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Poteri degli Organi addetti agli accertamenti amministrativi

L'art. 13 della legge 689/81 prevede che, ai fini dell’accertamento delle violazioni amministrative pecuniarie, gli organi addetti al controllo possano compiere alcuni atti già riconosciuti agli Ufficiali di polizia giudiziaria dall'art. 55 c.p.p., e precisamente:

  1. assumere informazioni;
  2. procedere ad ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora
  3. procedere a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica;
  4. procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e nei limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro di polizia giudiziaria.

Nel caso ad operare siano organi di polizia giudiziaria, procedere a perquisizione in luoghi diversi dalla privata dimora, previa "autorizzazione" dell’Autorità giudiziaria.

L’accertatore può chiedere informazioni, interpellare gli interessati e le persone informate sui fatti, prendere visione di registri e documenti, recarsi sui luoghi, ispezionare cose e luoghi diversi dalla privata dimora, effettuare rilievi e operazioni tecniche e procedere a sequestro cautelare.
Il cittadino è tenuto a non impedire l’esercizio di questa attività anche se, ovviamente, non ha l’obbligo di rendere dichiarazioni a lui sfavorevoli. La mancanza di collaborazione non può però trasformarsi in opposizione; quest’ultimo comportamento infatti, potrebbe integrare il reato di violenza, minaccia (art. 336 c.p.) o resistenza (art. 337 c.p.) a Pubblico Ufficiale.

Nella prassi operativa, quindi l’accertatore, di fronte al rifiuto di collaborazione dell’interessato non può porre in essere "poteri di coercizione" in quanto questi non rientrano nella funzione amministrativa di vigilanza (quando questi poteri sussistono, sono dalla legge attribuiti ad un’Autorità specificamente individuata).

  • Ad esempio, se un concessionario di area demaniale marittima rifiuta di esibire la documentazione o i registri obbligatori l’accertatore non potrà prenderli o riceverli con la forza.

Tuttavia, il rifiuto di collaborazione da parte dell’interessato, potrà in certi casi costituire violazione penale o amministrativa.

  • Ad esempio, il titolare di un albergo che non comunica il movimento delle persone è punito ai sensi dell’art. 109 T.U.L.P.S.
  • Ad esempio, nel caso di opposizione all’accesso dei luoghi per l’accertamento delle violazioni previste dal D.lgs. n. 152 /99 art. 54, comma 9, in materia di inquinamento marittimo di acque reflue provenienti da scarichi non autorizzati.

Questa è però cosa assolutamente diversa dal potere di esigere con la forza tale cooperazione.
Si evidenzia che se l’accertatore possiede anche la "qualifica" di Ufficiale o Agente di polizia giudiziaria potrà richiedere l’autorizzazione alla perquisizione, prevista dall’art. 13 della legge 689/81

► Approfondimenti

L’agente accertatore non potrà avvalersi della facoltà di accedere in qualunque ora nei locali destinati all’esercizio di attività soggetta ad autorizzazione di polizia, in quanto detta facoltà compete solo ad Ufficiali ed Agenti di P.S., qualifica questa non rivestita dal personale delle Capitanerie di porto.
Quanto sopra fatta salva ovviamente l’attività svolta come attività di polizia giudiziaria intesa ad acquisire prove o tracce di eventuali reati (quale, ad esempio, quella disciplinata dall’art. 4 della L. 22.05.75, n° 152) - attività questa che può e deve esercitarsi parallelamente a quella di Polizia Amministrativa qualora nei fatti oggetto di accertamento possa ravvisarsi illecito penalmente perseguibile.
Altre forme di perquisizione in luoghi diversi dalla privata dimora[1] potranno – se necessario – essere richiesti al Magistrato del luogo (art. 13 L. 689/81), essendo anzi l’introduzione abusiva presso tali luoghi atto penalmente perseguibile ai sensi dell’art. 615 c.p.
Una applicazione analogica della norma in vigore e della relativa giurisprudenza porterebbe quindi a far rientrare anche la “nave” nel concetto si dimora, qualora il contravventore vi soggiorni oppure vi si trattenga sia per esplicare la propria attività professionale che per altre attività di natura privata.
Tale applicazione per analogia non può tuttavia estendersi anche agli autoveicoli, per perquisire i quali dovrà farsi riferimento alle ordinarie disposizioni in materia penale nonché dalle leggi speciali di P.S. (es. art. 4 L. 152/1975; art. 27 L. 55/1990; art. 103 D.P.R. 309/1990; art. 1 D.L.349/92).
Senza necessariamente utilizzare,tuttavia, l’istituto della perquisizione penale o amministrativa, per controllare i veicoli dovrà farsi ricorso al disposto dell’art. 192 comma 3 che consente la ”ispezione” degli stessi al fine di verificarne la corrispondenza alle norme costruttive e di circolazione: naturalmente se a seguito di detta ispezione l’agente accertatore rileverà la presenta di tracce o corpi di reato ovvero di beni o strumenti oggetto di confisca obbligatoria se non facoltativa, procederà al riguardo secondo le disposizioni vigenti - e secondo le norme del c.p.p.. in caso di ipotesi di reato accertato nel corso di tale attività.
Da quanto sopra evidenziato si rileva che – in mancanza di specifiche forme di coazione non previste dalla legge – il contravventore non ha l’obbligo di rendere dichiarazioni a lui sfavorevoli, come pure non può procedersi coattivamente nei confronti di terzi a ricercare eventuali elementi o tracce dell’illecito che si va a contestare, ovvero obbligare i medesimi ad eventuali esibizioni.
Quanto sopra naturalmente salve le facoltà e i poteri posti in capo all’Autorità Marittima, per i propri fini istituzionali,nei confronti degli interessati comunque soggetti alla giurisdizione amministrativa dell’Autorità medesima (es. iscritti all’art. 68 Cod. nav.; iscritti alla Gente di Mare, ecc.), ovvero nell’esercizio dei poteri di Polizia Amministrativa comunque conferiti all’Autorità Marittima in materia di Sicurezza della Navigazione e della vita umana in mare, prevenzione degli infortuni sul lavoro, ecc.[2], nonché per le violazioni previste dallo stesso art. 192 commi 6° e 7° in materia di ci rcolazione stradale.

 

 


[1] Cass. Pen, Sez. 1° del 05/03/76
[2] Cass. Pen., Sez. IV^,Sent. n° 7409 del 24.06.2000  in materia di violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro commessi a bordo di nave anche straniera)

 

Assumere sommarie informazioni

Significa «rivolgere domande» anche senza trascriverle in un Verbale, presso chiunque, quindi anche presso persone che non potrebbero essere obbligate a testimoniare nel processo penale e presso persino l'autore dell'illecito. Non è, però, prevista alcuna forma di coazione, né di sanzione, per le persone che rifiutano di collaborare. Né esse potranno essere perseguite per favoreggiamento personale o per testimonianza falsa o reticente, dal momento che l'accertamento verte su fatti che non costituiscono reato.

