Oggetto di tali reati sono i «documenti pubblici o privati» di cui si vuole tutelare la genuinità e veridicità in quanto mezzi di prova.
Pertanto, la società moderna ha necessità di documentare in maniera sicura e durevole le situazioni che hanno rilievo giuridico e deve perciò tutelarsi, anche mediante la previsione di sanzioni penali, da condotte idonee a mettere in pericolo tale esigenza di certezza.
Per questo motivo, protegge la genuinità e la veridicità degli atti che documentano situazioni e rapporti economicamente o giuridicamente rilevanti.
La genuinità e la veridicità vengono tutelate punendo chi causa la:
- falsità materiale degli atti (artt. 476-477-482 c.p.);
- falsità ideologica (artt. 478-479-480 c.p.).
In questi casi si è di fronte ad un «falso materiale». La falsità, infatti, incide sulla esistenza materiale dell’atto (che non proviene da colui che apparentemente sembra essere l’autore) oppure sulla sua materia che è alterata mediante aggiunte e cancellature. Si dice anche che l’atto, in queste ipotesi, è alterato nella sua «genuinità».
La falsità materiale può assumere due forme:
Si è invece in presenza di un «falso ideologico» quando non viene intaccata la genuinità dell’atto, ma la sua «veridicità»: ossia il suo tenore, il suo contenuto.
Si ha in tutti i casi in cui il documento, né contraffatto né alterato, contiene dichiarazioni menzognere: chi redige l’atto attesta cosa diversa da quel che è stato detto od è realmente accaduto e, nella sostanza redige un atto il cui contenuto non corrisponde a verità.
Affinché i reati in questione si realizzino è necessario:
Dagli esempi appena fatti emerge che i documenti tutelati possono essere di diverso tipo e provenienza. Semplificando al massimo, può dirsi che la principale distinzione è quella fra «documenti pubblici» e «scritture private».
Sono "documenti pubblici" quelli che provengono da un Pubblico Ufficiale o incaricato di un pubblico servizio (artt. 357 e 358 c.p.) e che sono redatti dall’uno o dall’altro di tali soggetti quando è nell’esercizio delle sue funzioni e delle sue attribuzioni.
Sono "scritture private" (o documenti privati) tutti quei documenti provenienti da soggetti sprovvisti della qualifica di Pubblico Ufficiale o di incaricato di servizio oppure redatti da costoro, ma al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni o attribuzioni.
Quando la falsità riguarda un documento pubblico, il reato assume naturalmente maggiore gravità, a seconda del tipo di documento (certificazioni e autorizzazioni amministrative, atti pubblici o copie autentiche di atti pubblici o privati, gli attestati)[1], e del fatto che l’autore sia o meno un pubblico o un privato.
Quando invece alle scritture private, per la falsificazione di talune di esse, il codice penale prevede una pena analoga a quella prevista per gli atti pubblici falsificati dal privato.
Le scritture private prese in considerazione sono il testamento olografo e i titoli di credito (cambiali, assegni, vaglia postali e telegrafici). I reati che le riguardano sono perseguibili a querela.
[1] Gli atti pubblici sono documenti redatti dai Pubblici Ufficiali o dai pubblici impiegati incaricati di un pubblico servizio nell’esercizio delle loro funzioni o attribuzioni (ad esempio: i verbali della P.G., i contratti di arruolamento dei marittimi, i diplomi di studio, la cartella clinica redatta dal medico addetto all’ospedale, i certificati rilasciati dal medico di porto, l’atto di un notaio e l’autenticazione della firma redatta da un notaio, ecc.).
Le certificazioni amministrative sono documenti redatti da un Pubblico Ufficiale per attestare (confermare, comprovare, ribadire) l’esistenza di una determinata situazione o di un determinato fatto giuridico (ad esempio: la carta di identità, il passaporto, la targa dell’autovettura). Le certificazioni amministrative si distinguono dagli atti pubblici, in quanto questi ultimi vengono posti in essere per creare una nuova situazione giuridica; gli altri per dichiarare una situazione giuridica già esistente. Per esemplificare: il notaio che redige un atto di vendita (atto pubblico) crea una nuova situazione giuridica: la proprietà in capo a chi acquista. Il funzionario che rilascia una carta di identità (certificazione) attesta, invece, nel documento delle risultanze emergenti da altri atti in suo possesso.
Come prevede l’art. 476 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale (reato proprio) che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero.
La condotta consiste nel formare (creare qualcosa che prima non esisteva) in tutto o in parte un atto falso (equivale a contraffare); e nell’alterare (modificare qualcosa di preesistente) un atto vero.
Il reato si consuma con il verificarsi della contraffazione o della alterazione.
Si procede d’ufficio e la competenza è del "Tribunale monocratico". Il colpevole è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.
Se la falsità riguarda un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da 3 a 10 anni.
► Falsità materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
Come prevede l’art. 477 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffa o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro veridicità.
Appare chiaro che sono due le ipotesi delittuose e che di esse la seconda consiste nella "contraffazione" non dell’atto come tale, ma di alcuni suoi elementi, quali per esempio il visto, la vidimazione, la legalizzazione di firme, ecc. "Contraffazione" si deve intendere formazione di un atto ad imitazione di un atto vero.
Il colpevole è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni (Tribunale monocratico).
Come prevede l’art. 479 c.p. lo commette il Pubblico Ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Il colpevole è punito, ai sensi dell’art. 476 c.p., con la reclusione da 1 a 6 anni, oppure, se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso, con la reclusione d 3 a 10 anni.
► Falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
Come prevede l’art. 480 c.p., lo commette il Pubblico Ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Il colpevole è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni.