In questa categoria sono inseriti tutti gli attrezzi confezionati con rete che vengono lasciati in mare in una postazione fissa o in balia delle correnti. Generalmente questi attrezzi vengono definiti "passivi" perchè sono gli organismi marini che nei loro spostamenti vi incappano rimanendo intrappolati per imbrocco (gilled), per impigliamento (entangling) o per insaccamento (bagging) che è tipico del tremaglio.
La pesca è stagionale e legata alla tipologia delle specie da catturare. Le unità che attuano tale tipo di pesca fanno parte in genere della “Piccola pesca” (DM 14/09/1999, pesca costiera locale) e quindi le dimensioni devono essere LFT < 12 m e TSL < 10.
Reti da posta fisse (A: superficie, B: mezz’acqua, C: da fondo) e derivanti (D)
Tremaglio con relativo sistema di cattura (E, F); imbrocco (G).
Le reti da posta sono reti “passive", destinate a recingere o sbarrare spazi acquei allo scopo di ammagliare: pesci, molluschi e crostacei che vi incappano. Una prima suddivisione di questa si ha quando sono nude o tramagliate: nel primo caso il pesce penetra con la testa e vi rimane impigliato, come ad esempio nella sardellara; nel secondo caso invece oltre la rete nuda vi sono altre due pareti a maglie più larghe così da consentire, sotto la spinta del pesce il formarsi di un sacco. Da qui un’altra versione per il riconoscimento di queste reti da posta, quella della sua destinazione: da imbrocco o da insacco. A loro volta si suddividono ulteriormente in reti fisse e reti derivanti: le prime sono ancorate al fondo marino e le seconde invece sono lasciate all’azione dei venti e delle correnti. Le reti da posta sono le reti da pesca più note, più ingegnose e di più antico uso. Sono reti formate da fili moto sottili e flessibili in quanto debbono essere il meno visibili al pesce perché non si spaventi e scappi. Questo tipo di pesca è effettuata da motopescherecci da 20-30 tsl. Si possono individuare alcuni tipi di rete usate dai pescatori.
Le reti da posta sono quelle destinate a recingere o sbarrare spazi acquei allo scopo di imbroccare od ammagliare gli organismi marini che vi incappano.
Esse si dividono in fisse e derivanti; le prime sono ancorate sul fondale marino, mentre le seconde sono lasciate all'azione delle correnti e dei venti.
Questi attrezzi sono confezionati con lunghi pannelli (pezze) di rete rettangolari che vanno armate con due lime: sulla superiore vengono montati i galleggianti e su quella inferiore i piombi in modo da farle assumere in acqua una posizione verticale (l'effetto combinato assicura l'apertura verticale della rete).
Le reti da posta possono essere calate in mare vicino alla superficie, a mezz'acqua o sul fondo, a seconda delle specie da catturare. Possono essere confezionate in tre modi diversi: con un solo pannello di rete (imbrocco), con tre pannelli (tremaglio) o come “incastellata o combinata”, che viene armata a tremaglio nella parte inferiore (per la cattura del pesce di fondo) e ad imbrocco nella parte superiore (per la cattura dei pelagici).
È consentito l'impiego di tutti i tipi di reti da posta, sia fisse che derivanti, senza limitazioni di lunghezza purché le dimensioni delle maglie “non siano inferiori a mm. 20“ e le reti siano dotate dei prescritti segnali.
Attualmente, tali reti vengono prodotte in nylon che, per la sua grande tenacità, consente la realizzazione di reti a fili sottilissimi ma comunque sufficientemente robusti. In alcuni casi, si sta inoltre diffondendo l’uso del monofilo che presenta, tra gli altri vantaggi, anche quello della quasi completa trasparenza in acqua.
Sono attrezzi usati praticamente in tutte le marinerie, anche in quelle più piccole. Infatti spesso vengono usate piccole unità a remi o con un piccolo motore fuoribordo che possono partire addirittura dalla spiaggia. Spesso sono utilizzate con buoni risultati in quei fondali dove la pesca a strascico non è possibile.
In genere, tali reti sono salpate e calate a mano ma in alcuni casi, per ridurre la fatica o per fare uso di reti di maggiore lunghezza vengono utilizzati particolari ausiliari di coperta detti salpatramagli.
A seconda che siano ancorate o meno al fondo e a seconda della loro disposizione in acqua possono essere suddivise in: fisse, derivanti e circuitanti.
Le «reti da posta» sono quelle destinate a recingere o sbarrare spazi acquei allo scopo di imbroccare o ammagliare gli organismi marini che vi incappano.
Le prime sono ancorate sul fondale mentre le seconde sono lasciate all’azione delle correnti e dei venti. Questi attrezzi si compongono di lunghi pannelli rettangolari di rete con nodo (singolo o doppio) armati nella parte superiore alla lima dei galleggianti e nella parte inferiore alla lima dei piombi (l’effetto combinato assicura l’apertura verticale della rete).
In particolare, per “reti da posta fisse” si intendono tutte quelle reti che, benché possano trovarsi in superficie (A), a mezz’acqua (B) oppure sul fondo marino (C) vengono tuttavia ancorate ad intervalli in modo fisso al fondo marino con ancore o pesi. I pesi o le ancore vengono segnalate in superficie da galleggianti munite di bandierine gialle di giorno e luci gialle di notte per renderne possibile l’individuazione al momento del recupero.
Reti da posta fisse (A: superficie, B: mezz’acqua, C: da fondo)
Le reti, una volta calate, vengono lasciate in posizione per un certo periodo di tempo, in genere una notte, in modo tale da renderle ancora più invisibili al pesce e poi recuperate. Normalmente, nell’intervallo fra l’operazione di cala e quella di salpata la barca rientra in porto.
► Tremaglio: 3 pezze di rete sovrapposte, delle quali la mediana è più estesa e presenta maglie più piccole. Specie bersaglio tipiche di fondale (scorfani, aragoste, seppie, ecc.).
► Incastellata o combinata: questa rete combina i vantaggi delle due reti descritte precedentemente essendo formata nella parte superiore da una rete ad “imbrocco” (per la cattura dei pelagici) e nella parte inferiore da un “tremaglio” (per la cattura del pesce di fondo).
►Rete circuitante: è una normale rete ad imbrocco di altezza pari a 10 metri che invece di essere calata in mare in modo rettilineo, è calata in cerchio o semicerchio in prossimità della costa: l’unità si pone all'interno dello stesso ed inizia a produrre rumori per spaventare il pesce e indirizzarlo verso le pareti della rete.
La «rete ad imbrocco» è costituita da un’unica pezza fissata ad una linea dei sugheri e ad una dei piombi. Costituita da fili in monofilamento, la rete ha in sostanza una cattura monospecifica e monotaglia. Ciò dipende dalla misura della maglia con cui è armata. I pesce penetra con la testa nella maglia e vi rimane impigliato.
La rete ad imbrocco è un attrezzo molto selettivo perché cattura solo pesci più o meno della stessa taglia che rimangono incastrati in una data maglia (i più piccoli l’attraversano e i più grandi non vi entrano); per questo motivo la rete ad imbrocco è confezionata con una gamma di apertura di maglia molto vasta (40-500 mm.) in funzione della specie e della taglia che si vuole catturare.
Il pesce non resta prigioniero in una sacca come nel tremaglio, ma generalmente penetra con la testa nella maglia e vi resta imprigionato, senza poter andare avanti e indietro.
Sistema da posta (Imbrocco)
Approfondimenti:
L’imbrocco è una rete selettiva la cui dimensione di maglia varia in funzione delle specie bersaglio, con target variabili da zona a zona e nei diversi periodi dell’anno: è comunque il merluzzo la specie che più contribuisce ai ricavi provenienti da questo attrezzo, seguita a notevole distanza da altre specie tra cui mendole, triglie, sogliole, pannocchie, orate, saraghi e boghe. A livello nazionale la rete ad imbrocco ha una frequenza del 28%, con picchi alti nel Lazio, dove è impiegata con la stessa frequenza del tramaglio (67%).
Sono reti formate da un’unica pezza. La cattura del pesce avviene per imbrocco ossia il pesce, una volta entrato nella maglia della rete, non riesce più ad andare né avanti né indietro.
Schema della rete
Le dimensioni delle maglie di queste sono variabili a seconda della specie e della taglia del pesce che si intende catturare reti (≥ 16 – Reg. CE 1967/2006). Infatti se le maglie sono troppo grandi il pesce può passare oltre senza danni mentre se troppo piccole il pesce non resta ammagliato e quindi sfugge alla cattura.
Le reti a maglia piccola sono usate prevalentemente per la cattura specie pelagiche e necto-bentoniche (sogliole, canocchie, palombi, naselli, salpe, occhiate).
Le reti a maglia media (50-130 mm circa) catturano diverse specie commerciali di taglia maggiore.
Le reti a maglia medio-grande (160-200 mm) sono specifiche per alcune specie di tonnetti e alalunghe. Infine, le reti a maglia grande (> 350 mm) e filato molto spesso, sono specifiche per la cattura dei pesci spada (=spadare).
Nel caso della rete da posta per tonni la cattura non avviene tanto per imbrocco quanto per intrappolamento del pesce nella rete.
Questo tipo di rete, lunga alcuni chilometri, può essere sia di tipo fisso che derivante. Per lo svolgimento della pesca con reti ad imbrocco vengono messe in atto tecnologie piuttosto semplici: 1 o 2 persone di equipaggio e imbarcazioni di modeste dimensioni.
E’ la più nota tra le reti da posta, ed è formata da tre pezze (pannelli) di rete sovrapposte ed armate con diverso rapporto di armamento sulle stesse due lime da sughero e da piombi.
Le due pezze esternamente identiche e formate da maglie molto grandi sono armate sulle lime con un rapporto di armamento abbastanza alto (0,6-0,7), mentre la pezza intermedia ha maglie piccole e rapporto di armamento basso (0,4-0,5). I filamenti sono generalmente multifilamento o multimonofilamento.
Sistema da posta (Tramaglio)
Ciò permette una sovrabbondanza di rete nella pezza a maglia piccola. Il pesce quindi incontra nel suo cammino la rete e cerca di superarla; da qualunque parte provenga, supera abbastanza agevolmente la maglia grande della pezza esterna (il maglione) e preme sulla pezza a maglia piccola che essendo sovrabbondante fa una sacca delimitata dalla maglia grande della terza parte di rete. In questa sacca il pesce resta imprigionato senza nessuna possibilità di fuga; da qui verrà prelevato dal pescatore quando salpa la rete.
Il tremaglio è generalmente calato sul fondo per la cattura di specie pregiate. Le dimensioni delle maglie e dei maglioni variano da zona a zona.
Il tremaglio è confezionato con filato molto sottile e questo agevola l’ammagliamento del pesce al solo contatto con le pinne; per questo motivo tale attrezzo è considerato poco selettivo.
Strutture dei vari tipi di Tramaglio
Approfondimenti:
Di tutte le reti da posta, il tremaglio è quello meno selettivo. Impiegata nella pesca costiera, è una grande parete di rete che può essere sistemata appena al di sopra del fondo marino quando si vogliano pescare tipi di pesce demersale o comunque quando si vogliano pescare pesci pelagici ad una certa profondità dalla superficie.
Il tremaglio è confezionato con filato molto sottile e questo agevola l'ammagliamento del pesce al solo contatto con le pinne; per questo motivo tale attrezzo è considerato poco selettivo; generalmente viene ancorato in vicinanza del fondo.
Il tremaglio è una rete a maglia stretta formata da tre pezze (pannelli), delle quali le due esterne sono a maglie grandi (maglioni), mentre quella interna è a maglie più piccole. Il pesce viene catturato per ammagliamento dal pannello interno, dopo avere attraversato il primo pannello. Anche l’altezza delle tre pezze è diversa: quelle esterne sono uguali mentre quella centrale è notevolmente più alta e libera di muoversi tra le altre due. Ad ogni modo essa oscilla tra 1.5 m e 2 m. Il pesce, da qualunque parte esso provenga, può agevolmente superare la prima pezza ma, entrato a contatto con la seconda, trova in questa una specie di sacca e, nel tentativo di sfuggire, si impiglia sempre di più.
La parte superiore della rete è collegata a una lima da galleggianti mentre quella inferiore è connessa a una lima da piombi. L’azione combinata dei galleggianti e dei piombi mantiene lo stiramento verticale della rete.
I galleggianti sono in genere di forma ovoidale, lunghi 10 cm con 5 cm di diametro. I piombi, di norma situati in corrispondenza dei galleggianti, hanno forma cilindrica cava, lunghezza di 10 cm circa e peso di circa 170g.
Con tremagli da fondo viene usato un peso sufficiente a tenere la lima da piombi aderente sul fondo del mare mentre la galleggiabilità fornita dai galleggianti è sufficiente solo a mantenere la tensione verticale.