 

Le ispezioni

Sono consentite su luoghi diversi dalla «privata dimora», inteso come luogo ove la persona attualmente si trova. L’espressione privata dimora va intesa nel senso dell’art. 614 c.p. e comprende ogni luogo usato per lo svolgimento di attività private, non soltanto l’abitazione di una persona fisica ma, in generale l’ambiente in cui si esplica la sfera intima e privata di un soggetto.
Nella nozione di privata dimora, così intesa, rientrano l’appartamento cittadino, la villa isolata, la roulotte, il prefabbricato, la tenda o la baracca dei terremotati e dei villeggianti; ed anche lo studio professionale, il circolo privato, la camera d’albergo, il laboratorio dell’artigiano, il bar di uno stabilimento balneare nonché le dipendenze dell’abitazione e dei luoghi predetti (cortile, garage, cantina, orto, terrazzo,ecc.).
L’autoveicolo o il natante (inteso in senso generale) sono considerati come "un’estensione" dell’abitazione e come luogo privato, dal quale l’avente diritto può escludere legittimamente i terzi.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 23 Legge 963/1965 – (Ispezione alle navi e luoghi di deposito) gli incaricati della vigilanza sulla pesca marittima possono in ogni momento visitare le navi, i galleggianti, gli stabilimenti di pesca, i luoghi di deposito e di vendita ed i mezzi di trasporto dei prodotti della pesca, al fine di accertare l’osservanza delle norme sulla disciplina della pesca.
L’art. 26 comma 5, altresì, punisce con la sanzione amministrativa da 103 € a 1549 €, salvo che il fatto non costituisce reato (es. resistenza, minaccia o violenza a Pubblico Ufficiale), chiunque non consente o impedisce l’ispezione da parte degli addetti alla vigilanza sull’attività di pesca
Il veicolo o il natante possono essere certamente ispezionati nel loro aspetto esterno e nel loro funzionamento apparente.
Esistono norme di legge che consentono di effettuare lecitamente l’ispezione del veicolo e di ottenere l’apertura del vano portabagagli; ai valichi di confine é consentita una simile forma di controllo ispettivo per impedire il contrabbando; leggi finanziarie autorizzano lo spiombamento dei carichi e la verifica dei colli, per il riscontro della natura delle merci trasportate o della conformità dei documenti.
Gli organi che abbiano notizia o indizio dell’esistenza di armi o munizioni o esplosivi illecitamente detenuti, possono, ai sensi dell’art. 41 del T.U.L.P.S. perquisire luoghi pubblici e privati e, tra questi, l’automezzo; è consentita la perquisizione della persona e dell’automezzo o del natante, nel corso di operazioni di polizia, se per le circostanze di tempo e luogo e persona insorgano sospetti ed il sospetto riguardi la probabile esistenza di armi, esplosivi, munizioni o strumenti di effrazione.
Fatta eccezione per queste specifiche ipotesi, non è consentita l’ispezione dell’autoveicolo, ostandovi l’equiparazione sostanziale di quest’ultimo alla privata dimora.

  • Ispezione Amministrativa (art. 192 comma 3 C.d.S.)

Un caso particolare di Ispezione si ha in materia di controllo dei veicoli (art. 192 comma 3° C.d.S.): trattasi di un tipo di controllo tecnico finalizzato ad accertarne la rispondenza tecnica e la conformità del veicolo stesso alle norme sulla circolazione: non costituisce quindi una vera e propria perquisizione, ma di fatto dal controllo dello stesso potrebbero emergere elementi che potranno comportare un successivo provvedimento – effettuato quest’ultimo negli specifici modi e forme di legge - di sequestro amministrativo ovvero penale.

 

Rilievi segnaletici e operazioni tecniche

Significa poter acquisire le prove dell'infrazione mediante fotografie, planimetrie, controllo della velocità dei veicoli a motore, anche prelievo e successiva analisi di campioni, e così via.

Perquisizione amministrativa

Quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, gli Ufficiali ed Agenti di polizia giudiziaria (non gli altri organi addetti al controllo), oltre a compiere gli atti di cui sopra, possono procedere a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora (v. ispezioni), previa «autorizzazione motivata»[1] dell’Autorità Giudiziaria competente del luogo (art. 13 legge 689/81), con i seguenti limiti:

  1. deve essere impossibile acquisire, altrimenti, gli elementi di prova;
  2. deve trattarsi di luoghi diversi dalla privata dimora;
  3. occorre l'autorizzazione motivata dell’Autorità giudiziaria competente del luogo in cui si deve effettuare l'atto (si tratta infatti di una forma di perquisizione diversa da quella prevista dal codice di procedura penale).
  • La Polizia Giudiziaria deve tuttavia rispettare, per l’esecuzione, le formalità del c.p.p. e precisamente:
  1. la perquisizione non può iniziare prima delle ore 7 né dopo le ore 20 e non può essere eseguita in tempo di notte;
  2. all’interessato, o a chi assiste alla perquisizione, deve essere consegnata copia dell’autorizzazione dell’A.G.; deve inoltre essere dato avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente reperibile.

E’ evidente che tale atto deve essere considerato quale estrema ratio e, comunque e sempre, limitato ai luoghi. Non si potrà mai, quindi, procedere a perquisizione personale in materia di illeciti amministrativi.

 

 


[1] Trattasi di atto che – pur se eseguito al solo fine di rilevare un illecito amministrativamente sanzionato - va sempre autorizzato preventivamente dal P.M. (vedi al riguardo Cass. Civ. – Sentenze n° 16424 del 21.11.02; n° 19690 del 29.09.04; n° 19689 del 01.10.04; n° 1699/05; e C.T.R Lazio – Sent. n° 186/19/05 del 30.11.05) ed è finalizzato al solo accertamento di materiali o beni oggetto di sequestro amministrativo – a seguito di illecito non penalmente rilevante.

 

  

Il sequestro amministrativo

La legge 689/81 prevede che possa essere disposta, come sanzione amministrativa accessoria, la “confisca” delle cose che servirono a commettere la violazione o che ne sono il prodotto, sempre ché appartengono ad una delle persone cui è ingiunto il pagamento.
Per garantire l'applicabilità di tale sanzione, gli organi preposti all'accertamento delle violazioni amministrative hanno la facoltà di procedere al «sequestro cautelare» delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa obbligatoria o facoltativa..
Tale potere non è indiscriminato, ma deve essere esercitato nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla Polizia Giudiziaria: vale a dire quando vi è fondato motivo di temere che le cose oggetto di confisca possano essere alterate o disperse.
Il «sequestro» in seguito a violazioni amministrative non è, né una sanzione anticipata, né un mezzo di coercizione probatorio (per assicurare le prove della infrazione), ma: è solo una precauzione volta a rendere possibile l'applicazione di una sanzione accessoria (confisca) e per questo la legge n. 689/81 lo definisce «sequestro cautelare».
Possiamo quindi dire, che si tratta di un provvedimento cautelare prodromico alla confisca amministrativa, di cui all’art. 20 della legge depenalizzatrice.

Il sequestro amministrativo può essere «obbligatorio» o «facoltativo»: è sempre obbligatorio quando trattasi di beni od oggetti dei quali è vietato in modo assoluto la fabbricazione, la detenzione e l’utilizzo, oppure in altri casi espressamente previsti dalla legge, e cioè per i seguenti casi:

  1. di stupefacenti (art. 75/5 T.U. – art. 72/5 L. 685/75 – DPR 571/82) ;
  2. di veicoli utilizzati per trasporto di stupefacenti (art. 76 comma 1 lett.g) T.U. 309/90);
  3. di veicoli / natanti privi di assicurazione (L. 990/69 – art. 193 C.d.S.);
  4. di veicoli condotti da conducenti sprovvisti di patente (art. 116 C.d.S.) ;
  5. di veicolo non sottoposto a revisione (art. 17 C.d.S.) ;
  6. del bene / mezzo col quale è commesso l’illecito (art. 13 L.689/81).

