articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell’applicazione di questo capo, coma una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62”.

La legge Cirielli ha quindi previsto l’applicabilità delle attenuanti generiche (ovvero delle circostanze diverse da quelle previste dall’art. 62 del c.p.) nel caso in cui il Giudice le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Tra gli elementi a disposizione del Giudice ai fini della valutazione vi è la gravità del reato, la capacità di delinquere del reo ecc.

 

Classificazione delle circostanze

► Circostanze oggettive e soggettive

Le circostanze «oggettive» come statuisce l'art. 70 c.p., sono quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione (ad esempio, art. 61 n. 4 c.p.), la gravità dell'offesa (ad esempio, art. 61 n. 7 c.p.) e le condizioni o qualità della persona offesa (ad esempio, art. 61 n. 10 c.p.)

  • Ad esempio, è oggettiva la circostanza che consiste nell'aver agito con sevizie e crudeltà nei confronti della vittima (art. 61 n. 4 c.p.); o nell'aver arrecato un danno patrimoniale ingente (art. 61 n. 7 c.p.) ovvero nell'ave commesso il fatto in danno di in Pubblico Ufficiale (art. 61 n. 10 c.p.).

Sono «soggettive», quelle riferite alla graduazione dell'elemento soggettivo e che concernono cioè l'intensità del dolo o il grado della colpa (ad esempio, art. 61 n. 3 c.p.), le condizioni o qualità del colpevole (ad esempio, art. 61 n. 9 c.p.), i rapporti tra colpevole e offeso (ad esempio, art. 577 n. 1 c.,p.), o inerenti alla persona del colpevole e cioè che riguardano «la imputabilità e la recidiva» (ad esempio, artt. 98 comma 1 e 99 c.p.

  • Ad esempio, è soggettiva la circostanza che consiste nell'aver agito con colpa cosciente (art. 61 n. 3 c.p.); o con abuso dei poteri di un Pubblico Ufficiale (art. 61 n. 9 c.p.); o ai danni del genitore o del figlio (art. 577 n. 1 c.p.. Tra le circostanze inerenti alla persona del colpevole, la più importante è la recidiva (art. 99 c.p.)

Le circostanze soggettive non si estendono ai concorrenti nel reato (artt. 60 e 118 c.p.). 

► Classificazione delle Circostanze: ad effetto comune e ad effetto speciale

Le circostanze possono distinguersi, ancora, in: circostanze ad «effetto comune» e ad «effetto speciale».
Sono «
ad effetto comune», le circostanze che comportano un aumento o una diminuzione non superiore ad un terzo della pena-base indicata dal codice, il che avviene anche quando il legislatore tace sull’efficacia della circostanza (v. ad esempio, artt. 61, 62, 339 n. 1 c.p.).
Ogni qual volta la legge si limita a prescrivere che la pena sia aumentata o diminuita, senza indicarne l'entità, si intende che l'aumento sia fino ad un terzo e si è in presenza quindi di circostanze ad effetto comune.

  • Sono ad esempio, circostanze ad effetto comune quelle di cui agli articoli 61 e 62 c.p. e degli art. 1120, comma 4 (Ubriachezza) e artt. 1148 (Furto commesso a bordo da componente dell’equipaggio) e 1152 (Tratta e commercio di schiavi) del Cod. nav.

Sono «ad effetto speciale», quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo della pena-base (v. ad esempio, artt. 99 n. 3, 424 n. 2, 628 n. 3 c.p.

  • Sono ad esempio, circostanze ad effetto speciale, le aggravanti del furto e della rapina, previste rispettivamente dall’art. 625 e dall’art. 628 comma 3 c.p. In entrambe le situazioni l’aumento della pena è superiore ad un terzo.

L’art. 624 c.p. punisce il furto con la reclusione fino a 3 anni e con la multa da 30 a 516 €.
L’art. 625 c.p. (circostanze aggravanti) punisce il furto se il fatto è commesso con destrezza ovvero strappando di dosso alla persona o di mano la cosa, con la reclusione da 1 anno a 6 anni e la multa da 103 a 1032 €.

  • Ad esempio, l’art. 339 c.p. che riguarda le circostanze aggravanti per i reati di violenza, minaccia e resistenza a un Pubblico Ufficiale prevede sia circostanze ad effetto comune che ad effetto speciale. 
     

    

Valutazione delle circostanze

Nella vecchia formulazione dell’art. 59 c.p. “Circostanze non conosciute o erroneamente supposte” (rimasta in vigore fino al 1990) le circostanze venivano attribuite in base a un criterio obiettivo per cui esse, sostanzialmente, venivano riconosciute e ciò a prescindere dall’effettiva conoscenza (o meno) del soggetto agente e se il soggetto si rappresentava per errore come esistente una circostanza, questa non veniva valutata né a suo carico né a suo favore. Si trattava di una disciplina rigida che prevedeva l’applicazione di tali circostanze per il solo fatto di esistere.
Nel 1990 poi è entrata in vigore la
Legge 7 febbraio 1990 n. 19 “Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale e destituzione dei pubblici dipendenti” che ha riformulato (modificandolo) l’art. 59 del c.p. e ha stabilito che “le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa”.
Il legislatore ha quindi previsto un nuovo criterio di imputazione delle circostanze, più precisamente per quelle aggravanti, che da oggettivo è stato modificato in soggettivo. Pertanto, perché tali circostanze possano essere riconosciute, occorre un coefficiente soggettivo rispettivamente costituito o dallo loro effettiva conoscenza o dallo loro colpevole ignoranza. Inalterata è invece rimasta la disciplina per l’applicazione delle circostanze attenuanti (imputazione obiettiva).
Pertanto l’applicazione delle circostanze aggravanti dipende dall’effettiva conoscenza delle stesse da parte del reo al momento della commissione del reato (o comunque dal fatto che le stesse sono state ignorate per colpa o per errore determinato da colpa) mentre l’applicazione delle circostanze attenuanti non dipende dall’effettiva conoscenza del soggetto.
La modifica introdotta trova ispirazione al principio (tutelato dalla Costituzione) della colpevolezza e per la soggettività della responsabilità penale.
Una disciplina particolare è prevista per l’ipotesi di errore sulla persona offesa da un reato. Il primo comma dell’
articolo 60 c.p. “Errore sulla persona dell’offeso” stabilisce infatti che “nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell’agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole” e al secondo comma “sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti”.

  • Il tipico caso è quello di un uomo che convinto di uccidere il suo nemico, per un errore di percezione, uccide un uomo che in realtà è il padre. Di certo l’uomo risponderà di omicidio semplice ma non certo di parricidio giacché per la contestazione di tale tipo di reato occorre la effettiva consapevolezza da parte del soggetto agente di uccidere il proprio padre.

 

 

Reato tentato o consumato

A seconda del grado di realizzazione, il reato si distingue in «consumato» o «tentato».

Il reato è «consumato», quando l’autore realizza completamente gli elementi essenziali previsti dalla norma.

  • Ad esempio, un omicidio volontario è consumato quando l’autore di esso cagiona, con la sua condotta, l’evento-morte dell’avversario. Nell’evasione, che è reato di pura condotta, e che prescinde dalla realizzazione dell’evento, la consumazione del delitto coincide con il momento in cui l’autore del fatto si sottrae alla sorveglianza di chi era adibito alla sua custodia. Il naufragio o la sommersione di una nave è consumato quando l’autore di esso compie atti diretti a far naufragare la nave o ne determina la perdita (art. 429 c.p.).

La legge penale punisce non solo chi realizza un delitto completo di tutti i suoi elementi essenziali ma anche chi compie atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica: in tali casi si parla di delitto tentato (art. 56 c.p.).

Il delitto «tentato» è, quindi, quello che non realizza pienamente il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice e che, per cause indipendenti dalla volontà del suo autore, si «blocca», invece, in una fase precedente a tale realizzazione.

 

 

 

► I presupposti del delitto tentato sono:

  1. il compimento di atti idonei (ossia adeguati rispetto allo scopo che l’autore del reato si era prefissato);
  2. la direzione degli stessi univoca (non equivoca) verso il compimento del delitto (ossia gli atti debbono essere in grado di evidenziare in modo certo, l’intento avuto di mira dall’autore del fatto);
  3. il mancato compimento dell’azione collegata a cause indipendenti (estranee) dalla volontà del soggetto agente.
  • Ad esempio, Tizio cosparge di benzina un' unità da diporto per poi appiccare il fuoco e causare l’incendio, ma è costretto a interrompere l’azione (fugge) perché sopraggiungono i proprietari; oppure, Tizio dà fuoco alla benzina cosparsa, ma l’incendio non si verifica per un improvviso temporale (artt. 56 e 423 c.p.).

I requisiti della idoneità e della univocità degli atti richiesti dalla legge per la configurabilità del tentativo, devono essere necessariamente presenti entrambi e non possono essere alternativi.
Non è sempre facile stabilire quando si è in presenza di un reato tentato (o tentativo). Prima della consumazione (o dell’inizio di essa nei reati permanenti), la commissione del reato (doloso) è infatti normalmente preceduta da una sequenza articolata di atti: tali atti, però, possono dar luogo al tentativo solo quando si collocano in una determinata fase del procedimento criminoso ed hanno determinate caratteristiche.

 

Le fasi del reato doloso

I requisiti della idoneità e della univocità degli atti richiesti dalla legge per la configurabilità del «tentativo», devono essere necessariamente presenti entrambi e non possono essere alternativi. Non è sempre facile stabilire quando si è in presenza di un reato tentato (o tentativo). Prima della consumazione (o dell’inizio di essa nei reati permanenti), la commissione del reato (doloso) è infatti normalmente preceduta da una «sequenza articolata di atti»: tali atti, però, possono dar luogo al tentativo solo quando si collocano in una determinata "fase del procedimento criminoso" ed hanno determinate caratteristiche.

► Tipicamente la commissione di un reato si articola nella:

  1. fase di ideazione (nei reati dolosi)
  2. fase di preparazione
  3. fase di esecuzione

La «fase di ideazione» è quella che si svolge nella mente dell’autore del fatto e consiste nel concepire il proposito criminoso e nel decidere di realizzarlo. E’ riscontrabile solo nei reati dolosi.
Se alla risoluzione di commettere il reato, non segue la sua concreta realizzazione, il soggetto non è punibile. Al più, potrà essere sottoposto ad una misura di sicurezza quando la risoluzione consiste in un accordo con altre persone per commettere un reato (art. 115 c.p.).

La «fase di preparazione» è quella caratterizzata dalla predisposizione dei mezzi e dalla ricerca delle occasioni.

La «fase di esecuzione», infine, è quella della realizzazione del progetto criminoso. Il suo epilogo è rappresentato dalla «consumazione».

Il tentativo si colloca tra la fase della preparazione e quella dell’esecuzione.

Da un punto di vista sostanziale, il delitto tentato ha dunque un più basso livello di offensività rispetto al delitto consumato ed è perciò punito meno severamente.

  • Ad esempio, quando si tratta di un delitto tentato, la pena è: non inferiore a 12 anni di reclusione se, per il delitto consumato, è quella dell’ergastolo; diminuita da un terzo a due terzi se, per il delitto consumato, è prevista una pena diversa da quella dell’ergastolo.

Si pensi, allora, a un delitto punito da 3 a 12 anni di reclusione: se si tratta di delitto solo tentato, la pena potrà variare da 1 anno (massima diminuzione nel minimo) a 8 anni di reclusione (minima diminuzione nel massimo).

 

 

Va ricordato, che il tentativo non è compatibile con tutti i reati. La legge punisce il tentativo solo rispetto ai "delitti dolosi" (non anche rispetto a quelli colposi ed alle contravvenzioni), in quanto richiede il compimento di “atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto” e con pene ovviamente minori rispetto a quelle previste per il delitto consumato.
Il tentativo non è poi compatibile con i delitti di attentato. In questi, infatti, vi è un’anticipazione della soglia della punibilità e gli atti idonei ed univoci che negli altri reati consentono la configurabilità del delitto tentato integrano qui il reato consumato.