Sistema Tramaglio (pannello)
Nel caso di tremaglio a mezz’acqua, vengono usati galleggianti sufficienti per controbilanciare il peso della lima da piombi che viene usata per assicurare la verticalità della rete. I cavi connessi alle due lime, a ciascuna estremità della rete sono collegati a quelli che collegano le ancore in fondo al mare ai galleggiamenti in superficie che mostrano la posizione e l’estensione della rete e successivamente vengono utilizzati per il recupero della rete. Le reti vengono calate spesso in estate. Quando si raggiungono le zone di pesca si preparano un’ancora e un galleggiante. Si cala l’ancora e, mentre si posiziona il galleggiante, la nave si muove in avanti a una velocità di circa 3-5 nodi. Il tremaglio viene generalmente ancorato al fondo e viene impiegato per la cattura di pesce ad alto valore commerciale (sparidi, crostacei, pesci piatti, ecc.).
Più produttiva sui fondali rocciosi o misti, è per questo meno utilizzata nell’Adriatico, mentre mostra frequenze notevoli nel Tirreno, nello Ionio e nelle isole. Tra le specie più importanti nei mix di cattura del tramaglio si segnalano, in ordine di importanza economica: triglie, scorfani, seppie, merluzzi e aragoste, quest’ultime pescate con reti a maglia larga spesso denominate “tramaglioni”. Tra le catture accessorie hanno una certa rilevanza anche polpi, mormore, orate e spigole. I pesci più piccoli rimangono impigliati nello strato mediano mentre i pesci più grossi urtano contro lo strato mediano e lo fanno rientrare nelle maglie più larghe degli strati esterni rimanendo imprigionati in una specie di sacco.
Nessuna limitazione è stabilita per le dimensioni delle maglie delle reti adibite alla pesca di sardine o di acciughe.
Esiste infine una terza tipologia di rete da posta, spesso denominata come “rete incastellata”.
Questa rete combina i vantaggi delle due reti descritte precedentemente essendo formata nella parte superiore da una rete ad “imbrocco” (per la cattura dei pelagici) e nella parte inferiore da un “tremaglio” (per la cattura del pesce di fondo).
È abbastanza diffusa nel Tirreno, dalla Liguria al Lazio, rara o assente nelle altre regioni d’Italia: ciò potrebbe forse suggerirne una sperimentazione in aree di pesca con caratteristiche analoghe.
Sistema da posta (Incastellata)
Questi attrezzi operano in genere in superficie. Prevalentemente sono reti da imbrocco, costituite da uno o più pannelli, armate in alto ad una linea dei sugheri che permette il galleggiamento, ed in basso ad una linea dei piombi.
Il peso dei piombi neutralizza l’azione dei galleggianti facendo rimanere la rete in posizione verticale.
La rete viene tenuta ancorata al fondo mediante dei pesi o delle ancore.
I filamenti possono essere: monofilamento (filamenti singoli), multifilamento (elevato numero di fibre finissime) e multimonofilamento (unione di alcuni monofilamenti leggermente ritorti).
La posizione della rete viene segnalata in superficie, permettendone il recupero, mediante delle boe e delle bandierine.
La rete viene lasciata in “pesca” per un periodo di tempo variabile, in genere nelle ore notturne, e poi recuperate. L’unità da pesca rimane comunque sempre collegata alla rete.
Rete da imbrocco
La «rete circuitante» è una normale rete da posta fissa (ad imbrocco) che invece di essere calata in mare in modo rettilineo, è calata in cerchio, o a semicerchio se in prossimità della costa.
Questo sistema di pesca, generalmente si usa in vicinanza della costa, con unità da pesca di piccole dimensioni, per catturare pesci che si trovano addensati in una spazio abbastanza ristretto.
Una volta che il cerchio è chiuso, l’unità si pone all'interno dello stesso ed inizia a produrre rumori per spaventare il pesce e indirizzarlo verso le pareti della rete.
Poco usata (2% a livello Italia), non deve confondersi con le “reti a circuizione”. Mantiene una certa diffusione solo in alcune marinerie della Liguria, della Calabria e del Medio Adriatico, mentre tende a scomparire nelle altre regioni d’Italia dove il numero di equipaggi che la impiegano non supera le 15 unità. Nel mix di cattura spicca per valore economico il pesce bianco.
Schema sistema da posta (circuitante)
Sono da posta (imbrocco) a tutti gli effetti, calate in modo che le lime si dispongano circolarmente, così da imprigionare, all’interno del cilindro che si forma, i pesci che vengono poi spaventati in modo che indirizzarli verso le pareti della rete, nelle quali restino imbroccati o impigliati.
Rete da imbrocco
E' consentito l’impiego di tutti i tipi di rete da posta (imbrocco, tramaglio o incastellata) sia fisse che derivanti (D.P.R. 1639/68 – Reg. CE 1967/06).
► E’ vietato l’uso di tutte le reti da fondo per la cattura delle seguenti specie (Reg. CE 1967/06):
A titolo di deroga, le catture accessorie accidentali di non più di 3 esemplari delle specie di squali suddette possono esere detenute a bordo o sbarcate purché non si tratti di specie protette ai sensi del diritto comunitario.
La rete circuitante deve avere altezza pari a 10 metri (Reg. CE 1967/2006). pertanto non deve essere confusa con una rete a circuizione (sistema di pesca diverso indicato in licenza) perché quest’ultima, per ragioni puramente geometriche, deve avere necessariamente altezza superiore a 10 metri.
Le reti da posta devono essere muniti di “segnali” costituiti da «galleggianti di colore giallo», distanziati fra, loro non più di 200 metri. Le estremità dell'attrezzo debbono essere munite di «galleggianti di colore giallo» con bandiere di giorno, e fanali di notte, dello stesso colore; tali segnali debbono essere visibili a distanza non inferiori a mezzo miglio.
Le reti da posta sono contrassegnate, “di giorno”,
con corpi galleggianti gialli in numero sufficiente ad indicarne la posizione
Le reti da posta sono contrassegnate, “di notte”, con luci ordinarie gialle
in numero sufficiente ad indicarne la posizione
È vietato collocare reti da posta ad una distanza inferiore a 200 metri dalla congiungente i punti più foranei, naturali o artificiali, delimitanti le foci e gli altri sbocchi in mare dei fiumi o di altri corsi di acqua o bacini.
Per le reti calate "oltre le 12 miglia" nautiche misurate dalle linee di base dello Stato costiero, il Regolamento (CE) n. 356/2005, (che stabilisce le modalità d’applicazione per la marcatura e l’identificazione di attrezzi da pesca fissi e sfogliare) modificato dal Reg. (CE) n. 1805/2005, prevede ai fini del controllo e la sorveglianza delle attività di pesca, le modalità d’applicazione per la “marcatura” e la “identificazione” degli attrezzi da pesca detenuti a bordo o utilizzati nelle acque comunitarie.