Altra importante distinzione procedurale col sequestro penale è data dal fatto che il sequestro amministrativo non prevede convalida, ma solo opposizione dell’interessato all’Autorità competente a ricevere il rapporto: se l’opposizione non c’è, o viene rigettata, può procedersi a confisca (obbligatoria nei casi a) e b) nonché dei beni di cui è vietato in modo assoluto il possesso, la detenzione e la produzione).

 


 

Il sequestro obbligatorio

Gli Organi preposti all'accertamento non hanno da porsi particolari problemi quando il sequestro è «obbligatorio», e cioè se riferito alle seguenti violazioni:

  1. circolazione con veicolo per il quale non è rilasciato il documento di circolazione (art. 13, comma 3°);
  2. circolazione con veicolo a motore o unità da diporto non coperti dall'assicurazione obbligatoria (art. 13, comma 3°).

Il sequestro può considerarsi legittimo solo quando le circostanze dell'illecito, o la personalità del trasgressore, diano fondati motivi di sospettare che, nel caso concreto, le cose passibili di confisca saranno alienate o disperse.
Non può, inoltre, essere oggetto di sequestro cautelare la cosa che non è servita a commettere la violazione amministrativa, ma ne costituisce soltanto la prova; così come non può essere sequestrata una cosa che, pur essendo servita a commettere la violazione, non appartiene all'autore di essa, o a persona che sia con lui obbligata in solido, perché, in tal caso, non è possibile disporne la confisca.
Non può neppure essere effettuato il sequestro cautelare quando la cosa che servì a commettere la violazione sia proprietà di un minore, o di un incapace. Non possono, pertanto, essere sequestrati i documenti personali, quali ad esempio l'abilitazione al comando di unità, i documenti dell'unità stesse, sempre che i documenti predetti non costituiscano prova di illecito penalmente sanzionato, per cui si dovrà, nel caso, provvedere al sequestro penale e non cautelare amministrativo.
Oltre ai casi previsti espressamente dalla richiamata legge generale, l’art. 13 della legge 689/81 stabilisce che gli Ufficiali e gli Agenti di PG possono procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e nei limiti con cui il Codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.
Tra queste, quelle che con maggior frequenza trova richiamo nell'attività delle Capitanerie di Porto e nell'attività di prevenzione ed accertamento in ambito marittimo, è la Legge n. 963/65 sulla «disciplina della pesca marittima».
Nell'attuale formulazione, dopo le intervenute modifiche per effetto della Legge n. 381 del 25 agosto 1988, l'art. 27 della Legge 963/65 pone in stretto legame la violazione (intesa come mera azione illecita) all'art. 15 della stessa legge - commi a) e b) - in quanto attinenti la depenalizzazione) e la sanzione accessoria della confisca, tale che, mentre la sanzione principale (art. 26) deve essere diretta nei confronti degli autori del fatto illecito e degli eventuali obbligati in solido, la sanzione accessoria deve riguardare il pescato (prodotto di fatto illecito), gli strumenti, gli attrezzi e le apparecchiature usate in contrasto con la legge stessa (con esclusione delle navi) indipendentemente dall'appartenenza degli stessi all'autore della violazione, essendo esclusivamente rilevante il presupposto che le cose stesse siano state usate per commettere la violazione.
Per effetto dell'attuale formulazione della citata norma, nell'eventualità venga accertata la violazione ai commi a) e b) dell'art. 15, l'accertatore deve provvedere ad eseguire il sequestro (obbligatorio) delle cose indicate all'art. 27 della legge 963/65, poiché soggetti a confisca obbligatoria in relazione alla deroga contenuta nella norma speciale rispetto alla diversa previsione della norma generale (artt. 13 e 20 della Legge n. 689/81).
Ferma restando l'inderogabile previsione normativa che esclude l'applicazione della confisca alle navi, le quali, pertanto, non possono essere sequestrate, neppure facoltativamente, il sequestro dovrà riguardare, se illecitamente usati, le reti, le attrezzature da pesca (lampare, vongolare, ecc.) ed il pescato.

 

 


 

Il sequestro facoltativo

Il sequestro facoltativo eseguito dall'Agente accertatore, a differenza di quello obbligatorio, può legittimamente essere eseguito se riferito a:

  1. cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione (con l'esclusione degli attrezzi da pesca per i quali essendo prevista la confisca obbligatoria, il sequestro è obbligatorio e non facoltativo);
  2. cose che sono il prodotto della violazione, sempre che appartengono ad una delle persone cui sarà ingiunto il pagamento della sanzione, quale autore del fatto o obbligato in solido (con esclusione del pescato per il quale, essendo prevista la confisca obbligatoria, il sequestro è obbligatorio e non facoltativo);
  3. cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituiscono violazione amministrativa, a meno che esse appartengono a persona estranea alla violazione e che la fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione possono essere oggetto di autorizzazione amministrativa.

La stretta relazione tra sequestro e confisca induce a ritenere che non possono essere sequestrati i prodotti dell'azione illecita (escluso come detto il pescato) qualora all'accertamento risulti che le cose che costituiscono il prodotto dell'azione stessa appartengano a persona estranea alla violazione (cose non confiscabili); inoltre non possono essere sequestrate le cose, la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione ha costituito violazione amministrativa, se all'accertatore risulti che appartengano a persona estranea alla violazione e se per esse possa essere rilasciata l'autorizzazione che consenta il legittimo uso, porto, detenzione, alienazione o fabbricazione.

Dalle su accennate considerazioni emerge che l’obbligatorietà della confisca e del sequestro è direttamente collegata con l’uso illecito dell’attrezzatura stessa, piuttosto che dalla constatazione se l’attrezzatura stessa è o meno di uso potenzialmente illecito in sé, quali ad esempio le reti con le maglie di dimensioni inferiori a quelle previste.

 

Esecuzione del sequestro

L'esecuzione del sequestro di cose o beni, che come detto possono o devono essere sequestrate, consta di due aspetti tra loro collegati:

  1. aspetto amministrativo
  2. aspetto tecnico

L'aspetto amministrativo riguarda gli «adempimenti amministrativi cui l'accertatore ha l'obbligo di attenersi», mentre quello tecnico è riferito alle «modalità del sequestro».

► Adempimenti amministrativi per l'esecuzione del sequestro

Gli adempimenti amministrativi per l'esecuzione del sequestro consistono nella compilazione di un apposito «Processo Verbale» con il quale si dà atto del sequestro effettuato con l'indicazione dei seguenti elementi, per consentire l'esame della liceità del provvedimento adottato da parte dell'amministrazione competente, nonché per consentire alla parte interessata di proporre opposizione:

  1. data e luogo in cui il sequestro è avvenuto;
  2. generalità dell'accertatore che lo ha eseguito;
  3. descrizione dei beni o cose sequestrati, stato di conservazione ed elenco delle pertinenze del bene o cose sequestrate;
  4. generalità, se conosciute, del soggetto che deteneva le cose o i beni sequestrati;
  5. descrizione dell'illecito commesso con le cose sottoposte a sequestro e relative norme violate;
  6. dichiarazioni eventuali rilasciate dal detentore delle cose sequestrate;
  7. modi in cui sono stati apposti gli eventuali sigilli per impedire che quanto oggetto di sequestro sia posto in uso ovvero alterato;
  8. luogo di custodia e generalità del custode provvisorio o del custode definitivo.