► Riassumendo:

Il tentativo non è compatibile:

  1. con le contravvenzioni;
  2. con i delitti colposi (la direzione univoca degli atti è incompatibile con un atteggiamento solo colposo: che prescinde cioè dalla volontà della condotta e dell’evento);
  3. con i delitti di attentato (essendo reati a consumazione anticipata vi è una anticipazione della soglia della punibilità e quindi gli “atti idonei ed univoci” che negli altri reati configurano il delitto tentato integrano qui il reato consumato).

 

Compartecipazione di persone

Un reato può essere commesso da una o più persone. Nel primo caso si è in presenza di un reato "mono-soggettivo"; nel secondo, del cosiddetto "concorso di persone" nel reato (art. 110 c.p. e seguenti) quando esse forniscono consapevolmente un contributo rilevante alla sua realizzazione.

►  I requisiti del concorso di persone si possono così riassumere:
 

  1. una pluralità di soggetti;
  2. la realizzazione degli elementi oggettivi del reato;
  3. il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione del reato comune;
  4. la colpevolezza (la consapevolezza e volontà di concorrere con altri alla realizzazione di un fatto criminoso).

► Il concorso può essere:

  1. materiale
  2. morale

Il concorso è «materiale», quando il concorrente compie alcuno od alcuni degli atti che costituiscono l’elemento oggettivo del reato.

  • Si pensi ad esempio, a due persone che incendiano insieme un peschereccio perché una fornisce la benzina e l’altra lo incendia.

 

 

Nell’ambito del concorso materiale e a seconda del «ruolo», ricoperto, si distingue tra: 

  1. autore: è colui che esegue il reato;
  2. coautore: è colui che con altri esegue il reato;
  3. complice: è colui che partecipa al reato fornendo all’autore un aiuto materiale nella fase della preparazione o di esecuzione.
  • Ad esempio, nell’omicidio è autore colui che esplode i colpi all’indirizzo della vittima; è coautore colui che trattiene la vittima, mentre l’autore vibra i colpi di coltello; ed, infine, è complice colui che fornisce il veleno per la commissione del delitto.

Il concorso è, invece, «morale», quando il contributo causale del concorrente consiste nel dare impulso psichico al proposito criminoso di chi materialmente partecipa alla commissione del reato.

  • Si pensi ad esempio, a Tizio che dà incarico a Caio di incendiare un natante: anche Tizio risponde dell’incendio perché ha determinato o istigato Caio alla commissione del fatto.

Nel caso del concorso morale, la partecipazione criminosa assume le forme della «determinazione», e della «istigazione».

  • Tipico esempio, di determinatore è il mandante del reato (colui che, nel furto, individua l’obiettivo e recluta gli autori materiali; oppure, nell’omicidio, colui che reperisce il sicario).

E’, invece, un semplice istigatore colui che con altri partecipa alla decisione di commettere un reato; oppure colui che, prima dell’omicidio, promette all’autore materiale che lo aiuterà ad occultare il cadavere della vittima o colui che, prima della rapina, si accorda con i rapinatori per la consegna o lo smercio del bottino rapinato.

Il concorso di persone è configurabile anche nei reati colposi. Si denomina allora cooperazione nel delitto colposo (art. 113 c.p.), e si verifica quando ciascuno dei soggetti (cooperanti) sono consapevoli di partecipare all’azione od omissione che, assieme alla sua condotta, è causa dell’evento non voluto.

  • Si pensi ad esempio, a Tizio che istiga Caio a violare i limiti di velocità in prossimità di una scogliera frequentata da bagnanti per raggiungere al più presto il luogo di battuta di pesca. Se Caio, cagiona la morte di un sub, Tizio risponde di omicidio colposo a titolo di cooperazione colposa.
  • Analogamente può dirsi per l’ipotesi in cui l’abilitato alla condotta di una imbarcazione da diporto affida ad altra persona, che sa privo di patente, il proprio mezzo. Se questi, a causa della inesperienza nella guida, cagiona la morte di un bagnante, anche l’abilitato risponde di omicidio colposo a titolo di cooperazione colposa.

    

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