Posizionamento delle “targhette” sulla lima da sughero alle estremità dell’attrezzo.
Il cavo è di materiale sommergibile o provvisto di pesi
Posizionamento delle “targhette” fissate sulla lima da sughero ad intervalli regolari
non superiore a 1 miglio nautico per gli attrezzi di estensione superiore a 1 miglio nautico.
I «cavi» che collegano le boe all’attrezzo fisso sono di materiale sommergibile oppure debbono essere provvisti di pesi
Agli attrezzi fissi di estensione superiore a 5 miglia nautiche sono fissate “boe segnaletiche intermedie”
ad intervalli regolari non superiore a 5 miglia nautiche.
L’asta di ogni boa segnaletica situata all’estremità ha un’altezza di almeno 1,5 metri dal livello del mare, misurata dal punto più alto del galleggiante.
Le boe segnaletiche situate all’estremità sono colorate, ma non di color rosso o verde.
Ogni boa segnaletica situata all’estremità è composta da:
Le boe segnaletiche situate alle estremità sono fissate agli attrezzi fissi nel seguente modo:
L’asta di ogni boa segnaletica situata all’estremità ha un’altezza di almeno 1,5 metri dal livello del mare, misurata dal punto più alto del galleggiante.
Le boe segnaletiche situate all’estremità sono colorate, ma non di color rosso o verde.
Ogni boa segnaletica situata all’estremità è composta da:
Le boe segnaletiche situate alle estremità sono fissate agli attrezzi fissi nel seguente modo:
Caratteristiche delle boe segnaletiche situate alle estremità e delle boe segnaletiche intermedie
L’uomo nella sua storia ha inventato innumerevoli tipi di “trappole” per catturare le prede di cui aveva bisogno per nutrirsi. Le trappole per la cattura del pesce sono quanto di più ingegnoso si può trovare, sia come concezione della trappola, di metodi cioè adottati per invogliare l’ingresso ed impedire l’uscita, sia come materiali utilizzati nella costruzione della trappola, sia infine come esche per attirare il pesce. In ogni zona vi sono tipi particolari di trappole diverse sia in funzione della specie e dei fondali in cui si opera sia in funzione dei materiali.
Le «trappole a postazione fissa» sono calate in un punto scelto sulla base della esperienza ed ivi lasciate per tutta la stagione di pesca. Il calo in ogni modo è un’operazione piuttosto delicata e laboriosa. E’ necessario un sistema di ancoraggio sicuro cui fissare le varie parti dell’attrezzo; è necessario conoscere le correnti prevalenti nella zona in cui si opera; è necessario conoscere la normale direzione dei pesci che si vogliono catturare in modo da disporre il braccio di incanalamento nella giusta posizione cioè in posizione che convogli il pesce verso l’attrezzo e non viceversa.
Nelle reti a postazione fissa, l’ingresso deve essere facile ed invitante, l’uscita in pratica impossibile. Per questo molto spesso si hanno vari ingressi consecutivi sempre più sicuri da cui è impossibile e difficile uscire. L’ultima camera dell’attrezzo è la camera della morte, dove il pesce resta fino che il pescatore salpi la rete e lo prelevi.
Le reti a postazione fissa normalmente non sono innescate, sfruttano solo le abitudini o le migrazioni dei pesci, note per la lunga esperienza ai pescatori.
Le trappole fisse di cui le più note sono la “tonnara” per la cattura del tonno rosso e il “lavoriero” per la cattura delle anguille, cefali, spigole e orate, sono caratterizzate da avere una postazione fissa, e di essere mantenute per una stagione di pesca o per un tempo più lungo quando si tratta di strutture complesse.
Sono collocate i specifiche aree di pesca dove sfruttano determinati comportamenti della specie bersaglio.
Sia nel caso della tonnara che del lavoriero è l’istinto delle specie a riprodursi che la porta ad incontrare questi attrezzi sul suo cammino.
Nel caso del tonno, avvicinandosi alla costa dalle acque al largo, nel caso dell’anguilla nel tentativo di raggiungere il mare dalle acque dolci o salmastre dove vive.
Le «trappole mobili», sono attrezzi passivi che a differenza di quelle fisse, vengono salpate e controllate ogni 1 o 2 giorni ed eventualmente spostate in un’altra area di pesca (Nasse, cogolli e bertovelli). L’impiego di tali attrezzi richiede un’approfondita conoscenza delle zone e del comportamento delle specie bersaglio perché la pesca risulti redditizia.
Non è certo possibile confondere la «tonnara» con un altro attrezzo da pesca. Le stesse dimensioni sono tali da non lasciare dubbi. Gli impianti fissi per la cattura del tonno sono chiamati “tonnare per mattanza”.
E’ la maggiore fra tutte le reti da posta fissa. Le zone poi dove sono calate le tonnare sono molto note da lungo tempo ormai. La cosa più difficile oggi è trovare la tonnara. Questo attrezzo da pesca ormai è ridotto a poche unità. La cattura si svolge in diversi momenti tutti collegati fra loro ma distinti. I tonni oggi si catturano con la tonnara volante.
La tonnara è un impianto di sbarramento, un labirinto composto di reti ancorate sul fondo del mare che obbligano i tonni a finire in una trappola costituita da diversi corridoi e camere, la cui disposizione viene segnalata in superficie da boe.
Schema Tonnara per tonno rosso
La tonnara è costituita da una rete verticale detta “pedale”, che partendo dalla costa si dirige verso il largo con una direzione quasi perpendicolare al litorale; al largo si trova un insieme di reti verticali che costituiscono un complesso chiamato “isola”, formata da numerose camere da 4 a 9, tutte, tranne l'ultima, non hanno fondo e sono divise tra loro da apposite porte.
Tonnara (Camera della morte)
Il tonno avvicinandosi alla costa trova uno sbarramento costituito da reti che formano
un vero e proprio muro che lo costringe ad entrare in un labirinto di camera fino a quella finale (della morte)
L'impianto di una tonnara, non può essere consentito se non a distanza di 3 miglia marine sopra vento e di 1 miglio marino sottovento da altre preesistenti, salvo che i proprietari o i concessionari abbiano diritto a maggiori distanze in forza di titoli particolari. Tali distanze debbono essere osservate negli eventuali spostamenti di tonnare.
La tonnara deve essere segnalata con unità o galleggianti ancorati al largo della sua parte centrale foranea.
Su tali barche devono essere collegati i seguenti segnali:
Durante il periodo di funzionamento della tonnara, sia di corsa che di ritorno, è vietato l'esercizio di ogni altra forma di pesca a distanza minore di 3 miglia sopravento e di un miglio sottovento dalla tonnara stessa, salvo che i proprietari o i concessionari abbiano diritto a maggiori distanze in forza di titoli particolari.