Gli elementi predetti debbono essere indicati in modo chiaro sul Verbale che dovrà essere sottoscritto a cura dell’Agente accertatore che ha compiuto il sequestro e dallo stesso consegnato in copia al detentore delle cose sequestrate.

Altra copia del Verbale dovrà essere immediatamente inviata all'Amministrazione competente, ai sensi dell'art. 1 del D.P.R. n. 571/82 quali ad esempio, la Capitaneria di Porto nel caso di sequestri operati rispettivamente per violazione a norme del Codice della Navigazione, della legge sulla pesca marittima (n. 693/75), della legge sulla nautica da diporto (n. 171/05), oppure alla Prefettura competente per territorio nel caso di violazione alla legge sull'obbligo della assicurazione sulla responsabilità civile (n. 990/69).
L'obbligo di inviare "immediatamente" copia del Verbale di sequestro all'Amministrazione interessata, scaturisce da una duplice esigenza:

  1. facoltà consentita (art. 19 legge n. 689/81) agli interessati di proporre, anche immediatamente, opposizione al sequestro, con l'obbligo per l'Amministrazione di emettere, come avremo modo di parlare, la «ordinanza motivata» di risposta all'opposizione entro il 10° giorno successivo alla proposizione dell’opposizione, in assenza della quale, entro i suddetti termini, l'opposizione s'intende accolta ( c.d. silenzio accoglimento);
  2. nel caso di sequestro di cose suscettibili di alterazione (quali ad esempio il pescato) l'Amministrazione competente, se ritiene di confermare il sequestro perché l'illecito commesso risulta sufficientemente provato, può autorizzare l'alienazione o la distruzione di quanto oggetto di sequestro, salva la necessità di disporre il prelievo di campioni o di eseguire fotografie o altre riproduzioni.

Emerge dalle predette considerazioni che la pratica, peraltro non inconsueta, di far gettare in mare il pescato dopo l'accertamento di un illecito in materia di pesca è sicuramente soggetta a censura alla luce della obbligatorietà del sequestro nei modi previsti dalla legge.
Può essere, però, motivo di deroga la rilevata cattura di specie ittiche protette ovvero ancora in vita per cui, la reimmissione in mare appare giustificata; in tale ipotesi, tuttavia, di determinante importanza, sarà la possibilità di effettuare preliminari «rilievi fotografici» ovvero rilievi ritenuti necessari ed opportuni, fermo restando l'obbligo di verbalizzare la relativa circostanza nell'apposito Verbale.

Le cose sequestrate devono essere annotate su apposito “Registro delle cose sottoposte a sequestro” (art. 9 DPR 29/7/1982, n. 571) nel quale si devono indicare:

  1. gli estremi del procedimento a cui si riferiscono;
  2. l’autorità cui è stato inviato il Verbale di sequestro;
  3. le generalità del trasgressore e della persona cui appartengono le cose sequestrate;
  4. il luogo in cui sono custodite;
  5. le generalità del custode eventualmente nominato ai sensi dell’art. 7 e 8;
  6. gli eventuali estremi dei provvedimenti che autorizzano l’eliminazione o la distruzione, la confisca o la restituzione con la data di esecuzione.

► Adempimenti tecnici per l'esecuzione del sequestro

Per quanto attiene gli adempimenti tecnici riguardanti il sequestro occorre fare riferimento alla disposizione indicata nell'art. 5 del D.P.R. n. 571/82, la quale prevede che «le cose sequestrate vengono assicurate con il sigillo dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro».
Lo scopo della apposizione del «sigillo» è quello di impedire l'uso o l'alterazione di quanto sequestrato, tale che l'eventuale intervenuta violazione agli obblighi di custodia non possa sfuggire a specifica verifica.
La condizione indicata in precedenza deve essere osservata soprattutto qualora l'oggetto del sequestro (esclusi i natanti, consegnati ai soggetti già previamente individuati), per sua natura o in presenza di motivi di opportunità, venga temporaneamente affidato in custodia, dal che ha eseguito il sequestro, allo stesso soggetto che lo deteneva al momento dell'accertamento della violazione amministrativa, in attesa della convalida del procedimento di affidamento al custode nominato dal titolare dell'Ufficio cui appartiene l'accertatore.

Per quanto attiene alle concrete modalità di attuazione dell'apposizione del sigillo, potrà ricorrersi a taluno dei sistemi già noti nella prassi giudiziaria, quali l'uso della carta gommata, spago, ceralacca, piombo, avendo in ogni caso cura di apporre sul sigillo il timbro o il marchio dell'Ufficio cui appartiene il verbalizzante.

 


 

Il sequestro di navi

Per quanto attiene al sequestro di navi, anche se il D.P.R. n. 571 del 1982 ammette in ipotesi la possibilità che le unità sequestrate possano essere conservate presso la sede dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro ed affidate al custode appositamente incaricato, o alla custodia di terza persona, si ha fondato motivo di ritenere, almeno per quanto attiene le Capitanerie di Porto, che ben difficilmente esistano sedi in possesso delle necessarie aree ed attrezzature per poter adeguatamente custodire le unità stesse.
In relazione a ciò, si ritiene doveroso suggerire che gli accertatori si avvalgano della speciale facoltà prevista dall'art. 8 del richiamato D.P.R. n. 571/82, il quale esonera l'accertatore dall'onere di assicurare con il sigillo dell'Ufficio l'unità sequestrata. Tale adempimento è sostituito dal solo Verbale di consegna dell'unità sequestrata al custode già preventivamente individuato, sulla base dei requisiti tecnici e personali stabiliti dal Comandanti di Porto Capi di Circondario Marittimo.

È consentito al che ha eseguito il sequestro dell'unità di stabilire le necessarie prescrizioni per il trasporto al luogo di custodia, con l'eventuale ausilio degli ormeggiatori e del pilota, sentito, se del caso, anche l'ente tecnico (art. 8 D.P.R. n. 571/82).
Nell'ipotesi di violazione alle disposizioni sull'obbligo assicurativo dell'unità, il Verbale di consegna al custode dovrà essere immediatamente inviato, unitamente al Verbale di sequestro del mezzo, alla Prefettura competente per territorio, alla quale dovrà, altresì, essere data notizia dell'eventuale ausilio fornito da terzi soggetti per le operazioni preliminari alla custodia, al fine di consentire che in occasione dell'eventuale provvedimento di «dissequestro» ovvero di «confisca» sia tenuto conto delle spese da liquidare agli intervenuti ed al custode.

 

 

 

Il sequestro di attrezzi e oggetti

Con riferimento alle cose sequestrate bisogna distinguere tra:

  1. a quelle il cui uso è per se stesso lecito, ma sequestrate per il modo con il quale sono state utilizzate (ad esempio: bombole da sub, utilizzate dal pescatore sportivo; reti con maglie regolari, utilizzate in zona vietata) o quelle parimenti lecite (ad esempio: reti da posta) ma il cui uso è da considerare illecito perché utilizzate dal soggetto al quale erano precluse (ad esempio: pescatore sportivo);
  2. quelle illecite in sé, per le quali non si prevede un uso legittimo e quindi illecitamente utilizzate;
  3. quelle illecite in sé e quindi illecitamente utilizzate (ma che se sottoposte a lieve modifica possono essere considerate lecite);
  4. quelle che costituiscono il prodotto dell'attività illecita (quale ad esempio il pescato).

