Il Procedimento per decreto (art. 459-464 c.p.p.) può ritenersi l'ultimo dei procedimenti speciali, del tipo premiale, diretti ad evitare il «dibattimento». A dire il vero, esso evita anche l'udienza preliminare sicché ha una doppia portata di semplificazione del meccanismo processuale.
Esso può trovare applicazione nei casi in cui si procede per reati (anche di competenza del Tribunale) perseguibili di ufficio, per i quali è prevista una «pena pecuniaria» ovvero, alternativamente, una «pena detentiva», ma il P.M. ritiene che debba applicarsi solo la prima.
Se il P.M. ritiene che per il reato debba applicarsi "solo la pena pecuniaria", chiede al G.I.P. di pronunciare un «decreto penale» che condanni l'imputato alla pena indicata nella richiesta.
La "richiesta" del P.M. rappresenta il presupposto del decreto e deve essere formulata entro 6 mesi dalla data in cui il nome della persona cui è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all'art. 335 c.p.p.
Il P.M. ha facoltà di richiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo e ciò costituisce un indubbio vantaggio per l'imputato.
Avverso il decreto penale l'imputato può proporre "opposizione" e chiedere, in alternativa, il giudizio dibattimentale, il giudizio abbreviato, il patteggiamento o l'oblazione.
Nel giudizio conseguente all'opposizione, il Giudice revoca il decreto di condanna e può applicare una pena anche diversa (ad esempio, detentiva e non pecuniaria) e più grave di quella fissata nel decreto.