È altresì vietato l'esercizio di qualsiasi altra forma di pesca nella zona di tre miglia verso l'alto mare dal punto più foraneo di ciascuna tonnara.
Durante il periodo di funzionamento della tonnarella è vietato l'esercizio di ogni altra forma di pesca a distanza minore di 500 metri sopravento e di 200 metri sottovento dalla tonnarella stessa, salvo le maggiori distanze cui i proprietari o i concessionari abbiano diritto in forza di titoli particolari.
È altresì vietato l'esercizio di ogni altra forma di pesca nella zona di 500 metri verso l'alto mare, misurata dal punto più foraneo di ciascuna tonnarella.
Le distanze suindicate raddoppiate per la pesca esercitata con fonti luminose.
Un momento della mattanza
Il cogollo è un attrezzo da pesca ormai in disuso. Si utilizza per la pesca in laguna e nelle acque basse costiere.
Viene ancorato a tre pali infissi sul fondo, due dal lato della bocca ed uno in fondo all'attrezzo. Nei pressi della bocca, legati ai due pali anteriori, vi sono due braccia di incanalamento formate da due pezzi di rete rettangolare, la bocca è rigida e ha di forma circolare.
Cogollo
A partire dalla bocca si susseguono diverse camere a forma di imbuto con l'ingresso che si stringe sempre di più fino all'ultima camera, dove il pesce rimane prigioniero.
In mare il cogollo è generalmente calato in prossimità della riva; a volte la parte superiore dell’attrezzo è ben visibile a pelo d’acqua.
In ogni caso la sagoma permette di evidenziare il braccio (o i bracci) di incanalamento, la prima bocca d’ingresso e il corpo dell’attrezzo. Il sacco è segnalato da un galleggiante per permettere il periodico prelievo del pescato.
Schema: Il cogollo (da: FAO-Catalogue Small Scale Fishing gear, 1987, modificato)
Il «Lavoriero» è un impianto fisso destinato alla cattura dei pesci maturi che dalla laguna o dalle foci dei fiumi tornano al mare per riprodursi.
E’una costruzione complessa e delicata a forma di doppio cuneo e può essere considerato una grande trappola.
E' costituito da diverse camere che guidano il pesce in comparti sempre più stretti, dove è più facile la cattura; è costruito in modo tale da permettere sempre la risalita del novellame dal mare verso la laguna. Principalmente viene usato per la cattura delle anguille (quando attratte dall’acqua salata che entra dai canali nelle valli, cercano di guadagnare il mare per la riproduzione dopo il periodo di crescita ed ingrasso in valle) anche se in camere separate vi restano imprigionati altre specie di pesce quali i cefali e spigole.
Questo metodo di pesca sfrutta i movimenti migratori di massa delle specie che si riproducono in mare e maturano nelle acque interne: in primavera anguille, cefali, spigole e orate entrano in valle allo stadio di novellame, mentre in autunno gli adulti sessualmente maturi sono richiamati al mare dove si riprodurranno. La pesca avviene, quindi, in autunno durante la migrazione riproduttiva. A febbraio, si aprono le chiaviche per effettuare il ricambio dell’acqua salata delle valli e viene fatta la semina del pesce, in quanto l’entrata naturale del novellame dal mare è scarsa. In marzo vengono seminati gli individui giovani di anguille (Anguilla anguilla), delle diverse specie di cefali (Mugil cephalus, Chelon labrosus, Liza sp.), di orate (Sparus aurata) e di spigole (Dicentrarchus labrax). Nel lavoriero particolari incannicciate (grisole), infisse nel fondo lagunare e sostenute da un’intelaiatura di pali e pertiche, delimitano un perimetro cuneiforme nel quale una serie di bacini triangolari, come punte di freccia, comunicanti fra loro, consentono la cattura differenziata del pesce.
Nel corso del tempo, dal lavoriero primitivo di canna si è passati a quello moderno in cemento e metallo, più facile e rapido da costruir.
Lavoriero
La «mugginara» è una rete a trappola con cui si pratica una pesca a vista: si tratta di una sorta di tonnarella dove una rete viene calata tra la costa e due barche ancorate a formare una camera, regolata di giorno in giorno, a seconda dell’intensità della corrente da cavi che partono da terra e dai natanti.
La mugginara porta sulla parte superiore, al di sopra dei sugheri, una pezza supplementare di rete disposta parallelamente al pelo dell'acqua.
Schema di Mugginara
Questa rete viene utilizzata per la cattura di cefali in acque lagunari e viene utilizzata spaventando i pesci colpendo l'acqua con bastoni, i cefali, molto agili, saltano fuor d'acqua per scavalcare la rete e restano ammagliati nella pezza orizzontale. Viene chiamata per questo motivo anche rete a battere. Durante il periodo di funzionamento della mugginara, è vietato l'esercizio di ogni altra forma di pesca a distanza minore di 100 metri dalla mugginara stessa.
E' una trappola particolare destinata soprattutto alla cattura dei cefali. È costituita da pezzi di rete chiamate “braccia”, assemblate su pali infissi nel fondale, sistemati in modo da fare assumere al saltarello una forma a spirale detta “corte”, che impedisce al pesce di retrocedere una volta entrato.
Lungo tutto il perimetro, in superficie, è posto un tremaglio in senso orizzontale detto “incannata” e sul fondo vengono posizionati alcuni cogolli.
L'incannata serve per catturare i pesci che tentano la fuga saltando, mentre i cogolli per catturarne altri che preferiscono tentare la via di fuga dal basso.
Il bertovello è una nassa fatta di rete fissata a cerchi di plastica.
E' costituito da camere a forma di “cono” l'uno dentro l'altro, che consentono al pesce di muoversi solo verso l'interno intrappolandolo. Quando non è in pesca può essere chiusa a fisarmonica occupando pochissimo spazio a bordo.
In genere i bertovelli vengono immersi in serie.
Bertovello
Attrezzo tipico della pesca artigianale, costruito con materiali diversi (vimini, giunco, legno, ferro e plastica). Sono in pratica delle gabbie nelle quali le prede potenziali vengono incoraggiate con esche ad entrare e dalle quali non sono più in grado di uscire.
Le Nasse sono attrezzi “passivi” dove la cattura avviene per intrappolamento del pesce in una parte dell’attrezzo da cui gli è praticamente impossibile sfuggire. L’incanalamento del pesce verso questo punto si ottiene in genere per mezzo di esche poste al suo interno. Vengono usate per la cattura di una varietà enorme di specie che vanno dai pesci ai crostacei e ai molluschi. Normalmente vengono ancorate al fondo marino per mezzo di pesi e segnalate in superficie con corpi galleggianti per facilitarne l’avvistamento ed il successivo recupero.