In proposito, si ritiene opportuno raccomandare che la facoltà di affidare in custodia al possessore degli oggetti sequestrati (normalmente l'autore stesso dell'illecito) sia da adottare esclusivamente nei casi di effettiva ed inderogabile necessità, e sia, in ogni caso, da evitare nel caso di sequestro di pescato e nel caso di sequestro di oggetti o cose illecite in sé, ma che se sottoposte a lievi modifiche possono essere ritenute lecite.

Particolare attenzione deve essere posta all'attenta verifica e corretta individuazione di quanto può essere sequestrato.
Anche per il sequestro valgono le considerazioni già espresse riguardo alla redazione del relativo Verbale nel senso che solamente ciò che con assoluta certezza è attinente l'illecito può essere sequestrato senza che dall'accertatore possano essere verbalizzate deduzioni personali non coordinate con quanto ha personalmente constato.

  • Ad esempio, in occasione di accertamenti in materia di pesca marittima dovrà, se possibile, essere individuato, tra il pescato presente a bordo dell'unità da pesca e oggetto di precedente attività, il quantitativo costituente prodotto dell'azione illecita oggetto di contestazione e da sottoporre a sequestro; ciò in particolare quando sia possibile ottenere la prova che anche in precedenza siano state commesse azioni illecite.

Così, analogamente, anche per quanto attiene gli attrezzi utilizzati illecitamente, si dovrà eseguire il sequestro solamente con riferimento a quelli che erano in uso al momento in cui è avvenuta la cognizione dell'illecito ovvero al momento della contestazione del fatto.

Nel caso, poi, pur essendo stata constatata l'avvenuta commissione dell'illecito non sia possibile eseguire il sequestro (perché, ad esempio, l'attrezzatura è stata abbandonata in mare, in un momento immediatamente successivo alla avvenuta contestazione) è consigliabile provvedere a sequestrare, se possibile, la parte dell'attrezzatura (ad esempio: i tronconi dei cavi tagliati) che sono rimasti a bordo, quale rafforzativa dell'illecito che verrà descritto nel contesto del Verbale di accertamento.

Si ritiene che il termine attrezzature indicato nel contesto dell'art. 27 della Legge n. 963/65, debba essere inteso con riferimento a tutta l'attrezzatura che è stata utilizzata «attivamente» per commettere l'illecito (ad esempio: reti, divergenti, cavi) con esclusione della attrezzatura che costituisce dotazione di bordo, ancorché funzionale ovvero necessaria per l'impiego della attrezzatura stessa.

 

Il sequestro di beni deperibili

Il caso che con maggior frequenza si presenta all'Amministrazione marittima, quale Autorità amministrativa competente, è il caso di sequestro di «prodotto ittico» proveniente da illecita attività di pesca.
In mancanza della disponibilità di adeguati mezzi per la conservazione del pescato a cura del custode, all'Amministrazione stessa si pone il problema dell'alienazione o distruzione del prodotto ittico, sempre che dall'Amministrazione stessa sia ovviamente riconosciuto che il sequestro è stato legittimamente effettuato.

  • Per quanto attiene l'alienazione è necessario operare la duplice considerazione:
  1. che l'art. 17 del D.P.R. n. 571/82 impone per la vendita delle cose sequestrate (e di quelle confiscate) l'osservanza delle norme per la contabilità dello Stato;
  2. che la Legge n. 963/65 (art. 24 e seguenti) non ammette, per il sequestro amministrativo, a differenza del sequestro penale, la restituzione all'interessato di quanto sequestrato, previo deposito da parte dello stesso di una somma di denaro di importo equivalente al valore commerciale del bene sequestrato.

In merito alla su accennata casistica, competente pertanto, in via generale, all'alienazione dei beni mobili di pertinenza del patrimonio disponibile dello Stato, nel cui ambito rientrano certamente i beni confiscati e quindi acquisiti alla proprietà dello Stato, è la «Direzione Regionale delle entrate» (ex Intendenza di Finanza) del luogo ove i beni stessi si trovano, sempre che non vi siano particolari disposizioni legislative che, per specifici settori o materie, individuino competenze diverse.
In relazione alla particolare situazione in cui si trovano le cose da alienare ed agli oneri che ne derivano alle Amministrazioni interessate, emerge chiaramente la necessità di provvedere con la massima urgenza e quindi la possibilità del ricorso in via normale alla «licitazione privata».
Si dovrà, invece, procedere col sistema della «trattativa privata» per la vendita delle cose sequestrate deperibili, sempre che il bene non sia già alterato (nel qual caso sarà distrutto ai sensi dell'art. 17, quarto comma, del decreto), e purché i tempi procedurali siano compatibili con lo stato di deperibilità del bene stesso.
Il ricavato delle vendite delle cose deperibili di cui all'art. 5, secondo comma, del decreto, dovrà essere versato in Tesoreria a titolo di deposito provvisorio di modo che l'amministrazione marittima interessata ne abbia la disponibilità cosi da poterne disporre al termine del procedimento o l'incameramento, se il procedimento stesso si sarà concluso con un provvedimento di confisca (da intendersi quale versamento all'erario nel caso dell'amministrazione marittima) o la restituzione all'avente diritto.
In relazione alle predette disposizioni è incontestabile che nel caso di sequestro di beni soggetti a rapida deperibilità, l'Amministrazione Marittima potrà senz'altro disporre la distruzione, purché il relativo provvedimento sia adeguatamente motivato.
Il provvedimento con il quale si dispone la distruzione delle cose sequestrate dovrà essere comunicato al custode delle stesse e dovrà contenere, anche in forma sintetica, le modalità da seguire per la distruzione, nonché l'obbligo, per il custode stesso, di certificare l'avvenuta distruzione con apposita «dichiarazione» da conservare agli atti della Amministrazione disponente.

 

Il custode dei beni sequestrati

Nell'ambito del procedimento amministrativo ed, in particolare, con riferimento al sequestro operato per effetto di avvenute violazioni a norme punite con la sanzione amministrativa, il D.P.R. n. 571/82 individua tre figure di «custode», tutte legittimate a mantenere la custodia delle cose sottoposte a sequestro ed individuate come segue:

  1. custode nominato dall'accertatore al momento del sequestro (quando lo richiedono le circostanze o per validi motivi di opportunità), sempre che non esistano le preclusioni indicate nel codice di procedura penale;
  2. custode nominato dal Comandante del Compartimento Marittimo, al quale è affidata la custodia di «natanti» sequestrati per effetto dell'avvenuta violazione sulla assicurazione obbligatoria;
  3. custode esistente presso ogni Ufficio al quale appartiene il legittimato ad eseguire accertamenti di illeciti.

Ai sensi del sesto comma dell'art. 7 del D.P.R. n. 571/82, il che ha proceduto al sequestro può, per la particolare natura degli oggetti sequestrati o per motivi di opportunità, disporre provvisoriamente che gli oggetti sequestrati siano affidati in custodia temporaneamente a soggetto diverso (c.d.«custode provvisorio») dal custode designato dal titolare dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro. Nel qual caso il custode nominato dal titolare dell'Ufficio (o il titolare dell'Ufficio stesso) deve convalidare o modificare la decisione di affidamento in custodia entro 5 giorni dalla data di avvenuto sequestro.