Le dimensioni non sono elevate e a volte vengono calate in mare non ad una ad una, ma legate insieme a distanza fissa, ad una corda chiamata “madre” o “trave”.
Sistema da posta (nasse)
Approfondimenti:
Questo attrezzo è utilizzato soprattutto dalla piccola pesca, ne esistono tipi diversi con diverse forme legate alla costruzione che fino a qualche tempo fà era di tipo artigianale. A seconda delle diverse marinerie e delle regioni italiane potevano essere di legno armate con una rete di metallo o di vimini intrecciato. Fino a pochi anni fa soprattutto in Adriatico, venivano utilizzate nasse a forma di parallelepipedo, all'interno delle quali venivano posti dei rametti di alloro per la cattura delle seppie. Questo tipo di pesca viene effettuata quando le seppie si avvicinano alla costa durante il periodo riproduttivo; i ramoscelli di alloro, servono per attirare la seppia che li utilizza come substrato per deporre le uova. Oggi queste nasse sono state sostituite ormai del tutto dai “bertovelli”. Altre specie catturabili sono saraghi, anguille, gronchi, cefalopodi (seppie, polpi), crostacei (granchi, aragoste e gamberi).
Un altro tipo di nassa è il “cestino”. Il cestino è una piccola nassa a forma di tronco di cono che serve per la cattura dei lumachini ed altri gasteropodi; il cestino è rivestito da una rete a maglie piccole con l'apertura nella parte superiore. Come esca in genere viene usato del pesce morto poco pregiato. I lumachini attratti dall'esca salgono facilmente lungo le pareti esterne, ma una volta entrati, non sono più in grado di risalire in senso inverso.
La nassa è una sorta di cesta usata per la pesca. Può essere a rete (nassa a rete) (a), a grata (nassa metallica) (b) o a intreccio (nassa a canestro) (c). L’apertura si stringe verso l’interno a forma d’imbuto (d) e fa sì che l’organismo oggetto di pesca, una volta entrato, non possa più uscirne. Viene calata sui fondi più diversi e segnalata in superficie con galleggianti.
Nasse (tipologie)
Le nasse sono utilizzate per la cattura delle seppie durante il periodo riproduttivo, i cogolli, o bertovelli, vengono impiegati per la pesca delle anguille, dei crostacei, delle seppie e di piccoli pesci.
Tra gli altri attrezzi da posta, si assiste ad un recupero del mestiere delle nasse, che alcuni autori indicano come un’arte caduta progressivamente in disuso dalla fine dell’ultima guerra, ma comunque praticata da medie e piccole imbarcazioni.
Tra le specie catturate con le nasse, quelle che più pesano sul ricavo totale sono polpi, seppie, pannocchie e gamberi rossi.
Una realtà produttiva importante nell’Alto e Medio Adriatico, con una particolare diffusione in Emilia Romagna, è infine la pesca con i cestelli per lumachini, questi ultimi considerati a ragione una importante risorsa locale. Praticata da piccole imbarcazioni dotate di motore fuoribordo, questa tecnica è utilizzata da alcune migliaia di operatori soprattutto nei mesi invernali.
Nelle stagioni primaverile ed estiva è invece più frequente la pesca con i cogolli, essenzialmente mirata alla cattura di seppie.
La normativa relativa alle Trappole in generale si basa, a livello Compartimentale, sul DM 14/9/99 della “Piccola pesca” che prevede piani di gestione degli specchi acquei e delle risorse, ma anche sulle “Ordinanze” locali emesse dalle singole Capitanerie di Porto relative ad attrezzi specifici e a determinate specie.
Le unità da pesca che attuano tale tipo di pesca fanno parte in genere della piccola pesca o pesca artigianale e quindi le dimensioni devono essere LFT inferiore a 12 e comunque di TSL inferiore a 10.
La distanza minima dalla costa non è soggetto a normativa (come per la piccola pesca) ma viene stabilita con Ordinanze delle locali Capitanerie di Porto.
Per «reti da posta derivanti» si intendono tutte quelle reti che non vengono ancorate al fondo ma sono lasciate libere di muoversi in balìa delle correnti: grazie a dei galleggianti vengono tenute sopra o appena sotto la superficie dell'acqua.
La loro altezza varia a seconda del tipo di pesca, ma per le grandi reti è generalmente compresa fra i 20 e i 30 metri. Alla parte inferiore della rete sono attaccati dei pesi che la mantengono in verticale neutralizzando la spinta dei galleggianti.
Le reti possono andare alla deriva da sole oppure, più comunemente, sono trainate da unità in movimento a cui è fissata una loro estremità.
In genere vengono calate di notte, almeno per la cattura delle specie di grandi dimensioni, e sono destinate di norma alla pesca di specie pelagiche: pesci che nuotano vicino alla superficie, come le sardine, le aringhe, il tonno, il pesce spada e il salmone.
Un’estremità della rete è collegata ad un galleggiante mentre l’altra è collegata alla unità stessa.
Dato che questo sistema di pesca si effettua in vicinanza della superficie è necessaria un’ottima segnalazione e un’accurata sorveglianza al fine di evitare incidenti con la navigazione marittima.
Generalmente le reti derivanti sono ad “imbrocco” non a tramaglio. Questi attrezzi sono abbastanza simili fra loro e si differenziano dalle altre reti ad imbrocco per la grandezza delle maglie e lo spessore del filato, molto più grosso.
Approfondimenti:
L'Unione europea vieta le reti da posta derivanti. Nella riunione dell'8 giugno 1998 il Consiglio dei Ministri ha preso una decisione difficile, ma necessaria: quella di vietare l'uso di reti da posta derivanti per la cattura del tonno nell'Atlantico e nel Mediterraneo a decorrere dal 1° gennaio 2002. La decisione è stata presa tenendo conto di una serie di fattori di natura biologica, economica e sociale. Viene vietata una tecnica di pesca, quella delle reti da posta derivanti, e non la pesca del tonno, che potrà continuare ad essere praticata con tecniche più sicure, più selettive ed interessanti dal punto di vista economico. A breve termine, questo divieto potrà avere ripercussioni economiche e sociali negative per le collettività interessate, ma lo status quo avrebbe avuto conseguenze ancora più gravi. Per aiutare queste collettività nel loro processo di transizione verso tecniche più sicure l'Unione europea, in cooperazione con gli Stati membri, adotterà le misure necessarie affinché queste ripercussioni siano ridotte al minimo.
Che cosa sono le reti da posta derivanti ?
Le reti da posta derivanti sono reti che grazie a dei galleggianti vengono tenute sopra o appena sotto la superficie dell'acqua. La loro altezza varia a seconda del tipo di pesca, ma per le grandi reti è generalmente compresa fra i 20 e i 30 metri. Alla parte inferiore della rete sono attaccati dei pesi che la mantengono in verticale neutralizzando la spinta dei galleggianti. Le reti possono andare alla deriva da sole oppure, più comunemente, sono trainate dall'imbarcazione in movimento a cui è fissata una loro estremità. In genere vengono calate di notte, almeno per la cattura delle specie di grandi dimensioni, e sono destinate di norma alla pesca di specie pelagiche: pesci che nuotano vicino alla superficie, come le sardine, le aringhe, il tonno, il pesce spada e il salmone.
Quali sono i principali problemi connessi a questo tipo di pesca ?
L'accusa che viene mossa alle reti da posta derivanti è quella di non essere sufficientemente selettive e di intrappolare un numero inaccettabile di cetacei, mammiferi marini, uccelli e rettili.
All'origine le reti da posta derivanti venivano utilizzate per catturare specie di piccole dimensioni e non davano luogo a preoccupazioni. Nel Mediterraneo, ad esempio, questa tecnica è stata a lungo impiegata per pescare diverse specie di tonnidi con reti di lunghezza limitata. I problemi sono sorti quando le reti derivanti sono state modificate allargandone le maglie in modo da permettere la cattura di specie più grandi ed aumentandone le dimensioni globali al fine di massimizzare le catture. L'uso di queste grandi reti si è prima affermato nel Pacifico, per poi estendersi alla pesca del tonno dell'Atlantico. Anche se la natura e il volume delle catture di specie che non sono specie bersaglio - e cioè le catture accessorie (specie catturate accidentalmente) - variano a seconda del modello delle reti, del tipo di pesca e delle zone in cui si utilizzano, le reti con maglie più larghe e di maggiori dimensioni sono risultate fatali per moltissime specie.
Per venire incontro alle preoccupazioni espresse dall'opinione pubblica, le Nazioni Unite (NU) all'inizio degli anni '90 approvarono una risoluzione che chiedeva una moratoria dell'impiego delle grandi reti da posta derivanti. Da parte sua il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea, con l'appoggio del Parlamento europeo, decise di imporre un limite massimo di 2,5 km per le reti da posta derivanti utilizzate dalle imbarcazioni dell'UE. (Questa misura, così come la moratoria delle NU, non si applicava al Mar Baltico).
I problemi però non sono cessati perché, nonostante i sensibili miglioramenti registrati nell'Atlantico, hanno continuato a prodursi una miriade di casi di inosservanza delle norme sulla lunghezza massima. Un controllo effettivo dell'applicazione di questa norma in mare presenta molti problemi pratici e richiede altresì ingenti risorse finanziarie e disponibilità di personale, con un livello di spesa difficile da sostenere sul lungo periodo sia per l'UE che per i singoli Stati membri. Così, nonostante la normativa esistente, la pesca con le reti da posta derivanti ha continuato ad espandersi. Preoccupata per gli effetti di questa pressione crescente sulle risorse ittiche e per il conseguente aumento del volume delle catture accessorie, la Commissione propose nel 1994 di vietare le reti da posta derivanti, divieto che sarebbe diventato effettivo di lì a qualche anno, ma gli Stati membri non si ritennero in condizione di adottare tali proposte.
Dopo qualche difficoltà di adattamento al limite dei 2,5 km, le tonniere dell'Atlantico sono riuscite ad aumentare la loro efficienza e dopo un certo tempo questa tecnica è risultata la più produttiva. Tuttavia nel giugno 1998 la maggioranza degli Stati membri ha deciso che, tutto considerato, era venuto il momento di vietare l'uso delle reti da posta derivanti per la pesca del tonno.
Dove si usano attualmente le reti da posta derivanti ?
Le grandi reti da posta derivanti vengono attualmente utilizzate da diversi paesi. Nell'Unione europea, questa tecnica è impiegata nella pesca del tonno da circa 670 pescherecci italiani che pescano pesce spada nel Mediterraneo e da circa 70 pescherecci francesi e 30 pescherecci irlandesi e britannici che pescano tonno bianco nell'Atlantico settentrionale tra giugno e ottobre/novembre. Come abbiamo visto prima, ci sono anche alcune zone di pesca nel Mediterraneo in cui questa tecnica viene utilizzata da pescherecci spagnoli e italiani per la cattura di tonni. Le reti da posta derivanti vengono utilizzate anche per la pesca di piccole specie, come le sardine e le aringhe, il che non pone però alcun problema.
Le «spadare» sono particolari reti derivanti (ad imbrocco) che hanno la particolarità di avere un’altezza superiore ai 30 metri., lunghezza superiore a 5 miglia e con maglia in genere superiore a 350 mm. di apertura e filato molto spesso. Le spadare vengono calate in modo da formare delle campanate: viste dall’alto, le spadare formano una sinusoide e devono quindi essere molto lunghe .
Mantenute in superficie tramite dei galleggianti, vanno a formare dei veri e propri sbarramenti in mezzo al mare con inevitabili conseguenze per le specie pelagiche o per le imbarcazioni che si trovano sulla stessa rotta.
La pesca al pesce spada veniva effettuata con delle unità particolari, denominate “passerelle” perché dotate di un lungo pulpito a prua, dal quale veniva lanciato l’arpione, e di un altissimo albero per l’avvistamento da lontano.
Attualmente sono oggetto di polemiche perché oltre ad essere distruttive per la pesca catturano delfini e tartarughe marine che sono specie protette.
Spadara
Approfondimenti:
Si tratta di reti da posta derivanti, quindi non fisse, che vengono calate in mare e lasciate alla deriva, usate per la cattura di grossi pesci pelagici, come diverse specie di tonni, ma soprattutto per il pesce spada, da cui prendono appunto il nome. Sono reti lunghissime, anche fino a venti chilometri, e larghe fino a trenta metri, fatte di nailon molto resistente.
Rispetto ai tradizionali metodi di pesca la differenza è sostanziale: non vengono più usate reti di poche centinaia di metri, bensì autentiche barriere lunghe diversi chilometri, che provocano il cosiddetto “effetto muro”; le moderne spadare di fibre sintetiche inoltre non vengono calate vicino alla costa da piccole imbarcazioni a remi o a vela, bensì da pescherecci con potenti motori che si spostano in mare aperto.