Il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro, ove non ritenga di affidare la custodia delle cose sequestrate al custode provvisorio, deve consegnarle al titolare dell'Ufficio medesimo. Nel caso, invece, di sequestro di «unità» il Pubblico Ufficiale che ha proceduto al sequestro può disporre che gli stessi qualora per motivi di praticità ed opportunità non possano essere custoditi dai soggetti sopraindicati, vengano custoditi (art. 8 D.P.R. n. 571/82) dai soggetti pubblici o privati già previamente individuati dai Comandanti di Porto Capi di Circondario (c.d.«custodi definitivi»).

 


 

Ulteriori accertamenti a cura dell'agente accertatore

Prima di indicare quali sono gli adempimenti che debbono essere compiuti dall'accertatore dopo la compilazione del Verbale e la notifica o contestazione, occorre fare riferimento alla fattispecie contemplata dall'art. 24 della legge n. 689/81 (connessione obiettiva con un reato).
Più chiaramente, esiste, in genere, la connessione qualora la cognizione di un illecito influisce sulla cognizione e prova di un altro illecito entrambi commessi in occasione di una infrazione attuata da un singolo soggetto attivo.

Quando si verifica tale connessione in quanto l'esistenza di un reato dipende dall'accertamento di una violazione non costituente reato (per esempio, illecito amministrativo), e per questa non sia effettuato il pagamento in misura ridotta, la competenza a decidere sulla violazione amministrativa, è attribuita al Giudice penale competente a conoscere del reato commesso.

Ovviamente non è possibile indicare anticipatamente tutti i casi nei quali detta connessione potrà esistere

  • A titolo di esempio, ci si potrà trovare in presenza di connessione allorquando l'«accertamento della misura delle maglie delle reti da pesca (=illecito amministrativo)» sia collegato alla concomitante circostanza dell'«uso di dette reti per la pesca di frodo (=illecito penale)».

In tale ipotesi il Giudice penale è competente a decidere anche sulla violazione amministrativa connessa.
Non è, pertanto, necessario che, al ricorrere di tale ipotesi, l'accertatore provveda ad eseguire nei modi rituali la contestazione o notifica dell'illecito amministrativo, il quale per effetto del richiamato art. 24, andrà segnalato unitamente al fatto penale, alla competente Procura della Repubblica presso il Tribunale.

Non appare poi possano sorgere particolari difficoltà attuative nel caso si debba operare contestualmente all'accertamento dell'illecito, anche il sequestro che, per effetto della connessione, dovrebbe riguardare esclusivamente l'aspetto penale piuttosto che quello amministrativo.

► Accertamento mediante analisi di campioni

Nel caso in cui, per l’accertamento di violazioni amministrative, siano state compiute «analisi di campioni», il responsabile del laboratorio è tenuto a comunicare l’esito all’interessato, mediante raccomandata A.R.

Il trasgressore o l’obbligato in solido hanno la facoltà di richiedere la revisione, con partecipazione di un tecnico di loro fiducia, ed anche in questo caso il dirigente del laboratorio deve comunicare gli esiti agli interessati.
La comunicazione degli esiti delle analisi tiene luogo alla contestazione delle violazioni.

 

 

Gli accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria mediante analisi di campioni

L’atto di accertamento amministrativo costituisce il primo passo nel sistema sanzionatorio punitivo: è l’atto mediante il quale i soggetti abilitati (accertatori) riscontrano che in un luogo definito, in una certa data ed ora determinata si è consumata la violazione di una norma che è punita in via amministrativa. Ovviamente, alla fattispecie concreta andrà associata la fattispecie astratta prevista dal legislatore e assoggettata a sanzione. Talune violazioni presuppongono, per il loro accertamento, una analisi tecnica di laboratorio, come ad esempio l’accertamento di eventuali scarichi in acque pubbliche o private. È intervenuta, in materia amministrativa, la Legge 24 novembre 1981, n. 689, la quale, ad ulteriore precisazione, oltre alle disposizioni in materia di redazione del verbale di violazione amministrativa, l’art. 15, consente agli organi di controllo, e quindi organi che non devono obbligatoriamente possedere la qualifica di Ufficiali o Agenti di polizia giudiziaria, ma semplicemente dipendenti di Enti Pubblici o, ancora di più, dipendenti di Enti Privati (es. ditte che hanno in appalto il servizio A.T.O.) di effettuare prelievi di campioni, anche all’interno delle ditte, per verificare il livello di contaminazione o non contaminazione. Lo stesso art. 15, inoltre, al fine di consentire il diritto alla difesa, pone il cittadino nella condizione di chiedere la revisione delle analisi dei campioni prelevati dagli organi accertatori prima dell’irrogazione della sanzione o del compimento degli effettivi atti del procedimento.

  • Gli accertamenti compiuti dagli Organi di polizia giudiziaria ai sensi del c.p.p. – Art. 223 disp. att. c.p.p

In materia penale, ovverosia nel caso in cui a seguito l’analisi del campione emerge una violazione avente carattere penale, è intervenuto l’art. 223[1] [1] delle disposizioni di attuazione del c.p.p. (Analisi di campioni e garanzie per l’interessato).

“…se è logico che l’autorità amministrativa, cui compete il diritto di effettuare i campionamenti delle acque, non abbia l’obbligo di preavvisare il titolare dello scarico circa il momento in cui verranno effettuate le operazioni di prelievo per evitare che possano esser apportate modifiche agli scarichi e di conseguenza fatte sparire le tracce di ogni irregolarità, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda il momento delle analisi delle acque campionate. Infatti queste debbono essere esaminate con la massima tempestività stante la loro deteriorabilità e pertanto le analisi non sarebbero utilmente ripetibili nel corso del successivo procedimento penale.

In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, la Corte costituzionale con Sentenze n. 248/83 e 15/86[3] [1] della ha voluto sottolineare che, sebbene, al momento iniziale di prelievo di campioni, non è possibile venire a conoscenza se dall’analisi risulterà un superamento che rientra nella fattispecie penale, e quindi il prelievo può essere sempre eseguito ai sensi dell’art. 15 della L. 689, ma, nella ipotesi in cui il superamento rientra nel penale, l’operatore avrebbe dovuto seguire le procedure di cui all’art. 223 delle disp di att. del c.p.p. Pertanto, tale sentenza, impone a tutti gli operatori di adeguarsi ai principi dettati dalla c.p.p. in quanto assumono efficacia probatoria le analisi compiute con un vero e proprio accertamento assimilabile,nella sostanza, ad una perizia, fonte, quindi, di convincimento del Giudice; tanto più che le relazioni sulle analisi sono allegate agli atti del procedimento penale e di esso lo stesso Giudice può tener conto e darne lettura a norma dello stesso art. 466 c.p.p. Proprio questa particolare efficacia probatoria del risultato delle analisi impone che sia dato avviso alla parte onde consentirne la presenza con l’eventuale assistenza di un consulente tecnico. Circoscritta, quindi, la norma di cui al D.L.vo 152/06 sopra elencata, in riferimento al controllo sugli scarichi (art. 101), in riferimento all’art. 24 della Costituzione, il prelievo, originariamente amministrativo, ma con le tecniche dettate dal c.p.p. va riconosciuto valido a tutti gli effetti, e quindi considerato atto irripetibile da poter inserire nel fascicolo del giudice.

  • Corte costituzionale, Sentenze n. 248/83 e 15/86

In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, secondo quanto stabilito dalle sentenze n. 248/83 e 15/86 della Corte Costituzionale[3] [1], il diritto di difesa con riferimento alle analisi dei campioni è limitato al preavviso della data dell’inizio delle operazioni e del luogo, onde consentire l’eventuale presenza di un consulente privato. Poiché l’accertamento non ha natura di perizia processuale, non è prevista la presenza del difensore e neppure la redazione di un verbale, secondo le modalità del nuoivo codice di procedura penale negli articoli 134-137 e ss., applicabili eslusivamente alla documentazione degli atti assunti nel corso del procedimento penale. Le modalità tecniche delle analisi sonolasciate alla discrezionalità dell’amministrazione, la quale è tenuta a certificare soltanto il prelievo, l’apertura dei campioni e l’esito delle operazioni. Il certificato di analisi può, pertanto, essere legittimamente inserito nel fascicolo del dibattimento ed essere utilizzato quale mezzo di prova – Cass. III, sent. 512 del 22.1.1993 (ud. 22.10.92) rv. 192732.

 


[1] [1]Art. 223 (Analisi di campioni e garanzie per l’interessato)

1. Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a cura dell’organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L’interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’art. 230 del Codice.

2. Se leggi o decreti prevedono la revisione delle analisi e questa sia richiesta dall’interessato, a cura dell’organo incaricato della revisione, almeno tre giorni prima, deve essere dato avviso del giorno, dell’ora e del luogo ove la medesima verrà effettuata all’interessato e al difensore eventualmente nominato. Alle operazioni di revisione l’interessato e il difensore hanno diritto di assistere personalmente, con l’assistenza eventuale di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’art. 230 del Codice[2] [1].

3. I verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento (431 c.p.p.), sempre che siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2.

[2] [1].Art. 230  (Attività dei consulenti tecnici)

1. I consulenti tecnici (225, 2332; 38 att.) possono assistere al conferimento dell’incarico al perito (223 coord.) e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel verbale.

2. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione (227, 3603).

3. Se sono nominati dopo l’esaurimento delle operazioni peritali (228), i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia.

4. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l’esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali.

[3]  [1]Corte costituzionale, Sentenze n. 248/83 e 15/86

In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, secondo quanto stabilito dalle sentenze n. 248/83 e 15/86 della Corte Costituzionale, il diritto di difesa con riferimento alle analisi dei campioni è limitato al preavviso della data dell’inizio delle operazioni e del luogo, onde consentire l’eventuale presenza di un consulente privato. Poiché l’accertamento non ha natura di perizia processuale, non è prevista la presenza del difensore e neppure la redazione di un verbale, secondo le modalità del nuoivo codice di procedura penale negli articoli 134-137 e ss., applicabili eslusivamente alla documentazione degli atti assunti nel corso del procedimento penale. Le modalità tecniche delle analisi sonolasciate alla discrezionalità dell’amministrazione, la quale è tenuta a certificare soltanto il prelievo, l’apertura dei campioni e l’esito delle operazioni. Il certificato di analisi può, pertanto, essere legittimamente inserito nel fascicolo del dibattimento ed essere utilizzato quale mezzo di prova – Cass. III, sent. 512 del 22.1.1993 (ud. 22.10.92) rv. 192732.

L’obbligo di comunicare all’interessato l’esito delle analisi

La comunicazione a mezzo raccomandata costituisce la prima notizia dell’infrazione. Per la contestazione delle violazioni il cui accertamento richiede l’effettuazione di analisi su campioni, l’art. 15/689 detta disposizioni precise in materia. Tali violazioni sono tipiche ipotesi di trasgressione alle norme sulla genuinità degli alimenti e bevande, inquinamento idrico ed atmosferico, composizione dei carburanti.

La necessità delle analisi impone che l’accertamento della violazione avvenga in un momento successivo rispetto al tempo del prelevamento di campioni, perché solo successivamente all’esito si accerta il tipo di violazione. E’ quindi da questo momento che diventa possibile dare notizia al trasgressore dell’addebito che gli si ascrive. Infatti, poiché le analisi vengono quasi sempre eseguite all’interno di laboratori (A.R.P.A.), non è mai utilizzabile la procedura di contestazione immediata ex art. 14/689.

Invece, in materia di mancata comunicazione all’interessato, la Cassazione Civile, con Sentenza 13.07.2004, n. 12952, ha stabilito che , qualora per l’accertamento della violazione siano compiute analisi di campioni e i relativi risultati non siano stati comunicati all’interessato con lettera raccomandata, così come sancito dall’art. 15, comma 1 L. 689, la contestazione della violazione deve comunque seguire le normali procedure di cui all’art. 14 della medesima legge, e, pertanto, deve contenere gli estremi essenziali della violazione, quali risultanti dalle analisi compiute sul campione, riportando con esattezza l’esito delle analisi, allo scopo di garantire comunque il diritto alla difesa all’interessato, esercitabile anche mediante la richiesta di revisione delle analisi.

Il momento in cui cominciano a decorrere i termini per la contestazione della violazione

Ai fini della determinazione del dies a quo del termine di novanta giorni previsto dall’art. 14/689 per la notificazione del verbale irrogativo della sanzione amministrativa, deve aversi riguardo nella ipotesi di infrazione concretamente percepibile da parte degli Agenti competenti, e quindi, rileva a detti fini solo quando, dopo le rilevazioni eseguite da quegli Agenti, l’accertamento dell’infrazione risulti da verificare attraverso e per effetto di successivi esami o analisi rispetto al momento del prelievo (Cass. Civ. 29.03.1999, n. 3001).

Per le notifiche a mezzo posta, la Cassazione ha individuato la concreta applicazione delle norme dettate in materia civile, individuando il momento in cui deve ritenersi perfezionata la comunicazione nel momento in cui vi sia l’effettiva ricezione del piego raccomandato. Nessuna rilevanza è attribuita alla data di spedizione della raccomandata, ma soltanto dalla data risultante nella ricevuta di ritorno iniziano a decorrere i vari termini a disposizione dell’interessato.

Punto di prelievo dei campioni e Autorità compente per il controllo

Il punto di prelievo campioni di acque, sui quali effettuare le analisi chimico-fisiche dirette a verificare il superamento delle concentrazioni di sostanze inquinanti consentite dalle vigenti norme di legge, deve essere individuato - in osservanza ai principi di proporzionalità e precauzione - immediatamente prima dell'immissione di tali reflui industriali nel mare e non, invece, in corrispondenza del singolo impianto produttivo, ubicato all'interno dello stabilimento industriale.

Consiglio Stato, sez. V, 09 settembre 2005, n. 4648

La Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e la Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrti provenienti da fonti agricole, sono state recepite dall’abrogato D.L.vo 152/1999 e dall’attuale D.L.vo 152/2006 (art. 101 commi 3 e 4). Le disposizioni summenzionate rispettivamente recitano: “Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, si intende effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne o marine, nonché in fognature, sul suolo o nel sottosuolo” e “per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella allegata, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo, ed esattamente nel punto preciso ove tali scarichi si immettono in un corso d’acqua. L’autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostante sostanze della tabella allegata siano tenuti separati dallo scarico generale”.