Il loro livello di selettività è molto basso, cosicché, oltre alle cosiddette specie bersaglio, può incapparci di tutto, come ad esempio Tartarughe, piccoli delfini come le Stenelle, ma anche Cetacei molto più grandi come i Capodogli e le Balenottere presenti nel Mediterraneo. Da un’indagine condotta nel 1993 è risultato che solo il 18% circa di pesci catturati, in termini numerici, era costituito da specie bersaglio. Uno studio promosso dall’allora Ministero della Marina Mercantile, accertò nel 1990 e nel 1991 che almeno 30 specie diverse erano incappate nelle reti calate nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno. La Commissione Baleniera Internazionale (IWC) calcolò nel 1990 in almeno 8000 all’anno i cetacei vittime delle spadare, esprimendo preoccupazioni sia per il livello “insostenibile” di mortalità delle popolazioni mediterranee di Stenella, che per l’incidenza delle spadare sulla popolazione di Capodogli. In quest’ultimo caso, se tali popolazioni dovessero risultare distinte da quelle atlantiche, il livello di mortalità artificiale sarebbe allora altissimo.
Ma le spadare sono state accusate di arrecare un danno non solo alle cosiddette specie accessorie, ma alle stesse specie di interesse commerciale, sia in termini di aumento dello sforzo di pesca, sia per la cattura sempre più frequente di pesci spada immaturi o sotto misura: in parole povere si pescano pesci di taglia sempre più piccola. Nel Tirreno centrale e meridionale la media dei pesci spada catturati con il sistema del palamito o palàngaro, che fa uso di ami, è compresa tra 12 e 17,5 kg.
Si consideri che la flotta italiana, comprese le piccole barche per i pesci pelagici di dimensioni medie e piccole, era arrivata a circa un migliaio di unità e che la lunghezza media delle spadare era di 12, 5 chilometri, per cui 700 imbarcazioni potevano calare in mare qualcosa come 8500 km di rete, una lunghezza superiore al profilo costiero dell’Italia, Isole comprese.
Contro questo tipo di pesca vi fu dapprima la risoluzione 44/225 del dicembre 1989 delle Nazioni Unite, cui fece seguito a livello comunitario (Regolamento CEE n.345/92 del 28/10/1991) il divieto di usare reti più lunghe di due chilometri e mezzo a partire dal 1° giugno 1992 (divieto praticamente non rispettato a causa della scarsissima redditività di reti così corte) e, successivamente, il regolamento 894 del 29 aprile 1997, che disponeva la messa al bando totale delle spadare a partire dal 1 gennaio 2002 “ per assicurare la protezione delle risorse biologiche marine nonché uno sfruttamento equilibrato delle risorse della pesca conforme all’interesse sia dei pescatori che dei consumatori” (punto 2 del Regolamento (CE) 894/97.
A partire dal 1998 furono varati dei piani per la dismissione e la riconversione delle spadare, con dei contributi economici a sostegno sia degli armatori che degli equipaggi e a questi piani aderirono, non senza polemiche, tutti gli armatori che usavano le spadare, tranne un novantina.
Un recente Decreto del Ministero delle politiche Agricole e Forestali del 27 marzo scorso e una circolare della Direzione Generale Pesca del 10 aprile, hanno riaperto la questione, perché autorizzano anche coloro che avevano beneficiato del cosiddetto “piano spadare” ad aggiungere, al sistema di pesca noto come “ferrettara”, anche le reti da posta fisse, purché lunghe fino a cinque chilometri.
La cosiddetta ferrettara è già una rete da posta di maglia non superiore a 100 mm di apertura, ma non dovrebbe superare i due chilometri di lunghezza e non potrebbe essere usata oltre le tre miglia dalla costa, per catturare specie come le ricciole, gli sgombri, le sardine o le acciughe. Il problema è che, in mancanza di controlli, la circolare potrebbe essere utilizzata per il riutilizzo delle spadare, di lunghezza ben superiore ai cinque chilometri, vanificando di fatto il regolamento comunitario, proprio quando invece sarebbe opportuno intraprendere delle iniziative a livello internazionale per estendere il divieto anche ai numerosi pescherecci nordafricani ( circa 600 tra libici, tunisini, marocchini), che continuano ad usare le spadare. Va sottolineato che è assolutamente indispensabile applicare anche alle risorse del mare, che non sono affatto inesauribili, i principi dell’ecologia e della dinamica delle popolazioni al fine di ottenere uno sforzo di pesca sostenibile dall’ecosistema e quindi una pesca responsabile. Quindi occorre definire quanto di una risorsa può essere prelevato senza arrecare danno alla popolazione animale e quali sono le condizioni che consentono un razionale utilizzo del risorsa stessa, senza intaccarne la capacità di sopravvivenza. Una necessità che dovrebbe essere sostenuta prima di tutto dagli stessi pescatori, perché se si pesca troppo oggi, domani non ci sarà più niente da pescare.
Una certa importanza su scala locale hanno anche le reti da posta derivanti «Alalungara», oggi utilizzate in alcune marinerie della Puglia, della Sicilia e del basso Tirreno da unità da pesca di stazza medio-alta.
Attualmente la regolamentazione prevede dei limiti sulle aree di pesca e sulle dimensioni delle reti; a partire dal 1° gennaio 2002 il loro uso sarà comunque proibito.
E’ una rete da superficie derivante usata raramente al largo per la cattura delle alalunghe. E’ la principale delle reti derivanti, se si esclude la spadara ormai vietata, con una lunghezza massima di duemila metri e con una maglia che non supera i 18 centimetri. L’altezza è compresa tra i 20 e i 30 metri. Nella parte superiore è fornita di galleggianti mentre nella parte inferiore vengono attaccate delle mazzare (pesi) che servono a mantenere la rete verticalmente. Le reti derivanti rivestono una certa importanza in poche marinerie.
Sistema reti derivanti
E’ vietato tenere a bordo o effettuare pesca con reti derivanti destinate alla cattura di alcune specie (elencate nell’Allegato VIII dei Regolamenti: tonni, palamite, tonnetti, tombarelli, aguglie, pesci spada, costardelle, corifene, squali, (alcune specie), cefalopodi. Vietato anche lo sbarco delle specie elencate (Reg. CE 1239/98 e Reg. CE 894/97)
E’ vietata la detenzione a bordo di reti o attrezzi di cui sia in modo assoluto proibito l’uso con l’impiego dell’unità. Non è più necessario l’accertamento della condotta vietata esclusivamente durante l’effettivo esercizio dell’attività di pesca, ma sarà sufficiente che venga accertata la presenza a bordo delle reti spadare per contestare la violazione e procedere al sequestro (art. 15 lettere a e b Legge 963/65, come modificata dall’art. 8 del Dlgs. n. 101/2008).