Tutti gli organi tecnici di cui all’art. 13 l. 689/81. L’art. 101 comma 4 del D.L.vo 152/2006 recita: “L’autorità competente per il controllo è autorizzata a effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l’accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai parametri fissati subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale”.

Il compito dell’organo accertatore, quale organo di Polizia amministrativa o Polizia giudiziaria, è, dunque, quello di stabilire quale sia, nello specifico, l’uscita dello stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo, ovvero, in altri termini, se il prelievo di campioni di acqua, onde controllare la conformità ai limiti tabellari, dovesse effettuarsi in corrispondenza dell’uscita dei reflui dall’impianto dello stabilimento o, piuttosto, immediatamente prima dell’immissione degli stessi nel fiume, nel canale, o nel mare, una volta depurati all’interno dello stabilimento.

Procedure di alienazione e distruzione del materiale sequestrato e confiscato

Le procedure di alienazione e di distruzione di materiale, pericoloso per la salute pubblica oppure non deperibile, confiscato dal personale delle Capitanerie di Porto, e del materiale dissequestrato e non ritirato, proveniente, in particolare, dalle condotte illecite in materia di pesca sia sportiva che professionale, si conformano a quanto previsto dal D.P.R. 22 luglio 1982, n. 571 nonché dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 10 Dicembre 1984.

► Tali procedure si articolano come segue:

  • Materiale confiscato pericoloso per la salute pubblica
  1. Richiesta d'intervento, da parte del Capo dell'Ufficio Marittimo cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro, all’ A.S.L. competente per territorio ai necessari accertamenti (ad esempio, per quei materiali che possono essere da nocumento per salute pubblica);
  2. di tali accertamenti, effettuati per ogni oggetto confiscato, dovrà essere inviata copia alla Capitaneria di Porto competente per territorio con elenco dettagliato del materiale cui l’accertamento si riferisce, della data in cui si è proceduto al sequestro, del numero e della data della “Ordinanza di Confisca”;
  3. una volta ricevuta la suddetta documentazione, la Capitaneria di Porto competente dovrà provvedere in tempi brevi all’emanazione della “Ordinanza di Distruzione” che può essere cumulativa per tutti i materiali;
  4. dell’avvenuta distruzione, da parte del personale dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro, dovrà essere inviato alla Capitaneria di Porto competente apposito Verbale, per la successiva comunicazione all' Autorità Finanziaria.
  • Materiale confiscato non deperibile e non alterato

Solo quando il provvedimento che dispone la confisca diventa inoppugnabile, ovvero quando avverso lo stesso non è stato presentato ricorso entro 30 giorni dalla sua emanazione, si procederà alla alienazione del bene confiscato con la seguente procedura:

  1. Richiesta d’intervento, da parte del Capo dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro, di un rappresentante dell'Ufficio Tecnico Erariale (UTE) competente per territorio per la determinazione del valore residuo degli oggetti confiscati;
  2. stesura del Verbale di accertamento del valore commerciale residuo del materiale;
  3. invio alla Capitaneria di Porto competente per territorio, di un elenco dettagliato con accurata descrizione del bene, riportante la data in cui si è proceduto al sequestro, il numero e la data dell’ordinanza di confisca e l’indicazione del valore commerciale residuo stimato;
  4. la Capitaneria di Porto competente, ricevuta detta documentazione, provvederà in tempi brevi all’emanazione di una “Ordinanza di Alienazione” di detto materiale (anche cumulativa), che sarà trasmessa, in quanto competente all’alienazione di beni di pertinenza del patrimonio disponibile, al e per conoscenza al Comando che a suo tempo eseguì il sequestro e che, di fatto, ne ha la custodia;
  5. le somme ricavate dalle vendite saranno devolute - a cura dell'Amministrazione che ha eseguito la vendita - all'Erario ed imputate al Capitolo 2650 (entrate eventuali e diverse) del Capo VII Demanio ed al medesimi capitolo saranno imputate le somme relative alle spese di custodia e di conservazione del materiale;
  6. qualora la vendita non avesse luogo per mancanza di offerenti, o nel caso in cui il valore commerciale stimato residuo sia nullo, verrà ordinata dalla Capitaneria di porto competente la procedura di distruzione con le modalità di rito (lett. a).
  • Materiale sequestrato deperibile – pescato
  1. L'Ufficio cui appartiene il che ha eseguito il sequestro, informa la Capitaneria di Porto competente la quale, se ritiene di dover mantenere il sequestro, autorizzerà il citato Ufficio a procedere alla alienazione o distruzione;
  2. in caso di alienazione, la vendita del pescato dovrà essere effettuata dal personale dell'Ufficio cui appartiene il Pubblico Ufficiale che ha eseguito il sequestro, presso il mercato ittico locale al valore di libero mercato, con dichiarazione di rito prevista dalle leggi di Contabilità Generale dello Stato;
  3. del ricavato della vendita dovrà essere effettuato versamento in Tesoreria a titolo provvisorio;
  4. in caso di distruzione, la stessa dovrà avvenire con le modalità di rito sopra indicate;
  5. nel caso in cui il pescato sia di modestissima quantità e di scarso valore economico, può essere presa in considerazione la possibilità di devolvere tale pescato in beneficenza ad un Ente assistenziale locale, previo rilascio, da parte del Veterinario dell’ASL, di un documento attestante la commestibilità del prodotto;
  6. dell’avvenuta devoluzione, l’Ente assistenziale beneficiario, dovrà rilasciare idonea attestazione all'Ufficiale accertatore che provvederà ad inviarla, unitamente al processo Verbale di sequestro, alla Capitaneria di Porto competente;
  7. nel caso in cui il pescato sequestrato sia ancora vivo, lo stesso può essere rigettato in mare e, di tale operazione, dovrà esserne fatta annotazione sul Verbale di sequestro a cura dell’agente accertatore;

Qualsiasi sia la procedura adottata, una volta ultimata, ne sarà data comunicazione alla Capitaneria di Porto competente per la successiva comunicazione all’ Autorità Finanziaria.

  • Materiale dissequestrato e non ritirato
  1. se decorsi 6 (sei) mesi da quando il provvedimento che dispone la restituzione delle cose sequestrate è divenuto inoppugnabile ed il soggetto a favore del quale è stata disposta la restituzione del materiale non provvede a ritirarle, del mancato ritiro ne dovrà essere informata l’Autorità che ha disposto la restituzione;
  2. di detto materiale, a cura di detta Autorità, ne verrà disposta l’alienazione che dovrà essere eseguita con le modalità di rito (lett. b);
  3. ultimata la procedura, ne darà comunicazione alla Capitaneria di Porto competente per la successiva comunicazione all’ Autorità Finanziaria.
  • Materiale di cui al 4° comma dell'art. 20 L. 689/81
  1. Nel caso in cui l’oggetto del sequestro è costituito da materiale la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisce violazione amministrativa, ovvero quando detto materiale non è conforme a quanto previsto dalle Leggi e dal Regolamento sulla pesca marittima, dello stesso verrà disposta dalla Capitaneria di Porto competente la confisca con la quale si ordinerà direttamente la distruzione;
  2. la distruzione dovrà avvenire con le modalità di rito (lett. a).
     

 

 

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